Cons. St., Sez. consultiva per gli atti normativi, Ad. 15 dicembre 2003, n. 5014/2003 (parere)



CONSIGLIO DI STATO


Sezione Consultiva per gli Atti Normativi

Adunanza del 15 dicembre 2003

N. della Sezione: 5014/2003

OGGETTO:
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Schema di d.P.R. recante “Regolamento di organiz-zazione del Ministero delle infra-strutture e dei trasporti”.
La Sezione
Vista la relazione trasmessa con nota n. 823/NOM. del 17 novembre 2003 e pervenuta a questo Consiglio di Stato in data
24 novembre 2003, con la quale il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti chiede il parere in merito allo schema di regolamento indicato in oggetto;
Esaminati gli atti e udito il relatore ed estensore, consigliere Luigi Carbone;

PREMESSO e CONSIDERATO:
1. Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è stato istituito in data 12 giugno 2001, all’atto dell’insediamento del primo Governo successivo alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 (attuativo della legge di delega 15 marzo 1997, n. 59).
La disciplina del Ministero in questione è contenuta nel Capo IX del citato decreto legislativo e, segnatamente, negli articoli da 41 a 43 (l’articolo 44 è dedicato all’Agenzia dei trasporti terrestri e delle infrastrutture). Gli articoli 42 e 43, come si vedrà infra, al punto 6, sono stati oggetto di una rilevante novella ad opera del decreto legislativo 12 giugno 2003, n. 152, in attuazione dell’ampia delega di cui all’articolo 1 della legge 6 luglio 2002, n. 137, che ha riaperto i termini della delega di cui alla legge n. 59 del 1997, ribadendone i principî e i criteri direttivi.
Come è noto, nell’unica struttura organizzativa del nuovo Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sono confluite le funzioni dello Stato precedentemente attribuite al Ministero dei lavori pubblici non conferite al Ministero per l’ambiente e per la tutela del territorio; quasi tutte le funzioni del Ministero dei trasporti e della navigazione, nonché quelle del Dipartimento per le aree urbane, già istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Come è stato osservato anche in sede dottrinale, la riunificazione riflette l’evoluzione delle funzioni statali in materia di territorio. Il Ministero dei trasporti e delle infrastrutture è, infatti, uno dei due dicasteri – l’altro è quello, per certi versi “complementare”, dell'ambiente e della tutela del territorio – cui la riforma del 1999 assegna la definizione e la gestione, a livello statale, delle politiche del territorio del nostro Paese in luogo dei precedenti tre ministeri dell’ambiente, dei lavori pubblici e dei trasporti.

2. La scelta di distribuire tra due ministeri le funzioni statali relative al territorio, distinguendo i profili della tutela ambientale da quelli relativi a infrastrutture e trasporti, si pone in linea con l’esperienza della maggior parte dei grandi Paesi europei.
Anche in Germania e in Spagna, infatti, si riscontra una ripartizione delle competenze in materia di territorio su due Ministeri, con l’accorpamento delle politiche dei trasporti e delle infrastrutture, mentre l’ambiente rappresenta l’unico elemento su cui si incentra la tutela del territorio.
Nella Repubblica federale tedesca, il Bundesumweltministerium è competente per la tutela dell’ambiente mentre le materie dei trasporti, delle costruzioni e dell’edilizia abitativa sono attribuite al Bundeministerium für Verkehr, Bau- und Wohnungswesen.
In Spagna esiste da un lato il Ministerio de Medio Ambiente e dall’altro il Ministerio de fomento che – diversamente dagli altri Paesi esaminati – si occupa, oltre che di trasporti, edilizia e urbanistica, anche di poste e telecomunicazioni.
Un modello in parte analogo è quello francese, che però affianca in un solo Ministero alla materia ambientale quella della gestione del territorio: si tratta del Ministère de l’Aménagement du Territoire et de l’Environnement, che si occupa appunto di pianificazione del territorio e di ambiente. Una diversa struttura, il Ministère de l’Equipement, des Transports et du Logement, è invece competente per le infrastrutture, i trasporti e l’abitazione.
In senso difforme dai sistemi continentali si pone il Regno Unito, in cui un unico dicastero si occupa di ambiente, trasporti, edilizia abitativa, lavori pubblici e politiche governative regionali: si tratta del Department of the Environment, Transport and Region.
In nessuno dei grandi Paesi dell’Unione Europea esiste dunque, in quest’area, una ripartizione di competenze tra più di due Ministeri, come invece è accaduto in Italia sino al 2001.

3. Anche nel nostro Paese, l’ipotesi di ripartizione di competenze accolta è, oggi, quella che distingue tra un ministero responsabile delle trasformazioni territoriali, funzionali all’attività umana e allo sviluppo sociale ed economico del Paese, e un ministero responsabile della tutela delle risorse territoriali contro le trasformazioni che possano pregiudicarne la conservazione o gli usi “sostenibili” di lungo periodo. Tale ipotesi si fonda sulla distinzione tra territorio come insieme di risorse naturali (aria, acqua e suolo) che le attività umane devono usare senza comprometterne una preservazione ottimale e territorio come spazio, sul quale si “appoggiano” le attività umane produttive, residenziali e di servizio, legate tra loro da relazione di distanza-vicinanza che ne condiziona l’assetto. Il coordinamento tra “trasformazione” e “tutela” viene assicurato ex ante dalle linee di assetto territoriale, definite prevalentemente dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ed ex post dalla compatibilità ambientale, verificata prevalentemente dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio.
L’alternativa al modello scelto dal decreto legislativo n. 300 del 1999 era, a non voler lasciare immutato il quadro preesistente, quella di concentrare in un unico dicastero il complesso delle competenze sopra descritte, considerandolo un tutto inscindibile, passando per la difesa del suolo e l’edilizia urbana. L’opzione per un assetto organizzativo “a due ministeri” trova invece fondamento nella valutazione – prevalente, come si è visto, tra i grandi Paesi europei – secondo la quale le funzioni pubbliche in materia di territorio non sono inscindibili, ma anzi si articolano in due blocchi ben definiti, entrambi facenti capo all’amministrazione statale: il primo relativo agli interventi finalizzati allo sviluppo infrastrutturale e alla mobilità sul territorio, rispetto al quale il territorio è visto come l’oggetto di detti interventi, e l’altro relativo alla preservazione e alla corretta gestione del territorio secondo parametri di sostenibilità, in cui il territorio si configura come bene ambientale.
A questi due blocchi corrispondono due gruppi di rilevanti interessi pubblici, che lo Stato deve garantire insieme con regioni e autonomie locali: questi due gruppi di interessi pubblici – è stato osservato – si presentano non di rado come potenzialmente confliggenti. Di fronte all’esistenza di un dualismo di funzioni e di compiti, la scelta di incardinarne lo svolgimento in due diverse strutture ministeriali è stata ritenuta preferibile sotto un duplice profilo:
- quello politico, della dialettica fra soggetti portatori dei diversi interessi pubblici in gioco, che così assume un livello istituzionale piuttosto che mantenersi ad un livello endoministeriale, in buona parte privo di pubblicità;
- quello organizzativo – che è peraltro strettamente attinente allo schema in oggetto –, poiché risponde a principî di buona amministrazione dedicare ogni struttura amministrativa al perseguimento di un unico interesse primario, o di più interessi tra loro compatibili, piuttosto che alla continua ricerca di un equilibrio tra interessi tra loro ontologicamente confliggenti, quali sarebbero stati quelli della tutela e dell’utilizzo del territorio. In questo modo, come è stato affermato, si ha il vantaggio di costruire strutture ministeriali incentrate ciascuna su un blocco ben definito di funzioni omogenee e dunque di identificare con nettezza la “missione” di ciascun Ministero.
Dalla descritta bipartizione non consegue, però, un frazionamento delle funzioni attinenti ai rapporti con il territorio. Anzi, nell’assetto disegnato dalla riforma esse rimangono strettamente complementari, poiché ad entrambi i Ministeri spetta, per le materie di propria competenza, un ruolo nella identificazione delle linee fondamentali dell’assetto del territorio nazionale.
Ciò trova riscontro nel dettato del d.lgs. n. 300 del 1999, nella sua versione iniziale: l’art. 35 indicava come una delle funzioni “generaliste” del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio quella della “identificazione delle linee fondamentali dell’assetto del territorio con riferimento ai valori naturali e ambientali”, laddove l’art. 41, riguardo al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, indicava quella della “identificazione delle linee fondamentali dell’assetto del territorio con riferimento alle reti infrastrutturali e al sistema delle città e delle aree metropolitane”.
Questo stretto rapporto di parallelismo e di complementarietà è stato in parte stemperato dalle successive modifiche al d.lgs. n. 300 del 1999 apportate, in momenti diversi e quindi senza una visione complessiva delle innovazioni, dal d.lgs. n. 287 del 6 dicembre 2002 e dal citato d.lgs. n. 152 del 2003. Tali interventi hanno modificato, rispettivamente, la disciplina relativa al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio (articoli da 35 a 37, oltre a novellare anche gli articoli 3 e 6 della parte generale) e al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (modificando gli articoli 42 e 43).
In particolare, il d.lgs. n. 287 del 2002, nel sostituire integralmente il comma 2 dell’articolo 35 del d.lgs. n. 300, ha fatto completamente venir meno, in capo al Ministero dell’ambiente, la funzione generale di “identificazione delle linee fondamentali dell’assetto del territorio con riferimento ai valori naturali e ambientali”, senza neppure sostituirla con una funzione di tipo “orizzontale” a questa assimilabile.
Il d.lgs. n. 152 del 2003, invece, non è intervenuto sull’articolo 41 del testo originario del d.lgs. n. 300 ed ha quindi conservato, in capo al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, la funzione in qualche modo parallela di “identificazione delle linee fondamentali dell’assetto del territorio con riferimento alle reti infrastrutturali e al sistema delle città e delle aree metropolitane”.
La modificazione del comma 2 dell’articolo 35 del d.lgs. n. 300 del 1999 e la conseguente ricaduta sulle funzioni del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio hanno, però, un riflesso solo relativo ai fini dell’esame dello schema in oggetto, tutto incentrato sul Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

