AVVERTENZA: Il d.d.l., licenziato dal Consiglio dei Ministri il 16 marzo, è stato comunicato alla Presidenza del Senato della Repubblica il 15 aprile (AS 1464).

Delega al Governo per l’attuazione dell’articolo 117, secondo comma, lettera p) della Costituzione, per l’istituzione delle città metropolitane e per l’ordinamento di Roma Capitale della Repubblica. Disposizioni per l’attuazione dell’articolo 118, commi primo e secondo della Costituzione e delega al Governo per l’adeguamento delle disposizioni in materia di enti locali alla legge Costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.
 
SOMMARIO:
Art. 1 - Finalità e indirizzi generali
Art. 2 - Delega al governo per la individuazione ed allocazione delle funzioni fondamentali e delle funzioni proprie degli enti locali e per l’adeguamento delle disposizioni in materia di enti locali alla legge Costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3
Art. 3 - Istituzione delle città metropolitane
Art. 4 - Disposizioni per l’attuazione dell’articolo 118, primo e secondo comma della Costituzione, in materia di conferimento delle funzioni amministrative statali alle regioni e agli enti locali
Art. 5 - Delega al Governo per la disciplina dell’ordinamento di Roma capitale, in attuazione dell’articolo 114, ultimo comma, della Costituzione
Art. 6 - Legislazione regionale
Art. 7 - Delega per la revisione delle circoscrizioni delle province
Art. 8 - Disposizioni finali, abrogazioni e delega per l’adozione della “Carta delle autonomie locali”
Art. 9 - Norma finanziaria
Articolo 1
(Finalità e indirizzi generali)
1. La presente legge:
a) attua gli articoli 114, 117 e 118 della Costituzione, quanto alla individuazione, allocazione e conferimento delle funzioni amministrative spettanti a Comuni, Province, Città metropolitane, Regioni e Stato;
b) adegua l’ordinamento degli enti locali alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3;
c) disciplina l’ordinamento di Roma capitale ai sensi dell’articolo 114, ultimo comma, della Costituzione;
d) disciplina il procedimento di istituzione delle città metropolitane.
 
2. Stato e Regioni, nell’esercizio delle proprie competenze legislative, provvedono ad adeguare i rispettivi ordinamenti alle disposizioni contenute nella presente legge. A tal fine osservano i seguenti principi:
a) individuazione ed allocazionedelle funzioni fondamentali di Comuni, Città metropolitane e Province da parte dello Stato, ai sensi dell’articolo 117, comma 2, lettera p) della Costituzione;
b) disciplina delle modalità di esercizio delle funzioni fondamentali con legge statale o regionale, nelle materie di rispettiva competenza;
c) riassetto organico ed unitario delle funzioni fondamentali e delle altre funzioni amministrative, individuando con chiarezza il ruolo e le competenze dei diversi livelli di governo, sulla base della loro adeguatezza organizzativa e dimensionale;
d) obbligatorietà dell’esercizio associato di determinate funzioni amministrative da parte degli enti di minori dimensioni demografiche.
 
3. Le leggi statali e regionali disciplinano le funzioni amministrative di Comuni, Città metropolitane e Province nel rispetto degli ambiti riservati all’autonomia degli enti locali nella disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento delle loro funzioni istituzionali, ai sensi dell’articolo 117, comma 6, della Costituzione.
 
4. Al fine della predisposizione degli atti istruttori relativi ai provvedimenti attuativi dei decreti delegati di cui alla presente legge, è istituita, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, presso il Dipartimento per gli affari regionali, una apposita sede di coordinamento cui partecipano i rappresentanti del Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, del Ministro per i rapporti con il parlamento e le riforme istituzionali, del Ministro dell’interno, del Ministro dell’economia e delle finanze, nonchéi rappresentanti dei Ministri interessati e i rappresentanti di regioni ed enti locali. Spetta altresì a tale sede la verifica e il monitoraggio dei tempi e delle modalità dei processi di individuazione, allocazione e conferimento delle funzioni amministrative e delle relative risorse, da parte dello Stato e delle Regioni, nonché il coordinamento delle iniziative relative all’attuazione del federalismo fiscale.
 
 
Articolo 2
(Delega al governo per la individuazione ed allocazione delle funzioni fondamentali e delle funzioni proprie degli enti locali e per l’adeguamento delle disposizioni in materia di enti locali alla legge Costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3)
 
1. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dall’entrata in vigore della presente legge, su proposta dei Ministri dell'interno e per gli affari regionali e le autonomie locali, di concerto con i Ministri interessati e con i Ministri per le riforme e l’innovazione nella pubblica amministrazione, dell'economia e delle finanze e dei rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, con l’osservanza dei principi e dei criteri direttivi di cui ai commi 3 e 4, uno o più decreti legislativi diretti a:
 
a) individuare e allocare le funzioni fondamentali dei comuni, delle province e delle città metropolitane, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, nonché le funzioni proprie ai sensi dell’articolo 118, secondo comma della Costituzione;
 
b) prevedere una disciplina degli organi di governo, del sistema elettorale e degli altri settori relativi all’organizzazione degli enti locali di competenza esclusiva dello Stato, nonché individuare, nel rispetto del titolo V della Costituzione, principi fondamentali nelle materie di competenza concorrente che interessano le funzioni, l’organizzazione ed i servizi degli enti locali.
 
2. Sui decreti legislativi di cui al comma 1 è acquisito il parere del Consiglio di Stato, nonché l’intesa di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 in seno alla Conferenza unificata; i decreti legislativi sono adottati dopo l’acquisizione del parere delle competenti Commissioni parlamentari, che si esprimono entro sessanta giorni dalla assegnazione degli schemi dei decreti legislativi medesimi.
3. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, lettera a), il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) garantire il rispetto delle competenze legislative dello Stato e delle Regioni, l'autonomia e le competenze costituzionali degli enti territoriali ai sensi degli articoli 114, 117 e 118 della Costituzione;
 
b) individuare le funzioni fondamentali dei Comuni, delle Province e delle Città metropolitane, in modo da prevedere, per ciascun livello di governo locale, la titolarità di funzioni connaturate alle caratteristiche proprie di ciascun tipo di ente, essenziali e imprescindibili per il funzionamento dell'ente e per il soddisfacimento dei bisogni primari delle comunità di riferimento, anche al fine della tenuta e della coesione dell'ordinamento della Repubblica; prevedere che determinate funzioni fondamentali, da individuarsi in sede di decreto delegato, possano essereesercitate in forma associata;
 
c) prevedere che l’esercizio delle funzioni fondamentali, possa essere svolto unitariamente sulla base di accordi tra Comuni e Province; 
 
d) considerare, nella determinazione delle funzioni fondamentali dei comuni e delle province, quelle storicamente svolte, nonché quelle preordinate a garantire i servizi essenziali su tutto il territorio nazionale, secondo criteri di razionalizzazione e adeguatezza; in particolare, considerare tra le funzioni fondamentali dei comuni tutte quelle che li connotano come ente di governo di prossimità e tra le funzioni fondamentali delle province quelle che le connotano come enti per il governo di area vasta; considerare tra le funzioni fondamentali delle città metropolitane, oltre a quelle spettanti alle province, anche quelle di governo metropolitano;
 
e) considerare come funzione fondamentale di comuni, province e città metropolitane, secondo il criterio di sussidiarietà, la individuazione, per quanto non già stabilito dalla legge, delle attività relative ai servizi pubblici locali di rilevanza economica, il cui svolgimento è necessario al fine di assicurare la soddisfazione dei bisogni primari della comunità locale, in condizioni di generale accessibilità fisica ed economica, di continuità e non discriminazione e ai migliori livelli di qualità e sicurezza, ferma la competenza della regione quando si tratti di attività da svolgere unitariamente a dimensione regionale;
 
f) prevedere che i comuni che rispettino le condizioni di cui alla lettera m) possano assumere, con delibera adottata dal consiglio comunale, funzioni proprie, ulteriori rispetto alle funzioni fondamentali, non implicanti l’esercizio di poteri autoritativi, non attribuite o conferite dalle leggi statali o regionali ad altri enti, volte a soddisfare bisogni generali e durevoli della collettività amministrata, nel rispetto del principio di adeguatezza, del patto di stabilità interno e dell’equilibrio di bilancio, valorizzando, quanto alle modalità di esercizio, la sussidiarietà orizzontale;
 
g) prevedere forme di supporto, collaborazione e cooperazione tra Stato ed enti locali, anche mediante l’utilizzo di fondi strutturali europei, volte all’implementazione delle funzioni proprie di cui alla lettera f) ed al conseguimento degli obiettivi di cui alla lettera m);
 
h) valorizzare i princìpi di sussidiarietà, di adeguatezza, di semplificazione, di concentrazione e di differenziazione nella individuazione delle condizioni e modalità di esercizio delle funzioni fondamentali, in modo da assicurarne l'esercizio unitario da parte del livello di ente locale che, per le caratteristiche dimensionali e strutturali, ne garantisca l'ottimale gestione, anche mediante sportelli unici, di regola istituiti presso i Comuni, anche in forma associata, competenti per tutti gli adempimenti inerenti ciascuna funzione o servizio e che curino l’acquisizione di tutti gli elementi e atti necessari;
 
i) indicare i principi sulle forme associative e per la razionalizzazione, la semplificazione e il contenimento dei costi per l’esercizio associato delle funzioni da parte dei comuni, ispirati al criterio dell’unificazione per livelli dimensionali ottimali attraverso l’eliminazione di sovrapposizione di ruoli e di attività e tenendo conto delle forme associative esistenti, in particolare delle unioni di comuni e delle peculiarità dei territori montani ai sensi dell’articolo 44, secondo comma, della Costituzione;
 
l) prevedere strumenti che garantiscano il rispetto del principio di integrazione e di leale collaborazione tra i diversi livelli di governo locale nello svolgimento delle funzioni fondamentali che richiedono per il loro esercizio la partecipazione di più enti, allo scopo individuando specifiche forme di consultazione e di raccordo tra enti locali, Regioni e Stato;
 
m) prevedere l’ampliamento della capacità organizzatoria degli enti locali, in relazione all’assunzione dei compiti di cui alla lettera f), in dipendenza delle seguenti condizioni:
 
1) capacità di conseguire avanzi di bilancio su soglie predeterminate con D.P.C.M., per periodi temporali congrui stabiliti dal legislatore delegato;
 
2) capacità di conseguire obiettivi di qualità indicati nei documenti rilevanti ai fini del controllo interno;
 
3) capacità di raggiungere la dimensione organizzativa ottimale anche mediante forme di cooperazione, associazione, fusione, unione con altri enti locali; l’ampliamento della capacità organizzatoria avviene nel rispetto dei criteri di efficienza, economicità, flessibilità;
 
n) prevedere che all’Unità per il monitoraggio di cui all’articolo 1, comma 724, della legge finanziaria per il 2007 sia attribuita la competenza alla definizione dei parametri di valutazione della qualità dell’azione di governo di ciascun ente locale, sulla base dei quali poter operare la misurazione dei risultati conseguiti anche tenuto conto delle risorse impiegate; prevedere che la detta Unità sia competente anche alla verifica delle condizioni di cui alla lettera m), per l’ampliamento della capacità organizzatoria.
4. Nell’esercizio della delega di cui al comma 1, lettera b), il Governo si ispira al principio della semplificazione della rappresentanza territoriale locale e si attiene ai seguenti criteri e indirizzi:
a) previsione che ogni comune, provincia e città metropolitana abbia i seguenti organi di governo:
1) una assemblea elettiva, composta da un numero di membri tale da contemperare il rispetto del principio della rappresentanza democratica in relazione alla dimensione demografica dell’ente, con quello del contenimento della spesa pubblica, dotata di autonomia organizzativa e funzionale, con funzioni di indirizzo e controllo politico e amministrativo e con competenze limitate agli atti fondamentali dell’ente;
 
