L'art. 17 della legge n. 11 del 2005 prevede la convocazione "almeno ogni sei mesi " della sessione speciale della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, dedicata alla trattazione degli aspetti delle politiche comunitarie di interesse regionale, mentre l'art. 5 della stessa legge stabilisce che entro quindici giorni dallo svolgimento del Consiglio Europeo il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche comunitarie provvede a informare le Regioni e le province autonome delle risultanze di tali riunioni. .
La sessione della Conferenza Stato-Regioni, che io ho sollecitato oggi, risponde quindi al dettato dell'art. 17 e dell'art. 5 della legge n. 11 del 2005.
Dedicherò la prima parte del mio intervento agli esiti del Consiglio Europeo di Bruxelles del 17 e 18 giugno scorsi e più in generale alla situazione venutasi a creare in Europa con il voto negativo alla ratifica del Trattato Europeo da parte francese e olandese.
La seconda parte è dedicata al Processo di Lisbona ed agli impegni che il Governo Italiano deve svolgere in relazione a questo programma.
La terza parte riguarda la realizzazione dei dettati della legge n. 11 del 2005 ed in particolare la costituzione del Comitato interministeriale per gli affari comunitari europei (CIACE) e il modo nel quale si pongono all'interno di quella legge i rapporti tra lo Stato e le Regioni.
La quarta parte fa il punto sull'attuazione delle direttive comunitarie.
La quinta fa il punto sullo stato delle infrazioni comunitarie.


1. Per quanto riguarda il primo dei punti che vorrei affrontare, quello relativo ai risultati del recente Consiglio Europeo e più in generale allo stato del processo di integrazione europea, dobbiamo ammettere che ci troviamo in una giuntura delicata per l'Europa: gli esiti negativi del voto referendario francese e olandese e l'impasse registratasi al Consiglio europeo del 16 e 17 giugno costituiscono una battuta d'arresto di cui non possiamo e non dobbiamo minimizzare la portata. Al tempo stesso, non dobbiamo neanche considerare queste circostanze come un segnale di inversione di tendenza, ma solo una pausa di riflessione del processo di integrazione.
Al Consiglio Europeo, i Capi di Stato e di Governo erano chiamati a sciogliere due nodi di grande importanza: le sorti della Costituzione europea dopo i no di Francia e Olanda e le prospettive finanziarie per il periodo 2007-2013. Su entrambi i punti le conclusioni raggiunte hanno invece avuto carattere meramente interlocutorio.
Per la parte relativa alla Costituzione, è emerso chiaramente che una decisione a caldo era prematura e avrebbe perfino potuto rivelarsi controproducente. Si è pertanto preso atto dell'esigenza di un periodo di riflessione che potrà essere utilizzato per avviare un ampio dibattito sul futuro dell'Europa. Nel frattempo, gli Stati membri che lo vogliono potranno continuare le procedure di ratifica: il Lussemburgo ha mantenuto la data del 10 luglio per il proprio referendum mentre il Belgio, la Grecia, Cipro e Malta dovrebbero ultimare le procedure entro l'estate. Se i risultati in tali cinque paesi fossero tutti positivi, si tratterebbe di un segnale importante per la ripresa del processo di ratifica. Ricordo, del resto, che dieci Paesi, tra i quali l'Italia, la Germania e la Spagna, hanno già ratificato il Trattato.
La Carta costituzionale europea rappresenta il punto di arrivo di un lungo e articolato iter che - attraverso il meccanismo della Convenzione - ha visto la partecipazione attiva non solo dei rappresentanti dei Governi, dei Parlamenti nazionali e delle istituzioni dell'Unione ma anche quella di una delegazione del Comitato delle Regioni. È stato un importante esercizio di democrazia, attraverso la Convenzione prima e la Conferenza intergovernativa successivamente, i cui risultati vanno difesi con ogni mezzo. Tutti i Governi che hanno sottoscritto il Trattato di Roma devono pertanto favorirne la sua entrata in vigore.
Già in passato l'Europa si è talvolta trovata ad affrontare ostacoli imprevisti, ma è sempre riuscita a trovare una diversa via per proseguire ed, anzi, approfondire tale processo.
Se il risultato negativo era largamente atteso per la Costituzione, altrettanto non può dirsi per le prospettive finanziarie 2007-2013 per le quali un accordo sembrava alla portata degli Stati membri. Purtroppo il Consiglio europeo del 16 e 17 giugno scorso ha invece fatto registrare una grave spaccatura. Il nostro governo non era tra quelli che ostacolavano tale accordo, avendo ottenuto gli obiettivi che si prefiggeva, ovvero salvaguardare un equilibrio sostanziale tra benefici e contributi al bilancio comunitario e una dotazione sufficiente di risorse da destinare alle nostre regioni in ritardo di sviluppo. Lo scontro politico è avvenuto sulla annosa questione dello "sconto" ai contributi britannici al bilancio, cui il premier Tony Blair non ha voluto rinunciare se non in cambio di un ripensamento generale della Politica Agricola Comune - che attualmente assorbe quasi la metà delle risorse dell'Unione. Francia e Germania hanno capeggiato il fronte del rifiuto alla richiesta britannica e si è giunti così al nulla di fatto.
Vi sono buone ragioni da una parte e dall'altra. Ovvero da parte di coloro, ed erano la maggioranza dei paesi membri, che davano grande importanza al raggiungimento di un accordo senza ulteriori rinvii, così come da parte delle minoranza guidata da Blair che critica un bilancio impostato in modo preponderante sui sussidi a un settore tradizionale e di sempre minore peso nel complesso dell'economia e dell'occupazione, a scapito degli investimenti a favore della ricerca e dell'innovazione.
Il dibattito sulla riforma della struttura del bilancio è ora aperto e la Presidenza britannica sembra intenzionata ad affrontarlo, gettando le basi per un suo riequilibrio che consenta di destinare maggiori risorse alla ricerca e all'innovazione, quali fattori determinati per il rilancio della competitività, della crescita e dell'occupazione in Europa. Questo orientamento è emerso chiaramente nel discorso al Parlamento europeo con cui il Premier britannico ha inaugurato il 23 giugno il proprio semestre di Presidenza.
Fatto sta che il quadro politico europeo è oggi in pausa di riflessione su tre dei principali dossier dell'Unione: ratifica del trattato costituzionale, prospettive finanziarie e allargamento. A quest'ultimo proposito è certamente degno di nota che le dichiarazioni finali del Consiglio europeo di Lussemburgo si limitino, da un lato, a "felicitarsi" della firma del Trattato di adesione da parte di Bulgaria e Romania lo scorso 25 aprile e, dall'altro, a rimandare alle conclusioni di due precedenti Consigli europei per quanto riguarda tutti gli altri paesi candidati o aspiranti tali. E' comunque un segnale incoraggiante la definizione avvenuta ieri da parte della Commissione europea delle proprie proposte per il quadro di negoziazione con la Turchia.