4. Come è stato correttamente osservato da autorevole dottrina con specifico riguardo alle nuove competenze del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, un aspetto fortemente caratterizzante del nuovo assetto è la istituzionalizzazione, nella definizione della missione del nuovo Ministero, del concetto di “rete infrastrutturale”, contenuto nell’art. 41, comma 2, del d.lgs. n. 300 del 1999, non modificato dalla novella del 2003 ma, anzi, potenziato nella sua portata sostanziale dalle aggiunte al successivo articolo 42. Questo concetto appare del tutto innovativo nella sistematica dell’organizzazione delle amministrazioni centrali dello Stato e ha consentito di compiere una duplice, essenziale operazione.
Da un lato, ha permesso di ricondurre a razionalità ed unità la ricordata, sostanziale unificazione del Ministero dei lavori pubblici con quello dei trasporti, identificando ed espungendo una parte di competenze dei lavori pubblici in qualche modo estranee al concetto di “rete infrastrutturale”, in cui è prevalente la “missione” di tutela del territorio: competenze come la difesa del suolo, la tutela delle acque e delle risorse idriche, che sono confluite nel Ministero dell’ambiente e, appunto, della tutela del territorio. Ciò ha consentito, d’altro canto, di far venir meno antiche “debolezze” strategiche del sistema italiano dovute alla frammentazione delle competenze (si pensi, ad esempio, alla impossibilità di svolgere, sino al 2001, una politica unitaria – anche nella programmazione delle reti infrastrutturali – per il trasporto su gomma, condizionato dalle funzioni dei lavori pubblici sulle strade, e per quello su rotaia, rientrante invece nella materia dei trasporti).
Dall’altro, ha consentito di mantenere in capo al nuovo Ministero rilevanti competenze in materia di territorio, certamente ben al di là di quanto sarebbe stato possibile se esso si fosse dovuto limitare ad occuparsi delle infrastrutture in quanto tali, indipendentemente dalla loro connessione in sistema e in rete.
Non a caso, infatti, il richiamato comma 2 fonda sul riferimento alle “reti infrastrutturali” e al “sistema delle città e delle aree metropolitane” l’attribuzione in capo a questo Ministero delle funzioni e dei compiti spettanti allo Stato in “materia di identificazione delle linee fondamentali dell’assetto del territorio”. Il richiamo alle reti viene ribadito, nella descrizione delle aree funzionali del Ministero, dall’articolo 43, non soltanto dalla lettera a) (che parla di “programmazione, finanziamento, realizzazione e gestione delle reti infrastrutturali di interesse nazionale”, in un testo che è ancora quello risalente al 1999), ma anche alle nuove lettere d-ter) e d-quater) introdotte dal d.lgs. n. 152 del 2003, ove si parla, rispettivamente, di “pianificazione delle reti, della logistica e dei nodi infrastrutturali di interesse nazionale” e di “politiche dell’edilizia concernenti anche il sistema delle città e delle aree metropolitane”.

5. Su questo assetto, sia sostanziale che organizzativo, è venuta ad incidere, prevalentemente sul primo profilo, ma con evidenti riflessi anche sul secondo, la riforma del Titolo V della seconda parte della Costituzione di cui alla legge costituzionale n. 3 del 18 ottobre 2001. Con particolare riguardo al settore in esame, il comma 3 dell’articolo 117 pone, come è noto, tra le materie di legislazione concorrente dello Stato e delle Regioni il “governo del territorio” e le “grandi reti di trasporto e di navigazione”, oltre che i “porti e aeroporti civili”.
Questo nuovo riparto delle funzioni normative – che ha lasciato comunque in capo allo Stato la “determinazione dei principî fondamentali della materia” – non ha impedito la conservazione di rilevanti funzioni amministrative in capo allo Stato e, quindi, al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che su queste materie è la struttura competente ai sensi del d.lgs. n. 300 del 1999.
Di particolare importanza, per l’analisi del riparto in questione, è la recente giurisprudenza della Corte Costituzionale e, in particolare, la sentenza n. 303 del 1° ottobre 2003, relativa alla cd. “legge obiettivo” del 21 dicembre 2001, n. 443, di delega al Governo in materia di infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici.
La sentenza in questione afferma che – pur se il nuovo art. 117 Cost. distribuisce le competenze legislative operando un “rovesciamento completo della previgente tecnica del riparto”, secondo uno schema ora imperniato sulla enumerazione delle competenze statali – limitare l’attività unificante dello Stato alle sole materie espressamente attribuitegli in potestà esclusiva o alla determinazione dei principî nelle materie di potestà concorrente “vorrebbe anche dire svalutare oltremisura istanze unitarie che pure in assetti costituzionali fortemente pervasi da pluralismo istituzionale giustificano, a determinate condizioni, una deroga alla normale ripartizione di competenze”, sui modelli della legislazione concorrente dell’ordinamento costituzionale tedesco (Konkurrierende Gesetzgebung) o della clausola di supremazia nel sistema federale statunitense (Supremacy Clause).
Secondo la Corte, quindi, anche nel nostro sistema costituzionale “sono presenti congegni volti a rendere più flessibile un disegno che, in ambiti nei quali coesistono, intrecciate, attribuzioni e funzioni diverse, rischierebbe di vanificare, per l’ampia articolazione delle competenze, istanze di unificazione presenti nei più svariati contesti di vita, le quali, sul piano dei principî giuridici, trovano sostegno nella proclamazione di unità e indivisibilità della Repubblica”. Uno di questi elementi di flessibilità è rinvenuto nell’art. 118, comma 1, Cost., il quale si riferisce esplicitamente alle funzioni amministrative, ma – secondo la citata sentenza n. 303 – introduce per queste “un meccanismo dinamico che finisce col rendere meno rigida la stessa distribuzione delle competenze legislative, là dove prevede che le funzioni amministrative, generalmente attribuite ai Comuni, possano essere allocate ad un livello di governo diverso per assicurarne l’esercizio unitario, sulla base dei principî di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza”. Da ciò la Consulta fa discendere “un’attitudine ascensionale” del principio di sussidiarietà, con conseguenze non soltanto sul piano del riparto di compiti amministrativi, ma anche sull’esercizio della funzione legislativa, “giacché il principio di legalità, il quale impone che anche le funzioni assunte per sussidiarietà siano organizzate e regolate dalla legge, conduce logicamente ad escludere che le singole Regioni, con discipline differenziate, possano organizzare e regolare funzioni amministrative attratte a livello nazionale e ad affermare che solo la legge statale possa attendere a un compito siffatto”.
Naturalmente, la Corte rinviene una serie di limiti a questa “capacità ascensionale” della sussidiarietà, affermando che una deroga al normale riparto di competenze legislative contenuto nel Titolo V è giustificabile “solo se la valutazione dell’interesse pubblico sottostante all’assunzione di funzioni regionali da parte dello Stato sia proporzionata, non risulti affetta da irragionevolezza alla stregua di uno scrutinio stretto di costituzionalità, e sia oggetto di un accordo stipulato con la Regione interessata”, secondo “il principio dell’intesa” tra Stato e Regioni. Tale principio, infatti, attiva “una vocazione dinamica della sussidiarietà, che consente ad essa di operare non più come ratio ispiratrice e fondamento di un ordine di attribuzioni stabilite e predeterminate, ma come fattore di flessibilità di quell’ordine in vista del soddisfacimento di esigenze unitarie”.
Ciò fonda “una concezione procedimentale e consensuale della sussidiarietà e dell’adeguatezza”, poiché – ad avviso della Corte Costituzionale – l’esigenza di esercizio unitario che consente di attrarre, insieme alla funzione amministrativa, anche quella legislativa, “può aspirare a superare il vaglio di legittimità costituzionale solo in presenza di una disciplina che prefiguri un iter in cui assumano il dovuto risalto le attività concertative e di coordinamento orizzontale, ovverosia le intese, che devono essere condotte in base al principio di lealtà”.

6. Del quadro di fondo sopra descritto e delle novità intervenute deve tener conto la disciplina organica dell’organizzazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
Tale disciplina è stata disposta per la prima volta, in concomitanza con la creazione del Ministero, dal d.P.R. 26 marzo 2001, n. 177, su cui si è pronunciata a suo tempo questa Sezione con il parere n. 24/2001 reso dall’adunanza del 12 febbraio 2001. Tale regolamento è entrato in vigore contemporaneamente alle norme del d.lgs. n. 300 del 1999 che hanno disposto la costituzione stessa del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
Come si è accennato retro, al punto 1, successivamente all’ampia riapertura delle deleghe di cui alla legge n. 59 del 1997 è stato emanato, per la specifica materia delle infrastrutture e dei trasporti, il d.lgs. n. 152 del 2003, che da un lato ha integrato la descrizione delle competenze del Ministero e il loro raggruppamento in aree funzionali di cui all’art. 42, dall’altro ha modificato profondamente l’articolo 43 introducendo, tra l’altro, un numero massimo di direzioni generali e, soprattutto, ricostituendo una rete periferica propria del Ministero, laddove il d.lgs. n. 300 del 1999 aveva disposto che il Ministero si avvalesse degli uffici territoriali del governo, oltre che delle capitanerie di porto.
Sono stati, così, istituiti a livello sovraregionale, dieci “Servizi integrati infrastrutture e trasporti” (d’ora in avanti S.I.I.T.), ciascuno articolato in due settori, relativi, rispettivamente, all’area infrastrutture e all’area trasporti.
Di particolare rilievo appare, infine, il preambolo del d.lgs. n. 152 del 2003, il quale integra e in qualche modo “aggiorna” la missione del Ministero (anche a seguito della riforma del Titolo V) affermando la “esigenza di organizzare il nuovo Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, attraverso un centro di propulsione che assicuri il coordinamento delle complesse materie nelle quali si articola, nell’ottica della pianificazione, della vigilanza e della tutela della sicurezza, prodromiche alle scelte di alta amministrazione”.
Il medesimo d.lgs. n. 152 del 2003 dispone, conseguentemente, che il Governo provveda, con decreto del Presidente della Repubblica, alla riorganizzazione del Ministero, oggetto dello schema in esame.

