Consiglio di Stato

SEZIONE CONSULTIVA PER GLI ATTI NORMATIVI
Adunanza del 30 agosto 2004

N. prot. 9345/2004.
Oggetto:
Ministero dell'interno. Schema di decreto di modifica del decreto del Ministero dell'interno, in data 1° settembre 2000, n. 318, concernente i criteri di riparto dei fondi erariali destinati al finanziamento delle procedure di fusione tra comuni e dell'esercizio delle funzioni comunali.
Vista la nota in data 21 luglio 2004, con la quale è stato trasmesso lo schema di decreto in oggetto, con la richiesta di parere al Consiglio di Stato e la documentazione allegata;
Visti tutti gli atti ed udito il relatore, cons. Paolo De Ioanna;
Premesso:
1. Lo schema di regolamento in esame, con la tecnica della novella, modifica ed integra in più punti il regolamento adottato con decreto del Ministro dell'interno in data 1° settembre 2000, n.318, che disciplina la ripartizione dei contributi spettanti ai comuni istituiti a seguito di procedure di fusioni, alle unioni di comuni ed alle comunità montane svolgenti l'esercizio associato di funzioni comunali.
Il decreto n. 318 del 2000 trovava il suo fondamento normativo nell'art. 6, comma 8, della legge 3 agosto 1999, n.265, che demandava ad un decreto del Ministro dell'interno la determinazione dei criteri di ripartizione dei contributi in questione. Successivamente, con ulteriori disposizioni legislative, sono stati dettati criteri nuovi diretti ad escludere comunque dalla ripartizione dei fondi statali i comuni con popolazione superiore ai 30.000 abitanti (art. 31, comma 6, della legge 27 dicembre 2002, n. 289), e a precisare meglio, nel caso di unioni di comuni, i criteri da applicare nei confronti dei comuni più piccoli, con popolazione superiore ai 5000 abitanti ma inferiore comunque ai 30.000 (art.1 quater, comma 8, della legge n. 116 del 2003, di conversione, con modificazioni, del decreto legge n. 50 del 31 marzo 2003).
Lo schema di decreto in esame, che si richiama all'esercizio dei poteri regolamentari disciplinato dall'art. 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, intende dare attuazione al disposto del citato art.1 quater, comma 8, intervenendo sul tessuto del decreto n. 318 del 200, che regola complessivamente tutta la materia de qua.
2. Lo scopo dichiarato dello schema in esame è quello di tenere conto delle esperienze maturate in questi anni, ed è volto ad ovviare, visti i limitati fondi stanziati, agli squilibri derivanti dalla corresponsione di contributi ad unioni cui partecipino enti di rilevante dimensione demografica e a rafforzare la garanzia che i contributi statali vengano attribuiti alle unioni di Comuni che effettivamente necessitano di risorse e che le stesse vengano utilizzate per le specifiche finalità per le quali sono erogate dalla Stato.
In particolare, lo schema di decreto intende adeguare, con la tecnica della novella, il precedente decreto n. 318 del 2000, al disposto dell'art.1 quater, comma 8, della legge n. 116 del 2003 di conversione, con modificazioni, del decreto legge n. 50 del 2003 (prima citato), che ha individuato nei comuni con popolazione fino a 5000 abitanti la dimensione demografica degli enti locali da considerare in modo prioritario nella determinazione dei criteri di riparto dei contributi statali in questione.
Come vedremo analizzando l'articolazione delle innovazioni che si intende introdurre, tenendo conto delle indicazioni venute dall'Associazione che rappresenta gli enti montani, il decreto ha tenuto conto anche delle esigenze specifiche delle Comunità montane.

3. Nella materia de qua è intervenuta dapprima la legge 27 dicembre 2002, n. 289, la quale, all’articolo 31, comma 6, ha previsto che nella ripartizione dei contributi, in sede di applicazione del citato decreto ministeriale n. 318 del 2000, andassero esclusi i comuni con popolazione superiore a 30.000 abitanti.
In seguito, il decreto legge 31 marzo 2003, n. 50, convertito dalla legge 20 maggio 2003, n. 116, all’articolo 1 quater, comma 8, ha dettato nuovi criteri per l’attribuzione dei contributi statali in questione, sopprimendo, nel contempo, al comma 10 dello stesso articolo 1 quater, la disposizione recata dall’articolo 31, comma 6, della legge n. 289 del 2002.
Tale norma prevede, in particolare, che:
“8. Qualora comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti facciano parte delle unioni di comuni, i parametri di riparto previsti dal decreto del Ministro dell’interno adottato ai sensi dell’articolo 6, comma 8, della legge 3 agosto 1999, n. 265, sono applicati considerando tali enti come comuni con popolazione sino a 5.000 abitanti. Sono comunque esclusi ai fini dell’applicazione dei parametri di riparto i comuni con popolazione superiore a 30.000 abitanti.”