2. In questo quadro di stallo, l'Europa non può che ripartire dall'economia. Ciò corrisponde alle preoccupazioni e alle aspettative dei cittadini europei - quelle che, in ultima analisi, hanno portato, a mio avviso, francesi e olandesi a rigettare il trattato costituzionale. Secondo un sondaggio d'opinione effettuato da Eurobarometro - un organismo della Commissione europea - e pubblicato lo scorso febbraio, tre europei su quattro definiscono "grave" (bad) la situazione dell'occupazione nei propri rispettivi paesi. Due su tre vedono la situazione economica generale negli stessi termini negativi. Un altro sondaggio, sempre di Eurobarometro, pubblicato pochi giorni prima dei referendum, aveva confermato che le principali preoccupazioni degli europei riguardano proprio l'occupazione e lo stato delle economie nazionali.
Dobbiamo puntare con decisione ad una risposta comune alle difficoltà che affliggono l'economia del continente. Proprio per la gravità del segnale che ci è pervenuto, questa risposta deve essere di livello elevato.
In questo contesto, lo strumento principale di intervento a disposizione è la strategia di Lisbona. Solo il successo di essa può consentire una ripresa di fiducia da parte di vasta parte dell'opinione pubblica europea e restituire il consenso all'integrazione europea di cui essa ha assoluta necessità.
Fu nel marzo del 2000, a Lisbona, al culmine di quasi un decennio di ininterrotta espansione economica in Europa e negli Stati Uniti, che il Consiglio europeo lanciò un ambizioso programma per fare dell'Europa, entro il 2010, un'area economica dinamica e competitiva. L'Europa appariva in forte crescita, caratterizzata per di più da un quadro macroeconomico stabile, grazie alla realizzazione, l'anno precedente, dell'Unione Monetaria in un contesto di risanamento delle finanze pubbliche e di bassa inflazione.
Le riforme auspicate nel programma di Lisbona erano essenzialmente di natura microeconomica. Si trattava innanzitutto di completare il mercato interno, dando effettiva libertà di movimento alle merci, ai servizi, ai capitali e alle persone. Si voleva rilanciare la competitività eliminando le rendite di posizione e le barriere alla concorrenza. Si puntava, infine, a sostenere la crescita aumentando sia il tasso di occupazione - che in Europa è di quasi 10 punti percentuali più basso che negli Stati Uniti - sia la produttività, attraverso la diffusione delle nuove tecnologie, in particolare dell'informazione e delle comunicazioni, la riqualificazione della forza lavoro e il rilancio della ricerca scientifica, di base e applicata.
A metà percorso, nel marzo di quest'anno, il Consiglio europeo ha dovuto prendere atto che i risultati della strategia di Lisbona non erano incoraggianti. La crescita europea ha subito un brusco rallentamento, in cifre assolute e relativamente ai risultati delle altre economie mondiali. Fattori congiunturali - come l'apprezzamento dell'Euro, l'aumento del prezzo del petrolio ed altri destinati a modificare fortemente le condizioni dell'economia mondiale fra cui l'ingresso prepotente sui mercati di nuovi produttori, dalla Cina al Messico - hanno reso più difficile il mantenimento delle posizioni europee nel commercio mondiale, nello stesso momento in cui la domanda interna dava segni di preoccupante debolezza. Al di là del quadro macroeconomico meno roseo rispetto a cinque anni orsono, sono le stesse riforme microeconomiche della strategia di Lisbona ad aver marcato il passo, contribuendo a determinare o causando, secondo l'interpretazione prevalente in Europa, il generale rallentamento dell'economia. Gli ostacoli a suo tempo individuati dal Consiglio europeo - al completamento del mercato interno, alla concorrenza, all'introduzione delle nuove tecnologie, all'ingresso nel mercato del lavoro - non appaiono essere stati rimossi se non in piccola parte, comunque in misura insufficiente a rilanciare la crescita.
Di qui la decisione, presa dai Capi di Stato e di Governo nello scorso marzo, di rinnovare gli sforzi per raggiungere gli obiettivi di Lisbona, intensificando allo stesso tempo il coordinamento tra le istituzioni comunitarie e quelle nazionali preposte all'attuazione della strategia. Il Consiglio europeo ha deciso di perseguire con impegno e determinazione due obiettivi: la crescita e l'occupazione. Tutte le riforme incoraggiate dalla strategia di Lisbona possono essere considerate strumenti al servizio dei due citati fondamentali obiettivi. Condivido totalmente questa impostazione e mi auguro che il termine "strategia di Lisbona" - che per la maggior parte di coloro che seguono la vita pubblica non ha un grande significato - venga sostituito da una espressione più chiara, tipo ad esempio "programma per la crescita economica e l'occupazione".
Nel marzo di quest'anno il Consiglio europeo ha compiuto un passo in avanti, promuovendo il coordinamento tra le istituzioni comunitarie e quelle nazionali nell'attuazione delle riforme necessarie per il raggiungimento degli obiettivi di Lisbona. E' stato infatti approvato un approccio basato su un ciclo triennale a partire da quest'anno. Questo ciclo prenderà le mosse dalle linee direttrici integrate (macroeconomiche, microeconomiche e di occupazione) - approvate dal Consiglio europeo nell'incontro del 16 e 17 giugno 2005 - sulla cui base gli Stati membri dovranno stabilire sotto la loro diretta responsabilità programmi nazionali per la crescita e l'occupazione, rispondenti ai loro bisogni e alle loro situazioni specifiche. La Commissione europea, dal canto suo, presenterà un programma per la crescita e l'occupazione che comprenderà l'insieme delle azioni da intraprendere a livello comunitario.
I programmi nazionali saranno oggetto di consultazione tra le istituzioni pubbliche, a livello centrale e regionale, le parti sociali e il Parlamento. Essi dovranno essere completati entro il 15 ottobre 2005 e dovranno contenere la strategia da attuare nel triennio 2006-2008 per il rilancio della crescita e dell'occupazione.

