Corte cost. sent. n. 89/06 (demanio marittimo)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Annibale MARINI Presidente
-
- Giovanni Maria FLICK ”
- Francesco AMIRANTE ”
- Ugo DE SIERVO ”
- Romano VACCARELLA ”
- Paolo MADDALENA ”
- Alfio FINOCCHIARO ”
- Alfonso QUARANTA ”
- Franco GALLO ”
- Luigi MAZZELLA ”
-
-
- Maria
-
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio per conflitto di attribuzione sorto a seguito delle note del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Capitaneria di porto di Viareggio, in data 12 e 26 febbraio 2003, delle note dello stesso Ministero, Direzione generale per le infrastrutture della navigazione marittima ed interna, in data 31 gennaio e 4 febbraio 2003, nonché del parere della seconda sezione consultiva del Consiglio di Stato n. 767 del 15 maggio 2002, con le quali si riassumevano in capo allo Stato le competenze in materia di concessioni sui beni del demanio marittimo portuale, con specifico riguardo al porto di Viareggio, promosso con ricorso della Regione Toscana, notificato il 31 marzo 2003, depositato in cancelleria il successivo 8 aprile ed iscritto al n. 14 del registro conflitti 2003.
Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri, nonché l'atto d'intervento della società Porto Turistico Domiziano.
udito nell'udienza pubblica del 24 gennaio 2006 il Giudice relatore
uditi l'avvocato Fabio Lorenzoni per
Ritenuto in fatto
1.— Con ricorso notificato il 31 marzo 2003 e depositato presso la cancelleria della Corte il successivo 8 aprile,
La Regione, altresì, ha elevato conflitto nei confronti del Consiglio di Stato, in ordine al parere reso dalla seconda sezione consultiva in data 15 maggio 2002, n. 767, «per quanto possa occorrere».
Premette la ricorrente che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, richiamando le argomentazioni del suddetto parere del Consiglio di Stato, ha ritenuto di riassumere in capo allo Stato le competenze in materia di concessioni sui beni del demanio marittimo portuale, con specifico riguardo al porto di Viareggio, in quanto contemplato nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 21 dicembre 1995.
2.— Con la nota in data 12 febbraio 2003 il Ministero comunicava alla Regione Toscana che
2.1.—
2.2.— Infine, con la nota del 26 febbraio 2003, il Ministero richiamava i precedenti atti e, riaffermando la competenza statale in ordine ai porti iscritti nel d.P.C.m. 21 dicembre 1995, dichiarava di rimanere in attesa di concordare le modalità per l'acquisizione della documentazione occorrente per l'esercizio delle relative funzioni.
3.— Tanto premesso, la ricorrente deduce che gli atti impugnati sono lesivi delle attribuzioni regionali delineate dagli articoli 117 e 118, «anche in relazione all'art. 5», della Costituzione, venendo in rilievo materie di competenza legislativa concorrente («governo del territorio, porti e aeroporti civili, grandi reti di trasporto e di navigazione, turismo ed industria alberghiera, lavori pubblici»); chiede, pertanto, che
3.1.—
Da ciò
3.2.— Il riparto delle competenze risultante dagli atti impugnati, infatti, non sarebbe conforme ai criteri della delega conferita al Governo dall'art. 1 della legge 15 marzo 1997, n. 59 (Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa), che indica quale unico limite espresso alla competenza regionale l'ordine pubblico e la sicurezza pubblica. Analogamente l'art. 105, comma 2, lettera l), del d.lgs. 112 del 1998 esclude dal conferimento i porti finalizzati alla difesa militare ed alla sicurezza dello Stato. Pertanto ogni «altra previsione dell'art. 105 ed, in particolare, il riferimento alle aree di interesse nazionale, deve, dunque, essere interpretata in coerenza con tali previsioni, oltre che con il riparto di competenza Stato-Regioni quale desumibile dall'attuale ordinamento vigente».
3.3.— Dall'analisi del quadro normativo vigente,
Rileva, altresì, che la recente modifica dell'art. 105 del d.lgs. n. 112 del 1998, intervenuta ad opera dell'art. 9 della legge 16 marzo 2001, n. 88 (Nuove disposizioni in materia di investimenti nelle imprese marittime), ha comportato che, dal 1° gennaio 2002, nei porti di rilevanza economica regionale ed interregionale le competenze in materia di amministrazione del demanio marittimo spettino alle Regioni, salvo che sussistano ragioni di tutela della sicurezza della navigazione interna, e con l'eccezione del settore dell'approvvigionamento d'energia, per il quale, stante la rilevanza di carattere nazionale, lo Stato mantiene le proprie competenze, che continueranno a far capo all'amministrazione marittima.