7. A conclusione della descrizione del contesto ordinamentale in cui si inserisce lo schema, emerge un quadro che enfatizza il ruolo del nuovo Ministero delle infrastrutture e dei trasporti come struttura di indirizzo, di “coordinamento”, di “propulsione” (come ribadito dal d.lgs. n. 152 del 2003), soprattutto nella pianificazione e nella realizzazione delle grandi reti infrastrutturali nazionali, in una sempre maggiore integrazione delle competenze tipiche della materia dei “lavori pubblici” e di quelle tipiche della materia dei “trasporti” nell’ottica unitaria degli interventi sull’assetto del territorio.
Contestualmente, appare, altresì, rafforzata l’esigenza di una necessaria collaborazione con le Regioni nell’espletamento di tali compiti, anche se ciò può avvenire, come chiarito dalla Corte Costituzionale – incidendo soprattutto sulla disciplina procedimentale delle materie in oggetto, di cui però la struttura organizzativa statale dovrà comunque tener conto.
Nel quadro della progressiva integrazione dei servizi infrastrutturali e dei trasporti si inserisce anche la recente creazione, con norma di rango primario, dei S.I.I.T.; peraltro, in relazione alla ricordata funzione di indirizzo e propulsione del Ministero, la ricostituzione di un articolato sistema periferico ad hoc sul territorio, in presenza di una espressa disciplina di rango legislativo che fa formalmente salve le competenze regionali e locali, dovrà attuare i principi e le disposizioni ivi contenute, ferma restando la necessità di verificare costantemente la “tenuta” del nuovo assetto organizzativo alla sua prova pratica, anche alla stregua dei necessari aggiustamenti procedimentali di cui si è detto retro, al punto 5.
In particolare, ad avviso di questo Consiglio di Stato, nel monitorare il funzionamento del nuovo assetto organizzativo andrà valutata la adeguatezza della struttura a tali nuove funzioni propulsive, evitando il rischio che l’oggettivo rafforzamento della struttura centrale crei, a livello sostanziale, sovrapposizioni o addirittura riacquisizioni di competenze ormai devolute, sotto il profilo normativo o sotto quello amministrativo, ad altri soggetti (Regioni, agenzie o altri enti). Tale finalità potrà, altresì, essere realizzata enfatizzando sempre gli aspetti di interconnessione tra i vari servizi e di responsabilità sulle “reti infrastrutturali” che appartiene alla missione più profonda del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

8. Come rilevato anche dalla riferente Amministrazione, i principali profili di innovatività dello schema sono almeno tre: la definizione di nuovi ambiti delle aree funzionali; la nuova articolazione dei quattro Dipartimenti (numero già fissato dal d.lgs. n. 300 del 1999) composti da sedici direzioni generali, rispetto alle diciannove previste dal precedente d.P.R. n. 177 del 2001 (alle sedici direzioni vanno, però, aggiunti quattro “uffici di funzioni di livello dirigenziale generale”, per un totale di venti strutture organizzative ministeriali di livello dirigenziale generale, e di quattro posti-funzione, sempre di prima fascia, per incarichi di consulenza, studio e ricerca, prima non previsti); la disciplina della struttura organizzativa dei S.I.I.T. e la loro articolazione territoriale.
Lo schema di regolamento governativo in esame si compone di diciassette articoli, ripartiti in cinque Capi:
- organizzazione del Ministero (artt. 1-2, che riguardano, rispettivamente, l’organizzazione centrale e decentrata in generale e la conferenza permanente dei capi dei Dipartimenti);
- attribuzioni dei Dipartimenti (art. 3, che descrive le aree funzionali);
- articolazione dei Dipartimenti (artt. 4-7, che descrivono la specifica articolazione di ciascuno dei quattro Dipartimenti del Ministero, e art. 8, che si occupa del Comando generale del Corpo delle capitanerie di porto);
- amministrazione decentrata (artt. 9-11, relativi alla distribuzione territoriale dei S.I.I.T., alle loro competenze e alla loro organizzazione);
- dotazione organica e norme finali (artt. 12-17).
I Dipartimenti in cui si articola il Ministero restano, come si è detto, quattro come già dal 2001; ad essi si aggiungono, per la parte relativa all’espletamento dei compiti del Ministero, la struttura, centrale e periferica, delle capitanerie di porto e la nuova articolazione periferica nei dieci Servizi integrati infrastrutture e trasporti (S.I.I.T.). La denominazione di tre Dipartimenti su quattro presenta modificazioni, anche se non sostanziali, rispetto a quella vigente dal 2001; come si è detto, la ripartizione in direzioni generali vede una riduzione da diciannove a sedici:
1) Dipartimento per il coordinamento dello sviluppo del territorio, il personale ed i servizi generali (in luogo della precedente denominazione “per il coordinamento dello sviluppo del territorio, per le politiche del personale e gli affari generali”), suddiviso in cinque direzioni generali più un ufficio di funzioni di livello dirigenziale generale rispetto alle attuali sette;
2) Dipartimento per le infrastrutture e l’edilizia (in luogo della precedente denominazione “per le opere pubbliche e per l’edilizia”), suddiviso in quattro direzioni generali (come già dal 2001) più un ufficio di funzioni di livello dirigenziale generale;
3) Dipartimento per la navigazione e il trasporto marittimo e aereo (denominazione rimasta immutata rispetto al 2001), suddiviso in tre direzioni generali (come già dal 2001) più un ufficio di funzioni di livello dirigenziale generale;
4) Dipartimento per i trasporti terrestri (da cui scompare l’ulteriore parte del titolo “e per i sistemi informativi e statistici”), suddiviso in quattro direzioni generali più un ufficio di funzioni di livello dirigenziale generale rispetto alle attuali cinque.
Nonostante la riduzione del numero di direzioni generali, la dotazione organica dei dirigenti di prima fascia risulta invariata rispetto a quella contemplata dal precedente regolamento di organizzazione (57 unità), e viene ora rimodulata come segue:
- 4 capi Dipartimento;
- 1 direttore generale del S.I.I.T. Lazio e Abruzzo;
- 1 Presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici;
- 6 Presidenti di Sezione del Consiglio superiore dei lavori pubblici;
- 1 componente del collegio di direzione del servizio di controllo interno;
- 16 direttori generali;
- 4 dirigenti di uffici di funzioni di livello dirigenziale generale;
- 4 incarichi di consulenza, studio e ricerca;
- 20 direttori dei S.I.I.T..

Lo schema non si occupa anche del riordino del Consiglio superiore dei lavori pubblici, pure previsto dal comma 2-septies), lettera b), dell’articolo 43 del d.lgs. n. 300 del 1999 come introdotto nel 2003. Anche se la disciplina primaria consente un intervento non contestuale a quello qui in esame, non può non raccomandarsi all’Amministrazione che tale ulteriore intervento avvenga, in ogni caso, al più presto, vista la necessità di una sollecita “messa a regime” della disciplina nella sua completezza.

