Dai risultati dell’indagine svolta nel 2003, è emerso che i Consigli regionali partecipano, ancora in misura limitata, all’elaborazione delle norme comunitarie. Molte regioni hanno evidenziato, in particolare, l’assenza di procedure codificate o di apposite disposizioni che disciplinino le forme e le modalità di partecipazione. Anche il livello informativo risulterebbe abbastanza carente. Infatti, quasi la totalità delle regioni ha risposto che non esistono canali informativi regolari, a livello consiliare, sulle modalità di partecipazione all’elaborazione delle norme comunitarie. Le risposte sono risultate, comunque, molto diversificate. Infatti, alcune regioni hanno indicato il ruolo svolto dalle rispettive Commissioni consiliari competenti; mentre altre hanno fatto riferimento alla normativa regionale. A titolo di esempio, in base alla l.r. n. 6/2004 dell’Emilia-Romagna, il Presidente della Regione deve riferire al Consiglio in merito alle iniziative e ai compiti svolti nell’ambito della partecipazione della Regione alla fase ascendente del diritto comunitario.
Per quanto riguarda la presenza di sessioni comunitarie specifiche dell’Assemblea e delle Commissioni consiliari competenti, è da precisare che l’interesse dimostrato dalle regioni è risultato differente. Infatti, alcune hanno solo messo in rilievo che non vi è stata alcuna sessione comunitaria; al contrario, altre regioni hanno risposto, in modo approfondito, fornendo informazioni integrative sull’attività svolta dal Consiglio (Lombardia) o dalle Commissioni consiliari competenti (Veneto). Anche in questo caso, le regioni hanno fatto riferimento alla normativa regionale del 2004 (Emilia-Romagna e Friuli-Venezia Giulia) o a quella relativa ad anni precedenti (Basilicata e Toscana). Risulta, inoltre, che nella maggior parte dei nuovi statuti non vi sia alcun riferimento alle sessioni comunitarie. Infatti, solo le regioni Lazio e Piemonte hanno evidenziato l’inserimento di una specifica previsione in questo senso. Anche la Calabria ha fornito informazioni integrative, evidenziando che lo statuto, all’art. 42, rimanda alla legge le modalità di concorso del Consiglio regionale alla partecipazione della regione alla definizione degli indirizzi assenti in sede comunitaria; nonché alla formazione degli atti normativi comunitari e alla loro attuazione ed esecuzione.
Per quanto riguarda la sessione comunitaria della Conferenza Stato-Regione, alcune regioni hanno evidenziato che non vi sono procedure o comunicazioni formali con cui la Giunta regionale informa il Consiglio sulle posizioni assunte in quella sede, mentre altre hanno precisato che il Consiglio non è informato in nessun modo. Ogni regione sembra, comunque, utilizzare una propria modalità di informazione.
Da evidenziare, inoltre, che, in questa indagine svolta nel 2003, le risposte, relative al quesito su eventuali innovazioni attribuibili a quanto disposto dal quinto comma dell’art.117 Cost., sono risultate differenti rispetto a quelle fornite dalle regioni nello scorso anno. Infatti, nel 2002, le regioni e le province autonome avevano affermato di non aver riscontrato alcun elemento innovativo in relazione alle modifiche introdotte dalla riforma costituzionale. Al contrario, nel Rapporto 2003, alcune regioni hanno sottolineato che gli elementi innovativi si possono individuare nelle leggi regionali emanate nel 2003 e nel 2004; mentre altre hanno evidenziato che tali elementi si possono riscontrare nei nuovi statuti (in alcuni casi, ancora sotto forma di bozza).
Le regioni hanno, invece, risposto in modo negativo alla domanda circa le osservazioni, da parte dei Consigli regionali, con riferimento ad atti, a progetti di atti, ai libri verdi e ai libri bianchi della Commissione europea. L’unica eccezione è, infatti, rappresentata dalla Toscana, la quale ha indicato il Libro verde sui servizi di interesse generale. Altrettanto negativa la risposta delle regioni rispetto ad un’eventuale richiesta, avanzata in sede di Conferenza Stato-Regioni, in ordine all’intervento del governo per adire la Corte di giustizia europea. In questo caso, la maggior parte delle regioni ha evidenziato di non esserne a conoscenza, mentre altre di non aver ricevuto alcuna comunicazione formale (Friuli-Venezia Giulia e Lombardia), di non aver formulato alcuna richiesta (Basilicata, Emilia-Romagna, Piemonte) o di non aver rinvenuto atti ritenuti illegittimi (Valle d’Aosta).