2) un organo monocratico con funzioni di rappresentanza generale dell’ente, di presidenza dell’organo esecutivo e dell’assemblea elettiva nei comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti, salva diversa previsione statutaria, di esecuzione degli indirizzi dell’assemblea, di sovrintendenza al funzionamento degli uffici e dei servizi nonché, nei comuni e nelle città metropolitane, sull’espletamento dei servizi di competenza statale, e con poteri di ordinanza nei casi di necessità ed urgenza al fine di salvaguardare la salute e l’incolumità dei cittadini;
 
3) un organo collegiale esecutivo, composto da un numero di membri proporzionale rispetto all’organo assembleare, nominati dall’organo monocratico su base fiduciaria anche al di fuori dei componenti dell’assemblea, con compiti di collaborazione con l’organo monocratico e competenza generale in ordine all’adozione di tutti gli atti non riservati ad altri organi e con competenza esclusiva in ordine all’adozione dei regolamenti sull’ordinamento degli uffici e dei servizi;
 
b) previsione di un sistema di elezione degli organi dei comuni, delle province e delle città metropolitane che consenta, secondo criteri di rappresentatività e democraticità la formazione di maggioranze di governo stabili e la rappresentanza delle minoranze. In particolare:
1) per i comuni con popolazione sino a 15.000 abitanti, disciplina di un sistema di elezione a turno unico per l’organo monocratico, a suffragio universale e diretto, contestuale all’elezione dell’assemblea, secondo un sistema elettorale di tipo maggioritario con rappresentanza della minoranza;
2) per i comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti, disciplina di un sistema di elezione per l’organo monocratico, a suffragio universale e diretto, contestuale all’elezione dell’assemblea, con eventuale turno di ballottaggio nel caso in cui nessun candidato all’organo monocratico ottenga la maggioranza assoluta dei voti validi espressi; previsione di un premio di maggioranza eventuale per la lista o gruppo di liste collegate al candidato eletto all’organo monocratico e mantenimento della soglia prevista dalla normativa vigente per l’ammissione al riparto dei seggi per le singole liste o gruppi di liste; possibilità per l’elettore di esprimere il voto per un candidato alla carica dell’organo monocratico anche non collegato alla lista prescelta;
3) per le province, disciplina di un sistema per l’elezione dell’organo monocratico, a suffragio universale e diretto, contestuale all’elezione dell’assemblea, nell’ambito di circoscrizione coincidente con il territorio provinciale, con eventuale turno di ballottaggio nel caso in cui nessun candidato abbia raggiunto la maggioranza assoluta dei voti validi espressi. Disciplina di un sistema per l’elezione dell’assemblea sulla base di collegi uninominali con assegnazione di seggi al gruppo di candidati collegati, sulla base della cifra elettorale conseguita dal gruppo a livello provinciale e successiva individuazione dei candidati eletti per ciascun gruppo, secondo l’ordine delle rispettive cifre individuali sino a concorrenza del numero di seggi spettanti al gruppo; previsione di un premio di maggioranza eventuale per il gruppo o gruppi di liste collegati al candidato eletto all’organo monocratico;
4) per le città metropolitane, disciplina di un sistema per l’elezione dell’organo monocratico, a suffragio universale e diretto, contestuale all’elezione dell’assemblea, nell’ambito di circoscrizione coincidente con il territorio metropolitano, con eventuale turno di ballottaggio nel caso in cui nessun candidato abbia raggiunto la maggioranza assoluta dei voti validi espressi. Disciplina di un sistema per l’elezione dell’assemblea sulla base di collegi uninominali con assegnazione di seggi al gruppo di candidati collegati, sulla base della cifra elettorale conseguita dal gruppo a livello metropolitano e successiva individuazione dei candidati eletti per ciascun gruppo, secondo l’ordine delle rispettive cifre individuali sino a concorrenza del numero di seggi spettanti al gruppo, prevedendo la possibilità di introduzione da parte delle singole leggi istitutive delle città metropolitane, di correttivi al fine di garantire una adeguata rappresentanza delle comunità locali insistenti sulla parte del territorio metropolitano esterna a quella del preesistente comune capoluogo; previsione di un premio di maggioranza eventuale per il gruppo o gruppi di liste collegati al candidato eletto all’organo monocratico;
 
c) previsione di strumenti che salvaguardino le esigenze di funzionalità degli organi sia individuali che collegiali dei comuni, delle province e delle città metropolitane e definizione delle fattispecie di cessazione dalle cariche elettive per cause diverse dalla scadenza naturale del mandato; individuazione di strumenti di garanzia nel rispetto dei principi di responsabilità politica e amministrativa degli organi di governo nelle ipotesi di violazione dell’ordinamento;
 
d) previsione che gli strumenti di cui al comma quattro lettera c) trovino applicazione anche nei confronti degli organi di governo degli altri enti locali e delle forme associative;
 
e) previsione di misure di contrasto alle infiltrazioni ed ai condizionamenti di tipo mafioso negli organi dei comuni, delle province e delle città metropolitane;
 
f) estensione delle misure di contrasto di cui al comma quattro, lettera e), agli organi di governo delle comunità montane, delle comunità isolane, delle unioni di comuni, dei consorzi di comuni e province, delle aziende sanitarie locali e ospedaliere, delle aziende speciali o società partecipate interamente o in modo prevalente dai comuni, dalle province e dalle città metropolitane per l’esercizio di servizi pubblici locali, nonché agli organi dei municipi, delle circoscrizioni, e degli altri organi di decentramento comunale, comunque denominati;
 
g) disciplinare i diritti di elettorato passivo alle cariche di governo dei comuni, delle province e delle città metropolitane, mantenendo ferme le disposizioni in materia di incandidabilità per coloro che hanno riportato sentenze di condanna o nei cui confronti sono state applicate misure di prevenzione e prevedendo la sussistenza:
1) di cause di ineleggibilità qualora le attività o le funzioni svolte dal candidato possano turbare o condizionare in modo diretto la libera decisione di voto degli elettori, ovvero possono violare la parità di accesso alle cariche elettive rispetto agli altri candidati;
2) di cause di incompatibilità in caso di conflitto tra le funzioni svolte dagli amministratori locali e altre situazioni o cariche, comprese quelle elettive, suscettibili di compromettere il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione, il libero espletamento della carica elettiva, ovvero la separazione tra le funzioni di indirizzo e di regolazione e quelle di gestione;
 
h) riconoscere all’autonomia statutaria dei comuni la possibilità di attribuire ai cittadini di Stati non appartenenti all’Unione Europea che siano titolari della carta di soggiorno di cui all’articolo 9 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, l’elettorato attivo e passivo nelle elezioni degli organi delle circoscrizioni comunali;
 
i) definire lo status degli amministratori locali, in modo da assicurare il tempo necessario all’espletamento della funzione, mantenendo il posto di lavoro e ancorando i compensi a parametri compatibili con i principi di coordinamento della finanza pubblica e con le condizioni economiche e finanziarie dell’ente;
 
l) disciplinare un sistema integrato di garanzie e controlli, anche di carattere collaborativo al fine di garantire l’ottimale funzionamento secondo criteri di efficienza, efficacia ed economicità, buon andamento, imparzialità, anche in vista di assicurare la legittimità, la qualità dei servizi erogati e l’adeguatezza organizzativa;
 
m) prevedere strumenti di prevenzione del contenzioso tra gli enti locali e tra questi e le amministrazioni dello Stato e degli altri enti pubblici, attraverso il ricorso a forme di conciliazione preventiva, individuandone a tal fine le sedi istituzionali, le procedure e le garanzie, anche di partecipazione;
 
n) prevedere che le forme associative tra gli enti locali assicurino una semplificazione strutturale ed organizzativa con organi composti esclusivamente da amministratori locali;
o) dettare una disciplina differenziata per i comuni con popolazione pari o inferiore a 5.000 abitanti idonea ad agevolarne l’azione di governo con misure di semplificazione strutturali, procedurali e organizzative correlate alle minori dotazioni di risorse strumentali;
p) prevedere strumenti di partecipazione popolare in forma singola e associata sia ai processi decisionali amministrativi e di governo degli enti locali, a garanzia della trasparenza, dell’imparzialità e del buon andamento dell’azione amministrativa e in attuazione del principio di democraticità, prevedendo strumenti di autocorrezione e di conciliazione nonché di garanzia delle situazioni soggettive dei singoli;
 
q) disciplinare, anche a garanzia della legittimità degli atti, i presupposti sostanziali e procedurali dell’esercizio, negli ambiti di competenza statale, di poteri sostitutivi in caso di omissione o ritardo da parte degli enti locali, di atti obbligatori per legge, prevedendone l’esercizio da parte del Governo o sulla base di una sua decisione, apprestando congrue garanzie procedimentali, in conformità al principio di leale collaborazione e valorizzando la potestà normativa degli enti locali;
 
r) stabilire criteri in materia di costituzione e partecipazione, dei comuni, delle province, delle città metropolitane e degli altri enti locali, a società di capitale, al fine di limitarne il ricorso a quelle il cui l’oggetto sociale sia esclusivamente finalizzato o alla prestazione diretta di servizi a favore dei cittadini, ovvero alla erogazione di servizi strumentali all’esercizio delle funzioni dell’ente, fissando anche criteri generali per la composizione degli organi societari;
 
s) definire i principi del sistema e della struttura del bilancio di previsione e del rendiconto della gestione degli enti locali, in modo da garantire in tutto il territorio la rilevazione delle situazioni economiche e finanziarie ed il consolidamento dei conti pubblici, nonché di favorire la redazione di bilanci sociali e partecipati, tenuto conto della necessaria armonizzazione con i sistemi contabili dello Stato e delle Regioni;
 
t) definire i principi diretti a garantire la corretta gestione delle entrate e delle spese e l’equilibrio finanziario dei bilanci degli enti locali;
 
u) individuare i principi diretti a semplificare il sistema contabile e gestionale dei comuni con popolazione sino a 5.000 abitanti, delle unioni di comuni e delle comunità montane, ferma restando l’esigenza di garantire il consolidamento dei conti pubblici;
 
v) definire, fino all’attuazione del federalismo fiscale, i principi in materia di revisione economico-finanziaria, evidenziando la primaria funzione di collaborazione con gli organi dell’ente e prevedendo che l’organo preposto alla revisione sia monocratico per tutti i comuni con popolazione fino a 15.000 abitanti;
 
z) definire i principi in materia di indebitamento degli enti locali, di affidamento e svolgimento del servizio di tesoreria;
 
aa) prevedere una disciplina del risanamento di province e comuni in stato di dissesto finanziario che garantisca in tempi brevi il ripristino della normale funzionalità dell’ente locale attraverso procedure semplificate per la rilevazione ed estinzione dei debiti che tenga conto dei seguenti criteri:
1) affidare ad un organo di nomina statale la gestione del risanamento;
2) stabilire limiti ed obblighi per la gestione finanziaria dell’ente durante la fase di risanamento, prevedere una rapida rilevazione della massa passiva, prevedere, per i debiti insoluti, la sospensione della produzione di interessi e dell’applicazione della rivalutazione monetaria, limitare e sospendere le azioni esecutive dei creditori per il periodo necessario alla liquidazione delle passività;
3) consentire di reperire, in modo certo e rapido, le risorse per l’estinzione dei debiti pregressi, e stabilire procedure, anche alternative, che consentano la rapida definizione ed estinzione delle passività;
4) vincolare gli enti locali dissestati ad aumentare al massimo le entrate ed a ridurre le spese, anche attraverso la rideterminazione della pianta organica del personale dipendente, al fine di garantire il mantenimento degli equilibri della gestione finanziaria;
5) affidare ad un organo dello Stato il preventivo controllo delle fasi del risanamento;
 
bb) individuare i principi in materia di organizzazione degli uffici e di rapporto di lavoro e di impiego nelle pubbliche amministrazioni ai quali si adeguano, tenuto conto delle rispettive peculiarità, gli ordinamenti dei comuni, delle province, delle città metropolitane e degli altri enti locali;
 
