Sono quattro le regioni ordinarie che hanno già approvato la legge di disciplina del referendum sulle leggi regionali statutarie ai sensi dell’art. 123 della Costituzione (Emilia-Romagna, l.r. 25 ottobre 2000, n. 29; Calabria, l.r. 10 dicembre 2001, n. 35; Marche, l.r. 23 dicembre 2002, n. 28; Toscana, l.r. 17 gennaio 2003, n. 6) ma si tratta di un adempimento che tutte le regioni di diritto comune dovranno compiere preliminarmente all’approvazione degli Statuti in quanto trattasi di un istituto nuovo per cui manca un’apposita disciplina e per cui non può essere sufficiente riferirsi in via analogica, per quanto (limitatamente) applicabile, alla disciplina concernente i referendum regionali già previsti prima della novella costituzionale del 1999.
Tutte le regioni speciali e le province autonome hanno invece già preliminarmente approvato l’apposita legge di disciplina del referendum popolare confermativo delle cd. leggi statutarie ai sensi di quanto previsto dai rispettivi Statuti così come modificati dalla l.cost. 31 gennaio 2001, n. 2 (Sicilia, l.r. 23 ottobre 2001, n. 14; Friuli–Venezia Giulia, l.r. 27 novembre 2001, n. 29; Valle d’Aosta, l.r. 22 aprile 2002, n. 4; Bolzano, l.p. 17 luglio 2002, n. 10; Trento, l.p. 1 ottobre 2002, n. 13; Sardegna, l.r. 28 ottobre 2002, n. 21).
La Corte costituzionale con la sent. 3 luglio 2002, n. 304 ha risolto le prime forti incertezze interpretative riguardanti l’interpretazione dell’art. 123 Cost, co. 2, che erano già state evidenziate dalla dottrina (v. il Rapporto dello scorso anno) e che hanno costituito oggetto della questione preliminarmente affrontata da questa decisione concernente il procedimento di formazione dei nuovi Statuti regionali. E’ stato chiarito che il controllo di legittimità costituzionale delle deliberazioni statutarie ha natura preventiva e deve essere proposto con ricorso governativo nei trenta giorni dalla pubblicazione notiziale di queste deliberazioni sul bollettino ufficiale della regione e non dalla (eventuale) pubblicazione successiva alla promulgazione dello Statuto o della legge di revisione statutaria. La Corte poi, affrontando la questione nel merito, ha anche chiarito – sempre per quanto attiene agli aspetti relativi al procedimento di formazione degli Statuti - che le regioni hanno piena disponibilità delle modalità e dei tempi di esercizio della loro nuova potestà normativa statutaria e non sono esclusivamente tenute all’approvazione di uno Statuto organico (e la sua successiva modifica) senza la possibilità di emendare i vecchi Statuti ancora vigenti, approvati con legge statale.
Alcune delle leggi regionali in questione hanno fissato le regole per risolvere la delicata questione della sovrapposizione temporale del procedimento referendario con quello concernente il giudizio di legittimità costituzionale, dato che i termini per l’iniziativa referendaria decorrono dalla stessa data di quelli fissati per il ricorso governativo (rispettivamente: tre mesi e trenta giorni dalla pubblicazione notiziale). Emilia-Romagna, Marche, Toscana e la provincia di Trento hanno disposto che, qualora il governo promuova la questione di legittimità costituzionale, il termine per la richiesta del referendum popolare è interrotto (o sospeso) e comincia nuovamente a decorrere dalla data di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale della decisione della Corte costituzionale. Le attività e le operazioni eventualmente compiute prima dell’interruzione/sospensione conservano validità solo in caso di rigetto del ricorso ( ).