Ho avuto l'onore di essere incaricato dal Presidente del Consiglio dei Ministri di coordinare l'elaborazione del programma italiano per la crescita e l'occupazione. Nella riunione del 24 giugno 2005, il Consiglio dei Ministri ha dato vita a un comitato di ministri direttamente coinvolti nel programma e di cui fanno parte, assieme a me, i responsabili degli esteri, dell'economia, delle attività produttive, del lavoro, dell'università e ricerca, dell'innovazione e delle tecnologie, dell'ambiente, della funzione pubblica e delle politiche di coesione.
Le decisioni del comitato dei ministri saranno preparate da un gruppo di alti funzionari designati dai rispettivi dicasteri e presieduto dal Prof. Paolo Savona, capo del Dipartimento per le Politiche Comunitarie.
Secondo le procedure concordate a livello europeo, il programma verrà definito anche sulla base di un'ampia consultazione con le parti sociali e con le Regioni.
In tale contesto, il contributo di questa Conferenza risulta di particolare importanza per garantire che le decisioni vengano assunte nel rispetto del principio di sussidiarietà ed adattandole alle singole realtà territoriali. E' ormai consolidata in seno all'Unione la prassi di porre le Regioni europee al centro degli interventi a sostegno dello sviluppo. Ritengo infatti che si tratti di un presupposto essenziale per l'individuazione delle più corrette politiche di sviluppo delle diverse componenti nazionali, come ha sottolineato in più occasioni il Ministro per gli affari regionali.
Il primo appuntamento operativo per la preparazione del programma è costituito dalla visita in Italia di una delegazione della Commissione europea, fissata per i giorni 20 e 21 luglio prossimi. Il programma della visita prevede riunioni con i Direttori generali delle Amministrazioni italiane maggiormente interessate e con le parti sociali. Si sta inoltre lavorando per un incontro con una delegazione delle Regioni.
Il mio Ministero ha intenzione di avviare fin dall'inizio di luglio la consultazione delle parti sociali, delle Regioni e degli esperti.
La posta in palio è altissima. Nel clima di incertezza, che contraddistingue il processo di ratifica del trattato costituzionale - così come le prospettive finanziarie e l'allargamento - il rilancio della crescita e dell'occupazione rappresenta la sfida più importante che l'Europa si trova oggi ad affrontare, nonché una prima e concreta risposta alle inquietudini degli europei. Dobbiamo essere tutti consapevoli che su questo terreno si gioca una parte cospicua della credibilità dell'Unione agli occhi dei propri cittadini. Se questo è il quadro a livello europeo, per noi italiani la posta in palio è ancora più alta. Il nostro Paese è stato particolarmente colpito da vari fattori congiunturali: l'apprezzamento dell'euro, l'aumento del prezzo del petrolio, l'ingresso sui mercati di nuovi Paesi, nei confronti dei quali, data la nostra specializzazione produttiva, siamo particolarmente vulnerabili. Con una politica monetaria concentrata sulla stabilità dei prezzi e una politica fiscale dai margini di manovra molto ridotti, per tornare a crescere non abbiamo altra scelta che imboccare con la massima decisione la strada delle riforme strutturali dei mercati e il rilancio dell'innovazione.
Il compito che ci attende è molto impegnativo e richiede una mobilitazione delle migliori energie del Paese, unita ad un grande coraggio politico di maggioranza e di opposizione, per recuperare terreno, ridare slancio e vigore alla nostra crescita economica e aumentare l'occupazione.


