Le risposte delle Regioni per il 2003 relativamente ad organi e procedure di consultazione degli enti locali evidenziano, in primo luogo, il dato relativo alla fase di transizione subordinata alle procedure di adozione dei nuovi statuti regionali, attraverso i quali dare attuazione all’u.c. dell’art. 123 Cost.
Nell’attesa dei nuovi statuti restano in piedi, così, i modelli istituzionali e procedurali di concertazione regioni-enti locali introdotti nel corso degli anni dai legislatori regionali, rispetto ai quali in talune realtà regionali vanno registrati degli ulteriori interventi normativi volti ad ampliarne le competenze (come nel caso dell’Emilia Romagna) o, addirittura, a sancirne l’avvio, con i relativi provvedimenti attuativi, come nel caso della Calabria.
Proprio la Calabria rappresenta, a tale proposito, una situazione del tutto peculiare. Infatti, unica regione a dichiarare la istituzione del Consiglio delle autonomie locali, a seguito della approvazione del nuovo statuto regionale, viene nel frattempo a trovarsi nella necessità di dar seguito alla previsione della Conferenza regione – autonomie locali introdotta con la l.r. 34/2002 ( di cui si è dato conto nell’edizione precedente di questo Osservatorio), con l’adozione del regolamento (n. 4 del 24 aprile 2004) per l’elezione dei componenti non di diritto della Conferenza e per il suo insediamento e avvio di funzionamento, nonché con il decreto di costituzione dell’organismo stesso (dpgr n. 95 del 21 luglio 2003).
A fronte della dichiarazione, in molti casi esplicita (v. Abruzzo, Basilicata, Campania, Lazio, Molise, Sicilia), della prevista istituzione del Consiglio delle autonomie locali negli statuti in corso di adozione, è da registrare che comunque resta priva di un apposito organismo di raccordo la Campania, impegnata ancora in una fase di elaborazione di proposte legislative, che si protrae oramai da diversi anni.
La provincia autonoma di Bolzano, invece, è giunta, con la l.p. 11 giugno 2003, n. 10, alla istituzione del Consiglio dei comuni, in attuazione, come dichiarato, dell’art. 123 cost.. Il consiglio dei comuni è organismo di consultazione tra la Provincia e i comuni del territorio provinciale e deve essere sentito sui disegni di legge presentati al Consiglio provinciale e sulle proposte di regolamenti e atti amministrativi ad indirizzo generale della Giunta provinciale, quando si tratti di materie proprie o delegate dei comuni. Al Consiglio dei comuni è riconosciuta la facoltà di formulare proposte, pareri o osservazioni al Consiglio provinciale sulle questioni di interesse comunale o sovracomunale e di essere sentito dalla commissione legislativa competente quando è in corso la trattazione delle proposte legislative di interesse locale.
Si accennava in precedenza come siano riscontrabili anche interventi volti al potenziamento del ruolo delle attuali Conferenze regioni-autonomie locali. È il caso dell’Emilia Romagna, che con la l.r. 6/2004 potenzia la propria conferenza riconoscendole un ruolo di raccordo, relativamente alla partecipazione della regione alla formazione di atti comunitari, per quelle esigenze che le autonomie locali rappresentino in ordine a materie di propria competenza. Alla conferenza è richiesta anche l’espressione di un parere sullo schema annuale di progetto di legge comunitaria regionale, nonché la possibilità di proporre al presidente della giunta regionale la presentazione di ricorsi alla Corte costituzionale contro leggi dello Stato invasive della competenza locale. Un provvedimento, quello dell’Emilia Romagna, che muove decisamente nella direzione di un forte coinvolgimento degli enti locali nel sistema regionale, anche a fronte degli accresciuti poteri delle autonomie territoriali operato con la riforma costituzionale del 2001.
Il che, proprio nella prospettiva della transizione verso i nuovi Consigli delle autonomie locali di cui all’art. 123 cost., contribuisce a rimarcare ancor più il dato prevalentemente riduttivo, anche rispetto alle esperienze finora maturate, del ruolo meramente consultivo che la costituzione riconosce, seppur nei termini di condizione minima necessaria, a tali organismi.