9. Va, preliminarmente, rilevata l’esistenza di una serie di osservazioni provenienti dalle rappresentanze sindacali, delle quali si darà conto infra, in riferimento agli specifici punti dell’articolato esaminati.
Sempre in via preliminare, si rileva come lo schema abbia ricevuto il parere favorevole dei dicasteri dell’economia e della funzione pubblica, pur se non ha recepito nella sostanza due rilievi avanzati da quest’ultimo. Il primo rilievo concerne la dotazione organica dei dirigenti di prima fascia, che risulta invariata rispetto al precedente regolamento di organizzazione (le 57 unità sopra elencate), ma sarebbe eccessiva rispetto al contingente necessario a ricoprire i posti di funzione di livello dirigenziale generale, di numero alquanto inferiore. Il secondo rilievo riguarda sempre gli incarichi non connessi con posti di funzione di livello dirigenziale e tra questi, in particolare, i quattro incarichi di consulenza, studio e ricerca per i quali lo schema di regolamento prevede la prima fascia dirigenziale: tale tipo di incarico, precisa la funzione pubblica, potrebbe invece essere attribuito anche a dirigenti di seconda fascia.
Di tali obiezioni si dà carico una nota del Dipartimento per il coordinamento dello sviluppo del territorio – direzione generale per le politiche del personale e gli affari generali – in data 9 dicembre 2003, successiva alla presentazione dello schema. Quanto alla seconda osservazione, relativa alla concentrazione nella prima fascia dirigenziale dei quattro incarichi di consulenza, studio e ricerca, il Ministero afferma che “pur nella consapevolezza dell’assoluta pertinenza delle osservazioni mosse, la limitazione in questione è stata valutata in termini di opportunità”. Di tenore non dissimile è la risposta al primo rilievo, poiché il rinvio che il Ministero opera alla relazione tecnica si limita a confermare, anche in questo caso, il rispetto formale del principio della invarianza della spesa e il mancato aumento di organico rispetto al regolamento emanato in sede di prima attuazione della riforma quale sommatoria delle rispettive dotazioni dei Ministeri soppressi ivi confluiti.
La Sezione è dell’avviso che i rilievi della funzione pubblica appaiono pertinenti, come riconosciuto dallo stesso Ministero riferente.
In particolare, la Sezione osserva che lo sviluppo di sinergie derivanti dalla messa a regime, dopo oltre due anni, dell’accorpamento dei due Ministeri, il progressivo trasferimento di competenze alle Regioni e agli enti locali, la reintroduzione con il d.lgs. n. 152 del 2003 di una struttura periferica propria del Ministero avrebbero potuto, in teoria, comportare una più consistente riduzione del numero delle direzioni generali e, quantomeno, una riduzione del numero dei posti dirigenziali di prima fascia mantenutosi nel tempo e formalmente consentito come contingente massimo. Ciò vale, soprattutto (come evidenziato anche dalla funzione pubblica), con riferimento a quelli ai quali non sia affidata la titolarità di una direzione generale, ovvero ai quattro “uffici di funzioni di livello dirigenziale generale” ulteriori rispetto alle direzioni generali e ai quattro posti-funzione, tutti sempre di livello dirigenziale generale, per incarichi di consulenza, studio e ricerca.
Ciò premesso, poiché i rilievi anzidetti attengono al profilo dell’opportunità e non a quello della legittimità e stante la dichiarazione dell’Amministrazione competente, di concerto con quella dell’economia, che lo schema in oggetto non comporta aggravio di spesa, la questione va rimessa alla responsabile valutazione del Ministero riferente.

10. Passando all’esame dell’articolato, va osservato quanto segue.
L’articolo 1 dello schema (rubricato “Organizzazione centrale e decentrata”) descrive in generale la struttura ministeriale suddivisa in quattro dipartimenti, articolati in sedici direzioni generali (comma 2) e in quattro uffici di livello dirigenziale generale, cui si aggiungono i sopra citati quattro incarichi con funzioni ispettive, di consulenza, studio e ricerca (comma 3).
Della opportunità di modificare la denominazione del secondo Dipartimento, quello per le infrastrutture e l’edilizia (comma 2, lettera b) dell’articolo 1) si dirà infra, al punto 14.
Il primo periodo del comma 3 dispone che, oltre ai quattro Dipartimenti articolati in sedici direzioni generali, “il Ministero è, altresì, articolato in 4 uffici di livello dirigenziale generale, uno per ciascun Dipartimento, collocati in posizione di staff al Capo Dipartimento, cui sono preposti dirigenti generali nominati ai sensi dell’art. 19, comma 4 del decreto legislativo n. 165 del 2001”.
La distinzione tra “direzioni generali” e “uffici di livello dirigenziale generale” nell’ambito di un Dipartimento ministeriale non appare del tutto chiara in via di principio, poiché l’articolo 5 del d.lgs. n. 300 del 1999, che reca la disciplina generale dei Dipartimenti nel quadro della riforma dei Ministeri, si limita ad affermare che “il capo del dipartimento svolge compiti di coordinamento, direzione e controllo degli uffici di livello dirigenziale generale compresi nel dipartimento stesso” (comma 3) e che “dal capo del dipartimento dipendono funzionalmente gli uffici di livello dirigenziale generale compresi nel dipartimento stesso” (comma 4). L’impostazione generale del modello organizzativo dipartimentale introdotto dal d.lgs. n. 300 del 1999 non opera, quindi, tale distinzione, limitandosi ad utilizzare il termine “uffici di livello dirigenziale generale” in via generica e tendenzialmente equivalente a “direzioni generali”. La scelta di tale modello – rispetto a quello, alternativo, caratterizzato da un segretario generale e in cui le direzioni generali costituiscono le strutture di primo livello (articolo 3, comma 2, del decreto legislativo n. 300 del 1999) – implica la configurazione del dipartimento come struttura autonoma e autosufficiente, con una propria “missione” affidatagli e determinata in base alle disposizioni di legge e regolamentari e agli indirizzi del Ministro. Per il perseguimento di tale missione, o policy, al dipartimento è conferita una serie molto ampia di attribuzioni, esercitate in modo organico e integrato, concentrando funzioni finali e strumentali per consentire, appunto, una almeno tendenziale “autosufficienza” del dipartimento, all’interno del quale sono quindi allocati non soltanto gli uffici “di line”, ma anche i servizi cd. strumentali di supporto (come, ad esempio, quello del personale o quello del bilancio).
In questo contesto, che conserva una certa flessibilità senza introdurre distinzioni formali tra le strutture organizzative all’interno dei dipartimenti, il d.lgs. n. 152 del 2003, nel novellare l’articolo 43, comma 2, dispone che “il Ministero si articola in un numero non superiore a 16 direzioni generali e in uffici di funzioni dirigenziali di livello generale”, trasformando quindi, almeno per il Ministero in questione, gli “uffici di livello dirigenziale” nell’ambito del dipartimento da un concetto generale – comprensivo se non equivalente a quello di “direzioni generali” – ad uno specifico, espressamente distinto dalle direzioni generali medesime, tanto che non viene fissato il numero massimo di tali uffici.
L’applicazione di questa disposizione di rango legislativo non può, però, non tener conto dei principî generali relativi all’organizzazione dei Ministeri. In particolare, appare non in linea con tali principî il concetto di “posizione di staff al capo dipartimento” in cui collocare i suddetti uffici di prima fascia. Se è ovvio, infatti, che ciascun capo dipartimento debba dotarsi di un ufficio e di una segreteria adeguati allo svolgimento degli onerosi compiti che gli sono affidati, non sembra invece possibile configurare, nell’attuale ordinamento, un modello organizzativo di “staff” del capo del dipartimento, incardinato in un ufficio di livello dirigenziale generale, secondo un sistema che la fonte primaria riserva agli uffici di diretta collaborazione dei Ministri (art. 7 del d.lgs. n. 300 del 1999). Inoltre, tale collocazione sembra poter alterare, in qualche modo, il rapporto che il capo dipartimento deve avere con tutti gli “uffici di livello dirigenziale generale” compresi nel suo dipartimento ai sensi dell’articolo 5, commi 3 e 4, del d.lgs. n. 300 del 1999, rapporto che include testualmente anche le funzioni “di coordinamento, direzione e controllo”.
In ogni caso, anche a voler mantenere una peculiare struttura denominata “ufficio di livello dirigenziale generale” e distinta dalle direzioni generali, l’inciso “collocati in posizione di staff al Capo Dipartimento” dovrà essere espunto dal comma 3, così come dal secondo periodo del comma 4. Appare, invece, coerente con il perseguimento della, almeno tendenziale, “autosufficienza” di ciascun dipartimento affidare agli uffici in questione compiti relativi ai servizi strumentali o agli “affari generali” di ciascun dipartimento, oltre ad altri compiti specifici (da indicare espressamente nel testo del regolamento), o di coordinamento, o ancora temporanei, individuati dal capo del dipartimento e affidati caso per caso, come peraltro in parte già disposto dal comma 4, primo periodo, dell’articolo 1 dello schema.
L’eventuale mantenimento della figura in questione impone, poi, un’opera di coordinamento di tipo terminologico. Innanzitutto, si rileva come il dettato del d.lgs. n. 152 del 2003 (che parla di “uffici di funzioni dirigenziali di livello generale”) appaia, nella forma, recepito in modo lievemente diverso (e probabilmente più appropriato) dallo schema, che parla, in aderenza al dettato generale dell’art. 5 del d.lgs. n. 300 del 1999, di “uffici di livello dirigenziale generale”.
Inoltre, occorre coordinare il ricorso al termine “ufficio di livello dirigenziale generale” di cui all’articolo 1, comma 3 – nell’accezione di struttura distinta dalla direzione generale, in attuazione del d.lgs. n. 152 del 2003 – con l’uso dell’identico termine nel resto dell’articolato dello schema, nella diversa e più generale accezione contenuta, come si è detto, nella descrizione generale dell’art. 5 del d.lgs. n. 300, la quale ricomprende tutte le strutture organizzative in cui si articolano i dipartimenti ai sensi del d.lgs. n. 152 del 2003, ovvero sia le direzioni generali che gli “uffici di funzioni dirigenziali di livello generale”. Infatti, l’attuale versione degli articoli 4, 5, 6 e 7, ciascuno relativo ad un Dipartimento del Ministero, prevede, al comma 1 di ciascuno di tali articoli, che il Dipartimento “è articolato nei seguenti uffici di livello dirigenziale generale”, ma passa poi ad elencare soltanto le singole direzioni generali, senza più far cenno agli uffici di cui al primo periodo del comma 3. Ove si decidesse di mantenere, con funzioni in parte diverse, gli uffici in questione, dovrebbero necessariamente essere indicati anch’essi, semmai con una particolare denominazione, tra gli “uffici di livello dirigenziale generale” in cui si articola ciascun Dipartimento, poiché gli stessi, anche se formalmente diversi da una “direzione generale”, costituiscono pur sempre una unità organizzativa e non un mero posto-funzione.
Per questo stesso motivo non sarebbe, invece, sufficiente modificare, sempre ai commi 1 degli articoli 4, 5, 6 e 7, la dizione “uffici di livello dirigenziale generale” in “direzioni generali”, conservando l’attuale elencazione dello schema limitata alle sole direzioni generali di ciascun Dipartimento. Difatti, come si è detto, l’art. 5 del d.lgs. n. 300 del 1999 prevede un ruolo di direzione del capo del dipartimento su tutte le strutture in cui esso si articola (strutture denominate genericamente “uffici di livello dirigenziale generale” dallo stesso art. 5): e siccome gli “uffici” in parola costituiscono comunque, come si è detto, un’articolazione strutturata del Dipartimento, nella specifica descrizione di quest’ultimo va dato conto della loro esistenza e denominazione.