3. Un'importante opportunità per rafforzare la capacità italiana di partecipare in modo più incisivo alla definizione delle politiche e della legislazione comunitaria è costituita dalla legge 4 febbraio 2005, n. 11, approvata a larghissima maggioranza dal Parlamento, che ha molto contribuito a definirne i contenuti; questa legge, nel riformare la precedente legge "La Pergola", ha disciplinato la partecipazione dell'Italia al processo normativo dell'Unione europea e le procedure di esecuzione degli obblighi comunitari con modalità e strumenti innovativi, la cui attuazione considero uno degli impegni primari della mia attività di Ministro per le politiche comunitarie.
La principale novità consiste nella istituzione di un comitato interministeriale per gli affari comunitari europei (CIACE), previsto dall'art. 2 "al fine di concordare le linee politiche del Governo nel processo di formazione della posizione italiana nella fase di predisposizione degli atti comunitari e dell'Unione europea e di consentire il puntuale adempimento dei compiti di cui alla presente legge".
Non appena ho assunto l'incarico di Ministro ho provveduto ad istituire un'apposita Commissione di studio per la predisposizione dei testi dei decreti di attuazione dei nuovi organismi, e, precisamente, del CIACE, che deve essere disciplinato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, e del comitato tecnico sottostante, le cui regole di funzionamento sono invece demandate ad un decreto ministeriale. La Commissione ha già concluso i suoi lavori e mi ha presentato gli schemi dei due decreti che oggi vorrei sottoporre al parere della Conferenza, pregando questo organismo di renderlo con cortese sollecitudine. Faccio presente che dopo il parere della Conferenza sugli schemi dei decreti, gli stessi dovranno essere trasmessi prima al Consiglio di Stato, che avrà a disposizione quarantacinque giorni per pronunciare il proprio parere, e solo allora gli schemi potranno essere inviati per il prescritto controllo alla Corte dei conti, la quale, a sua volta, avrà trenta giorni per provvedervi. In definitiva, procedendo ora con sollecitudine e tenuto conto della pausa estiva, l'organismo potrà essere in grado di operare alla fine dell'autunno.
Mi preme sottolineare che la partecipazione delle Regioni e delle Province autonome alla formazione della posizione italiana relativamente agli atti normativi comunitari è certamente prevista sia in seno al CIACE che in seno al comitato tecnico quando sono trattate questioni che interessano anche le Regioni; intendo però richiamare l'attenzione sulla circostanza che tale partecipazione è principalmente garantita, attraverso lo strumento dell'intesa, dalle procedure disciplinate dall'art. 5 della legge n. 11/2005, con la conseguenza che la consultazione e la partecipazione alle riunioni del CIACE del presidente della Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome rappresenta una previsione aggiuntiva, non già sostitutiva, rispetto a quella istituzionalmente prevista in sede di Conferenza permanente.
Il comitato interministeriale, cui partecipano il Ministro degli affari esteri, il Ministro per gli affari regionali e gli altri ministri competenti per materia, concorrerà a indicare le linee guida della politica italiana sui diversi temi di normazione comunitaria e a individuare la posizione che il Governo intenderà sostenere nelle sedi istituzionali comunitarie. Il nuovo organismo fungerà quindi da cabina di regia della posizione italiana nella "fase ascendente" delle politiche comunitarie, riconducendo a unità le diverse posizioni espresse da tutti i soggetti chiamati a partecipare al processo di formazione degli atti comunitari.
Le competenze "istituzionali" del CIACE consistono pertanto nel procedere all'esame e al coordinamento degli orientamenti delle amministrazioni e degli altri soggetti interessati, anche sulla base delle osservazioni e degli atti adottati dal Parlamento e dagli organi parlamentari o dalle Regioni e dalle province autonome.
Quando sono trattate questioni che interessano anche le Regioni, sono previste riunioni integrate del CIACE, alle quali possono chiedere di partecipare il presidente della Conferenza dei presidenti delle Regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano o un presidente di Regione o di provincia autonoma da lui delegato e, per gli ambiti di competenza degli enti locali, i presidenti delle associazioni rappresentative di questi ultimi. In questa fattispecie la legge parla di questioni "di interesse" delle Regioni, indicando quindi un ambito materiale sicuramente più ampio rispetto al concetto di competenza.
Per assicurare alle Regioni la possibilità di giungere a conoscenza dell'ordine del giorno delle riunioni del CIACE e chiedere di partecipare è naturalmente prevista la trasmissione tempestiva - eventualmente con strumenti informatici - dell'ordine del giorno alla Conferenza dei presidenti delle Regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano e alla Conferenza dei presidenti dell'Assemblea, dei Consigli Regionali e delle province autonome, per l'inoltro alle Giunte e ai Consigli delle Regioni e delle province autonome.
Anche nella "fase discendente" il CIACE potrà svolgere un efficace ruolo di impulso e di coordinamento per consentire una più puntuale attuazione delle direttive e una regolare esecuzione degli obblighi connessi alle procedure di infrazione.
Il CIACE si avvarrà di un comitato tecnico permanente, composto da funzionari designati dalle singole amministrazioni del Governo, al quale è demandata l'attività istruttoria e preparatoria delle riunioni; quando si trattano argomenti di interesse delle Regioni, alle riunioni del comitato tecnico parteciperanno anche gli assessori designati dalle Regioni e dalle province autonome.
Un importante strumento di rafforzamento del ruolo del Parlamento, delle Regioni e delle Autonomie locali nel processo di formazione della posizione nazionale è stato introdotto dalla legge n. 11/2005, che prescrive l'obbligo di trasmissione, alle Camere, alle regioni ed enti locali dei progetti di atti comunitari e dei documenti di consultazione. A tal fine, è stato costituito un gruppo di lavoro presso il mio Gabinetto, di cui fanno parte funzionari designati dalle Camere, dalla Conferenza delle Regioni e dalla Conferenza dei consigli regionali, per concordare rapidamente le modalità di trasmissione di questo materiale in regime di sicurezza. Poiché l'articolo 19 della legge 11/2005 consente l'utilizzazione di strumenti informatici per l'adempimento degli obblighi sopra indicati, è, infatti, in corso di realizzazione il progetto denominato e-urop@, che prevede l'invio automatico e certificato degli atti ai destinatari previsti dalla legge, tramite un sistema di comunicazione telematica bidirezionale all'interno dell'area riservata del portale del Dipartimento. Entro il prossimo mese di settembre il progetto sarà definitivamente messo a punto ed avviato il flusso informativo, in un primo momento in versione sperimentale, da incrementarsi con le ulteriori funzionalità nei mesi successivi.