Gli atti impugnati, invece, «forzando la portata del richiamo al d.P.C.m. 21 dicembre 1995», hanno confermato l'individuazione delle aree escluse, operata dal preesistente atto governativo.
3.4.—
Ad avviso della ricorrente, infatti, non può ritenersi che il più ampio conferimento di funzioni effettuato dal nuovo testo dell'art. 105 sia condizionato dall'emanazione del decreto ministeriale di classificazione dei porti di cui alla legge n. 84 del 1994.
Il ritardo dell'amministrazione statale, quindi, non può tradursi in un effetto sospensivo dell'efficacia di una disposizione di legge ed impedire, di conseguenza, all'amministrazione regionale l'esercizio di poteri che, in base a quella stessa disposizione, le sono riconosciuti.
La mancata emanazione del suddetto decreto sarebbe, invece, indice della mancanza di volontà di attrarre altri porti, che non siano quelli riservati per legge allo Stato, nell'ambito delle sue funzioni.
3.5.—
3.5.1.— A seguito della recente riforma degli articoli 117 e 118 della Costituzione, infatti, il settore dei porti civili è stato demandato alla potestà legislativa concorrente delle Regioni, senza distinguere tra aree portuali aventi rilevanza economica regionale, ovvero nazionale o internazionale; nelle materie di competenza concorrente regionale spetta alla Regione allocare le funzioni amministrative, in capo agli enti locali, sicché gli atti impugnati priverebbero
3.6.— In ordine al parere n. 767 del 2002 reso dalla seconda sezione consultiva del Consiglio di Stato,
4.— Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha chiesto che il ricorso proposto dalla Regione Toscana venga dichiarato inammissibile, improponibile e comunque infondato.
5.— Ha spiegato intervento nel giudizio, con comparsa depositata presso la cancelleria di questa Corte il 3 gennaio 2006,
La società ha dedotto l'inammissibilità e comunque l'infondatezza del conflitto sollevato dalla Regione Toscana.
6.— L'Avvocatura dello Stato, in prossimità dell'udienza, ha depositato memoria, con la quale ha ribadito le conclusioni già rassegnate alla Corte.
6.1.— La difesa dello Stato richiama, in particolare, il parere del Consiglio di Stato n. 767 del
In proposito la difesa erariale evidenzia come, anche se nel richiamato parere non sono forniti elementi per stabilire la prevalenza tra il d.P.C.M. del 1995 e l'asserita competenza regionale in materia di porti turistici, elementi chiarificatori si possano desumere dalla sentenza della Corte costituzionale n. 511 del 2002.
6.2.— L'Avvocatura dello Stato fa riferimento, altresì, al parere n. 2194, reso in data 16 ottobre 2002 dalla seconda sezione consultiva del Consiglio di Stato, avente ad oggetto “riparto delle competenze in materia di concessioni di beni del demanio marittimo e zone marine ricadenti all'interno di aree marittime protette”, con il quale sarebbe stata affermata la sussistente competenza dello Stato in merito.
6.3.— Rileva, infine, come la competenza dello Stato, in ordine alla classificazione dei porti, si rinviene nell'art. 104, comma 1, lettera s), del d.lgs. n. 112 del 1998, la cui valenza appare confermata in ragione di quanto stabilito dalla Corte costituzionale con la pronuncia n. 282 del 2002, laddove si specifica che, nella fase di transizione dal vecchio al nuovo sistema di riparto delle competenze, anche ove si verta in tema di legislazione regionale concorrente, quest'ultima dovrà svolgersi nel rispetto dei principi fondamentali, comunque risultanti dalla legislazione statale già in vigore.
7.— Anche
Considerato in diritto
1.— Con il ricorso indicato in epigrafe,
2.— La ricorrente ha dedotto che i suddetti atti sarebbero lesivi delle attribuzioni regionali di cui agli articoli 117 e 118, «anche in relazione all'art. 5», della Costituzione. Tali atti, nella prospettiva della difesa regionale, si porrebbero, altresì, in contrasto con il riparto delle competenze amministrative delineato dall'art. 105 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), come modificato dall'art. 9 della legge 16 marzo 2001, n. 88 (Nuove disposizioni in materia di investimenti nelle imprese marittime).