cc) prevedere una funzione apicale che garantisca la distinzione e il raccordo tra gli organi politici e l’amministrazione, nonché il coordinamento unitario dell’azione amministrativa per assicurare il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione, in attuazione dell’articolo 97 della Costituzione;
 
dd) prevedere strumenti idonei a garantire l’esercizio, da parte degli enti locali, di compiti conoscitivi, informativi e statistici concernenti le loro funzioni finalizzati alla circolazione delle informazioni tra amministrazioni locali, regionali e statali, secondo standard, regole tecniche uniformi o linguaggi comuni definiti a livello nazionale, in coerenza con il quadro regolamentare europeo ed internazionale. Tali strumenti devono essere integrati nel sistema formativo statistico nazionale di cui al decreto legislativo n. 322 del 1989 e nel sistema pubblico di connettività di cui al decreto legislativo n. 82 del 2005.
5. Qualora, in applicazione dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza, l’esercizio delle funzioni fondamentali spetti ad un ente, diverso da quello che le esercita alla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 1, alla decorrenza del loro esercizio, alla determinazione dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali ed organizzative necessarie al loro esercizio, si provvedecon decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, da emanarsi entro dodici mesi dall’entrata in vigore dei decreti delegati, su proposta dei Ministri dell’interno e per gli Affari regionali e le autonomie locali, di concerto con i Ministri interessati ed il Ministro dell’economia e delle finanze, sulla base di accordi con gli enti locali interessati, con l’intesa di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, della Conferenza unificata. Ogni decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri è corredato della relazione tecnica con l'indicazione della quantificazione dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative, ai fini della valutazione della congruità tra i trasferimenti e gli oneri conseguenti all'espletamento delle funzioni attribuite. La decorrenza dell’esercizio delle funzioni è subordinata all’atto dell’effettiva attuazione dei meccanismi previsti dal presente comma. Le presenti disposizioni cessano di avere efficacia all’entrata in vigore dei provvedimenti attuativi all’articolo 119 della Costituzione.
6. Entro due anni dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 1, il Governo può emanare, nel rispetto dei princìpi e dei criteri direttivi indicati ai commi precedenti, disposizioni integrative e correttive.
7. L’articolo 2 della legge 5 giugno 2003, n. 131, é abrogato.
 
 
Articolo 3
(Istituzione delle città metropolitane)
 
1. Le città metropolitane sono istituite, nell’ambito di una regione, nelle aree metropolitane in cui sono compresi i comuni di Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Bari, Napoli. L’iniziativa spetta, alternativamente, al Comune capoluogo, ovvero al trenta per cento dei Comuni della Provincia o delle Province interessate, che rappresentino il sessanta per cento della relativa popolazione, ovvero ad una o più Province congiuntamente ad un numero di comuni che rappresentino il sessanta per cento della popolazione della Provincia o delle Province proponenti. La proposta di istituzione contiene la perimetrazione dell’area metropolitana e una proposta di statuto della città metropolitana. Sulla proposta è acquisito il parere della Regione. Si osservano i seguenti principi e indirizzi:
 
a) il territorio metropolitano coincide con il territorio di una o di più province; in caso di non coincidenza con una provincia si procede alla nuova delimitazione delle circoscrizioni provinciali interessate ai sensi dell’articolo 133, primo comma, della Costituzione;
 
b) la città metropolitana acquisisce tutte le funzioni della preesistente provincia, come determinate in base alla presente legge delega, riguardanti il suo territorio, e ad essa sono attribuite le risorse umani, strumentali e finanziarie inerenti alle funzioni trasferite, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica; il decreto delegato istitutivo regola la successione della città metropolitana alla provincia in tutti i rapporti già attribuiti alla titolarità di questo ultimo ente secondo i criteri di cui alla presente legge delega;
 
c) l’area metropolitana si articola al suo interno in comuni; il comune capoluogo si articola in municipi;
 
d) il decreto delegato istitutivo regola il sistema di determinazione dei collegi elettorali per la elezione degli organi di governo della città metropolitana nonché di attribuzione dei seggi, in modo da garantire una adeguata rappresentanza alle comunità locali insistenti sulla parte del territorio metropolitano esterna a quello del preesistente comune capoluogo, nonché le modalità ed i termini di indizione delle elezioni per la loro prima costituzione, assicurando, anche eventualmente attraverso la prorogatio, la continuità della amministrazione nella successione tra gli enti;
 
e) lo statuto metropolitano è adottato nei sei mesi successivi allo svolgimento delle elezioni per la prima costituzione degli organi di governo; il decreto delegato istitutivo indica le norme applicabili nelle materie e discipline espressamente demandate allo statuto ed ai regolamenti nel periodo transitorio che precede la loro adozione;
 
f) lo statuto della città metropolitana, definisce le forme di esercizio associato di funzioni con i comuni in essa compresi al fine di garantire il coordinamento dell’azione complessiva di governo all’interno del territorio metropolitano, la coerenza dell’esercizio della potestà normativa da parte dei due livelli di amministrazione, un efficiente assetto organizzativo e di utilizzazione delle risorse strumentali, nonché la economicità di gestione delle entrate e delle spese attraverso il coordinamento dei rispettivi sistemi finanziari e contabili; le relative disposizioni sono adottate previa intesa con i comuni interessati, recepita con deliberazioni di identico contenuto dei rispettivi consigli comunali;
 
g) sulla proposta di istituzione della città metropolitana è indetto un referendum tra tutti i cittadini dell’area compresa nella città metropolitana; il referendum è senza quorum strutturale se il parere della Regione è favorevole; in caso di parere regionale negativo, il quorum strutturale è del trenta per cento;
 
h) per ciascuna città metropolitana, il decreto delegato istitutivo stabilisce le modalità organizzative e le funzioni in relazione alle specifiche esigenze della rispettiva area metropolitana.
 
2. Con regolamento da adottare ai sensi dell’art. 17, comma 1, della legge 23 agosto, n. 400, su proposta del Ministro dell’interno, di concerto con i Ministri della giustizia e per gli affari regionali e le autonomie locali, è disciplinato il procedimento di indizione e di svolgimento del referendum di cui alla lettera g) del comma 1, osservando il principio di cui all’articolo 45, comma 2, della legge 25 giugno 1970, n.352.
 
3. Ai fini della applicazione del comma 1, il Governo è delegato ad emanare, nel termine di dodici mesi dalla data di adozione dei decreti legislativi sulle funzioni fondamentali, su proposta del Ministro dell’interno e del Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, di concerto con i Ministri per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, dell'economia e delle finanze e dei rapporti con il Parlamento e per le riforme istituzionali, uno o più decreti legislativi per la istituzione delle nove città metropolitane con l’osservanza dei principi e criteri direttivi indicati nel presente articolo.
 
4. Gli schemi dei decreti legislativi di cui al comma 3, corredati delle deliberazioni e dei prescritti pareri, sono trasmessi al Consiglio di Stato ed alla Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, che rendono il parere nel termine di trenta giorni. Successivamente sono trasmessi alle Camere per l’acquisizione del parere delle competenti Commissioni parlamentari da rendere entro quarantacinque giorni dall’assegnazione alle Commissioni medesime.
 
5. Nelle aree metropolitane di cui al comma 1, in alternativa alla istituzione della città metropolitana secondo il procedimento previsto dai commi precedenti, sono individuate specifiche modalità di esercizio associato delle funzioni comunali senza nuovi o maggiori oneri; ulteriori modalità di esercizio congiunto di funzioni possono essere definite dalle istituzioni locali e dalla regione interessate, tenuto conto delle diverse specificità territoriali.
 
 
Articolo 4
(Disposizioni per l’attuazione dell’articolo 118, primo e secondo comma della Costituzione, in materia di conferimento delle funzioni amministrative statali alle regioni e agli enti locali)
 
1. Ferme restando le funzioni fondamentali individuate ai sensi dell’articolo 2, co. 1, lett. a), della presente legge ed entro il medesimo termine di cui al comma 6 del predetto articolo, il Governo è delegato ad adottare, su proposta dei Ministri dell’interno e per gli affari regionali e le autonomie locali, di concerto con i Ministri interessati e con i Ministri per le riforme e l’innovazione nella pubblica amministrazione e dell’economia e delle finanze, uno o più decreti legislativi, aventi ad oggetto l’individuazione delle restanti funzioni amministrative in atto esercitate dallo Stato che, non richiedendo l’unitario esercizio a livello statale, devono, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza essere attribuite a comuni, province, città metropolitane e regioni e segnatamente:
 
a)     le funzioni amministrative da conferire alle regioni e agli enti locali, nelle materie dell’art. 117, secondo comma, della Costituzione;
b)      le funzioni amministrative da conferire alle regioni nelle materie di cui all’art. 117, terzo e quarto comma, della Costituzione, ai fini del loro successivo conferimento agli enti locali ai sensi dell’art. 6, co. 1, lett. b), della presente legge.
 
2. Nell’esercizio della delega il governo si attiene ai seguenti principi e criteri direttivi:
a) conferire al livello diverso da quello comunale soltanto le funzioni di cui occorra assicurare l'unitarietà di esercizio, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza;
b) favorire l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli o associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, ai sensi dell’articolo 118, quarto comma, della Costituzione;
c) riordinare e semplificare le strutture organizzative dell’amministrazione statale diretta, indiretta e strumentale, limitandole a quelle strettamente necessarie all’esercizio delle funzioni che continuano ad essere esercitate dallo Stato, anche al fine di eliminare le sovrapposizioni ed altresì per favorire la sussidiarietà orizzontale nel rispetto dell’articolo 118 della Costituzione.
 
3. Si applicano le disposizioni dell’articolo 2, comma 5, e dell’articolo 6 ed in particolare si applica la procedura dell’intesa di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
 
 
Articolo 5
(Delega al Governo per la disciplina dell’ordinamento di Roma capitale, in attuazione dell’articolo 114, ultimo comma, della Costituzione)
 
1. Il Governo è delegato a disciplinare, entro un anno dall’entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro dell’interno e del Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e per le riforme e le innovazioni nella Pubblica Amministrazione, sentiti gli altri Ministri interessati, l’ordinamento di Roma, capitale della Repubblica, in attuazione dell’articolo 114, ultimo comma, della Costituzione. Sullo schema di decreto delegato è acquisito il parere della Conferenza Unificata e delle competenti commissioni parlamentari, che sono resi entro sessanta giorni.
 