La disposizione, quindi, si riferisce alle sole unioni di comuni ed è volta ad ovviare, visti i limitati fondi stanziati, agli squilibri derivanti dalla corresponsione di contributi ad unioni cui partecipano enti di rilevante dimensione demografica.

4. Lo schema di decreto, è stato sottoposto, dapprima, all’esame della Conferenza Stato-città ed autonomie locali la quale, nella seduta del 24 luglio 2003, si è espressa in senso favorevole.
In tale sede l’Associazione Nazionale Comuni d’Italia (A.N.C.I.) ha chiesto di prevedere una disposizione destinata a premiare le unioni di comuni caratterizzati da indici di intervento particolarmente elevati nei servizi gestiti in forma associata.
Come prima osservato, tale beneficio risulta esteso anche alle comunità montane, dietro richiesta dell’Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani (U.N.C.E.M.).
Ai sensi dell’articolo 6, comma 8, della legge n. 265 del 1999, lo schema di decreto, in data 29 aprile 2004, è stato poi sottoposto, anche all’esame della Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, che pur esprimendo un parere favorevole, ha svolto puntuali riserve sulla legittimità dello schema in esame, alla luce del nuovo Titolo V della Costituzione.
Il Ministero dell'Interno segnala che, rispetto allo schema di decreto esaminato dalla Conferenza Stato-città ed autonomie locali e dalla Conferenza unificata, quello sottoposto all’esame del Consiglio di Stato non riproduce più l’articolo 2 concernente le disposizioni finali e transitorie, secondo le intese intervenute con l'ANCI e con l'UNCEM. Dette disposizioni prevedevano la rideterminazione dei contributi già attribuiti alle unioni di comuni nell’anno 2003 sulla base dei nuovi parametri introdotti e l’applicazione dei relativi conguagli in occasione dell’attribuzione dei contributi spettanti per l’anno 2004.

5. L’articolo 2 del decreto del Ministro dell’interno n. 318 del 2000 stabilisce i principi generali ed i criteri per l’attribuzione dei contributi statali a favore delle unioni di comuni e delle comunità montane, nonchè le modalità per la loro richiesta da parte degli enti interessati.

I commi 2 e 3 dell’articolo 1 dello schema di decreto apportano le seguenti modifiche:

a) Il comma 1 dell’articolo 2 viene integrato aggiungendo l’inciso in base al quale i contributi statali per l‘esercizio associato delle funzioni sono concessi, oltre che in base ai criteri dettati negli articoli successivi, anche nel rispetto dell’articolo 1 quater, comma 8, del decreto legge n. 50 del 2003.

b) Il comma 2 dell’articolo 2 viene soppresso. Detta disposizione attualmente prevede che “Nel caso in cui tutti i comuni costituenti una unione facciano parte della medesima comunità montana, i contributi determinati ai sensi del comma 1, lett. c), sono diminuiti del 10 per cento.”
La soppressione, secondo la relazione del Ministero dell'Interno, sarebbe dettata dall’intento di non penalizzare una tipologia di enti che, per la loro particolare condizione strutturale, non dispongono di sufficienti risorse finanziarie e anche per garantire la libera determinazione degli enti in ordine al tipo di associazione cui far ricorso per la gestione dei servizi.

6. L’articolo 3 del decreto del Ministro dell’interno n. 318 del 2000 detta i criteri per l’attribuzione del contributo statale in relazione alla dimensione demografica dell’unione di comuni. In particolare, prevede l’assegnazione di un contributo per abitante pari ad una quota percentuale del valore nazionale medio per abitante dei contributi erariali attribuiti ai comuni. Detta quota percentuale varia in relazione alla dimensione demografica dell’unione di comuni.
Il comma 4 dell’articolo 1 dello schema di decreto aggiunge la lettera g bis) al comma 1 dell’articolo 3 del decreto del Ministro dell’interno n. 318 del 2000, in forza della quale è previsto che alle unioni di comuni ove siano presenti almeno due comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti, sia attribuito un contributo per abitante pari al tre per cento, tra i più bassi di quelli presi in considerazione, del valore medio nazionale per abitante dei contributi erariali.
Ciò, in linea col principio cui si ispira, nella generalità dei casi, il servizio associato delle funzioni comunali, inteso a favorire la gestione dei servizi da parte dei piccoli comuni e con quanto previsto dall’articolo 1 quater, comma 8, del decreto legge n. 50 del 2003 che ha individuato, in sostanza, nei comuni con popolazione sino a 5.000 abitanti la dimensione demografica degli enti da tenere in particolare considerazione ai fini dell’attribuzione dei contributi statali.

