I dati trasmessi dalle regioni sul punto fotografano una realtà tendenzialmente stabile, caratterizzata dalla previsione legislativa (salvo rare eccezioni, quale quella costituita dalla Sardegna, che ancora si fonda su un DPGR) di organismi di raccordo e di consultazione regione-enti locali.
La mancata adozione dei nuovi Statuti regionali, cui il riformato art. 123, u.c., Cost., affida la disciplina del Consiglio delle autonomie locali, “quale organo di consultazione fra la regione e gli enti locali”, comporta infatti, allo stato, una sostanziale conferma dei modelli organizzativi e relazionali affermati dalla legislazione regionale nel corso degli anni.
La nuova fase statutaria delle regioni dovrebbe costituire, al contrario, l’occasione per una più compiuta ridefinizione dei rapporti tra regioni ed enti locali e, conseguentemente, l’occasione per fondare su nuove basi la disciplina dei Consigli delle autonomie locali, che il disposto costituzionale dell’art. 123 qualifica quali organi di “consultazione”, ma che probabilmente le previsioni statutarie potrebbero rafforzare sul piano dei poteri, anche alla luce di quanto finora realizzato attraverso le Conferenze e i Consigli già istituiti legislativamente.
Dalle rilevazioni effettuate è possibile, però, ricavare comunque taluni elementi innovativi, che contribuiscono ad arricchire il dato normativo regionale per quanto concerne la previsione di strumenti di raccordo e di consultazione regione-enti locali.
In primo luogo, va registrata la istituzione della Conferenza regione-autonomie locali in Calabria, che riduce così alle province autonome di Trento e a quella di Bolzano - che pure ha diverse proposte in oggetto - nonché alla regione Trentino Alto Adige, le realtà ancora prive di uno specifico organismo di consultazione con gli enti locali.
La l.r. della Calabria, n. 34/2002, istituisce la Conferenza nel quadro dell’intervento di riordino delle funzioni amministrative regionali e locali, inserendosi in tal modo nel filone di quelle regioni che hanno introdotto (o ridisciplinato) gli organismi di raccordo a seguito dell’attuazione del d. lgs 112/1998.
La Conferenza della Calabria è configurata, peraltro, alla stregua del modello prevalente riscontrabile nelle realtà regionali, quale strumento di raccordo tra Giunta regionale ed esecutivi locali.
Ad essa è rimessa la formulazione di proposte su temi di interesse delle autonomie locali; esprime pareri sugli indirizzi della legge finanziaria e di bilancio e sugli atti generali di programmazione, nonché sui provvedimenti riguardanti l’assetto delle funzioni e l’ordinamento degli enti locali. La Conferenza, inoltre, promuove e sancisce le intese previste dalla legislazione regionale; assicura lo scambio di dati e di informazioni tra regione, province e comuni; promuove ed esamina rapporti e studi sui processi di riforma dell’amministrazione.
La riconduzione della Conferenza della Calabria nella sfera dei rapporti tra esecutivi si traduce chiaramente sul piano della composizione dell’organismo. Fanno parte della Conferenza, infatti, il Presidente della regione, che la presiede, i presidenti delle province, i sindaci dei comuni capoluogo e tredici sindaci eletti dall’assemblea dei sindaci.
Tra gli interventi innovativi deve registrarsi anche quello della regione Sicilia, introdotto con l’art. 100 della legge finanziaria del 2002 (l.r. 2/2002), volto a dare completamento alla disciplina normativa relativa alla Conferenza regione-autonomie locali.
In effetti, la istituzione della Conferenza in Sicilia, prevista dall’art. 43 della l.r. 6/1997, era rimasta priva del regolamento attuativo, cui la legge rimetteva la determinazione della composizione, delle competenze specifiche e del funzionamento dell’organismo, con la conseguenza che i raccordi istituzionali sono rimasti affidati, nelle more dell’adozione del regolamento, ad un coordinamento regione-autonomie locali previsto in via transitoria dalla stessa legge istitutiva della Conferenza (art. 44, l.r. 6/1997).
La nuova disciplina normativa, saltando il rinvio regolamentare e il conseguente ricorso provvisorio al Coordinamento, ha specificato che la Conferenza interviene “con propri deliberati” sulle questioni di carattere generale che abbiano incidenza in ambito comunale, provinciale o metropolitano, nonché in ogni altra ipotesi in cui il governo regionale lo richieda. Ampio è il ventaglio dei provvedimenti per i quali è previsto, dalla legislazione di settore, il parere o il coinvolgimento della Conferenza.
L’art. 100 della l.r. Sicilia, 2/2002, determina anche la composizione della Conferenza, caratterizzandola per un ruolo determinante riconosciuto alle associazione regionali delle autonomie. Fanno parte della Conferenza il Presidente della regione, gli assessori regionali per gli enti locali e per il bilancio e le finanze, il Presidente di ANCI Sicilia, il Presidente dell’URPS, nove sindaci e tre presidenti delle province regionali scelti dalle associazioni degli enti locali, nonché i rappresentanti della Lega delle autonomie, dell’ASACEL e dell’ASAEL.
Infine, da segnalare le modifiche legislative della Lombardia alla l.r. 1/2000 di attuazione del d.lgs e istitutiva della Conferenza regionale delle autonomie locali, volte a superare le difficoltà riscontrate, sotto il profilo della funzionalità dell’organismo, nelle fasi di avvio delle attività della Conferenza.
In particolare, con la l.r. 26/2001, art. 5, la Lombardia ha inteso porre rimedio alle difficoltà incontrate dall’organo a deliberare in sede plenaria a causa delle numerose e persistenti assenze.
I correttivi introdotti sono a carattere sia procedurale che organizzativo.
Viene estesa la facoltà di delega, già prevista per i rappresentanti delle associazioni delle autonomie, anche ai sindaci dei comuni capoluogo, ai presidenti delle province e ai presidenti delle camere di commercio. È prevista, inoltre, la corresponsione a tutti i componenti di un gettone di presenza.
Un’ampia autonomia organizzativa e procedurale è rimessa, inoltre, al regolamento interno della Conferenza, chiamato a determinare le maggioranze richieste per la validità delle sedute, le modalità di convocazione e di svolgimento delle sedute, le procedure di funzionamento e di organizzazione dei lavori, nonché, eventualmente, forme semplificate per l’espressione di alcuni pareri, da rendere anche mediante l’istituzione di articolazioni interne della Conferenza cui verrebbero attribuite funzioni deliberative.
In conclusione, gli orientamenti prevalenti che, in attesa dei nuovi Statuti regionali, sembrano riscontrabili nelle regioni in ordine agli organismi di consultazione con gli enti locali, sono riconducibili a tre diverse tipologie:
- la conferma da parte della maggioranza delle regioni delle scelte legislative compiute nel passato, più o meno recente, rinviando probabilmente proprio ai nuovi Statuti la definizione della nuova disciplina delle Conferenze;
- la introduzione della Conferenza in via legislativa nelle realtà che ne sono ancora prive, come nel caso della Calabria;
- gli interventi a modifica della legislazione previgente al fine di soddisfare esigenze di funzionalità dell’organismo di raccordo e di consultazione tra regioni ed enti locali, come nel caso della Sicilia e della Lombardia.

TRATTO DA

Rapporto sulla legislazione 2002

5.  ORGANI E PROCEDURE DI CONSULTAZIONE DI ENTI LOCALI E FORZE SOCIALI (Guido Meloni)

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