11. Il secondo periodo del comma 3 dell’articolo 1 individua “quattro incarichi con funzioni ispettive, di consulenza, studio e ricerca o altri incarichi specifici ai sensi dell’art. 19, comma 10, del decreto legislativo n. 165 del 2001 di cui uno finalizzato al coordinamento e al monitoraggio delle politiche sulla sicurezza dei trasporti e delle infrastrutture ed uno finalizzato alle politiche culturali connesse alla realizzazione delle infrastrutture”.
Questa Sezione ha già avuto modo di osservare, sia pure in relazione ad una fattispecie diversa (cfr. il parere n. 696/03 del 24 marzo 2003, relativo alla riforma del regolamento di organizzazione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio), che la richiamata norma dell’articolo 19, comma 10, del decreto legislativo n. 165 del 2001 – la quale, a seguito della sostituzione di cui alla legge n. 145 del 2002, dispone che “I dirigenti ai quali non sia affidata la titolarità di uffici dirigenziali svolgono, su richiesta degli organi di vertice delle amministrazioni che ne abbiano interesse, funzioni ispettive, di consulenza, studio e ricerca o altri incarichi specifici previsti dall'ordinamento, ivi compresi quelli presso i collegi di revisione degli enti pubblici in rappresentanza di amministrazioni ministeriali” – va letta in correlazione da un lato con il principio di separazione tra funzioni di indirizzo politico-amministrativo e funzioni amministrative di cui, tra l’altro, agli articoli 4 e 14 del medesimo decreto legislativo n. 165 del 2001, dall’altro con le nuove funzioni degli Uffici di diretta collaborazione di cui all’articolo 7 del decreto legislativo n. 300 del 1999.
La collocazione dei dirigenti con incarico di studio – se pure può avvenire nell’ambito del regolamento di organizzazione, con la espressa previsione e la copertura, anche finanziaria, dei relativi posti-funzione – deve, però, specificare un legame di dipendenza funzionale dei dirigenti di prima fascia incaricati, legame che può instaurarsi o con il capo dipartimento – nel caso in cui la scelta organizzativa sia nel senso di porre le funzioni di studio e ricerca al servizio dei compiti di line della struttura del Ministero – o, in alternativa, nell’ambito degli Uffici di diretta collaborazione del Ministro, in ossequio al suddetto principio generale di separazione tra funzioni di indirizzo politico-amministrativo e funzioni amministrative di gestione.
Pertanto, il comma 3 dovrà essere integrato prevedendo una espressa collocazione dei quattro posti-funzione in parola presso singoli dipartimenti, ovvero nell’ambito degli uffici di diretta collaborazione del Ministro di cui al d.P.R. 24 aprile 2001, n. 320, su cui già interviene l’articolo 13 dello schema in oggetto.

12. Una diversa collocazione deve essere rinvenuta anche per l’ufficio di cui al comma 4 dell’articolo 1, secondo periodo, il quale recita: “l’ufficio collocato in posizione di staff al Capo dipartimento per i trasporti terrestri svolge, inoltre, funzioni di regolazione ai sensi dell’art. 30 della Direttiva 01/14/CE finalizzate alla vigilanza sulla concorrenza nei mercati dei servizi ferroviari”.
La Sezione ritiene, infatti, che – al di là dei dubbi già esposti in precedenza in relazione ad un ufficio di prima fascia di staff del capo dipartimento, cui si rinvia (cfr. retro, al punto 10) – tale diversa collocazione sia resa necessaria dal requisito dell’indipendenza che le funzioni di regolazione in questione richiedono.
Si tratta del completamento, sotto il profilo organizzativo, dell’articolo 37 del d.lgs. n. 188 del 2003, che ha attuato la previsione contenuta nella citata direttiva 01/14/CE (relativa alla istituzione di un apposito organismo cui attribuire funzioni di regolazione tecnico-economica del settore ferroviario) individuando tale organismo nel Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Per lo svolgimento di tali funzioni la norma comunitaria impone che all’organismo di regolazione siano conferite caratteristiche di piena indipendenza sul piano organizzativo, giuridico, decisionale e della strategia finanziaria rispetto all’organismo preposto alla determinazione dei canoni di accesso all’infrastruttura, all’organismo preposto all’assegnazione della capacità infrastrutturale e rispetto a qualsiasi soggetto che richiede l’assegnazione di capacità infrastrutturale. Pertanto, la Sezione ritiene che la struttura deputata ad assumere le funzioni di organismo di regolazione debba rimanere, nell’ambito dell’articolazione degli uffici del Ministero, in posizione autonoma ed indipendente rispetto alle attuali strutture ministeriali dirigenziali generali che hanno competenze dirette in materia ferroviaria.
Una volta che la legge n. 188 del 2003 ha collocato il soggetto in questione nell’ambito del Ministero e non presso un soggetto diverso (come avrebbe potuto essere, ad esempio, un’agenzia), la configurazione organizzativa più adeguata appare proprio essere quella di una specifica posizione dirigenziale, autonoma dai dipartimenti e alle dirette dipendenze del Ministro.
Va pertanto prevista la costituzione di un ufficio di livello dirigenziale generale collocato in posizione autonoma dai dipartimenti e alle dirette dipendenze del Ministro, che può essere istituito in sostituzione di uno dei quattro posti-funzione per incarichi con funzioni ispettive, di consulenza, studio e ricerca, conservando così il totale di otto posti di prima fascia e rispettando quindi il principio dell’invarianza della spesa. Peraltro, si osserva come lo schema di regolamento in esame definisca il contenuto soltanto di due di tali incarichi di consulenza e di studio, lasciando indefiniti gli altri due: uno di essi, quindi, ben può essere trasformato in un ufficio di pari livello senza rinunciare a nessuna delle specifiche funzioni definite dallo schema.
La istituzione di tale ulteriore ufficio di livello dirigenziale generale dovrebbe trovare la sua collocazione sistematica nell’articolo 13 dello schema, che novella appunto il d.P.R. n. 329 del 2001 in relazione agli uffici di diretta collaborazione del Ministro (su cui v. infra, al punto 26). Ma ciò richiede adeguamenti in tutto il testo dello schema medesimo e, in particolare, nel secondo periodo del comma 4 che deve essere, quindi, opportunamente riformulato alla stregua della predetta osservazione.

13. L’articolo 2 dello schema ripropone l’istituto, già presente nel d.P.R. n. 177 del 2001 (anche in quel caso all’art. 2), della conferenza permanente dei capi dei dipartimenti. Particolarmente importante – nell’ottica della “autosufficienza” dei dipartimenti sopra ricordata, (cfr. retro, al punto 10) – appare aver reso permanente la disposizione di cui al comma 3, secondo cui “la Direzione per il personale, il bilancio ed i servizi generali e la Direzione per i sistemi informativi e statistici operano al servizio di tutti i Dipartimenti sulla base di direttive concordate dal Capo Dipartimento in sede di conferenza permanente. I Capi dei singoli Dipartimenti restano responsabili della gestione delle risorse loro assegnate”.
In proposito, la Sezione ha soltanto una osservazione da formulare, relativa alla necessità di aggiornare la composizione di tale conferenza a seguito dell’introduzione dei S.I.I.T.. Lo stesso schema prevede correttamente, nell’ambito delle funzioni di ciascun Dipartimento, che ciascuno di essi svolga compiti di indirizzo e di coordinamento, monitoraggio e verifica delle attività dei S.I.I.T. per le materie di rispettiva competenza.
Appare coerente con tale esigenza di coordinamento e di continuo dialogo tra strutture centrali e articolazioni periferiche del Ministero prevedere, al comma 1 dell’articolo 2, la partecipazione necessaria alla conferenza anche del dirigente generale responsabile per il S.I.I.T. per il Lazio e l’Abruzzo, che peraltro riveste formalmente pari rango dei capi dipartimento ai sensi dell’art. 19, comma 3, del d.lgs. n. 165 del 2001.
Deve altresì prevedersi, al comma 2 dello stesso articolo, la partecipazione, in via facoltativa, di altri dirigenti dei S.I.I.T. che possono essere direttamente coinvolti, per competenza, su specifiche questioni all’ordine del giorno della conferenza.
Sempre al fine di assicurare un più stretto coordinamento tra dipartimenti e S.I.I.T., andrà correlativamente prevista la partecipazione dei capi dei dipartimenti alla conferenza permanente dei direttori dei S.I.I.T. di cui all’art. 11, comma 8, dello schema (v. infra, al punto 25).
Al comma 4 dell’articolo 2, infine, il quale prevede che “il Comandante generale del Corpo delle capitanerie di porto partecipa alla Conferenza per gli affari rientranti nelle attribuzioni del Comando generale del Corpo delle capitanerie di porto”, appare opportuno estendere l’ambito di coinvolgimento del comandante generale a tutti gli “affari rientranti nelle attribuzioni del Corpo delle capitanerie di porto”, espungendo consequenzialmente le parole “del Comando generale”, ovvero ritornare al testo vigente, che contiene la congiunzione “e” tra le parole “del Comando generale” e le parole “del Corpo delle capitanerie di porto”.