7. L’articolo 5 del decreto del Ministro dell’interno n. 318/2000, detta i criteri per l’attribuzione della quota del contributo statale collegata al numero dei servizi concessi in gestione associata ed alle spese sostenute per detti servizi.
I criteri previsti dall’articolo 5, come sottolinea la relazione del Ministero, sono stati rivisti in maniera ampia e sostanziale, sia in relazione alle prescrizioni dettate dal comma 8 dell’articolo 1 quater del decreto legge n. 50 del 2003, sia in relazione all’esperienza acquisita in materia che ha suggerito, come osservato in precedenza, l’opportunità di apportare correttivi al fine di garantire l’attribuzione di sufficienti contributi statali a favore di quegli enti che maggiormente necessitano di risorse e l’effettivo utilizzo degli stessi.
In particolare, i commi 6, 7, 8, 9 e 10 dell’articolo 1 dello schema di decreto ministeriale, introducono le seguenti innovazioni.

7.1) All’articolo 5, comma 1, secondo periodo, la parola “consuntivo” è sostituita con la parola “rendiconto”.
Tale modifica viene apportata al fine di adeguare la terminologia contenuta nel decreto del Ministro dell’interno n. 318 del 2000 a quella del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali emanato con il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.

7.2) Il comma 3 dell’articolo 5 viene sostituito.
La disposizione che si intende sostituire prevede attualmente criteri diretti ad attribuire una quota del contributo sulla base del numero dei servizi e delle spese sostenute per la loro gestione.
In particolare, stabilisce che alle unioni di comuni ed alle comunità montane spetta un contributo pari ad una percentuale (da un minimo del 10 per cento ad un massimo del 20 per cento) del totale delle spese sostenute in relazione al servizio/i esercitati in maniera associata.
Le modifiche proposte, mantenendo inalterato il criterio di attribuzione, prevedono che il contributo sia concesso alle unioni di comuni ed alle comunità montane che gestiscono almeno due servizi, e rideterminano le fasce di aliquote percentuali delle spese per la gestione dei servizi alle quali viene commisurato il contributo statale. In particolare, vengono introdotte tre aliquote percentuali che aumentano progressivamente in relazione al numero dei servizi svolti in maniera associata.

7.3) Il comma 4 dell’articolo 5 del decreto del Ministro dell’interno n. 318 del 2000 consente attualmente la maggiorazione del 5 per cento delle percentuali di cui sopra per i servizi sia di anagrafe e stato civile, sia dell’ufficio tecnico esercitati in forma associata.
La suddetta disposizione è modificata al fine di consentire l’applicazione di detta maggiorazione anche per i servizi di urbanistica e gestione del territorio e di polizia locale.