2. Il Governo si atterrà ai seguenti principi e criteri direttivi:
 
a) mantenimento delle attuali funzioni e previsione di ulteriori funzioni essenziali in relazione al ruolo di Roma quale capitale della Repubblica;
 
b) previsione di una disciplina finalizzata ad assicurare il migliore esercizio delle funzioni di Roma, quale capitale della Repubblica, simbolo della storia e dell’unità nazionale, sede degli organi costituzionali dello Stato, di uffici ed enti pubblici nazionali, delle rappresentanze ufficiali degli Stati esteri presso la Repubblica, nonché finalizzata ad armonizzare gli interessi della comunità locale con le prerogative e gli interessi dello Stato della Città del Vaticano e delle istituzioni internazionali che hanno sede in Roma;
 
c) previsione che l’ordinamento della capitale, valorizzando la collaborazione dell’amministrazione locale con le istituzioni dello Stato e della Regione Lazio, assicuri, in particolare:
 
1) le condizioni per l’efficace esercizio delle funzioni connesse al ruolo di capitale della Repubblica;
 
2) lo sviluppo economico e sociale della capitale; la qualità del suo sviluppo urbano; la valorizzazione del suo patrimonio storico, artistico e ambientale; il rafforzamento del suo prestigio e della sua identità in campo internazionale; la sicurezza pubblica mediante programmi del Ministero dell’interno, sentito il Sindaco; la protezione civile secondo programmi del Presidente del Consiglio dei Ministri e della Regione Lazio, sentito il Sindaco;
 
3) la massima efficienza ed efficacia dei servizi urbani, anche con riguardo alla funzionalità degli organi costituzionali dello Stato e degli uffici ed enti pubblici nazionali, nonché dei servizi urbani necessari alla funzionalità delle rappresentanze estere e delle istituzioni internazionali con sede in Roma, anche con riguardo alla Città del Vaticano;
 
d) previsione che alla Capitale siano assicurate le risorse necessarie per il finanziamento delle funzioni da essa esercitate secondo i principi di cui all’articolo 119 della Costituzione;
 
e) disciplina del potere regolamentare di cui all’articolo 117, sesto comma, della Costituzione, anche in deroga a specifiche disposizioni legislative, nel rispetto degli obblighi internazionali, del diritto comunitario, della Costituzione e dei principi generali dell’ordinamento giuridico, nell’ambito delle materie del governo del territorio, dell’edilizia pubblica e privata, dei trasporti e della mobilità, dei servizi sociali, in relazione alle peculiari esigenze del ruolo di capitale;
 
f) previsione di una sede di raccordo istituzionale tra Roma Capitale, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, la Regione Lazio e la Provincia di Roma;
 
g) previsione che il Sindaco di Roma capitale sia membro di diritto della Conferenza Stato – Città ed autonomie locali e della Conferenza Unificata e partecipi senza diritto di voto alle sedute della Conferenza Stato – Regioni, e che sia membro di diritto della Conferenza delle Autonomie territoriali, dopo la sua istituzione;
 
h) previsione che le funzioni assegnate a Roma capitale, quando incidano su servizi essenziali anche per l’area esterna alla capitale, possano essere esercitate, all’occorrenza, anche dalla Provincia di Roma, di intesa con il Comune di Roma.
 
 
Articolo 6
(Legislazione regionale)
 
1. Entro dodici mesi dall’entrata in vigore dei decreti legislativi di cui all’articolo 2, comma 1, le regioni, con proprie leggi, sulla base di accordi stipulati nei Consigli delle autonomie o in altra sede di concertazione prevista dai propri ordinamenti:
 
a) fermo quanto previsto dall’articolo 2, comma 6, adeguano la propria legislazione alla disciplina statale di individuazione delle funzioni fondamentali, nelle materie di propria competenza legislativa ai sensi dell’articolo 117, terzo e quarto comma, della Costituzione, regolandone le modalità di esercizio nel rispetto dei principi e criteri di cui all’articolo 2, e allocando le funzioni amministrative e le relative risorse in modo organico a comuni, province, e città metropolitane al fine di evitare duplicazioni e sovrapposizioni di competenze;
 
b) conferiscono, nelle materie di propria competenza legislativa ai sensi dell’articolo 117, terzo e quarto comma, della Costituzione, agli enti locali le funzioni ad esse conferite dallo Stato ai sensi dell’articolo 4, comma 2, lettera a), che non richiedano di essere esercitate unitariamente a livello regionale in attuazione dell’articolo 118 della Costituzione;
 
c) conferiscono agli enti locali le funzioni amministrative esercitate dalla Regione, che non richiedano l’unitario esercizio a livello regionale;
 
d) razionalizzano e semplificano, contestualmente all’attuazione delle lettere a), b), e c), i livelli locali, prevedendo, nel rispetto dei principi di cui agli articoli 97 e 118 della Costituzione, che su un medesimo territorio possa configurarsi, di regola, un solo livello, plurifunzionale, per l’esercizio associato delle funzioni che i singoli comuni non sono in grado di svolgere singolarmente.
 
2. Qualora le Regioni non provvedano entro il termine di cui al comma 1, il Governo è delegato ad emanare, in relazione alle lettere a) e d), entro i successivi diciotto mesi, uno o più decreti legislativi che si applicano in via suppletiva fino alla data di entrata in vigore delle leggi regionali. Tali decreti vengono adottati con l’iniziativa e con il procedimento di cui all’articolo 2, commi 1 e 2 della presente legge, nel rispetto del procedimento di cui all’articolo 8, commi 1, 4 e 5 della legge 5 giugno 2003, n. 131.
 
3. La legge regionale disciplina altresì, tenuto conto dei principi di cui all’articolo 2, comma 3, lettera i), le forme e le modalità di associazionismo comunale, nonché l’eventuale esercizio in forma associata di alcune funzioni provinciali, previo accordo con le province, qualora sia ritenuto necessario per la dimensione ottimale dell’esercizio delle funzioni.
 
 Articolo 7
(Delega per la revisione delle circoscrizioni delle province)
 

1. Ai fini della razionalizzazione ed armonizzazione degli assetti territoriali conseguente alla definizione e attribuzione delle funzioni fondamentali e amministrative degli enti locali, ai sensi degli articoli 2 e 4, alla istituzione delle città metropolitane, ai sensi dell’articolo 3, all’ordinamento di Roma Capitale della Repubblica, ai sensi dell’articolo 5, il Governo è delegato ad adottare,entro due anni dall’entrata in vigore dei decreti delegati di cui agli articoli 2, 3, 4 e 5, previa iniziativa dei comuni, sentite le province e la regione interessate, su proposta dei Ministri dell’interno e per gli affari regionali e le autonomie locali, di concerto con i Ministri per le riforme e l’innovazione nella pubblica amministrazione, dell’economia e delle finanze e dei rapporti con il parlamento e le riforme istituzionali, uno o più decreti legislativi con l’osservanza dei seguenti principi e criteri direttivi:

a)     revisione delle circoscrizioni provinciali in modo che il territorio di ciascuna provincia abbia una estensione e comprenda una popolazione tale da consentire l’ottimale esercizio delle funzioni previste per il livello di governo di area vasta;
b)    conseguente revisione degli ambiti territoriali degli uffici decentrati dello Stato;
c)     in conformità all’articolo 133 della Costituzione, adesione della maggioranza dei comuni dell’area interessata, che rappresentino comunque la maggioranza della popolazione complessiva dell’area stessa, nonché parere della provincia o delle province interessate e della regione.
 
2.  I decreti legislativi di cui al comma 1, dopo l’acquisizione del parere della Conferenza unificata, sono sottoposti al parere delle competenti commissioni parlamentari che entro 60 giorni si esprimono anche in ordine alla sussistenza delle condizioni e dei requisiti della proposta di revisione delle circoscrizioni provinciali.
 
 
 
Articolo 8
 (Disposizioni finali, abrogazioni e delega per l’adozione della “Carta delle autonomie locali”)
 

1. Le disposizioni di legge o di atti aventi forza di legge vigenti al momento dell’entrata in vigore dei decreti legislativi di cui agli articoli 2, 3, 4 e 5 continuano ad applicarsi nelle materie di competenza legislativa regionale o rientranti nella potestà normativa degli enti locali, fino alla data di entrata in vigore della normativa regionale o degli enti locali, fatti salvi gli effetti di eventuali pronunce della Corte costituzionale.

 2. I decreti legislativi di cui agli articoli 1, 2, 3, 4 e 5 abrogano, nelle materie di competenza legislativa dello Stato, le disposizioni del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, recante Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, e le altre fonti primarie statali, incompatibili con la nuova disciplina.
 

3. Entro un anno dall’entrata in vigore dei decreti di cui agli articoli 2, 3, 4 e 5, al fine di riunire e coordinare sistematicamente in un codice le disposizioni statali risultanti dall’attuazione delle deleghe conferite dalla legge, il Governo è delegato ad adottare su proposta dei Ministri dell’interno e per gli affari regionali e le autonomie locali, di concerto con i Ministri per le riforme e l’innovazione nella pubblica amministrazione, dell'economia e delle finanze e dei rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, un decreto legislativo recante la “Carta delle autonomie locali”, con l’osservanza dei seguenti principi e criteri direttivi:

a)     coordinamento formale e sostanziale del testo delle disposizioni contenute nella codificazione, apportando le modifiche necessarie a garantire la coerenza giuridica, logica e sistematica della normativa;
b)    ulteriore ricognizione, limitatamente alle materie di competenza legislativa statale, delle norme del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e delle altre fonti statali di livello primario che vengono o restano abrogate, salva l’applicazione dell’articolo 15 delle disposizioni sulla legge in generale premesse al codice civile.
 

4. Il decreto legislativo di cui al comma 3 è emanato sentito il Consiglio di Stato, che deve rendere il parere entro novanta giorni, e previa acquisizione del parere della Conferenza Unificata, di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e, successivamente, dei pareri delle Commissioni parlamentari competenti, che sono resi entro il termine di sessanta giorni dal ricevimento della richiesta.

 
5. Le disposizioni della presente legge non si applicano nei confronti delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano se incompatibili con le attribuzioni previste dagli statuti e dalle relative norme di attuazione.
 
 
Articolo 9
(Norma finanziaria)
 
1. Dall’attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
 

Relazione illustrativa
 
 
1. Oggetto e struttura dell’articolato.
   Il d.d.l. in oggetto dà attuazione agli articoli 114, 117, e 118 Costituzione, quanto alla individuazione e allocazione delle funzioni fondamentali e delle funzioni proprie degli enti locali, il nuovo ordinamento degli enti locali, il conferimento di funzioni alle Regioni e agli enti locali, la istituzione delle città metropolitane e di Roma capitale.
   Si tratta di un disegno di legge delega, che consta di otto articoli.
   L’articolo 1indica le finalità e gli indirizzi generali.
   L’articolo 2contiene la delega al Governo per l’attuazione dell’art. 117, co. 2, lett. p), e dell’art. 118 Cost. quanto alla individuazione delle funzioni fondamentali e delle funzioni proprie degli enti locali, nonché la delega al Governo per la disciplina degli organi di governo, del sistema elettorale, e delle altre materie inerenti gli enti locali.
   L’articolo 3contiene la delega al Governo per la istituzione delle nove città metropolitane già ipotizzate dalla legge n. 142/1990 e dal t.u. n. 267/2000.
   L’articolo 4contiene la delega al Governo per il conferimento a Regioni ed enti locali di ulteriori funzioni (rispetto a quelle fondamentali e a quelle proprie) e per le successive operazioni di trasferimento.
   L’articolo 5contiene la delega al Governo per la disciplina di Roma capitale.
   L’articolo 6indica l’ambito della legislazione regionale in materia di enti locali.
   L’articolo 7contiene la delega al Governo per la revisione delle circoscrizioni delle province.
   L’articolo 8reca le disposizioni finali e la delega per la Carta delle autonomie locali.
   L’articolo 9contiene la clausola di invarianza della spesa pubblica.
 
 
2. Finalità e indirizzi generali.
   L’art. 1 indica le finalità e indirizzi generali, cui dovrà attenersi il legislatore delegato, nonché le Regioni per gli aspetti di propria competenza.
   La legge ha i seguenti oggetti:
a) attua gli articoli 114, 117 e 118 della Costituzione, quanto alla individuazione, allocazione e conferimento delle funzioni amministrative spettanti a Comuni, Province, Città metropolitane, Regioni e Stato;
b) adegua l’ordinamento degli enti locali alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3;
c) disciplina l’ordinamento di Roma capitale ai sensi dell’articolo 114, ultimo comma, della Costituzione;
d) disciplina il procedimento di istituzione delle città metropolitane (art. 1, co. 1).
   Lo Stato e Regioni, nell’esercizio delle proprie competenze legislative, provvedono ad adeguare i rispettivi ordinamenti alle disposizioni contenute nella legge. A tal fine osservano i seguenti principi:
a) individuazione delle funzioni fondamentali di Comuni, Città metropolitane e Province da parte dello Stato, ai sensi dell’articolo 117, comma 2, lettera p) della Costituzione;
b) disciplina delle modalità di esercizio delle funzioni fondamentali con legge statale o regionale, nelle materie di rispettiva competenza;
c) riassetto organico ed unitario delle funzioni fondamentali e delle altre funzioni amministrative, individuando con chiarezza il ruolo e le competenze dei diversi livelli di governo, sulla base della loro adeguatezza organizzativa e dimensionale;
d) obbligatorietà dell’esercizio associato di determinate funzioni amministrative da parte degli enti di minori dimensioni demografiche (art. 1, co. 2);
   Le leggi statali e regionali che disciplinano le funzioni amministrative di Comuni, Città metropolitane e Province, devono comunque rispettare l’ambito riservato alla regolamentazione locale nella disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento delle loro funzioni istituzionali, ai sensi dell’articolo 117, comma 6, della Costituzione (art. 1, co. 3).
   Il co. 4 demanda al Governo l’istituzione di una sede di coordinamento cui partecipano i rappresentanti del Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, del Ministro per i rapporti con il parlamento e le riforme istituzionali, del Ministro dell’interno, del Ministro dell’economia e delle finanze, nonché i rappresentanti dei Ministeri interessati e i rappresentanti di regioni ed enti locali, con una duplice missione:
- la predisposizione degli atti istruttori relativi ai provvedimenti attuativi dei decreti delegati di cui alla legge;
- più in generale, la verifica e il monitoraggio dei tempi e delle modalità dei processi di individuazione, allocazione e conferimento delle funzioni amministrative e delle relative risorse, da parte dello Stato e delle Regioni, nonché il coordinamento delle iniziative relative all’attuazione del federalismo fiscale.
 