Si differenziano le soluzioni escogitate dalle regioni e province autonome che hanno regolato la questione, invece, nel caso in cui la legge statutaria sia dichiarata solo parzialmente illegittima dalla Corte costituzionale. Emilia-Romagna e Marche prevedono che il Consiglio regionale possa deliberare di apportare modifiche derivanti da esigenze di mero coordinamento testuale senza che la deliberazione in questione debba essere nuovamente approvata secondo il procedimento previsto dall’art. 123 Cost. (per quanto riguarda gli Statuti delle regioni ordinarie). La regione Toscana e la provincia di Trento prevedono invece che nel caso in cui la deliberazione legislativa statutaria sia dichiarata anche solo parzialmente illegittima dalla Corte costituzionale ciò determini l’estinzione del procedimento referendario e le operazioni già eventualmente compiute perdano efficacia. La sola provincia di Trento prevede, inoltre, che la delibera legislativa debba essere nuovamente pubblicata, sempre ai fini della richiesta del referendum, nel testo risultante a seguito della sentenza o a seguito delle modifiche introdotte consequenzialmente dal Consiglio (cui è concesso, a tal fine, un termine di tre mesi intercorrente tra la data di pubblicazione della sentenza e la data per la nuova pubblicazione della delibera legislativa statutaria).
Queste previsioni normative pongono una serie di delicate questioni interpretative che non possono essere approfondite in questa sede, tuttavia è necessario quantomeno accennare al fatto che le varie disposizioni richiamate regolano aspetti diversi della stessa questione e non debbono necessariamente considerasi in contrasto tra loro. Le norme fissate dalle regioni Emilia-Romagna e Marche intendono escludere che un semplice coordinamento formale (come ad es. una nuova numerazione degli articoli) debba comportare una nuova doppia deliberazione consiliare a intervallo non minore di due mesi. Le disposizioni dettate dalla regione Toscana e dalla provincia di Trento, invece, valgono ad escludere che un procedimento referendario avviato da una richiesta concernente una delibera legislativa statutaria possa proseguire con riferimento ad un testo anche solo parzialmente diverso. E’ soltanto la provincia di Trento, però, che prevede espressamente la necessità di una nuova pubblicazione della delibera legislativa statutaria, nel testo modificato a seguito della sentenza della Corte costituzionale, al fine di consentire il computo di un nuovo termine per un’eventuale nuova richiesta di referendum.
Altre disposizioni di rilievo che riteniamo di segnalare nella legislazione regionale di disciplina del referendum popolare confermativo delle leggi statutarie sono:
a) La possibilità concessa al Presidente della regione Emilia-Romagna e al Presidente della provincia di Trento, qualora prima dell’indizione del referendum già richiesto sia intervenuta la pubblicazione del testo di un’altra deliberazione legislativa statutaria, di ritardare fino a sei mesi il termine previsto per l’indizione dello stesso in modo che l’eventuale ulteriore referendum sulla nuova deliberazione legislativa possa svolgersi contemporaneamente al primo (l.r. Emilia-Romagna, art. 5; l.p. Trento, art.8);
b) La possibilità concessa al Consiglio provinciale di Trento e al Consiglio regionale dell’Emilia-Romagna di modificare o revocare la deliberazione legislativa statutaria già approvata anche durante la decorrenza del termine di tre mesi dalla pubblicazione notiziale del suo testo sul Bollettino ufficiale della regione ai fini della richiesta di referendum (l.p. Trento, art. 17; l.r. Emilia-Romagna., art. 12);
c) La sospensione delle operazioni referendarie in caso di scioglimento del Consiglio regionale in Toscana (l.r. cit. art. 13);
d) Il rinvio normativo operato dalle regioni Valle d’Aosta (l.r. cit. art. 23) e Friuli-Venezia Giulia (l.r. cit. art. 21), per quanto non disposto dalla legge regionale e in quanto applicabili, alle disposizioni della legge di disciplina del referendum costituzionale e degli altri referendum statali previsti dalla Costituzione (l. 25 maggio 1970, n. 352).
