Le rilevazioni e le analisi contenute nel presente rapporto hanno ad oggetto l’anno 2003. Tuttavia, com’è accaduto per il rapporto precedente, anche in questo si è ritenuto di giocare in parte d’anticipo. La sezione dedicata agli statuti regionali è, infatti, aggiornata all’8 luglio 2004. Questa deroga è stata introdotta per offrire immediatamente un primo quadro delle soluzioni, che, soprattutto in materia di produzione normativa, l’elaborazione statutaria successiva alla chiusura dell’anno solare di riferimento ha messo a disposizione.
Se si considerano le dinamiche da cui è stato contrassegnato, deve convenirsi che il 2003 costituisce un anno di passaggio. In esso, infatti, mentre, per un verso, risultano fondamentalmente confermate linee di tendenza sviluppatesi nell’anno precedente, per altro verso, intervengono alcune novità destinate a mutare profondamente il quadro sin dal 2004.
Quanto agli elementi di continuità, è sufficiente sottolineare che – come risulta con chiarezza dalle sezioni di cui il rapporto si compone – prosegue l’impegno delle Regioni a razionalizzare la propria produzione legislativa, permane la condizione di fondamentale emarginazione dei Consigli regionali rispetto all’elaborazione delle politiche comunitarie, si consolida l’accresciuto ruolo delle Giunte sul terreno della produzione normativa, si conferma la situazione precedente per quanto riguarda i meccanismi di concertazione e raccordo con le forze sociali. Con questo non vuol dirsi che in relazione a tali temi – ed agli altri di cui questa edizione del rapporto si occupa – le novità siano del tutto assenti (basti – ad esempio – ricordare quelle che si registrano in materia di tributi propri delle Regioni, di cui dà conto la sezione dedicata alla legislazione in materia di finanza e contabilità). Quello che intende dirsi è che, per quanto riguarda i comportamenti delle Regioni, il 2003 non costituisce un anno di svolta.
Come si è anticipato, tuttavia, alcuni fatti nuovi in esso intervenuti, pur non avendo modificato nell’immediato la condotta degli attori, hanno creato le condizioni per cambiamenti non di superficie.
In proposito, va anzitutto segnalata la legge di attuazione del titolo V novellato: la legge n. 131 del 5 giugno 2003. La quale – ancorché in termini contestati da alcune Regioni (che ne hanno sottoposto importanti “pezzi” alla Corte costituzionale) – ha dotato di una cornice generale il processo di attuazione della riforma. Limitando in questa sede l’attenzione alla legislazione, va ricordata la soluzione da essa accolta per pervenire alla ricognizione dei principi legislativi statali chiamati ad orientare la legislazione regionale concorrente.
Va inoltre – e soprattutto – segnalata l’irruzione sulla scena della Corte costituzionale, che, con due sentenze intervenute nell’ultimo trimestre dell’anno, ha investito in profondità non secondari elementi di sistema: le linee del riparto di competenze legislative tra lo Stato e le Regioni, la potestà regolamentare di queste ultime.
Con riferimento al primo punto, la decisione che viene in considerazione è la n. 303, dell’1 ottobre. La quale, in nome di un ritrovato parallelismo delle funzioni, ammette estensioni della competenza legislativa esclusiva dello Stato, in tutti i casi in cui le funzioni amministrative vengano legislativamente allocate a livello centrale: e, quindi, anche con riferimento a materie non contemplate dall’art. 117, comma 2, Cost. Quanto al secondo, la sentenza da richiamare è la n. 313, del 21 ottobre, che ha nettamente bocciato l’interpretazione corrente dell’incidenza della novella costituzionale del 1999 sulla potestà regolamentare delle regioni. Essa, infatti, ritenendo che tale novella non ne assegni la titolarità alla Giunta (ma lasci agli statuti la decisione), ha dedotto, dalla previgente – e non modificata – disciplina statutaria, la persistente competenza dei Consigli al riguardo.
L’impatto di tali novità potrà essere valutato nel rapporto dell’anno prossimo: quello del 2004.
In questa sede non ci si può, tuttavia, astenere da due osservazioni.
In primo luogo, deve rilevarsi che la sent. 303, incrementando gli elementi di mobilità del riparto delle competenze legislative tra Stato e Regioni, accentua un carattere della nuova disciplina che già nel primo anno del dopo-riforma si era imposto all’attenzione degli operatori (basti, in proposito, ricordare il quadro emerso nella riunione interistituzionale tenutasi nella sala della lupa il 24 febbraio 2003, su iniziativa del Comitato per la legislazione della Camera dei Deputati).
In secondo luogo, va sottolineato che la sent. n. 313: da un lato, ha creato le premesse per un drastico ridimensionamento della “scoperta” della potestà regolamentare che l’interpretazione da essa bocciata aveva favorito; d’altro lato, con riferimento al tema della relativa titolarità, ha “riaperto la partita”: una partita destinata ad essere giocata in sede di elaborazione dei nuovi statuti.

Tratto da

Rapporto sulla legislazione 2003

INTRODUZIONE (Antonio D'Atena)

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