14. Da un punto di vista formale, si segnala che il titolo del Capo II dello schema (“Attribuzioni ai Dipartimenti”) va modificato in “Attribuzioni dei Dipartimenti”.
Il Capo II consta di un solo articolo, il 3.
Il comma 1 dell’articolo 3 si suddivide in quattro lettere, ciascuna descrittiva della “missione” delle competenze di un dipartimento.
Riguardo alla lettera a) del comma 1 (relativa al “Dipartimento per il coordinamento dello sviluppo del territorio, il personale ed i servizi generali”), si osserva come la dizione “linee fondamentali dell’assetto del territorio” appaia troppo generica, anche perché relativa solo all’oggetto delle competenze, ma non anche descrittiva delle relative funzioni. Inoltre, il riferimento all’“assetto del territorio” privo di ogni ulteriore specificazione non appare rispondente al dettato dell’art. 41 del d.lgs. n. 300 del 1999 (che parla di “identificazione delle linee fondamentali dell’assetto del territorio con riferimento alle reti infrastrutturali e al sistema delle città e delle aree metropolitane”) anche se - come si è detto retro, al punto 3 - dall’art. 35 dello stesso d.lgs. n. 300 del 1999, relativo al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, è stata espunta la funzione di “identificazione delle linee fondamentali dell’assetto del territorio con riferimento ai valori naturali e ambientali”.
Appare, pertanto, più appropriato sostituire l’inciso sopra riportato con la dizione già vigente del d.P.R. n. 177 del 2003, che recita: “identificazione delle linee fondamentali dell’assetto del territorio nazionale con particolare riferimento all’articolazione territoriale delle reti infrastrutturali e delle opere di competenza statale nonché al sistema delle città e delle aree metropolitane”, riportando testualmente anche il dettato dell’art. 41, comma 2, del d.lgs. n. 300 del 1999.
Sempre riguardo alla lettera a), si rileva come il riferimento ai “rapporti con gli organismi internazionali e coordinamento con l’Unione europea in materia di politica trasportistica ed infrastrutturale”, nonché il generico inciso “affari internazionali” creino un problema di coordinamento con i riferimenti ai rapporti europei ed internazionali richiamati anche negli altri tre dipartimenti alle lettere b), c) e d), che il riferimento alla funzione generale di “programmazione” (contenuto, peraltro, soltanto nella relazione, a pag. 5, e non specificato nel testo dello schema) non è sufficiente a risolvere. Infatti, se non appare di per sé irrazionale concentrare, a livello organizzativo, tutti i rapporti europei e internazionali del Ministero in un solo Dipartimento (ma ciò andrebbe comunque chiarito, conferendo maggiore “orizzontalità” alla relativa funzione ed eventualmente menzionando anch’essa nella conferenza dei capi dei dipartimenti), appare più efficace (e, peraltro, maggiormente rispondente al resto dell’articolato dello schema) che ciascun Dipartimento curi, nell’ambito del perseguimento della propria missione, anche i rapporti europei e internazionali ad essa inerenti, rapporti che si rivelano spesso cruciali (soprattutto i primi, vista la preponderanza dei profili comunitari nelle materie delle infrastrutture e dei trasporti).
La scelta a favore della seconda opzione organizzativa (che appare indicata dai riferimenti contenuti nelle altre lettere del comma 1), impone, allora, di espungere il riferimento generale alla “politica trasportistica ed infrastrutturale”, nonché quello ancor più generico agli “affari internazionali”. Potrebbe, invece, essere reintrodotta l’attuale dizione dell’art. 3, lettera a), del d.P.R. n. 177 del 2001, che parla più propriamente di “rapporti con gli organismi internazionali e coordinamento con l’Unione europea in materia di politica urbana e di assetto territoriale”.
La lettera b) del comma 1 dell’articolo 3 modifica l’attuale denominazione del secondo Dipartimento da “Dipartimento per le opere pubbliche e l’edilizia residenziale” in “Dipartimento per le infrastrutture e l’edilizia”. Tale mutamento appare più rispondente alla nuova missione del Ministero, che privilegia l’aspetto infrastrutturale rispetto a quello, concettualmente più tradizionale, incentrato sul concetto di opera pubblica; peraltro, il riferimento generale all’edilizia (e non più alla sola edilizia residenziale) appare opportunamente ricomprendere anche le competenze sull’edilizia statale e in generale alle altre opere pubbliche di competenza statale che avrebbero potuto non ricadere necessariamente nel concetto di infrastrutture. D’altro canto, però, va rilevato come anche gli altri Dipartimenti del Ministero abbiano rilevanti competenze in materia infrastrutturale: così il terzo Dipartimento, per la navigazione ed il trasporto marittimo ed aereo (che reca espressamente una competenza sulle “infrastrutture portuali”: art. 3, comma 1, lettera c); così anche il quarto Dipartimento (competente per “il coordinamento e la vigilanza sui concessionari di reti infrastrutturali” di trasporto ferroviario: art. 7, comma 4, dello stesso schema).
Pertanto, una volta chiarito che il riferimento generale all’ “edilizia” ricomprende anche tutta la materia delle opere pubbliche statali non infrastrutturali, sarebbe opportuno specificare la generica denominazione di “Dipartimento per le infrastrutture” in “Dipartimento per le infrastrutture stradali [o viarie] e l’edilizia”, sì da non creare confusioni con le infrastrutture portuali e ferroviarie. In alternativa, si potrebbe comunque riprendere una parte della vigente denominazione, utilizzando la denominazione “Dipartimento per le opere pubbliche, le infrastrutture stradali e l’edilizia”.
Conseguentemente alla modifica della denominazione del secondo Dipartimento, va adeguata anche la lettera b) del comma 2 dell’articolo 1, nonché tutte le altre disposizioni dello schema in cui si menziona il Dipartimento in questione, a partire dalla rubrica dell’art. 5.

15. Il Capo III dello schema disciplina, come si è detto, l’articolazione dei Dipartimenti.
L’articolo 4 è relativo al primo Dipartimento, quello per il coordinamento e lo sviluppo del territorio, il personale ed i servizi generali, che si articola in cinque direzioni generali più, eventualmente, un ulteriore ufficio di livello dirigenziale generale (per il relativo rilievo e per la necessità di menzionare in ogni caso tale eventuale struttura anche nell’articolo 4 dello schema, cfr. retro, al punto 10). Anche della necessità di rivedere la terminologia delle funzioni di questo Dipartimento relative alla identificazione delle “linee fondamentali dell’assetto del territorio” si è già detto retro, al precedente punto 14.
Inoltre, la Sezione rileva che all’alinea del comma 3, relativo alla “direzione generale per la programmazione e i programmi europei”, la denominazione di questa struttura va modificata e resa più specifica, limitandola alle sole competenze del primo Dipartimento (e non di tutto il Ministero, come afferma l’alinea del comma 3), in coerenza con quanto osservato, in generale, sulle competenze relative ai rapporti europei ed internazionali retro, al punto 14.
La medesima specificazione dovrà avvenire per le lettere i) e j) dello stesso comma 3, che attualmente si riferiscono l’una, in via generale, alla partecipazione ad una serie di gruppi di lavoro internazionali, l’altra, in via ancor più generale, a “relazioni ed affari internazionali”.

16. Quanto all’articolo 5, relativo al secondo Dipartimento, quello per le infrastrutture e l’edilizia, si rimanda alle considerazioni già svolte sia in relazione all’ufficio di livello dirigenziale generale ulteriore rispetto alle direzioni, da menzionare espressamente anche in questo articolo (cfr. retro, al punto 10), sia in relazione alla denominazione del Dipartimento (cfr. retro, al punto 14).
Inoltre, sempre in relazione all’articolo 5, al comma 2, lettera a), andrebbe specificato espressamente che le funzioni della direzione generale per le strade e le autostrade relative alla “alta vigilanza sull’ANAS” si concretizzano in un’“attività di supporto per l’esercizio dell’alta vigilanza sull’ANAS”, sostituendo il relativo inciso (peraltro già presente dal 2001).

17. Allo stesso comma 2 dell’articolo 5 appare opportuno recepire le due osservazioni del Dipartimento per le opere pubbliche e per l’edilizia di cui alla nota prot. n. 961/CD del 12 novembre 2003, con cui si rileva la necessità di inserire, alla fine della lettera f), l’ulteriore competenza su “classificazione e declassificazione delle strade”, specificando semmai che tale competenza è (ovviamente) limitata alle sole funzioni dello Stato in materia; e, alla fine del comma, una nuova lettera h), relativa agli “interventi sulla rete di interesse locale previsti da norme di legge”.
Al comma 3, lettera b), dell’art. 5, che si limita a recitare “zone sismiche ed edilizia antisismica”, si rileva che tale dizione va completata con il contenuto delle funzioni pubbliche statali relative alla materia in questione.

18. Le medesime considerazioni relative alla necessità di specificare l’eventuale inserimento, anche negli altri Dipartimenti, di un ufficio di livello dirigenziale generale ulteriore rispetto alle direzioni generali (cfr. retro, al punto 10), nonché quelle relative alla necessità di specificare meglio le eventuali, specifiche competenze dipartimentali in materia europea e internazionale vanno ribadite anche per il terzo e il quarto Dipartimento del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (ovvero il Dipartimento per la navigazione e il trasporto marittimo ed aereo e il Dipartimento per i trasporti terrestri, disciplinati rispettivamente agli articoli 6 e 7).