Qualche differenza nelle risposte si è riscontrata rispetto alla partecipazione delle regioni ai gruppi di lavoro, nell’ambito delle delegazioni nazionali, presso le istituzioni comunitarie. Infatti, quasi tutte le regioni hanno sottolineato di non essere a conoscenza di accordi stipulati in sede di Conferenza Stato-regioni rispetto a tale partecipazione. Tuttavia, è da sottolineare che alcune hanno, invece, fornito delle informazioni piuttosto dettagliate (in alcuni casi, già in loro possesso); mentre, in altri, appositamente acquisite), dalle quali si deduce che non è stato ancora siglato l’Accordo generale tra il governo, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, anche se il lavoro, a livello tecnico, risulterebbe già a buon punto (il dato si riferisce, evidentemente, al periodo dell’indagine).
Per quanto riguarda la fase discendente, quasi la metà delle regioni ha risposto che non vi è stato alcun provvedimento del Consiglio in relazione all’attuazione, a livello regionale, delle direttive comunitarie. Così come nell’indagine svolta nel 2002, anche in questa del 2003 le regioni hanno indicato le modalità con cui avviene l’attuazione, aggiungendo però delle informazioni sulle rispettive leggi regionali e, in alcuni casi, anche sulle disposizioni statali e sulle direttive comunitarie. Da evidenziare, infine, due aspetti di particolare interesse, indicati dall’Emilia-Romagna, vale a dire l’attuazione indiretta delle direttive, che si riscontra nel caso di direttive già recepite dallo Stato, ma che necessitano di una successiva attuazione in ambito regionale; nonché i vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario.
Relativamente all’attuazione delle politiche, con particolare riferimento alla politica di coesione economica e sociale, anche nell’indagine del 2003, le regioni hanno risposto in modo approfondito e dettagliato, evidenziando che, comunque, il ruolo dei Consigli, anche nella fase di valutazione dei programmi cofinanziati, risulta piuttosto marginale.
Sono, infatti, soprattutto le Commissioni consiliari competenti a svolgere un ruolo di rilievo, oltre ovviamente alle Giunte regionali, le quali sono, comunque, preposte ad effettuare le valutazioni intermedie, insieme ad un valutatore indipendente, al massimo entro il 31 dicembre 2003 (art.42 del Regolamento CE n.1260/1999). Tali valutazioni rappresentano la base per la rimodulazione dei programmi, che viene approvata con delibera dei Consigli regionali.
Solo poche regioni (Basilicata e Molise) hanno, invece, fornito dei dati, desunti dai Rapporti di valutazione intermedia, sullo stato di attuazione dei programmi cofinanziati. Dalle informazioni ricevute, sembra che il grado di avanzamento finanziario sia stato soddisfacente e che nessuna delle due regioni abbia subito il disimpegno automatico delle risorse. Uno dei problemi evidenziati, rappresentato dalla scarsa integrazione tra le misure dei singoli assi, è, comunque, oggetto di analisi nell’ambito della rimodulazione dei Programmi operativi e dei Complementi di programmazione.
Per quanto riguarda le notifiche alla Commissione europea, le regioni che hanno risposto al quesito si sono differenziate in base al livello di approfondimento delle risposte. Infatti, alcune regioni (ad esempio, Emilia-Romagna, Lombardia, Marche e Molise) hanno risposto in modo dettagliato indicando la tipologia, la base giuridica, il titolo, il numero e l’esito; mentre altre (Abruzzo, Liguria, Piemonte, Umbria; Valle d’Aosta e Veneto) hanno fornito informazioni generali. Su circa 43 provvedimenti totali notificati, il maggior numero spetta al Molise (11) e alla Lombardia (9), mentre un solo provvedimento è stato notificato dall’Abruzzo, dalla Liguria, dall’Umbria e dalla Valle d’Aosta. Il numero dei provvedimenti è risultato, comunque, inferiore rispetto a quello relativo al 2002, pari a circa 67. Per quanto riguarda la tipologia, si è riscontrata, anche nel 2003, una prevalenza delle delibere della Giunta regionale; mentre, relativamente agli esiti, il numero dei provvedimenti è risultato suddiviso, quasi equamente, tra quelli approvati e quelli in corso di esame. La maggior parte dei provvedimenti rientra nel settore agricolo (28). Le regioni che, al contrario, non hanno risposto alla domanda, hanno evidenziato che, nel periodo di riferimento, il Consiglio non ha notificato alcun provvedimento, affermando, inoltre, di non essere a conoscenza o di non avere avuto nessuna comunicazione ufficiale rispetto ad eventuali notifiche effettuate dalla Giunta.

Tratto da
Rapporto sulla legislazione 2003
2. FORMAZIONE E ATTUAZIONE DELLE POLITICHE DELL'UNIONE EUROPEA  (Letizia R. Sciumbata)

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