4. Alla data del mio insediamento, il 23 aprile 2005, risultavano ancora da attuare 101 direttive, delle quali 26 contenute nella legge comunitaria 2003 e 50 nella legge comunitaria 2004. Del primo gruppo di 26 direttive, 10 sono state attuate in via definitiva (nel mese appena trascorso) dal Consiglio dei ministri e 16 sono ora in prima lettura (per il successivo parere delle Commissioni parlamentari o della Conferenza Stato-Regioni).
Del secondo gruppo di 50 direttive, 3 sono state recepite attraverso la legge comunitaria 2004 ed il mio obiettivo è di dare attuazione alle restanti 47 entro i primi mesi del 2006, dando priorità a quelle aventi una data di recepimento ravvicinata, come nel caso della direttiva 2003/105/CE (cd. Seveso 3) il cui schema di decreto legislativo è stato già approvato dal Consiglio dei Ministri del 24/6/2005 e verrà nei prossimi giorni sottoposto al parere di codesta Conferenza e poi al successivo parere delle competenti Commissioni Parlamentari.
Il Governo, per il mio tramite, auspica che prosegua la proficua e tempestiva collaborazione che fino ad oggi questa Conferenza, anche in sede unificata, ha sempre garantito, continuando per parte sua a tenere nel debito conto le necessità prospettate da codesto Consesso di disporre di tempi più lunghi rispetto a quelli previsti per legge (20 giorni, ai sensi dell'art. 2, co. 3 della L. 281/1997); naturalmente questa esigenza dovrà essere coordinata con l'intero procedimento e non potrà quindi non considerarsi l'ineluttabilità della scadenza del termine previsto nella delega legislativa.
Dati analitici su questa situazione, come sulle infrazioni comunitarie, sono contenuti nell'Appendice a questo mio intervento.


