Il 20 giugno 2002, il Consiglio dei ministri ha approvato il cd. disegno di legge “La Loggia” “Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3” (Atto Senato n.1545; Atto Camera n.3590) che ha definito, in attuazione del quinto comma dell’art.117 Cost., le modalità della partecipazione delle regioni alla formazione degli atti comunitari, ammettendo l’intervento delle stesse alle attività dei gruppi di lavoro e dei comitati del Consiglio europeo e della Commissione europea, ma sottolineando che ciò deve avvenire nell’ambito delle delegazioni del governo nazionale, sulla base di un accordo rispetto alle modalità stabilito in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le regioni. Ciò al fine di rappresentare l’Italia in modo unitario. Solo un accenno al disegno di legge costituzionale “Nuove modifiche al Titolo V, parte seconda, della Costituzione” approvato dal Consiglio dei ministri l’11 aprile 2003 nel quale si afferma testualmente che le regioni e le province autonome, nelle materie di loro competenza legislativa esclusiva, sono consultate durante le trattative internazionali; partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvedono all’attuazione e all’esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell’Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza.
Ulteriori disposizioni attuative del dettato costituzionale relativo al ruolo delle regioni nelle fasi ascendente e discendente del diritto comunitario sono presenti nel disegno di legge di iniziativa governativa “Modifiche ed integrazioni alla legge 9 marzo 1989, n.86, recante norme generali sulla partecipazione dell’Italia al processo normativo comunitario e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari” (Atto Camera n. 3123) e in due progetti di legge di iniziativa parlamentare (Atti Camera n.3071 e n.3310) di modifica della legge “La Pergola” (l. n. 86/1989). L’obiettivo è di adeguare i meccanismi previsti, appunto, dalla legge n. 86 (ad esempio, la legge comunitaria annuale e la Relazione annuale sulla partecipazione dell’Italia all’Unione europea) al nuovo contesto istituzionale. Le modifiche alla legge “La Pergola” riguardano principalmente tre aspetti: la partecipazione parlamentare e degli altri soggetti interessati alla cosiddetta fase “ascendente” della formazione del diritto comunitario; la previsione di nuove modalità per il recepimento del diritto comunitario nella cosiddetta fase "discendente" e la procedimentalizzazione della partecipazione delle regioni, degli enti locali e delle parti sociali a tutto il processo di integrazione del nostro ordinamento con quello dell'Unione europea. I tre progetti hanno previsto, inoltre, anche se con modalità differenti, un istituto nuovo nell’ordinamento normativo italiano, vale a dire la riserva di esame parlamentare dei progetti di atti comunitari ( ).
Per quanto riguarda il ruolo attribuito alle regioni e alle province, il disegno di legge n. 3123 (cui alcune regioni hanno fatto cenno nel questionario) ha indicato, con riferimento a quanto disposto dal quinto comma dell’art.117 della Costituzione, diverse modalità di partecipazione alla fase ascendente: un tempestivo aggiornamento delle informazioni riguardanti i progetti degli atti normativi e di indirizzo comunitari; l’individuazione da parte delle regioni di rappresentanti invitati a partecipare stabilmente alle riunioni interne volte a definire la posizione italiana da sostenere in sede comunitaria e compiti più rilevanti attribuiti alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e alla Conferenza Stato-città ed autonomie locali. Relativamente alla fase discendente, le regioni sono tenute (non hanno solo la facoltà) a dare immediata ed autonoma attuazione alle direttive comunitarie nelle materie di loro competenza esclusiva e, previa indicazione dei principi fondamentali nella legge comunitaria o in altra legge, nelle materie di legislazione concorrente. Lo Stato, tuttavia, come previsto dal quinto comma dell’art.117 Cost., deve riservarsi poteri sostitutivi anche perché unico responsabile nei confronti dell’Unione europea. A questo proposito, tenendo conto del percorso indicato dalla legge comunitaria 2001 (l. n. 39/2002), il disegno di legge in oggetto ha cercato di individuare un meccanismo che fosse in grado di evitare l’inadempimento degli obblighi comunitari mediante l’intervento tempestivo del governo (legislativo e regolamentare). In particolare, ha previsto nelle materie indicate nel secondo comma dell’art.117 Cost., al di fuori delle leggi comunitarie, un percorso speciale per attuare, attraverso dei regolamenti di delegificazione, le direttive riguardanti le materie già disciplinate dalla legge e non coperte da riserva assoluta di legge sui cui progetti si sia pronunciato il Parlamento europeo (procedure di codecisione o di cooperazione previste dagli artt.251 e 252 del TUE) o entrambe le Camere ( ). Inoltre, ha stabilito, sempre con riferimento alle materie previste nel secondo comma dell’art.117 Cost., che, con decreto del Ministro competente, si possano attuare le norme che modifichino le modalità esecutive o le caratteristiche tecniche di direttive già recepite. Anche in questo caso, l’informazione alle Camere deve essere immediata. Se i provvedimenti rientrano nelle materie di competenza delle regioni devono indicare esplicitamente la natura sostitutiva del potere esercitato e il carattere cedevole delle disposizioni emanate. Entrambi questi aspetti (azione sostitutiva dello Stato e carattere cedevole delle disposizioni) sono stati ribaditi sia nella legge comunitaria 2001 (l. n. 39/2002), sia nella legge comunitaria 2002 (l. n. 14/2003), la quale ha, però, aggiunto che i provvedimenti in questione devono essere emanati “nel rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e, nelle materie di competenza concorrente, dei princìpi fondamentali stabiliti dalla legislazione dello Stato”.
Il 27 novembre 2002, l’elaborazione di un testo unificato in relazione ai tre progetti di legge di modifica della legge “La Pergola” (A.C. 3071, A.C. 3123, A.C. 3310) è stata attribuita dalla Commissione XIV “Politiche dell’Unione europea” (che aveva avviato l’esame in sede referente il 6 novembre) ad un Comitato ristretto presso il quale viene svolta la discussione e vengono proposte le modifiche effettive alla legge.
Relativamente al cd. disegno di legge "Buttiglione", il 15 maggio 2003 la Commissione XIV della Camera ha concluso l'esame degli emendamenti al testo unificato, nel quale si prevede, tra l'altro, l'istituzione presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri di un Comitato interministeriale affari comunitari europei (CIACE) finalizzato a concordare le linee politiche del governo nel processo di formazione della posizione italiana nella fase di predisposizione degli atti comunitari e dell'Unione europea. Il CIACE è convocato e presieduto dal Presidente del Consiglio o dal Ministro per le politiche comunitarie e vi partecipano il Ministro per gli affari esteri, il Ministro per gli affari regionali e gli altri Ministri aventi competenza nelle materie oggetto delle tematiche all'ordine del giorno. Quando si trattano questioni che interessano le regioni e le province autonome, alle riunioni prendono parte il Presidente della Conferenza dei Presidenti delle regioni e province autonome o un Presidente di regione o di provincia autonoma; mentre, per le materie di competenza degli enti locali, i Presidenti delle associazioni rappresentative degli enti locali stessi. Il CIACE si avvale di un Comitato tecnico permanente istituito presso il Dipartimento per le politiche comunitarie.

TRATTO DA

Rapporto sulla legislazione 2002

2. FORMAZIONE E ATTUAZIONE DELLE POLITICHE DELL'UNIONE EUROPEA (Letizia Rita Sciumbata)


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