Tali violazioni sarebbero, secondo
3.— Oggetto del contendere, dunque, è la delimitazione dell'ambito delle competenze, statali e regionali, in riferimento alle procedure amministrative per il rilascio di concessioni demaniali marittime nell'ambito del porto di Viareggio, il quale, come è pacifico tra le parti, non è finalizzato alla difesa militare o alla sicurezza dello Stato, né è sede di Autorità portuale, ma, ad avviso della ricorrente, costituisce porto destinato precipuamente al commercio ai sensi degli articoli 1 e 2 (categoria II, classe III) del regio decreto 2 aprile 1885, n. 3095, recante “Testo unico della legge 16 luglio 1884, n. 2518, con le disposizioni del titolo IV, porti, spiagge e fari della preesistente legge 20 marzo 1865, sui lavori pubblici”.
4.— Nel giudizio è intervenuta
Tale intervento, a prescindere dalla sua tardività, deve essere dichiarato inammissibile.
La giurisprudenza di questa Corte è costante nel ritenere che nel giudizio per conflitto di attribuzione tra Stato e Regioni non possono intervenire soggetti diversi da quelli legittimati a promuovere il conflitto o a resistervi, salvo che gli atti impugnati siano oggetto di un giudizio comune in cui l'interventore sia parte e la pronuncia della Corte sia «suscettibile di condizionare la stessa possibilità che il giudizio comune abbia luogo» (sentenze n. 386 del 2005; n. 76 del 2001).
Non ricorrendo la circostanza da ultimo indicata, l'orientamento che esclude la legittimazione ad intervenire in giudizio dei predetti soggetti, nei limiti in cui è inteso a salvaguardare il tono costituzionale dei conflitti affidati al giudizio della Corte, deve essere tenuto fermo.
5.— In via preliminare, è opportuno puntualizzare che le note ministeriali impugnate contengono una chiara manifestazione di volontà dello Stato di riaffermare la propria competenza nel settore in esame e di negare quella regionale; pertanto, al presente giudizio va riconosciuto tono costituzionale, in quanto involge questioni afferenti al riparto delle attribuzioni tra Stato e Regioni, quale risulta dal nuovo Titolo V della Parte seconda della Costituzione.
6.— Ancora, in via preliminare, è necessario delineare i tratti essenziali della disciplina di settore rilevante per la risoluzione del conflitto de quo.
6.1.— Al riguardo, occorre partire dalla considerazione che
6.2.— Una prima classificazione dei porti si rinveniva, in origine, nel regio decreto n. 3095 del 1885, il cui art. 1 suddivideva i porti in due categorie: alla prima appartenevano i porti e le spiagge che interessavano la sicurezza della navigazione generale e servivano unicamente o precipuamente a rifugio, o alla difesa militare ed alla sicurezza dello Stato; nella seconda erano inseriti i porti e gli approdi – suddivisi in quattro classi – che servivano precipuamente al commercio.
6.3.— Il primo intervento legislativo, rilevante sul piano dell'attribuzione delle funzioni amministrative statali alle Regioni in materia di “demanio marittimo”, anche con riguardo all'ambito portuale, si è avuto con l'emanazione dell'art. 59 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 (Attuazione della delega di cui all'art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382), il quale ha specificamente delegato alle Regioni le funzioni «sul litorale marittimo, sulle aree demaniali immediatamente prospicienti, sulle aree del demanio lacuale e fluviale, quando la utilizzazione prevista abbia finalità turistiche e ricreative», con la precisazione della non applicazione di detta delega «ai porti e alle aree di preminente interesse nazionale in relazione agli interessi della sicurezza dello Stato e alle esigenze della navigazione marittima». Per la identificazione delle predette aree, il citato art. 59 rinviava poi ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottarsi sentite le «Regioni interessate».
Già, dunque, in questa fase, la legislazione statale ha previsto un coinvolgimento delle Regioni nella materia dei “porti”.
6.4.— In attuazione di quanto stabilito dal richiamato art. 59, secondo comma, è stato emanato il d.P.C.m. 21 dicembre 1995, con il quale sono state identificate le aree demaniali marittime escluse dal conferimento delle funzioni amministrative alle Regioni «in quanto riconosciute di preminente interesse nazionale in relazione agli interessi della sicurezza dello Stato e alle esigenze della navigazione marittima».
6.5.— Un'organica disciplina dell'ordinamento e delle attività portuali è stata introdotta dalla legge 28 gennaio 1994, n. 84 (Riordino della legislazione in materia portuale), la quale ha anche previsto, in quanto incompatibili con le proprie disposizioni, l'abrogazione delle norme del regio decreto n. 3095 del 1885.