5. Per quanto riguarda, invece, le infrazioni comunitarie, nel corso di un incontro con la Commissione europea ho avuto occasione di parlare con il presidente Barroso, con i commissari Mccreevy e Kroes. In particolare, parlando con il commissario Mccreevy, che è il responsabile del mercato interno, ho elencato i dati relativi al recepimento accelerato che abbiamo avviato, riferendo l'intenzione di attuare subito un piano di rientro dalle infrazioni comunitarie. Come ho detto, dati specifici sono disponibili nel documento allegato a questa mia relazione.
Nei colloqui con i commissari europei ho rappresentato la possibilità che, per alcune materie, particolari situazioni interne economiche, politiche e sociali non consentono la piena attuazione di qualche direttiva. Naturalmente, tale circostanza può essere considerata accettabile solo se, nel complesso, il Paese rispetta le leggi e gli impegni europei. La difesa di una specialità, infatti, deve avvenire in via eccezionale, poiché il ricorso ad essa in via ordinaria non può essere riconosciuto da parte dell'Unione europea.
Su questo problema stiamo cercando di accelerare la soluzione; su molte di queste situazioni stiamo constatando una disponibilità degli organi comunitari a trovare delle soluzioni a condizione che una volta definita questa soluzione l'Italia, il Governo il Parlamento, le Regioni e le autonomie locali rivedano le impostazioni, in linea nei contenuti e nei termini, con l'accordo intervenuto.La realizzazione di questo obiettivo è complessa e difficile sia per i tempi delle nostre procedure sia per i problemi politici che spesso ne accompagnano la definizione.