 
3. Funzioni «fondamentali» e funzioni «proprie» degli enti locali.
 
3.1. Funzioni fondamentali: individuazione.
   Il punto a) della delega di cui all’articolo 2, comma 1, del d.d.l. concerne la individuazione e la allocazione delle «funzioni fondamentali» di comuni, province e città metropolitane, in attuazione dell’articolo 117, comma 2, lett. p) della Costituzione, nonché delle «funzioni proprie» di tali enti, in attuazione dell’articolo 118, comma 2, Cost.
   Secondo l’art. 117, comma 2, lett. p), Cost., l’individuazione e l’allocazione delle funzioni fondamentali degli enti locali spetta alla competenza legislativa statale esclusiva.
   Secondo l’art. 118, comma 2, Cost., gli enti locali sono titolari di funzioni «proprie» nonché di funzioni «conferite», con legge statale o regionale.
 Il disegno di legge delega accoglie la tesi secondo cui le «funzioni fondamentali» degli enti locali sono non solo quelle «ordinamentali» inerenti l’esistenza e l’organizzazione dell’ente, ma anche quelle «gestionali» attinenti all’esercizio di compiti che sono essenziali per la collettività territoriale amministrata.
   Le funzioni fondamentali, in quanto «funzioni» e, come tali, implicanti l’esercizio di poteri autoritativi, e in quanto «fondamentali» e perciò essenziali e doverose, devono avere una base legale, in leggi dello Stato.
   Sia per la individuazione delle funzioni fondamentali che per la individuazione di quelle proprie, occorre garantire il rispetto delle competenze legislative dello Stato e delle Regioni, l'autonomia e le competenze costituzionali degli enti territoriali ai sensi degli articoli 114, 117 e 118 della Costituzione (art. 2, co. 3, lett. a).
   Quanto alle funzioni fondamentali, i criteri di delega si ispirano ai principi di sussidiarietà e razionalizzazione; le stesse, infatti, vanno individuate in modo da prevedere, per ciascun livello di governo locale, la titolarità di funzioni connaturate alle caratteristiche proprie di ciascun tipo di ente, essenziali e imprescindibili per il funzionamento dell'ente e per il soddisfacimento dei bisogni primari delle comunità di riferimento, anche al fine della tenuta e della coesione dell'ordinamento della Repubblica (art. 2, co. 3, lett. b).
   La delega detta ulteriori parametri generali per la individuazione delle funzioni fondamentali:
- considerazione delle funzioni storicamente svolte, nonché di quelle preordinate a garantire i servizi essenziali su tutto il territorio nazionale, secondo criteri di razionalizzazione e adeguatezza (art. 2, co. 3, lett. d);
- considerare tra le funzioni fondamentali dei comuni tutte quelle che li connotano come ente di governo di prossimità e tra le funzioni fondamentali delle province quelle che le connotano come enti per il governo di area vasta (art. 2, co. 3, lett. d);
- considerare tra le funzioni fondamentali delle città metropolitane, oltre a quelle spettanti alle province, anche quelle di governo metropolitano (art. 2, co. 3, lett. d);
- considerare come funzione fondamentale di comuni, province e città metropolitane, secondo il criterio di sussidiarietà, la individuazione, per quanto non già stabilito dalla legge, delle attività relative ai servizi pubblici locali di rilevanza economica, il cui svolgimento è necessario al fine di assicurare la soddisfazione dei bisogni primari della comunità locale, in condizioni di generale accessibilità fisica ed economica, di continuità e non discriminazione e ai migliori livelli di qualità e sicurezza, ferma la competenza della regione quando si tratti di attività da svolgere unitariamente a dimensione regionale (art. 2, co. 3, lett. e).
   Oltre alle funzioni fondamentali, la lettera p) dell’articolo 117, comma 2 della Costituzione, attribuisce alla competenza esclusiva dello Stato anche la disciplina degli “organi di governo” e la “legislazione elettorale” dei comuni, delle province e delle città metropolitane. Gli oggetti indicati, peraltro, non esauriscono la gamma degli interventi riservati alla disciplina statale potendo aggiungersi ad essi anche quei settori dell’ordinamento degli enti locali che sono interessati da altre riserve di legge statale, segnatamente quelle riferibili all’articolo 119, all’articolo 117 secondo comma, lettere e), i), m), r) e all’articolo 114 comma 3. Oltre alla disciplina sostanziale, lo Stato è inoltre autorizzato a dettare anche principi in diverse altre materie che interessano la vita degli enti locali sulla base di titoli costituzionali rinvenibili anche al di fuori del Titolo V quali ad esempio gli articoli 95, 97 e 98 e gli articoli 48 , 51 e 54 della Costituzione. Infine, spetta allo Stato, ai sensi dell’articolo 117, terzo comma, della Costituzione, la determinazione dei principi fondamentali nella materie di competenza legislativa concorrente e, tra queste, il coordinamento della finanza pubblica e l’armonizzazione dei bilanci sono sicuramente materie che interessano l’ordinamento degli enti locali.
Le indicate attribuzioni statali sono tutte incluse nel secondo oggetto della delega legislativa, descritto al comma 1, lettera b) dell’articolo 2.
 
3.2. Funzioni fondamentali: allocazione e modalità di esercizio.
   In sede di esercizio della delega, la individuazione delle condizioni e modalità di esercizio delle funzioni fondamentali, avverrà in ossequio ai princìpi di sussidiarietà, di adeguatezza, di semplificazione, di concentrazione e di differenziazione in modo da assicurarne l'esercizio unitario da parte del livello di ente locale che, per le caratteristiche dimensionali e strutturali, ne garantisca l'ottimale gestione, anche mediante sportelli unici, di regola istituiti presso i Comuni, anche in forma associata, competenti per tutti gli adempimenti inerenti ciascuna funzione o servizio e che curino l’acquisizione di tutti gli elementi e atti necessari (lett. h).
   Il disegno di legge mira a incentivare l’esercizio in forma associata delle funzioni fondamentali:
- in sede di esercizio delle delega andranno individuate quelle da esercitare in forma associata, o unitariamente sulla base di accordi tra Comuni e Province (art. 2, co. 3, lett. b) e c).
- andranno inoltre indicati i principi sulle forme associative e per la razionalizzazione, la semplificazione e il contenimento dei costi per l’esercizio associato delle funzioni da parte dei comuni, ispirati al criterio dell’unificazione per livelli dimensionali ottimali attraverso l’eliminazione di sovrapposizione di ruoli e di attività e tenendo conto delle forme associative esistenti, in particolare delle unioni di comuni e delle peculiarità dei territori montani ai sensi dell’articolo 44, secondo comma, della Costituzione (art. 2, co. 3, lett. i): tale criterio direttivo è stato riformulato in accoglimento della richiesta emendativa formulata dagli enti territoriali in sede di Conferenza Unificata;
- andranno infine previsti strumenti che garantiscano il rispetto del principio di integrazione e di leale collaborazione tra i diversi livelli di governo locale nello svolgimento delle funzioni fondamentali che richiedono per il loro esercizio la partecipazione di più enti, allo scopo individuando specifiche forme di consultazione e di raccordo tra enti locali, Regioni e Stato (art. 2, co. 3, lett. l).
 
3.3. Funzioni proprie.
   L’art. 2 del d.d.l. reca la disciplina oltre che delle «funzioni fondamentali», di quelle «proprie», menzionate nell’art. 118 Cost. (art. 2, co. 3, lett. f).
   Le funzioni «proprie» di cui all’art. 118 Cost., secondo la soluzione fatta propria dal d.d.l. vanno identificate con i compiti ulteriori, non doverosi secondo le leggi statali, che gli enti locali possono assumere nei confronti della propria collettività.
   Il d.d.l. consente la assunzione di funzioni proprie ai comuni che rispettino parametri di virtuosità, con delibera adottata dal consiglio comunale. Secondo il d.d.l. le funzioni proprie ulteriori assumibili:
- non devono essere già attribuite o conferite dalle leggi statali o regionali ad altri enti;
- devono essere volte a soddisfare bisogni generali e durevoli della collettività amministrata;
- devono essere svolte senza l’esercizio di poteri autoritativi;
- devono essere assunte nel rispetto del principio di adeguatezza, del patto di stabilità interno e dell’equilibrio di bilancio;
- devono essere esercitate valorizzando la sussidiarietà orizzontale.
   Il d.d.l. prevede inoltre forme di supporto, collaborazione e cooperazione tra Stato ed enti locali, anche mediante l’utilizzo di fondi strutturali europei, volte all’implementazione delle funzioni proprie ed al conseguimento degli obiettivi di virtuosità (art. 2, co. 3, lett. g).
   I parametri di «virtuosità» il cui raggiungimento consente l’assunzione di funzioni «proprie» sono indicate nell’art. 2, co. 3, lett. m):
1) capacità di conseguire avanzi di bilancio su soglie predeterminate con d.P.C.M., per periodi temporali congrui stabiliti dal legislatore delegato;
2) capacità di conseguire obiettivi di qualità indicati nei documenti rilevanti ai fini del controllo interno;
3) capacità di raggiungere la dimensione organizzativa ottimale anche mediante forme di cooperazione, associazione, fusione, unione con altri enti locali; l’ampliamento della capacità organizzatoria avviene nel rispetto dei criteri di efficienza, economicità, flessibilità.
 
3.4. Valutazione della qualità dell’azione di governo degli enti locali.
 L’art. 2, co. 3, lett. n), attribuisce all’Unità per il monitoraggio di cui all’articolo 1, comma 724 della legge finanziaria per il 2007 la competenza alla definizione dei parametri di valutazione della qualità dell’azione di governo di ciascun ente locale, sulla base dei quali poter operare la misurazione dei risultati conseguiti anche in relazione ai vincoli della finanza derivanti dal rispetto del patto di stabilità e crescita interno a fronte delle risorse impiegate; detta Unità è competente anche alla verifica delle condizioni di cui alla lettera m), per l’ampliamento della capacità organizzatoria.
 
3.5. Trasferimento di funzioni fondamentali allocate ad enti diversi dagli attuali titolari.
   L’art. 2, co. 5, disciplina il meccanismo per il trasferimento delle funzioni fondamentali da un ente all’altro, qualora all’esito delle operazioni di individuazione ed allocazione debbano essere assegnate ad un ente diverso da quello che ne è attualmente il titolare.
   In particolare, qualora, in applicazione dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza, l’esercizio delle funzioni fondamentali spetti ad un ente, diverso da quello che le esercita alla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 1, alla decorrenza del loro esercizio, alla determinazione dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali ed organizzative necessarie al loro esercizio, si provvedecon decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, da emanarsi entro dodici mesi dall’entrata in vigore dei decreti delegati, su proposta dei Ministri dell’interno, e per gli Affari regionali e le autonomie locali, sentiti i ministri interessati ed il Ministro dell’economia e delle finanze, sulla base di accordi con gli enti locali interessati, con l’intesa di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 della Conferenza unificata. Ogni decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri è corredato della relazione tecnica con l'indicazione della quantificazione dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative, ai fini della valutazione della congruità tra i trasferimenti e gli oneri conseguenti all'espletamento delle funzioni attribuite. La decorrenza dell’esercizio delle funzioni è subordinata all’atto dell’effettiva attuazione dei meccanismi previsti dal presente comma. Le presenti disposizioni cessano di avere efficacia all’entrata in vigore dei provvedimenti attuativi all’articolo 119 della Costituzione.
 