19. L’articolo 8 si riferisce al Comando generale del Corpo delle capitanerie di porto. L’alinea del comma 1 dispone che “il Comando è articolato con decreto del Ministro in reparti e uffici di livello dirigenziale”. Al riguardo, appare necessario specificare la portata e i limiti dell’esplicito riferimento alla fonte del decreto ministeriale e non al regolamento governativo (d.P.R.): con tale strumento di carattere non regolamentare è possibile, ai sensi dell’art. 17, comma 4-bis, lett, e), della l. n. 400 del 23 agosto 1988, disciplinare soltanto di “uffici di livello dirigenziale non generale” nell’ambito degli uffici dirigenziali generali disciplinati con regolamento; ciò va espressamente chiarito, inserendo l’inciso tra virgolette nel testo dello schema. In alternativa, ove si volesse prevedere anche la disciplina di uffici dirigenziali di prima fascia, le parole “decreto del Ministro” dovrebbero essere sostituite dalle parole “regolamento governativo”.
Sempre riguardo all’articolo 8, appare condivisibile l’osservazione sollevata dal Comando generale delle capitanerie di porto con nota del 31 ottobre 2003, secondo cui l’attuale testo va armonizzato con i nuovi compiti del Corpo in materia di security alla luce degli emendamenti introdotti nel dicembre 2002 alla Convenzione di Londra sulla salvaguardia della vita umana in mare (SOLAS). Pertanto, va segnalata l’opportunità di inserire, dopo la lettera g) del comma 1 dell’articolo 8, una nuova lettera h) che reciti: “h) vigilanza e controllo operativi in materia di sicurezza delle navi e delle strutture portuali nei confronti di minacce”.
Al comma 2 dell’articolo 8, infine, laddove si afferma che “il corpo delle Capitanerie di porto continua a svolgere gli ulteriori compiti previsti dalla normativa vigente secondo le direttive dei Ministri competenti”, appare alla Sezione necessario specificare con maggiore precisione i Ministri per i quali l’ordinamento vigente preveda, allo stato, la possibilità di emanare direttive alle Capitanerie.

20. Il Capo IV dello schema è relativo all’amministrazione decentrata.
L’articolo 9, comma 1, individua i dieci “Servizi integrati infrastrutture e trasporti” (S.I.I.T.), ciascuno articolato in due settori organici di attività rispettivamente denominati Settore infrastrutture e Settore trasporti. Come esposto retro, al punto 6, i dieci S.I.I.T. sono stati istituiti “a livello sovraregionale” dal d.lgs. n. 152 del 2003, quali organi decentrati del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, inserendo una serie di commi dopo il comma 2 dell’art. 43 del d.lgs. n. 300 del 1999.
Al riguardo, la Sezione non può non rilevare l’esistenza di una discrasia tra la previsione dello schema e il dettato della fonte di rango primario. Difatti, il decreto legislativo n. 152 del 2003 non sembra consentire eccezioni di nessun tipo alla dimensione “sovraregionale” dei S.I.I.T., mentre lo schema in oggetto configura, per due S.I.I.T. (Lombardia e Sardegna), una dimensione regionale. Di tale discrasia si occupa la nota del Dipartimento per il coordinamento dello sviluppo del territorio – direzione generale per le politiche del personale e gli affari generali – in data 9 dicembre 2003, già citata retro, al punto 9. In quella sede, si riconosce la “consapevolezza della chiarezza del disposto normativo che ha individuato l’articolazione dei Servizi su base sovraregionale”, ma si afferma che “la peculiarità delle Regioni in argomento ha indotto ad una interpretazione non tassativa della norma”. Da un lato, secondo la riferente amministrazione, l’ampiezza del territorio e della popolazione servita dalla Regione Lombardia la fa ritenere non accorpabile con altre regioni; dall’altro, il connotato dell’insularità della Sardegna appare insormontabile.
Ciò nonostante, la Sezione è dell’avviso che il Ministero possa compiere, quantomeno, un ulteriore sforzo per evitare che due S.I.I.T. su dieci siano in condizioni di dubbia conformità al dettato legislativo. Difatti, come traspare dalla stessa nota del 9 dicembre, sono valutabili alcuni accorpamenti anche per tali Regioni: il bacino di utenza della Lombardia, ad esempio, non dovrebbe subire incrementi troppo considerevoli con un accorpamento con il Trentino Alto Adige, specie se si considera che per questa regione (rectius, per le due province autonome che la compongono) le funzioni di competenza dello Stato sono ulteriormente ridotte dall’autonomia speciale del territorio accorpando. Lo stesso vale per la Sardegna, regione per la quale un S.I.I.T. autonomo risulterebbe invero poco proporzionato rispetto agli altri nove diffusi sul territorio. Peraltro, per tale Regione lo stesso Ministero ritiene praticabile l’ipotesi di un accorpamento con il S.I.I.T. per il Lazio e l’Abruzzo, anche se il d.lgs. n. 152 del 2003 parla espressamente di queste due sole ultime regioni quando vi fa riferimento. Ad avviso della Sezione, l’effetto derogatorio al dettato di rango primario derivante dall’inserimento della Sardegna in un S.I.I.T. che il d.lgs. denomina soltanto “per il Lazio e l’Abruzzo” appare decisamente inferiore, e preferibile, a quello della violazione del principio della “sovraregionalità”.

21. La Sezione ritiene di dover formulare ulteriori osservazioni all’articolo 9, comma 5, che disciplina la speciale figura del direttore generale del S.I.I.T. per il Lazio e l’Abruzzo, l’unico per il quale il d.lgs. n. 152 del 2003 preveda espressamente questa terza figura in aggiunta ai responsabili dei due settori in cui il S.I.I.T. si articola, disponendo altresì un livello di incarico superiore (ai sensi del comma 3 – e non 4, come per gli altri dirigenti generali dei S.I.I.T. – dell’art. 19 del d.lgs. n. 165 del 2001). Nel silenzio della fonte primaria, la ratio di tale previsione si rinviene nell’esigenza, affermata anche dalla relazione allo schema, di conferire a tale soggetto un rango superiore in considerazione del ruolo svolto dal medesimo, soprattutto nel settore infrastrutture, nei confronti dei massimi organi istituzionali aventi sede nella città di Roma.
Ciò posto, da un lato, occorre evitare che i poteri del dirigente del S.I.I.T. in questione si estendano al coordinamento o al controllo di tutta la rete periferica e, pertanto, alla lettera c), le parole “dei S.I.I.T.” vanno sostituite con le parole “del S.I.I.T.”; dall’altro, occorre prevedere che le funzioni del direttore generale del S.I.I.T. per Lazio e Abruzzo siano coordinate con quelle spettanti ai capi dei dipartimenti per le materie di loro competenza, per cui, alle lettere e) ed f), i poteri consultivi e di proposta vanno accompagnati dalla specificazione “congiuntamente ai capi dei Dipartimenti competenti”.

22. L’articolo 10 si occupa delle competenze dei S.I.I.T. In realtà, i commi 1 e 2 dello schema si limitano a specificare le competenze di ciascuno dei due settori del S.I.I.T. (quello “infrastrutture” e quello “trasporti”), affermando che ogni settore “svolge le funzioni di competenza del S.I.I.T. nei seguenti ambiti di attività …”. Sarebbe, pertanto, necessario inserire, all’inizio dell’articolo, un comma ad hoc, che delinei, così come accade per le direzioni generali dei Ministero, le competenze complessive delle ricostituite strutture dirigenziali periferiche (soltanto accennate dal d.lgs. n. 152 del 2003) e soprattutto – anche tenendo conto dei recenti sviluppi della riforma e della giurisprudenza costituzionale (cfr. retro, al punto 5) – ne definisca i limiti nell’azione sul territorio in relazione alle competenze regionali e locali, specie in relazione ai S.I.I.T. con competenza sui territori di Regioni a statuto speciale. A tal fine, appare necessaria ma non sufficiente la sola salvezza di quanto disposto dal d.lgs. n. 112 del 1998 e dai conseguenti provvedimenti di attuazione in relazione alle competenze regionali.
Alla stregua di questa considerazione generale, potrà anche risultare opportuno specificare, caso per caso, nelle singole lettere dei due commi di cui si compone ora l’articolo, che le relative competenze sono limitate a quelle spettanti in materia allo Stato. A titolo puramente esemplificativo, si rileva infatti che:
- alla lettera e) dell’attuale comma 1, potrebbe non risultare superfluo specificare che la competenza di “gestione e tutela del demanio marittimo” attiene al demanio “statale”;
- alla lettera l) dello stesso comma 1, il concetto di “espletamento del servizio di polizia stradale” appare generico e poco chiaro, e dovrebbe essere precisato; lo stesso dicasi per la lettera m) dell’attuale comma 2.