Sul piano delle attività degli organismi di consultazione e raccordo regioni-enti locali si registra ancora una volta, sulla base dei dati disponibili, peraltro rappresentati con una certa disomogeneità, una notevole diversità di situazione.
Si segnalano, per l’anno considerato, talune realtà regionali che dichiarano di aver svolto una attività di tipo istituzionale attraverso la partecipazione consultiva alle decisioni degli organi regionali e, in particolare, a quelle di competenza del consiglio regionale.
La frequenza delle riunioni degli organismi di consultazione varia notevolmente. Si passa dalle 12 sedute della Toscana, alle 5 del Veneto e della Lombardia (per la Lombardia è opportuno considerare anche le 11 riunioni dell’Ufficio di Presidenza della Conferenza che in alcuni casi si sostituisce alla sede plenaria), alle 3 della Liguria e del Molise.
Anche il numero degli atti esaminati risulta molto diverso, in considerazione della diversa competenza, solo in taluni casi estesa a tutti i provvedimenti all’esame del Consiglio regionale, da parte degli organismi di consultazione e raccordo.
Così il Consiglio delle autonomie locali della Toscana risulta essersi pronunciato 72 volte, con 41 pareri espressi su proposte di legge, attraverso i quali sono stati mossi numerosi rilievi specifici (121) rivolti alla futura attività legislativa. 33 sono gli atti esaminati dall’organismo delle Marche, chiamato a pronunciarsi, tra l’altro, su due testi unici, 10 pdl settoriali e 2 proposte in materia di bilancio; 23 sono i progetti di legge assegnati per il parere della Conferenza in Lombardia, tra i quali, oltre al DPEFR alcuni provvedimenti a carattere economico-finanziario, nonché provvedimenti di Giunta su conferimenti agli enti locali; mentre in Liguria sono stati valutati 12 ddl e 5 pdl, oltre ad un regolamento interno; 21 sono invece i pareri espressi su pdl di iniziativa consiliare in Veneto, cui si aggiungo i 5 pareri su schemi di deliberazione della giunta regionale; la conferenza dell’Umbria si è pronunciata, invece su 10 disegni di legge.
Relativamente alle tipologie degli atti esaminati è da considerare, così come rilevato nell’edizione precedente dell’Osservatorio, una tendenziale prevalenza in ordine alla trasmissione dei progetti di legge riguardanti normative di bilancio e finanziarie, leggi a carattere ordinamentale e di determinazione delle funzioni e delle connesse risorse da trasferire agli enti locali, nonché una pluralità di interventi normativi a carattere settoriale di interesse locale.
Si segnale, come sintomo di una crescente attività di semplificazione e di riordino normativo, che interessa anche la sfera degli enti locali, il numero crescente dei testi unici sottoposti all’esame delle conferenze (v., in particolare, il caso della Liguria, ma anche quelli di Marche e Lombardia).
Di rilievo è anche la consistenza degli atti di programmazione generale delle regioni sottoposti all’esame delle Conferenze, con i connessi provvedimenti amministrativi di approvazione.
Rileva, infine, l’esperienza del Consiglio delle autonomie locali della Toscana, che ha affiancato alla attività consultiva di tipo istituzionale un notevole ambito di ulteriori attività, volte essenzialmente a favorire un più ampio coinvolgimento dell’organismo di raccordo regioni-enti locali nel dibattito istituzionale su temi di stretta attualità ( quali la riforma dello statuto regionale o l’attuazione della riforma costituzionale del 2001), nonché nelle attività di studio, ricerca, comunicazione ed informazione, molte delle quali si segnalano per la rilevanza dei temi affrontati (tra i quali, enti locali e governance; qualità amministrativa; sistema di governo locale).

TRATTO DA

Rapporto sulla legislazione 2003

5. ORGANI E PROCEDURE DI CONSULTAZIONE DI ENTI LOCALI E FORZE SOCIALI (Guido Meloni)

 

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