 
4. Articolo 2, comma 4. Organi di governo, sistema di elezione, principi sul sistema contabile e finanziario, rafforzamento degli istituti di partecipazione, semplificazione delle istituzioni locali.
Per ciò che attiene ai principi e criteri direttivi riferiti a tale oggetto, essi sono enumerati al comma 4, il cui alinea descrive finalisticamente il principio ispiratore della futura disciplina concernente gli organi di governo ossia la semplificazione della rappresentanza territoriale locale.
La lettera a) del comma 4, si articola in tre parti ciascuna delle quali contiene i principi e criteri direttivi per la disciplina completa dei tre organi di governo comuni a tutti gli enti locali. Nella descrizione dei caratteri che connotano gli organi si può riconoscere al n. 1) il consiglio comunale o provinciale, il sindaco o presidente della provincia al n. 2 e la giunta comunale o municipale al n. 3. Con riguardo al n. 1), il Governo non ha accolto una richiesta emendativa formulata dagli enti territoriali in sede di Conferenza Unificata, tendente ad inserire come ulteriore criterio direttivo quello della garanzia dell’equilibrio dei poteri fra assemblea ed organi esecutivi, ritenendo di rimettere alla sede parlamentare ogni decisione in merito a tale profilo giuridico-istituzionale. In accoglimento di una proposta emendativa della Conferenza Unificata è stata invece inserita nel n. 2) una clausola di salvaguardia dell’autonomia statutaria.
La lettera b) dello stesso comma 4, contiene i principi dei sistemi per l’elezione degli organi. La scelta operata sul terreno della legislazione elettorale, riflette l’intenzione di non modificare i sistemi vigenti (maggioritario a turno unico per i comuni più piccoli e proporzionale con premio di maggioranza e sbarramento del 3% per quelli con più di 15.000 abitanti) per non intaccare il quadro degli equilibri e delle relazioni tra gli organi venutosi a creare con l’entrata in vigore della legge 81/1993.
Il sistema vigente è stato innovato, sempre a livello di principi, soltanto per la parte riguardante l’elezione degli organi della città metropolitana perché è evidente la necessità di individuare un sistema di elezione che tenga conto di quelle che sono le caratteristiche del nuovo ente (vedi articolo 3).
Il sistema di elezione del consiglio e del sindaco metropolitano potrà essere in tutto simile a quello vigente per l’elezione degli organi della provincia. Tuttavia, partendo dal riconoscimento che ogni area metropolitana ha una sua peculiarità geografica, territoriale e sociale che è opportuno riconoscere, si è data la possibilità con la legge istitutiva della città metropolitana, di introdurre nel sistema elettorale un meccanismo di garanzia della rappresentanza dei territori e delle realtà comunali che entreranno a far parte del nuovo ente.
Nella lettera c) del comma 4, sono indicati i principi e criteri per la disciplina della funzionalità degli organi sia individuali che collegiali. La formulazione ampia della lettera c), consente di ricomprendere tutte le cause di cessazione dalla carica per ragioni diverse da quella della scadenza del mandato (dimissioni, decadenza, decesso, impedimento etc) e quelle che impediscono il regolare funzionamento dell’organo (riduzione dell’organo per dimissioni ultra dimidium o per impossibilità di surrogare la metà dei componenti, o per dimissioni, impedimento, rimozione decadenza o decesso dell’organo monocratico) sia quando tali ragioni siano connesse alla composizione sia quando dipendano da crisi di natura politica (mozione di sfiducia, mancata approvazione del bilancio) o da gravi violazioni della legalità (rimozione e sospensione degli amministratori, scioglimento del consiglio per atti contrari alla Costituzione, per gravi e persistenti violazioni di legge o per gravi motivi di ordine pubblico).
Il Governo non ha accolto la richiesta degli enti territoriali, formulata in sede di Conferenza Unificata, di inserire come ulteriore criterio direttivo quello della revisione della normativa vigente sui limiti di mandato per i sindaci e i presidenti delle province, ritenendo di rimettere alla sede parlamentare ogni decisione al riguardo.
Con la lettera d), si prevede l’estensione della futura disciplina relativa alla funzionalità degli organi anche agli organi di governo delle forme associative e degli altri enti locali, tenuto conto degli interessi statali implicati dalla competenza legislativa esclusiva nelle materie di cui all’articolo 117, comma secondo, lettera h) della Costituzione.
Il d.d.l. intende mantenere e rafforzare la funzione statale di controllo sugli organi degli enti locali infiltrati o condizionati dalle associazioni di tipo mafioso. Per questo motivo, i criteri ed i principi indicati alle lettere e) ed f) consentiranno di dettare una disciplina che incidendo anche sulle aziende speciali e sulle società partecipate in tutto o in parte dagli enti locali potrà esplicare un’azione più efficace e penetrante dello Stato nel contrasto delle associazioni malavitose.
Anche il regime delle incandidabilità, delle ineleggibilità e delle incompatibilità degli amministratori locali non può che essere attentamente rivisto alla luce del pluralismo paritario espresso dall’articolo 114 primo comma della Costituzione. I criteri indicati alla lettera g) del comma 4, consentono al legislatore delegato non solo di mantenere le fattispecie vigenti ma di metterlo in asse con il nuovo ruolo che gli enti locali rivestono nel quadro della riforma costituzionale del 2001.
Nell’ambito di una visione che tende ad allargare lo spazio dei diritti e della partecipazione alla vita delle comunità locali nell’intento di favorire la piena integrazione anche dei cittadini stranieri non comunitari nei territori dove lavorano e vivono stabilmente, è stata prevista alla lettera h) la possibilità per i comuni, le città metropolitane di riconoscere nei rispettivi statuti il diritto di elettorato attivo e passivo nelle elezioni degli organi di decentramento ai cittadini stranieri non comunitari che siano in possesso della carta di soggiorno. Il principio in questione non rappresenta, peraltro, una novità nel panorama giuridico nazionale se si considera che esso, già implicito nelle disposizioni degli articoli 8 e 17 del T.U.E.L. e nell’articolo 9 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, é stato già indirettamente riconosciuto dal Consiglio di Stato (pareri n. 8007/2004 e 11074/2004).
La materia “organi di governo” importa anche la considerazione e la conseguente disciplina dello status degli stessi. La lettera i) del comma 4, nel richiamare i due principi costituzionali (art. 51, comma 3 Cost.) del “tempo necessario” e della “conservazione del posto di lavoro”, aggiunge un principio, quello della correlazione tra entità dei compensi e condizione economico-finanziaria dell’ente locale, fortemente innovativo che, nella fase di attuazione della delega potrà essere sviluppato nella direzione di premiare gli amministratori più attenti e responsabili nella gestione delle risorse, non solo finanziarie, degli enti, nel quadro di regole e procedure di verifica dei risultati amministrativi e finanziari che saranno poste ai fini del coordinamento della finanza pubblica.
Nella stessa finalità di accrescere la qualità dell’azione di governo degli organi dell’ente locale si iscrive anche il principio indicato alla lettera l), che prefigura un sistema integrato di garanzie e di controlli interni, espressione dell’autonomia dell’ente, che potranno riferirsi, in funzione collaborativa, anche all’esterno ma sempre in relazione agli obiettivi di conseguire un migliore andamento generale, un miglioramento dell’efficacia e dell’efficienza dell’azione amministrativa ed una costante imparzialità nelle scelte politiche. Funzione dei controlli, inoltre, dovrà, innovativamente essere anche l’adeguatezza organizzativa, da misurarsi con strumenti e procedure proprie delle aziende private ma introdotti e sperimentati da tempo anche nelle amministrazioni pubbliche.
Nel quadro di una valorizzazione e promozione degli strumenti di partecipazione dei cittadini, di rafforzamento della “democrazia sostanziale” delle comunità territoriali, e di condivisione delle scelte politiche non soltanto all’interno dell’ente, ma tra enti diversi o di diverso livello, è stato previsto alla lettera m) un principio che consenta al legislatore delegato di approntare tutti gli strumenti di concertazione, condivisione e raccordo idonei a prevenire il contenzioso sulle competenze, sull’esercizio delle funzioni e sulla gestione dei servizi che sempre più frequentemente ostacolano le decisioni ed impediscono, dati i tempi della giustizia, la soddisfazione di esigenze essenziali per i cittadini. Agli stessi obiettivi, inoltre, rispondono anche i principi di cui alle lettere p) e q) che tendono a garantire, rispettivamente dall’interno dell’ente e dall’esterno, l’effettività dei principi di partecipazione, democrazia, trasparenza e legalità dell’azione degli organi di governo, autorizzando, in caso di gravi violazioni o inadempimenti, incisivi poteri sostitutivi intesi a ripristinare, nel rispetto del principio del contraddittorio e valorizzando la potestà normativa degli enti, la legalità.
Con i principi indicati alle lettere n) ed o) del comma 4, si intendono rafforzare rispettivamente le esigenze della semplificazione delle istituzioni locali, impedendo la proliferazione di nuovi organi e quindi anche la moltiplicazione delle spese connesse, e le esigenze di semplificare l’azione di governo dei comuni minori adattando i vincoli, le regole e le procedure comuni a tutti gli enti alle loro caratteristiche organizzative ed alle minori risorse economiche e strumentali.
Le dinamiche della finanza pubblica degli ultimi anni, con crescenti necessità di ridurre le spese da un lato e le accresciute esigenze per gli enti locali di erogare servizi e prestazioni in modo più efficiente ed economico, hanno determinato un diffuso fenomeno di esternalizzazione di servizi e compiti, spesso perseguito attraverso la costituzione di apposite società di capitali interamente o prevalentemente partecipate dagli enti locali. L’ambito civilistico delle regole che caratterizzano il comportamento di detti soggetti ed i risultati conseguiti in molti casi in termini di profitto e di minore spesa per gli enti hanno incentivato la nascita di società o la trasformazione di società esistenti che accanto alle finalità pubbliche hanno inserito nel loro oggetto sociale finalità estranee o non direttamente connesse con l’esercizio delle funzioni e dei compiti propri dell’ente locale finendo così per perseguire obiettivi che poco o nulla hanno in comune con gli interessi delle comunità amministrate. L’organizzazione ed i bilanci degli indicati soggetti, inoltre, non sono collegati a quelli dell’ente partecipante al cui controllo sfuggono completamente. Le conseguenze cui porta un fenomeno in costante crescita come quello indicato, possono essere estremamente negative per l’ente, per le comunità locali e per lo stesso Stato. Con il principio descritto alla lettera r) si vuole limitare il ricorso alla costituzione da parte degli enti locali di società di capitali per il perseguimento di scopi che abbiano scarsa attinenza coni bisogni dei cittadini e si vuole altresì conferire al legislatore delegato la possibilità di intervenire sulla composizione degli organi di amministrazione delle società in funzione di una loro semplificazione e razionalizzazione che possa portare ad una maggiore efficienza e ed una riduzione degli oneri per il loro funzionamento.
I principi di cui alla lettere s), t), u), v) e z) del comma 4 dell’articolo 1 del disegno di delega forniscono indirizzi per una nuova ed aggiornata riformulazione della disciplina inerente l’ordinamento finanziario e contabile degli enti locali. Detti principi si riferiscono ad aspetti attualmente disciplinati dagli articoli 149 -243 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali emanato con il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
L’intento è quello di ridisegnare l’intera disciplina operando verso due direttrici: da una parte prevedere una normativa che tenga conto delle innovazioni introdotte dalla legge costituzionale n. 3/2001 ed in particolare delle competenze di cui all’articolo 117 della Costituzione, dall’altra adeguare la normativa sia alle esigenze di semplificazione che sono emerse nell’applicazione dell’attuale sistema, sia alle necessità emergenti nella gestione contabile e finanziaria degli enti locali.
Il principio di cui alla lettera s) indirizza l’attività normativa verso una riformulazione della struttura del sistema di bilancio che permetta sia una lettura uniforme dei documenti sull’intero territorio nazionale, sia un’armonizzazione con i sistemi di bilancio dello Stato e delle Regioni.
Il successivo principio di cui alla lettera t) fa riferimento ad una disciplina che garantisca una sana e corretta gestione finanziaria.
Alla lettera u), invece, si intende introdurre una normativa semplificata a favore dei comuni di piccola dimensione.
Quindi, alla lettera v) viene fissato il principio relativo alla previsione di un organo di revisione, già attualmente esistente, preposto ad un controllo dell’attività gestionale dell’ente in funzione di collaborazione con l’organo consiliare.
Infine, alla lettera z) si pone, in sostanza, l’esigenza di riformulare una normativa relativa all’indebitamento che tenga conto di tutte le novità del settore ed una disciplina del servizio di tesoreria adeguata alle attuali esigenze.
Alla successiva lettera aa) è prevista la redazione di una disciplina per il risanamento dei comuni e delle province in stato di dissesto finanziario.
Attualmente il risanamento degli enti locali dissestati è regolato dagli articoli 244 – 269 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali.
La procedura così prevista, secondo l’intento dei principi di delega, necessità di una completa rivisitazione sia per adeguarla ai nuovi principi costituzionali in ordine al divieto di indebitamento per spese diverse da quelle di investimento, sia per semplificare e impostare in maniera adeguata le procedure per un rapido e certo risanamento.
Il principio di cui alla lettera bb) è stato inserito considerando l’opportunità di enucleare appositamente quei principi di organizzazione degli uffici pubblici e di rapporto di impiego che, pur essendo presenti e ben riconoscibili nell’ordinamento positivo, non hanno impedito agli enti locali di sviluppare una normazione ed una prassi spesso contrastanti con detti principi con particolare riguardo per l’accesso agli uffici e la progressione nelle qualifiche.
In accoglimento della richiesta in tal senso formulata dagli enti territoriali in sede di Conferenza Unificata è stato incluso nell’articolato, sub cc), un criterio di delega concernente la previsione di una funzione apicale che garantisca la distinzione e il raccordo tra gli organi politici e l’amministrazione, nonché il coordinamento unitario dell’azione amministrativa per assicurare il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione, in attuazione dell’articolo 97 della Costituzione.
Il coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale (lettera dd) è una delle materie rientranti nella competenza legislativa esclusiva dello stato ai sensi dell’articolo 117, comma 2, lettera r) della Costituzione. Sulla materia, pertanto, lo Stato autorizzato a produrre direttamente una normativa di rango primario e secondario. Il criterio serva a dare sostanza a tutte quelle forme di cooperazione e collaborazione funzionale e strutturale tra enti locali, regioni e stato che necessitano di una rete informativa capillare ed omogenea per funzionare correttamente.
 