Un ulteriore elemento di valutazione di cui si può tenere conto consiste nel verificare se e in che modo la questione della revisione statutaria e del suo relativo procedimento, con particolare riferimento al procedimento popolare confermativo, è stata affrontata nei lavori preparatori degli Statuti.
Nella proposta di Statuto della regione Abruzzo (art. 84) si affronta direttamente la questione del coordinamento del procedimento referendario con quello concernente il giudizio di legittimità costituzionale prospettandosi una diversa soluzione rispetto a quelle già adottate dalle leggi regionali che hanno espressamente regolato la materia. Si prevederebbe qui, infatti, non l’interruzione/sospensione dell’eventuale procedimento referendario già avviato nel caso in cui sia stata promossa la questione di legittimità costituzionale ma si disporrebbe una doppia pubblicazione della delibera legislativa statutaria: la prima al fine di consentire l’eventuale impugnazione da parte del Governo; la seconda, decorso inutilmente il termine per il ricorso governativo o dopo la sentenza della Corte costituzionale e le eventuali deliberazioni consequenziali del Consiglio regionale, al fine della richiesta del referendum popolare confermativo.
In altre tre bozze di Statuto si rinvia espressamente alla legge regionale la disciplina delle modalità di svolgimento del referendum statutario (Calabria, art. 58; Emilia-Romagna, XLVII; Marche, art. 38), nella seconda di queste bozze tuttavia è fissato direttamente il principio che deve essere sottoposto a referendum l’intero testo approvato dal Consiglio regionale, sul quale si esprime un voto unico. Nelle altre bozze di Statuto attualmente disponibili il referendum sulle leggi statutarie, invece, non è considerato né nell’ambito della partizione interna dell’articolato dedicata ai referendum regionali e agli istituti di democrazia diretta né in quella eventualmente dedicata alla disciplina della revisione statutaria (Lazio, Puglia, Umbria).
Più in generale, manca spesso nelle attuali bozze di Statuto una disciplina della revisione dello Statuto. Negli articolati delle regioni Calabria, Emilia-Romagna e Marche si trovano però alcune ipotesi di proposizioni normative sicuramente innovative e di rilievo. Nei rispettivi testi si prevede, in primo luogo, che l’abrogazione totale dello Statuto non sia valida se non sia contestuale alla deliberazione del nuovo Statuto (Calabria, art. 57; Emilia-Romagna, LXIX; Marche, art. 28). Inoltre, la bozza emiliano-romagnola, dispone di non ammettere emendamenti sulla seconda deliberazione dell’approvazione consiliare. Il testo calabrese prevede che le proposte di revisione dello Statuto non approvate dal Consiglio non possano essere ripresentate prima che sia trascorso un anno dalla loro reiezione (la stessa limitazione del potere di iniziativa legislativa non sarebbe però disposta per il caso dell’eventuale reiezione popolare espressa mediante il referendum). La bozza marchigiana, infine, si spinge fino al punto di prevedere che non si farebbe luogo a referendum se lo Statuto fosse stato approvato nella seconda deliberazione a maggioranza dei due terzi dei componenti l’assemblea legislativa. L’ipotizzata formulazione normativa dispone in difformità da quanto già chiaramente previsto dall’art 123 Cost. e perciò, se non si tratta di una semplice svista, presuppone necessariamente la possibilità della deroga dell’antinomica disposizione costituzionale da parte dello Statuto regionale.
Nella bozza della regione Lazio pur non rinvenendosi una disciplina statutaria della revisione dello Statuto regionale si rinvia al procedimento previsto dall’art. 123 Cost. e dunque, conseguentemente, a una normativa di attuazione di livello non statutario (art. 65). Il medesimo principio vale ovviamente anche per le altre regioni che nelle loro bozze non disciplinano la revisione statutaria né rinviano espressamente alla Costituzione.

TRATTO DA

Rapporto sulla legislazione 2002

3. PROCEDIMENTI PER L'APPROVAZIONE DEGLI STATUTI REGIONALI (Antonio Ferrara)


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