6. Signori Presidenti, il nuovo titolo V della Costituzione rafforza il ruolo delle Regioni sia nella partecipazione alla fase ascendente sia nella fase della attuazione. Considero di fondamentale importanza ciò che le Regioni possono fare nell'ambito di quella che a me sembra l'iniziativa più importante in Europa e in Italia e cioè l'attuazione del programma di Lisbona.
Per questa ragione mi riprometto di proseguire e, ove necessario, di intensificare i rapporti di collaborazione istituzionale tra il Governo e le Regioni.
L'Europa costituisce insieme un vincolo sempre più penetrante alla nostra attività legislativa e amministrativa ed una opportunità da non perdere sia per rilanciare il nostro processo di sviluppo economico sia per migliorare la nostra legislazione e l'amministrazione del nostro Paese.
Esiste poi un problema al quale vorrei dedicassimo una certa attenzione ed è quello delle sanzioni che l'Italia subisce a seguito delle infrazioni per la mancata o irregolare esecuzione delle pronunce della Corte di Giustizia.
In virtù del particolare ordinamento istituito attraverso la stipula del Trattato di Roma, infatti, spetta solo allo Stato membro la titolarità di ultima istanza dei diritti e degli obblighi derivanti dal Trattato, anche se essi incidano su compiti e prerogative di altri livelli istituzionali.
Questo pone dei problemi di coordinamento su cui richiamo la Loro attenzione e su cui vorrei potessimo lavorare insieme.





ALLEGATO 1


1. Alla data del 23 aprile 2005, di insediamento dell'on. Giorgio La Malfa, nell'incarico di Ministro per le politiche comunitarie risultavano ancora da recepire le seguenti direttive:

- Legge comunitaria 2003
n. 8 in allegato A
Con data di scadenza della delega al 30 maggio 2005
-
n. 18 in allegato B


- Legge comunitaria 2004
n. 10 in allegato A
Con date di scadenza della delega più diluite nel tempo
-
n. 40 in allegato B




2. COMUNITARIA 2003

Tutte le deleghe conferite dal Parlamento, pur nella ristrettezza del tempo utile residuato, sono state esercitate mediante:

A) approvazione in via definitiva delle seguenti 10 direttive:

1999/63/CE

relativa all'accordo sull'organizzazione dell'orario di lavoro della gente di mare concluso dall'Associazione armatori della Comunità europea (ECSA) e dalla Federazione dei sindacati dei trasportatori dell'Unione europea (FST).
2002/84/CE

Modifica le direttive in materia di sicurezza marittima e di prevenzione dell'inquinamento provocato dalle navi
2002/73/CE

Modifica la direttiva 76/207/CEE del Consiglio relativa all'attuazione del principio della parità di trattamento tra gli uomini e le donne per quanto riguarda l'accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali e le condizioni di lavoro
2002/87/CE

Relativa alla vigilanza supplementare sugli enti creditizi, sulle imprese di assicurazione e sulle imprese di investimento appartenenti ad un conglomerato finanziario e che modifica le direttive 73/239/CEE, 79/267/CEE, 92/49/CEE, 92/96/CEE, 93/6/CEE e 93/22/CEE del Consiglio e le direttive 98/78/CE e 2000/12/CE del P.E.
2002/99/CE

Stabilisce norme di polizia sanitaria per la produzione, la trasformazione, la distribuzione e l'introduzione di prodotti di origine animale destinati al consumo umano
2003/8/CE

Intesa a migliorare l'accesso alla giustizia nelle controversie transfrontaliere attraverso la definizione di norme minime comuni relative al patrocinio a spese dello Stato in Tali controversie
2003/9/CE

Recante norme minime relative all'accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri
2003/30/CE

Sulla promozione dell'uso dei biocarburanti o di altri carburanti rinnovabili nei trasporti
2003/43/CE

del Consiglio, del 26 maggio 2003, recante modifica della direttiva 88/407/CEE che stabilisce le esigenze di polizia sanitaria applicabili agli scambi intracomunitari e alle importazioni di sperma di animali della specie bovina
2003/49/CE

del Consiglio, del 3 giugno 2003, concernente il regime fiscale comune applicabile ai pagamenti di interessi e di canoni fra società consociate di Stati membri diversi

B) approvazione in via preliminare, ai fini dell'acquisizione dei prescritti pareri delle Commissioni parlamentari e della Conferenza Stato-regioni, laddove necessario, delle seguenti 16 direttive:


2000/79/CE

del Consiglio relativa all'attuazione dell'accordo europeo sull'organizzazione dell'orario di lavoro del personale di volo nell'aviazione civile concluso da Association of European Airlines (AEA), European Transport Workers'Federation (ETF), European Cockpit Association (ECA), European Regions Airline Association (ERA) e International Air Carrier Association (IACA).
2001/86/CE

Completa lo statuto della società europea per quanto riguarda il coinvolgimento dei lavoratori
2002/44/CE
Prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (vibrazioni) (sedicesima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE)
2002/49/CE

