Legislatura 15º - Disegno di legge N. 226
SENATO DELLA REPUBBLICA
      ———– XV LEGISLATURA ———–
    N. 226
 
 

DISEGNO DI LEGGE
d’iniziativa del senatore MANZIONE
COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 4 MAGGIO 2006
———–
Eleggibilità al terzo mandato per i sindaci e i presidenti di provincia. Modifiche al testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in materia di competenze dei consigli comunali e provinciali e di ampliamento
———–
Onorevoli Senatori. – La riforma delle autonomie locali, sancita con la legge 8 giugno 1990, n. 142, successivamente abrogata, proseguita con le modifiche e le integrazioni apportate dalla legge 25 marzo 1993, n. 81, e successivamente precisata ed arricchita dalle norme contenute nelle leggi sulla semplificazione amministrativa 15 marzo 1997, n. 59 e 15 maggio 1997, n. 127, ha ridisegnato l’architettura delle istituzioni locali.
    In particolare, la legge n. 81 del 1993 (poi confluita nel testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267) ha profondamente riformato e rinnovato il ruolo istituzionale del sindaco.
    Dal 1993, data delle prime elezioni comunali svolte secondo il nuovo meccanismo, la storia delle amministrazioni locali è stata caratterizzata da una profonda e definitiva modifica nel rapporto tra amministratore ed amministrato e tra gli organi interni allo stesso municipio.
    Dopo nove anni dal funzionamento della riforma, appare opportuno svolgere alcune considerazioni e fare un primo bilancio.
    All’evidente recupero di credibilità, fiducia e partecipazione da parte dei cittadini nei confronti dei sindaci, punti di riferimento storici nell’evoluzione della pubblica amministrazione italiana, ma decisamente compromessi dagli astrusi e poco trasparenti meccanismi che presiedevano alla loro investitura in passato, fanno riscontro alcune conseguenze di sistema che limitano parzialmente il pieno esplicarsi degli effetti positivi che la riforma del 1993 avrebbe dovuto portare con sé.
    La previsione del limite dei due mandati consecutivi per i sindaci; l’amplissima libertà di manovra e di decisione di cui essi godono insieme alla giunta; gli scarsi meccanismi di controllo da parte delle maggioranze consiliari di cui gli stessi sindaci sono espressione; l’incompatibilità assoluta tra la carica di consigliere e quella di assessore. Sono questi alcuni dei punti su cui occorre spendere una riflessione, finalizzata alla ricerca di soluzioni legislative che portino ad una maggiore funzionalità del sistema.
    La norma che stabilisce il limite dei due mandati, oltre a presentare, secondo alcuni, dubbi sul piano della legittimità costituzionale, rappresenta indubbiamente un freno per lo sviluppo ed il completamento di un serio programma di governo locale.
    Inoltre, per i comuni di minori dimensioni l’individuazione di alternative credibili e possibili ad un sindaco non più rieleggibile rappresenta, molto spesso, un’operazione né facile, né, a volte, possibile. E le forzature in questi casi rappresentano spesso soluzioni ad alto rischio.
    Per i comuni maggiori il limite alla rieleggibilità del sindaco, come ho detto, semplicemente non consente di portare a termine il lavoro iniziato.
    È evidente che tale limite condiziona anche la spinta propulsiva dell’azione amministrativa di sindaci e presidenti di provincia che sanno a priori di non potersi più sottoporre al giudizio degli elettori, mentre sarebbe più giusto e corretto consentire agli stessi elettori di giudicare direttamente, attraverso il voto, l’operato del sindaco.
    È, comunque, anche da considerare che la regola dei due mandati è stata inserita nella legge di riforma del 1993, quale contrappeso tra i diversi poteri: in particolare, il sindaco, la giunta ed il consiglio comunale.
    È dunque necessario, per ammettere la possibilità di un terzo mandato, prevedere anche nuovi strumenti che consentano un maggior equilibrio tra le istituzioni comunali.
    Un’ipotesi accettabile potrebbe essere rappresentata dall’introduzione di un limitato potere di controllo da parte del consiglio comunale sugli atti e i provvedimenti adottati dalla giunta. In particolare, si propone che – nei casi e con le modalità che dovrebbero essere a tal fine previsti dallo statuto – le deliberazioni della giunta possano essere sottoposte al consiglio per la verifica della loro coerenza con gli atti di indirizzo già adottati dal consiglio.
    Altro meccanismo di innovazione, potrebbe riguardare la possibilità per il consigliere nominato assessore di ricoprire nuovamente il suo ruolo originario, attraverso l’immediata reintegrazione nel consiglio nel caso di revoca della fiducia del sindaco.
    Più in generale dovrebbe essere in parte ricalibrata la ripartizione di competenze e di poteri tra il consiglio comunale e la giunta, oggi particolarmente squilibrata a favore di quest’ultima.
    Va infine ricordato come la stessa Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) abbia più volte invocato una modifica legislativa che ampliasse le condizioni di eleggibilità ad un terzo mandato dei sindaci, superando l’attuale disciplina che oggi limita tale possibilità all’ipotesi che i due mandati precedenti abbiano avuto durata inferiore a due anni, sei mesi e un giorno, per causa diversa dalle dimissioni volontarie (articolo 51, comma 3, del citato decreto legislativo n. 267 del 2000).
    In buona sostanza, un legame maggiore tra sindaco e maggioranza non può che rendere ancora più forte ed incisiva la profonda azione di rinnovamento delle singole amministrazioni locali.
DISEGNO DI LEGGE
 
Art. 1.
    1. Al testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, sono apportate le seguenti modificazioni:
        a) all’articolo 42, comma 3, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Lo statuto disciplina i casi e le modalità in cui le deliberazioni della giunta possono essere sottoposte al consiglio per la verifica della loro coerenza con gli atti di indirizzo adottati dal medesimo consiglio.»;
        b) all’articolo 51:
            1) il comma 2 è sostituito dal seguente:
            «2. Chi ha ricoperto per tre mandati consecutivi la carica di sindaco e di presidente della provincia non è, allo scadere del terzo mandato, immediatamente rieleggibile alle medesime cariche»;
            2) il comma 3 è abrogato;
        c) all’articolo 64:
            1) al comma 2, dopo le parole: «dell’accettazione della nomina» sono inserite le seguenti: «per tutta la durata di permanenza nella carica»;
            2) al comma 3, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «In caso di cessazione dalla carica di assessore, il consigliere comunale e il consigliere provinciale sono immediatamente reintegrati nella carica di consigliere».
 

Menu

Contenuti