 
5. Il procedimento e i termini di attuazione della delega di cui all’articolo 2.
   La delega va esercitata entro un anno dall’entrata in vigore della legge delegante (art. 2, co. 1).
   Può essere esercitata con uno o più decreti legislativi.
   Sono proponenti i Ministri dell'interno e per gli affari regionali e le autonomie locali, mentre sono concertanti i Ministri per le riforme e l’innovazione nella pubblica amministrazione, dell'economia e delle finanze e dei rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, oltre ai Ministri interessati (art. 2, co. 1).
   Sui decreti legislativi è acquisito il parere del Consiglio di Stato, nonché l’intesa di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 in seno alla Conferenza unificata; i decreti legislativi sono adottati dopo l’acquisizione del parere delle competenti Commissioni parlamentari, che si esprimono entro sessanta giorni dalla assegnazione degli schemi dei decreti legislativi medesimi (art. 2, co. 2).
   Entro due anni dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 1, il Governo può emanare, nel rispetto dei princìpi e dei criteri direttivi indicati ai commi precedenti, disposizioni integrative e correttive (art. 2, co. 6).
 
 
6. Funzioni conferite agli enti locali.
   L’articolo 4 del d.d.l. reca disposizioni per l’attuazione dell’art. 118, comma 2, Cost., quanto alle funzioni «conferite» agli enti locali e alla Regioni con leggi statali.
   Un meccanismo era stato già ipotizzato dall’art. 7 della legge n. 131/2003, che non ha avuto pratica attuazione per la difficoltà di raggiungimento degli accordi ipotizzati nella norma in seno alla Conferenza unificata.
   L’articolo in commento prevede un procedimento semplificato rispetto al previgente art. 7 della legge n. 131/2003.
   Ferme restando le funzioni fondamentali individuate ai sensi dell’articolo 2, co. 1, lett. a), della legge delega, il Governo è delegato ad adottare, entro il termine di cui allo stesso articolo 2, comma 6, uno o più decreti legislativi, aventi ad oggetto l’individuazione delle restanti funzioni amministrative in atto esercitate dallo Stato che, non richiedendo l’unitario esercizio a livello statale, devono, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza essere attribuite a comuni, province, città metropolitane e regioni e segnatamente:
- le funzioni amministrative da conferire alle regioni e agli enti locali, nelle materie dell’art. 117 comma 2 della Costituzione;
- le funzioni amministrative da conferire alle regioni nelle materie di cui all’art. 117 commi 3 e 4, ai fini del loro successivo conferimento agli enti locali ai sensi dell’art. 6 co. 1 lett. b) della presente legge.
   Nell’esercizio della delega il governo dovrà conferire al livello diverso da quello comunale soltanto le funzioni di cui occorra assicurare l'unitarietà di esercizio, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza.
   Dovrà inoltre favorire l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli o associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, ai sensi dell’articolo 118, quarto comma della Costituzione.
Dovrà provvedere, infine, al riordino e alla semplificazione delle strutture organizzative dell’amministrazione statale, limitandole a quelle strettamente necessarie all’esercizio delle funzioni che continuano ad essere esercitate dallo Stato, anche al fine di eliminare le sovrapposizioni e di favorire la sussidiarietà orizzontale nel rispetto dell’articolo 118 della Costituzione.
Tale ultimo principio direttivo è stato introdotto nell’articolato in sostanziale accoglimento della richiesta in tal senso formulata dagli enti territoriali in sede di Conferenza Unificata, che, tuttavia, ne auspicava l’inserimento nell’ambito dell’art. 1, co. 2, concernente i principi che debbono essere osservati da Stato e Regioni per adeguare i rispettivi ordinamenti alle disposizioni della legge delega. Considerato che sul piano giuridico costituzionale un principio direttivo del genere non appare congruamente riferibile al di fuori dell’ambito delle competenze dello Stato, se ne è decisa la collocazione all’interno dell’art. 4, in relazione al conferimento di funzioni amministrative statali alle regioni e agli enti locali, adeguandone la formulazione.
 
   Una volta individuate, con decreto legislativo delegato, le funzioni statali da trasferire alle Regioni e agli enti locali, il procedimento di trasferimento è regolato con richiamo dell’articolo 2, comma 5.
   Inoltre per il trasferimento di funzioni regionali agli enti locali, il procedimento è regolato con richiamo dell’articolo 6 del d.d.l.
 
 
7. Città metropolitane.
 
7.1. Delega per l’istituzione di nove città metropolitane.
   L’art. 3 del d.d.l. delega il Governo ad istituire le nove città metropolitane già previste dal t.u. n. 142/1990 e dal t.u. n. 267/2000, disciplinando il relativo procedimento e gli aspetti organizzativi delle città metropolitane.
   In dettaglio, le città metropolitane sono istituite, nell’ambito di una regione, nelle aree metropolitane in cui sono compresi i comuni di Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Bari, Napoli (art. 3, co. 1).
 
7.2. Ambito territoriale.
   Quanto all’ambito, il territorio metropolitano coincide con il territorio di una o di più province; in caso di non coincidenza con una provincia si procede alla nuova delimitazione delle circoscrizioni provinciali interessate ai sensi dell’articolo 133, primo comma, della Costituzione (art. 3, co. 1, lett. a).
 
7.3. Funzioni.
   Sul piano funzionale, la città metropolitana acquisisce tutte le funzioni della preesistente provincia, come determinate in base alla legge delega, riguardanti il suo territorio; la legge regola la successione della città metropolitana alla provincia in tutti i rapporti già attribuiti alla titolarità di questo ultimo ente secondo i criteri di cui alla legge delega (art. 3, co. 1, lett. b).
   Giova ricordare che secondo l’art. 2, co. 3. lett. d), costituiscono funzioni fondamentali delle province quelle che le connotano come enti per il governo di area vasta; inoltre alle città metropolitane spettano, oltre che le funzioni fondamentali delle province, anche quelle di governo metropolitano. 
   Per ciascuna città metropolitana, il decreto delegato istitutivo stabilisce le funzioni in relazione alle specifiche esigenze della rispettiva area metropolitana (art. 3, co. 1, lett. h).
 
7.4. Struttura.
   Quanto alla struttura, l’area metropolitana si articola al suo interno in comuni; il comune capoluogo si articola in municipi (art. 3, co. 1, lett. c).
 
7.5. Organi di governo , sistema elettorale, organizzazione.
   Quanto agli organi di governo e al sistema elettorale, il decreto delegato istitutivo regola il sistema di determinazione dei collegi elettorali per la elezione degli organi di governo della città metropolitana nonché di attribuzione dei seggi, in modo da garantire una adeguata rappresentanza alle comunità locali insistenti sulla parte del territorio metropolitano esterna a quello del preesistente comune capoluogo, nonché le modalità ed i termini di indizione delle elezioni per la loro prima costituzione, assicurando, anche eventualmente attraverso la prorogatio, la continuità della amministrazione nella successione tra gli enti (art. 3, co. 1, lett. d).
   Giova ricordare che gli organi di governo e il sistema elettorale della città metropolitana sono indicati nell’art. 2, co. 4, lett. a) e lett. b).
   Per ciascuna città metropolitana, il decreto delegato istitutivo stabilisce le modalità organizzative in relazione alle specifiche esigenze della rispettiva area metropolitana (art. 3, co. 1, lett. h).
 
7.6. Lo statuto.
   Quanto allo statuto, uno schema di esso deve essere allegato alla proposta di istituzione della città metropolitana (art. 3, co. 1). Lo statuto deve poi essere adottato nei sei mesi successivi allo svolgimento delle elezioni per la prima costituzione degli organi di governo; il decreto delegato istitutivo indica le norme applicabili nelle materie e discipline espressamente demandate allo statuto ed ai regolamenti nel periodo transitorio che precede la loro adozione (art. 3, co. 1, lett. e).
   Lo statuto della città metropolitana, definisce le forme di esercizio associato di funzioni con i comuni in essa compresi al fine di garantire il coordinamento dell’azione complessiva di governo all’interno del territorio metropolitano, la coerenza dell’esercizio della potestà normativa da parte dei due livelli di amministrazione, un efficiente assetto organizzativo e di utilizzazione delle risorse strumentali, nonché la economicità di gestione delle entrate e delle spese attraverso il coordinamento dei rispettivi sistemi finanziari e contabili; le relative disposizioni sono adottate previa intesa con i comuni interessati, recepita con deliberazioni di identico contenuto dei rispettivi consigli comunali (art. 3, co. 1, lett. f).
 
7.7. Il procedimento istitutivo.
 
7.7.a) Istituzione con decreto delegato.
   L’istituzione delle nove città metropolitane avviene con decreto delegato, da emanare nel termine di dodici mesi dalla data di adozione dei decreti legislativi sulle funzioni fondamentali (art. 3, co. 3).
 