23. L’articolo 11 disciplina l’organizzazione dei S.I.I.T. , disponendo, al comma 2, che “in sede di prima attuazione, ciascun settore dei S.I.I.T. ha sede presso i capoluoghi di regione dei rispettivi ambiti territoriali. Con successivi decreti ministeriali può essere variata la dislocazione logistica in ragione dei bacini di utenza di riferimento in modo da assicurare la massima presenza e diffusione sul territorio”.
Tale norma, seppure dichiaratamente (ma genericamente) transitoria, non trova riscontro nel dettato normativo di livello primario, che è chiaro nell’affermare il carattere sovraregionale dei S.I.I.T.. In proposito, la richiamata nota esplicativa del Ministero del 9 dicembre 2003 riconosce l’esistenza del problema, ritenendo però, anche in questo caso, possibile derogare a tale requisito poiché “il carattere sovraregionale degli uffici in questione deve conciliarsi con l’esigenza di garantire sull’intero territorio interessato una presenza stabile di pronto riferimento anche in termini di fruibilità”.
Le argomentazioni del Ministero, pur dettate da esigenze comprensibili, non possono essere condivise da questo Consiglio di Stato. Esse trovano, infatti, un ostacolo insormontabile nella necessità, per il regolamento di organizzazione, di rispettare la univoca previsione legislativa che, nel ricostituire la rete periferica del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ha disposto espressamente che “sono istituiti a livello sovraregionale dieci Servizi integrati infrastrutture e trasporti” (art. 43, comma 2-ter, del d.lgs. n. 300 del 1999, come introdotto dal d.lgs. n. 152 del 2003). Il legislatore delegato avrebbe potuto prevedere esplicitamente una articolazione anche territoriale dei S.I.I.T., mentre si è limitato a prevedere soltanto una articolazione organizzativo-funzionale in due settori (“infrastrutture” e “trasporti”), fermo restando il menzionato, insuperabile carattere della “sovraregionalità”. Inoltre, la distribuzione sul territorio delle sedi dei due servizi va anche a discapito di un’altra caratteristica che il legislatore delegato ha connaturato ai S.I.I.T.: quella della “integrazione”, della interconnessione tra i settori, che richiede necessariamente una concentrazione, anche logistica, in una sola sede dell’esercizio di tutte le relative funzioni.
Pertanto, il comma 2 deve essere riformulato in conformità con la disciplina di carattere legislativo, concentrando nell’unica sede sovraregionale di ciascun S.I.I.T. entrambi i settori, sin dalla fase della prima applicazione del regolamento in parola.

24. Il comma 3 dell’articolo 11 dispone che con decreto ministeriale di natura non regolamentare, da adottarsi ai sensi dell’art. 17, comma 4-bis, lett. e) della legge n. 400 del 1988, “si provvede alla individuazione degli uffici dirigenziali di livello non generale in cui si articolano i settori organici dei S.I.I.T., alla individuazione dei rispettivi compiti ed alla graduale unificazione di uffici esercitanti medesime attività …”. Al riguardo, come già osservato retro, al punto 19, la Sezione ritiene che sia necessario specificare chiaramente i limiti contenutistici del ricorso allo strumento del decreto non regolamentare. In particolare, tale strumento appare utilizzabile – ai sensi del citato art. 17, comma 4-bis, lett. e), della legge n. 400 del 1988 – soltanto per la “individuazione degli uffici dirigenziali di livello non generale in cui si articolano i settori organici dei S.I.I.T.”, non invece per l’individuazione di competenze o per l’unificazione degli uffici esistenti per la parte che può coinvolgere anche strutture di livello dirigenziale generale. In tal caso, occorre specificare nel testo che tale ulteriore individuazione deve avvenire con regolamento governativo.

25. Considerazioni di tenore analogo a quelle relative ai commi 2 e 3 vanno svolte in relazione al comma 4 dell’articolo 11.
Da un lato, infatti, il “riassetto degli organismi collegiali operanti presso le previgenti strutture dell’Amministrazione decentrata e periferica” e la “progressiva unificazione degli organismi esercitanti la medesima attività” possono verosimilmente comportare interventi di impatto superiore a quello della mera rimodulazione di uffici dirigenziali non generali. Inoltre, alcuni tra questi organismi possono essere già oggetto di disposizioni di rango regolamentare, modificabili soltanto con norme di pari livello: va, quindi, espressamente previsto il ricorso allo strumento regolamentare.
D’altro canto, vale anche in questo caso, e in qualche modo a maggior ragione, quanto già affermato a proposito del comma 2 dell’art. 11: non appare possibile prevedere, neppure in via transitoria, una deroga al dettato legislativo, che in questo caso – al comma 2-sexies dell’art. 43 del d.lgs. n. 300, come introdotto dal d.lgs. n. 152 del 2003 – richiede espressamente che “dalla data di entrata in vigore del regolamento di cui al comma 2-quinquies [ovvero del regolamento di organizzazione dei S.I.I.T. che è contenuto nello schema in esame] sono soppresse le strutture periferiche del Ministero dei trasporti e della navigazione e del Ministero dei lavori pubblici”.
Pertanto, il riordino o la soppressione anche degli organismi collegiali, centrali e periferici, deve essere contestuale all’entrata in vigore del presente regolamento di organizzazione e non può essere rinviato ad un momento successivo, peraltro indeterminato nel tempo.
Occorre, allora, che la Amministrazione responsabile compia l’ulteriore, comprensibilmente gravoso, sforzo di inserire, nel regolamento in oggetto, anche tale riassetto, non potendosi condividere, poiché non trovano riscontro nel preciso disposto del decreto legislativo delegato, le affermazioni contenute nella più volte citata nota del 9 dicembre 2003, con cui si evidenzia la problematicità del riassetto in questione: tale problematicità, pur se assolutamente comprensibile e condivisa dalla Sezione, non è stata però considerata dal legislatore delegato come un fattore sufficiente a far procrastinare una parte dell’entrata in vigore del nuovo assetto.
Analogamente, al comma 6 dello stesso articolo 11, il quale dispone che “gli Uffici speciali del genio civile delle opere marittime e gli Uffici dei sistemi di trasporto ad impianti fissi confluiscono negli uffici di livello dirigenziale non generale rispettivamente del Settore infrastrutture e del Settore trasporti” va integrato da una previsione la quale specifichi che ciò accade “dalla data di entrata in vigore del presente regolamento”.
Infine, la Sezione ricorda che il comma 8 dell’articolo 11, relativo alla conferenza permanente dei direttori dei S.I.I.T., deve essere integrato inserendo la necessaria partecipazione dei quattro capi dei dipartimenti, in conseguenza della corrispondente previsione richiesta retro, al punto 13, in relazione all’articolo 2 dello schema.

26. Il Capo V dello schema – dal titolo “Dotazione organica e norme finali” – comprende gli articoli da 12 a 17.
Della dotazione organica di cui all’articolo 12 si è già detto retro, ai punti 8 e 9; in questa sede occorre soltanto osservare che, alla fine dell’articolo, laddove si afferma che “prima della costituzione del ruolo sono comunque portati a compimento i processi di riqualificazione previsti dal contratto collettivo nazionale di lavoro del personale dei soppressi Ministeri”, tale previsione va completata chiarendo espressamente che ciò accade comunque “fermo restando il principio dell’invarianza della spesa”.
In relazione all’articolo 13, che apporta lievi modifiche al d.P.R. n. 320 del 24 aprile 2001 sugli uffici di diretta collaborazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, non si hanno osservazioni da formulare: ci si limita a ricordare che tale articolo costituisce la sede idonea per collocare la disciplina dell’ufficio con funzioni di regolazione ai sensi dell’art. 30 della Direttiva 01/14/CE finalizzata alla vigilanza sulla concorrenza nei mercati dei servizi ferroviari, di cui si è detto retro, al punto 12.
All’articolo 15, il dettato del comma 2 (“sono abrogate le disposizioni incompatibili con il presente decreto”) appare poco chiaro e insufficiente al raggiungimento della finalità che si propone; incisi di questo genere appartengono ad una tecnica normativa ormai superata dai più recenti principi generali in materia di riordino normativo e di semplificazione. Esso deve essere sostituito o, al massimo, accompagnato da una elencazione il più possibile completa delle norme che vengono abrogate, anche implicitamente, o comunque superate anche se non in contrasto espresso, a seguito dell’entrata in vigore del regolamento in questione (laddove “regolamento” risulta anche un termine più adeguato e preferibile a quello di “decreto” utilizzato dallo schema).
All’articolo 16, recante “disposizioni transitorie e finali”, i commi 2 e 3 vanno espunti dal testo alla stregua di quanto osservato in riferimento alla necessità, imposta dalle norme di rango primario, di una entrata in vigore completa dell’intero assetto organizzativo, di una “messa a regime” integrale di tutto il vasto apparato ministeriale centrale e periferico, salvi ovviamente i successivi aggiustamenti a seguito delle verifiche biennali dell’intero impianto organizzativo previste dall’articolo 14. In luogo di tali disposizioni andrà, invece, inserito un termine massimo per l’emanazione dei decreti non regolamentari di organizzazione degli uffici dirigenziali non generali.
Al comma 4 dello stesso articolo 16, la Sezione ritiene non rispondente a principi di efficienza e di economicità la predisposizione di un meccanismo automatico di conservazione di tutti i programmi già in essere al momento dell’entrata in vigore del nuovo regolamento. Vanno, invece, previsti, entro un termine breve, un censimento di tali programmi ad opera dei singoli dipartimenti e una verifica della loro effettiva utilità nel quadro del rinnovato assetto organizzativo, centrale e periferico, del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, cui dovrà seguire una dichiarazione espressa in tal senso del capo del dipartimento responsabile (o, se necessario, in qualche caso, del Ministro).
Non si ha nulla da osservare in relazione al comma 5 dell’articolo 16 (secondo cui “il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio”), per il quale la Sezione si rimette alla responsabile valutazione della competente amministrazione finanziaria.
Infine, all’articolo 17 non è consentita, nella presente sede regolamentare, in assenza di espressa disposizione legislativa, l’anticipazione della ordinaria vacatio legis di quindici giorni dalla pubblicazione del testo del regolamento sulla Gazzetta Ufficiale al giorno successivo alla pubblicazione medesima. In tal senso va, quindi, modificato il comma 1 dell’articolo in questione.

27. Alla stregua delle esposte considerazioni, questo Consiglio esprime il proprio parere favorevole sullo schema in oggetto con le osservazioni che precedono.

P.Q.M.
Nelle esposte considerazioni è il parere del Consiglio di Stato.

Per estratto dal Verbale
Il Segretario della Sezione
(Licia Grassucci)
Visto:
Il Presidente della Sezione
(Pasquale de Lise)



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