Tale legge ha operato, tra l'altro, all'art. 4, una riclassificazione dei porti, distinguendoli in due categorie: la prima (categoria I), comprendente porti o specifiche aree portuali, finalizzati alla difesa militare e alla sicurezza dello Stato; la seconda, porti o specifiche aree portuali di rilevanza economica internazionale (categoria II, classe I), di rilevanza economica nazionale (categoria II, classe II), e, infine, di rilevanza economica regionale e interregionale (categoria II, classe III). Il concreto inserimento nell'una o nell'altra categoria (essendosi stabilito solo che i porti sede di autorità portuale abbiano comunque carattere internazionale o nazionale) è stato demandato a decreti che avrebbero dovuti essere adottati, rispettivamente, dal «Ministro della difesa» e dal «Ministro dei trasporti e della navigazione» e che, in realtà, non sono stati mai emanati.
6.6.— Proseguendo nella ricostruzione del quadro normativo rilevante, un ulteriore e ampio trasferimento di funzioni amministrative alle Regioni, in materia di concessioni di beni del demanio marittimo, anche qualora collocati in ambito portuale, si è avuto con il d.lgs. n. 112 del 1998. L'art. 105, comma 2, lettera l), del suddetto decreto legislativo, nel testo originario, stabiliva che venissero conferite alle Regioni le funzioni relative «al rilascio di concessioni di beni del demanio della navigazione interna, del demanio marittimo e di zone del mare territoriale per finalità diverse da quelle di approvvigionamento di fonti di energia»; precisandosi, altresì, che «tale conferimento non opera nei porti e nelle aree di interesse nazionale individuate con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 21 dicembre 1995».
L'art. 9 della legge n. 88 del
6.7.— È, infine, intervenuta la modifica del Titolo V della Parte seconda della Costituzione, la quale ha previsto, da un lato, l'attribuzione alle Regioni della competenza legislativa concorrente in materia di “porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione” (art. 117, terzo comma, della Costituzione; sentenza n. 378 del 2005); dall'altro, ha attribuito la generalità delle funzioni amministrative ai Comuni, salvo che, per assicurarne l'esercizio unitario, le stesse siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza (art. 118, primo comma, della Costituzione).
7.— Così ricostruito il quadro normativo di riferimento, quale si è sviluppato nel corso del tempo, occorre stabilire se possa ritenersi assistita da fondamento la doglianza avanzata dalla Regione Toscana, che ha lamentato il vulnus alle proprie attribuzioni, nella materia de qua, operato dagli atti impugnati.
8.— Al riguardo, deve essere precisato che l'esame, cui è chiamata questa Corte, non deve essere effettuato con riferimento alla normativa ed agli atti amministrativi adottati prima della riforma del Titolo V. Sicché non assumono rilevanza, in questa sede, né le questioni attinenti alla eventuale illegittimità costituzionale della normativa statale precedente alla predetta riforma, né, tanto meno, le questioni attinenti alla legittimità degli atti adottati prima della riforma stessa, e segnatamente del d.P.C.m. 21 dicembre 1995.
8.1.— Chiarito ciò, è bene ulteriormente puntualizzare che il presente conflitto di attribuzione deve essere risolto, secondo il costante orientamento di questa Corte (v., tra le altre, sentenze n. 324 del 2005, n. 364, n. 302 e n. 13 del 2003), sulla base dei parametri costituzionali vigenti al momento dell'adozione degli atti in ordine ai quali è stato proposto il ricorso, e dunque, avendo riguardo alle norme costituzionali successive alla modifica del Titolo V.
9.— Sempre in via preliminare, si deve rilevare come oggetto del conflitto sono esclusivamente le note del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
E, infatti, solo in ordine alla nota del 12 febbraio 2003 – e quindi, si deve ritenere, in ordine alle note da quest'ultima richiamate (31 gennaio e 4 febbraio 2003), nonché a quella strettamente connessa e consequenziale (26 febbraio 2003) – è stata autorizzata dalla Giunta regionale, con delibera del 24 marzo 2003, la proposizione del presente conflitto di attribuzione. Esula, pertanto, dall'oggetto del giudizio l'impugnazione del parere del Consiglio di Stato n. 767 del 2002, non richiamato dalla citata delibera; comunque, alla luce del suo contenuto, il detto parere non è idoneo a recare alcun vulnus alla rivendicata competenza della Regione ricorrente.
10.— Tanto premesso, si può passare all'esame, nel merito, delle specifiche questioni proposte.
11.— Il ricorso è fondato.
12.— Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con gli atti impugnati, pur in presenza del predetto nuovo riparto di attribuzioni di competenze, delineato dalla riforma del Titolo V della Costituzione, ha inteso attrarre “nuovamente” nella competenza statale il porto di Viareggio, solo perché questo risulta inserito nel d.P.C.m. 21 dicembre 1995.