7.7.b) L’iniziativa e il parere regionale.
   L’iniziativa spetta, alternativamente, al Comune capoluogo, ovvero al trenta per cento dei Comuni della Provincia o delle Province interessate, che rappresentino il sessanta per cento della relativa popolazione, ovvero ad una o più Province congiuntamente ad un numero di comuni che rappresentino il sessanta per cento della popolazione della Provincia o delle Province proponenti. La proposta di istituzione contiene la perimetrazione dell’area metropolitana e una proposta di statuto della città metropolitana (art. 3, co. 1).
   Sulla proposta è acquisito il parere della Regione (art. 3, co. 1).
 
7.7.c) Il referendum.
   Sulla proposta di istituzione della città metropolitana è indetto un referendum tra tutti i cittadini dell’area compresa nella città metropolitana; il referendum è senza quorum strutturale se il parere della Regione è favorevole; in caso di parere regionale negativo, il quorum strutturale è del trenta per cento (art. 3, co. 1, lett. g).
    Con regolamento da adottare ai sensi dell’art. 17, comma 1, della legge 23 agosto, n. 400, su proposta del Ministro dell’interno, di concerto con i Ministri della giustizia e per gli affari regionali e le autonomie locali, è disciplinato il procedimento di indizione e di svolgimento del referendum, osservando il principio di cui all’articolo 45, comma 2, della legge 25 giugno 1970, n.352 (art. 3, co. 2).
 
7.7.d) L’iter dei decreti legislativi.
   Acquisiti l’iniziativa dei soggetti legittimati e il parere regionale, e espletato il referendum, l’istituzione delle città metropolitane avviene con uno o più decreti legislativi delegati (di regola, un decreto legislativo per ciascuna città), su proposta del Ministro dell’interno e del Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, di concerto con i Ministri per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, dell'economia e delle finanze e dei rapporti con il Parlamento e per le riforme istituzionali (art. 3, co. 3).
   Gli schemi dei decreti legislativi, corredati delle deliberazioni e dei prescritti pareri, sono trasmessi al Consiglio di Stato ed alla Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, che rendono il parere nel termine di trenta giorni. Successivamente sono trasmessi alle Camere per l’acquisizione del parere delle competenti Commissioni parlamentari da rendere entro quarantacinque giorni dall’assegnazione alle Commissioni medesime (art. 3, co. 4).
 
7.8. L’esercizio associato delle funzioni come alternativa alle città metropolitane.
    Nelle nove aree metropolitane di cui al comma 1, in alternativa alla istituzione della città metropolitana secondo il procedimento previsto dai commi precedenti, sono individuate specifiche modalità di esercizio associato delle funzioni comunali; ulteriori modalità di esercizio congiunto di funzioni possono essere definite dalle istituzioni locali e dalla regione interessate, tenuto conto delle diverse specificità territoriali (art. 3, co. 5).
 
 
8. Roma capitale.
   L’articolo 5 del d.d.l. in attuazione dell’art. 114 Cost. delega il Governo a disciplinare i poteri e l’organizzazione di Roma capitale.
   La disciplina sarà volta ad assicurare il migliore esercizio delle funzioni di Roma, quale capitale della Repubblica, simbolo della storia e dell’unità nazionale, sede degli organi costituzionali dello Stato, di uffici ed enti pubblici nazionali, delle rappresentanze ufficiali degli Stati esteri presso la Repubblica.
   Sarà inoltre finalizzata ad armonizzare gli interessi della comunità locale con le prerogative e gli interessi dello Stato della Città del Vaticano e delle istituzioni internazionali che hanno sede in Roma.
   In particolare l’ordinamento della capitale dovrà assicurare:
lo sviluppo economico e sociale della capitale;
la qualità del suo sviluppo urbano;
la valorizzazione del suo patrimonio storico, artistico e ambientale;
il rafforzamento del suo prestigio e della sua identità in campo internazionale;
la sicurezza interna e internazionale mediante programmi del Ministero dell’interno, sentito il Alla Capitale saranno assicurate le risorse necessarie per il finanziamento delle funzioni da essa esercitate secondo i principi di cui all’articolo 119 della Costituzione.
   A Roma capitale sarà conferito un potere regolamentare negli ambiti di cui all’art. 117, co. 6, Cost., anche in deroga a specifiche disposizioni legislative, nel rispetto degli obblighi internazionali, del diritto comunitario, della Costituzione e dei principi generali dell’ordinamento giuridico, nell’ambito delle materie del governo del territorio, dell’edilizia pubblica e privata, dei trasporti e della mobilità, dei servizi sociali, in relazione alle peculiari esigenze del ruolo di capitale.
In sostanziale accoglimento delle indicazioni formulate dagli enti territoriali in sede di Conferenza Unificata è stata espunta dall’articolato, rispetto alla versione oggetto di esame preliminare in Consiglio dei Ministri, la previsione per Roma capitale di un potere regolamentare in materie non disciplinate da leggi statali o regionali ovvero al fine di integrare le leggi statali o regionali, ritenendosi tale previsione ultronea e comunque di significato limitato in raffronto a quella, rimasta, concernente il potere regolamentare di cui al capoverso precedente.
   Sarà prevista una sede di raccordo istituzionale tra Roma capitale, il Governo, la Regione Lazio e la Provincia di Roma.
 
 
9. L’ambito della legislazione regionale.
   L’art. 6 stabilisce che le regioni provvederanno a disciplinare le modalità di esercizio delle funzioni fondamentali degli enti locali, nelle materie di propria competenza, e a conferire ulteriori funzioni agli enti locali.
   In dettaglio, entro dodici mesi dall’entrata in vigore dei decreti legislativi di cui all’articolo 2, con proprie leggi, sulla base di accordi stipulati nei Consigli delle autonomie o in altra sede di concertazione prevista dai propri ordinamenti, provvedono a:
- adeguare la propria legislazione alla disciplina statale di individuazione delle funzioni fondamentali, nelle materie di propria competenza legislativa ai sensi dell’articolo 117, commi 3 e 4 della Costituzione, regolandone le modalità di esercizio nel rispetto dei principi e criteri di cui all’articolo 2, e allocando le funzioni amministrative e le relative risorse in modo organico a comuni, province, e città metropolitane al fine di evitare duplicazioni e sovrapposizioni di competenze;
- conferire, nelle materie di propria competenza legislativa ai sensi dell’articolo 117, commi 3 e 4 della Costituzione, agli enti locali le funzioni ad esse conferite dallo Stato ai sensi dell’articolo 4, comma 2, lettera a), che non richiedano di essere esercitate unitariamente a livello regionale in attuazione dell’articolo 118 della Costituzione;
- conferire agli enti locali le funzioni amministrative esercitate dalla Regione, che non richiedano l’unitario esercizio a livello regionale;
- conferire e semplificare, contestualmente all’attuazione delle lettere a), b), e c), i livelli locali, prevedendo, nel rispetto dei principi di cui agli articoli 97 e 118 della Costituzione, che su un medesimo territorio possa configurarsi, di regola, un solo livello, plurifunzionale, per l’esercizio associato delle funzioni che i singoli comuni non sono in grado di svolgere singolarmente.
   Qualora le Regioni non provvedano entro il termine di cui al comma 1, il Governo è delegato ad emanare, in relazione alle lettere a) e d), entro i successivi diciotto mesi, uno o più decreti legislativi che si applicano in via suppletiva fino alla data di entrata in vigore delle leggi regionali. Tali decreti vengono adottati con l’iniziativa e con il procedimento di cui all’articolo 2, commi 1 e 2 della presente legge, nel rispetto del procedimento di cui all’articolo 8, commi 1, 4 e 5 della legge 5 giugno 2003, n. 131 (art. 6, co. 2).
   Compete alla legge regionale disciplinare, tenuto conto dei principi di cui all’articolo 2, comma 3, lettera i), le forme e le modalità di associazionismo comunale, nonché l’eventuale esercizio in forma associata di alcune funzioni provinciali, previo accordo con le province, qualora sia ritenuto necessario per la dimensione ottimale dell’esercizio delle funzioni (art. 6, co. 3). Tale previsione è stata riformulata in accoglimento della richiesta emendativa formulata dagli enti territoriali in sede di Conferenza Unificata.
 
 
10. Revisione delle circoscrizioni provinciali
L’articolo 7 del disegno di legge disciplina gli strumenti per la razionalizzazione complessiva degli assetti degli enti territoriali dopo l’entrata in vigore dei numerosi provvedimenti di attuazione previsti dalla legge delega. La finalità è quella di dare uniformità ed armonia al complesso e lungo processo di trasferimento ed allocazione delle funzioni amministrative mediante la revisione delle circoscrizioni provinciali che si renderà necessaria anche a seguito della istituzione delle città metropolitane. Detto processo, inoltre, non potrà non considerare anche gli ambiti degli uffici statali decentrati che potranno essere semplificati, potenziati o ridotti a seconda dell’entità dei conferimenti attuati e delle funzioni statali residue nei singoli territori.
Il Governo non ha accolto la richiesta degli enti territoriali, formulata in sede di Conferenza Unificata, di prevedere nel comma 2 un’intesa, in luogo del parere, da parte della Conferenza stessa, vertendosi in materia di potestà legislativa esclusiva dello Stato.
 
 
11. Disposizioni finali, abrogazioni e delega per l’adozione della Carta delle autonomie locali.
   L’articolo 8 contiene la clausola di cedevolezza, una disposizione per l’abrogazione del t.u. n. 267/2000 e una delega per la raccolta in un unico testo normativo – denominato Carta delle autonomie locali – di tutti i decreti legislativi attuativi della presente legge.
In accoglimento della richiesta emersa in sede di Conferenza Unificata, è stata spostata nell’articolo 8 - dall’articolo 2, comma 5 - la clausola di salvaguardia in favore delle regioni a statuto speciale e delle province autonome, che è stata, al contempo, riformulata, riproducendo il tenore di quella attualmente contenuta nell’articolo 1, comma 2, del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
 
 


 
Relazione tecnica.
 
   L’art. 9 del d.d.l. dispone che dall'attuazione della legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
   L’art. 1 del d.d.l. reca disposizioni di principio, che non comportano costi.
   Inoltre la cabina di regia prevista dall’art. 1 deve essere istituita senza nuovi o maggiori oneri.
 L’art. 8 prevede un riordino normativo che non comporta costi.
   In relazione all’art. 2, i decreti attuativi opereranno un riordino e una razionalizzazione delle funzioni fondamentali degli enti locali, allocandole secondo criteri di efficienza ed economicità, sicché l’operazione non comporta oneri aggiuntivi per la finanza pubblica.
   Quanto alle funzioni proprie, le stesse potranno essere esercitate solo dagli enti locali che rispettano parametri di virtuosità sul piano dell’equilibrio di bilancio, sicché il loro esercizio avverrà senza aggravio di costi.
   Quanto alla nuova disciplina complessiva degli enti locali, la stessa costituisce un riordino e una razionalizzazione di quella esistente, senza aumenti di costi, anche per quanto concerne la previsione della funzione apicale di raccordo fra organi politici ed amministrazione e di coordinamento unitario dell’azione amministrativa.
 
   In relazione all’art. 3, la istituzione delle città metropolitane avverrà con contestuale estinzione di una o più province, di cui le città metropolitane erediteranno le funzioni, in una logica di razionalizzazione e più efficiente esercizio delle funzioni delle province. Pertanto anche la creazione delle città metropolitane non comporta costi aggiuntivi.
   In relazione all’art. 4, il trasferimento delle funzioni da parte dello Stato alle Regioni e agli enti locali avverrà con contestuale trasferimento delle risorse economiche nei limiti di quelle già stanziate, senza aggravio di costi.
   Lo stesso è a dirsi quanto all’art. 6, che prevede il trasferimento di funzioni da parte delle Regioni agli enti locali.
 

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