Relativa alla determinazione e alla gestione del rumore ambientale
2002/65/CE

Concernente la commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori e che modifica la direttiva 90/619/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE e 98/27/CE
2002/74/CE
Modifica la direttiva 80/987/CEE del Consiglio concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alla tutela dei lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro
2002/59/CE

Relativa all'istituzione di un sistema comunitario di monitoraggio del traffico navale e d'informazione e che abroga la direttiva 93/75/CEE del Consiglio
2002/89/CE

Modifica la direttiva 2000/29/CE concernente le misure di protezione contro l'introduzione nella Comunità di organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali e contro la loro diffusione nella Comunità
2002/91/CE
Sul rendimento energetico nell'edilizia
2002/95/CE

Sulla restrizione dell'uso di talune sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche
2002/96/CE

Sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche
2002/98/CE

Stabilisce norme di qualità e di sicurezza per la raccolta, il controllo, la lavorazione, la conservazione e la distribuzione del sangue umano e dei suoi componenti e che modifica la direttiva 2001/83/CE
2003/4/CE

Sull'accesso del pubblico all'informazione ambientale e che abroga la direttiva 90/313/CEE del Consiglio
2003/44/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 giugno 2003, che modifica la direttiva 94/25/CE sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri riguardanti le imbarcazioni da diporto
2003/50/CE

del Consiglio, dell'11 giugno 2003, che modifica la direttiva 91/68/CEE per quanto riguarda il rafforzamento dei controlli sui movimenti di ovini e caprini
2003/108/CE
che modifica la direttiva 2002/96/CE sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE)



3. COMUNITARIA 2004

E' stato già avviato un numero cospicuo di tavoli di concertazione, dando precedenza al recepimento delle direttive il cui termine di delega è in via di prossima scadenza o che rientrano tra quelle oggetto dello scoreboard comunitario. In tale contesto, è già approvata dal Consiglio dei Ministri del 24 giugno 2005, in prima lettura, per il successivo parere della Conferenza Stato - Regioni e delle Commissioni Parlamentari, la direttiva 2003/105 CE, concernente modifiche alla direttiva 96/82 CE del Consiglio sul Controllo dei pericoli di incidenti rilevanti commessi con determinate sostanze pericolose, il cui termine di recepimento scade il prossimo 1 luglio 2005 (cd Seveso 3).
Comunque, l'obiettivo prefissato è di dare completa attuazione alle 50 direttive entro i primi mesi del 2006, tenuto conto che per le direttive di cui alla tabella B) (n. 40) i tempi procedimentali sono più lunghi, dovendosi procedere ad una doppia lettura del testo, prima e dopo l'acquisizione dei prescritti pareri parlamentari e della Conferenza Stato-regioni, ove necessario.



4. COMUNITARIA 2005

E' in atto in Parlamento la discussione del disegno di legge che, allo stato, risulta già approvata dalla Camera dei Deputati ed in attesa di annunzio al Senato per la sua seconda lettura.



5. INFRAZIONI COMUNITARIE

In merito al precontenzioso e contenzioso comunitario, si rileva che le procedure di infrazione ancora pendenti, al 20 giugno 2005, risultano essere complessivamente n. 286, così suddivise:

* n. 146 lettere di costituzione in mora;
* n. 79 pareri motivati;
* n. 39 ricorsi alla Corte di Giustizia;
* n. 7 sentenze di condanna;
* n. 8 lettere di costituzione in mora ex art. 228 Tr. per mancata esecuzione di sentenza;
* n. 5 pareri motivati ex art. 228 Tr.;
* n. 2 ricorsi ex art. 228 Tr.

E' da sottolineare, comunque, che per 70 delle 286 procedure di infrazione si attende l'archiviazione definitiva da parte della Commissione europea.

Uno strumento molto utile all'abbattimento del contenzioso comunitario sono le cosiddette "riunioni pacchetto" che, periodicamente, vengono organizzate dal Dipartimento (l'ultima si è tenuta il 16 e 17 giugno u.s.).
Attraverso queste riunioni, il Governo, rappresentato dai vari Dicasteri interessati, fornisce alla Commissione europea i chiarimenti necessari ad evitare che contestazioni già avviate arrivino allo stadio del vero e proprio contenzioso. Lo strumento si è rivelato particolarmente utile per l'acquisizione e lo scambio di informazioni sui singoli casi e per il chiarimento dei maggiori punti controversi.





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