L'amministrazione statale, con gli indicati atti, ha ritenuto di poter trarre argomenti dal parere del Consiglio di Stato n. 767 del 2002, per operare una vera e propria “riappropriazione” di competenza su tutti i porti e le aree portuali di cui al citato d.P.C.m. Ciò si rivela palese dalla lettura della nota ministeriale, in data 31 gennaio 2003, diretta al Comune di Viareggio, con la quale si afferma testualmente che «questa Amministrazione e per essa
12.1.— È opportuno, in ogni caso, precisare che le conclusioni cui è pervenuta l'amministrazione statale non sono suffragate dal parere del Consiglio di Stato n. 767 del 2002. Infatti, l'organo consultivo, al quale il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti aveva chiesto parere sull'interpretazione da dare alla disposizione contenuta nell'art. 105, comma 2, del d.lgs. n. 112 del 1998 (nel testo modificato dall'art. 9 della legge n. 88 del 2001), si è limitato a precisare, da un lato, che il termine del 1° gennaio 2002 di decorrenza per il conferimento alle Regioni delle funzioni relative ai porti «di rilevanza economica regionale ed interregionale» non può essere considerato meramente ordinatorio, e, dall'altro, che la individuazione dei “porti turistici” (di sicura competenza regionale) può essere effettuata prescindendo da ogni attività di classificazione o catalogazione dei porti.
Questo essendo il contenuto sostanziale della pronuncia consultiva, risulta confermata l'arbitrarietà della conclusione cui è pervenuta l'amministrazione statale quanto alla “riappropriazione”, da parte dello Stato, in ordine a tale tipologia di porti solo perché indicati nel d.P.C.m. 21 dicembre 1995.
12.2.— Sotto quest'ultimo profilo, d'altronde, questa Corte ha già avuto modo di chiarire (sentenza n. 322 del 2000) che il richiamo effettuato nell'art. 105 del d.lgs. n. 112 del 1998 al predetto d.P.C.m. non comporta, affatto, il conferimento allo stesso di «efficacia legislativa», né vale a «sanare i vizi di legittimità che lo inficiano o comunque attribuire ad esso, in quanto tale, una nuova o diversa efficacia». «In altri termini» – ha precisato
È da escludere, dunque, che il riferimento al suddetto d.P.C.m. nelle norme statali, citate negli atti impugnati, possa cristallizzare nel tempo l'appartenenza di aree portuali di interesse regionale o interregionale al novero di quelle escluse dal conferimento di funzioni alle Regioni in vista del loro “preminente interesse nazionale”.
In altri termini, il nuovo sistema delle competenze, recato dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), impedisce che possa attribuirsi attuale valenza all'inserimento del suddetto porto nel d.P.C.m. del 1995, ai fini del riparto delle funzioni amministrative in materia.
12.3.— Quanto sin qui affermato non esclude, ovviamente, che lo Stato possa procedere per il futuro, con la necessaria partecipazione della Regione interessata in ossequio al principio di leale collaborazione, a riconoscere a taluni porti, e dunque anche a quello di Viareggio, per la loro dimensione ed importanza, quel carattere di rilevanza economica internazionale o di preminente interesse nazionale, che sia idoneo a giustificare la competenza legislativa ed amministrativa dello Stato su tali porti e sulle connesse aree portuali.
13.— Alla luce delle considerazioni che precedono, in accoglimento del ricorso, deve essere dichiarato che non spetta allo Stato considerarsi “nuovamente” competente nella materia delle concessioni sui beni del demanio marittimo portuale del porto di Viareggio, con la conseguenza che devono essere annullate le note del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Capitaneria di porto di Viareggio, in data 12 e 26 febbraio 2003, nonché le note del suddetto Ministero, Direzione generale per le infrastrutture della navigazione marittima ed interna, in data 31 gennaio e 4 febbraio 2003.
dichiara inammissibile l'intervento spiegato dalla società Porto Turistico Domiziano;
dichiara che non spetta allo Stato, e per esso al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, attribuire alle autorità marittime statali la competenza amministrativa relativa al rilascio di concessioni demaniali nell'ambito del porto di Viareggio;
annulla, per l'effetto, le note del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Capitaneria di porto di Viareggio, in data 12 e 26 febbraio 2003, nonché le note del suddetto Ministero, Direzione generale per le infrastrutture della navigazione marittima ed interna, in data 31 gennaio e 4 febbraio 2003, di cui in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 marzo 2006.
F.to:
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 10 marzo 2006.
Il Direttore della Cancelleria