7.4) Viene introdotto il comma 4 bis che premia gli enti che gestiscono in forma associata intere funzioni.
Più in particolare, è previsto che il contributo calcolato in base ai criteri ed ai parametri di cui ai precedenti commi 3 e 4 sia aumentato del 10 per cento ove vengano conferite integralmente in gestione associata funzioni comunali composte da più di due servizi, così come individuati dal decreto del Presidente della Repubblica 31 gennaio 1996, n. 194.
Si evidenzia che il predetto dPR, nell’approvare la modulistica dei documenti contabili degli enti locali (relazione previsionale e programmatica, bilancio di previsione annuale, bilancio di previsione pluriennale, rendiconto, ecc.), ha definito le funzioni dei comuni ed i servizi da cui le stesse funzioni sono composte.
7.5) L’articolo 5 del decreto del Ministro dell’interno n. 318 del 2000 prevede attualmente, per l’assegnazione di una quota del contributo, specifici parametri basati sul numero dei servizi e sulle spese sostenute per la gestione dei servizi stessi.
Al fine di adeguare l’applicazione dei suddetti parametri, ed in particolare quelli che determinano il contributo in relazione alle spese dei servizi, alle prescrizioni dettate dal comma 8 dell’articolo 1 quater del decreto legge n. 50 del 2003, riportato in precedenza, lo schema di decreto che si esamina introduce il comma 4 ter.
La norma proposta prevede che per la determinazione del contributo spettante alle unioni di comuni, in sede di prima istituzione o in sede di primo conferimento di servizi ad unioni già esistenti, le spese certificate dai singoli comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti siano calcolate con riferimento alla spesa media nazionale per abitante sostenuta dai comuni sino a 5.000 abitanti.
In sostanza, per detti comuni, ai fini della determinazione del contributo in questione, non si prende in considerazione quanto effettivamente speso per i servizi conferiti in gestione associata, ma si considera la spesa media per abitante sostenuta per gli stessi dai comuni con popolazione sino a 5.000 abitanti.
In sede di determinazione del contributo da assegnare alle unioni di comuni neoistituite non saranno considerate le spese dei comuni con popolazione superiore a 30.000 abitanti in applicazione dei criteri dettati dal comma 8 dell’articolo 1 quater del decreto legge n. 50 del 2003, richiamati in via generale dall’articolo 1, comma 2, del regolamento così come risultante a seguito delle modifche che si propone di introdurre.
7.6) Il comma 4 quater detta disposizioni dirette a garantire che i contributi concessi alle unioni di comuni ed alle comunità montane non siano erogati in misura superiore alle loro effettive necessità e che gli stessi siano interamente utilizzati per i servizi conferiti in gestione associata.
A tale riguardo è innanzi tutto disposto che le unioni di comuni e le comunità montane, che hanno ricevuto il contributo in sede di prima istituzione o in occasione del primo conferimento di servizi in gestione associata, sono tenute a dimostrare l’effettivo avvio della gestione associata attraverso apposita certificazione da predisporre secondo modelli che dovranno essere approvati con decreto del Ministero dell’interno da emanare entro il 31 maggio di ciascun anno ai sensi di quanto previsto dal comma 2 dell’articolo 5.
Al fine, poi, di verificare se il contributo assegnato in sede di prima istituzione o in occasione del primo conferimento dei servizi in gestione associata - parametrato alle spese dei singoli comuni facenti parte dell’unione - sia giustificato dalle effettive esigenze di gestione, la norma prevede che gli enti beneficiari sono tenuti a certificare le spese sostenute nel primo anno di funzionamento. Ove dette spese risultino inferiori di almeno il 10 per cento rispetto a quelle certificate per la concessione del contributo in sede di prima istituzione o di primo conferimento in gestione associata, è previsto che detta differenza sia recuperata in occasione dell’assegnazione dei successivi contributi annuali. La stessa norma prevede che il predetto recupero sia effettuato in misura direttamente proporzionale al rapporto esistente tra le spese certificate ed il contributo assegnato secondo i parametri di cui all’articolo 5 del regolamento e del comma 8 dell’articolo 1 quater del decreto legge n. 50 del 2003.
Inoltre, ove a seguito di tale verifica venga accertata la mancata gestione dei servizi, è previsto che il contributo concesso in sede di prima istituzione o di primo conferimento di servizi sia revocato.
Da ultimo, limitatamente alle unioni di comuni, tenuto conto delle innovazioni che il presente schema di decreto intende apportare con l’introduzione dei commi 4 ter e 5 bis, vengono fissati anche i criteri per l’individuazione delle spese da mettere a raffronto ai fini di quanto prima accennato.

7.7) L’attuale comma 5 dell’articolo 5 del decreto del Ministro dell’interno n. 318 del 2000 prevede che il contributo assegnato alle unioni di comuni ed alle comunità sia rideterminato triennalmente sulla base dei dati relativi alle spese correnti ed in conto capitale impegnate per i servizi gestiti in forma associata ed in relazione al miglioramento dei servizi, da verificare sulla base di parametri fissati con il decreto ministeriale di cui al comma 2 dello stesso articolo 5.
In sostanza, in sede di prima gestione in forma associata da parte delle unioni di comuni e delle comunità montane, il contributo è commisurato alle spese sostenute dai singoli comuni per i servizi conferiti in gestione associata. Successivamente, con la rideterminazione triennale, il contributo viene adeguato alle spese sostenute dalle unioni di comuni e dalle comunità montane in sede di gestione associata che dovrebbero risultare inferiori per evidenti ragioni connesse all’ottimizzazione dei servizi ed alle economie di scala.
Alla suddetta disposizione sono apportate due integrazioni:
- innanzi tutto, è previsto che la riderminazione triennale del contributo, attraverso apposita certificazione da trasmettere a cura degli enti locali interessati, decorre dall’anno successivo al biennio di primo funzionamento dell’unione dei comuni e della gestione associata dei servizi da parte delle comunità montane;
- inoltre, viene proposta l’introduzione di una specifica disposizione diretta a favorire, attraverso il riconoscimento di una maggiorazione del contributo pari al 5 per cento dello stesso, quelle unioni di comuni e quelle comunità montane che dimostrino di aver sostenuto un significativo impegno finanziario nell’erogazione dei servizi.

7.8) Lo schema di decreto intende adeguare i parametri da utilizzare per la riderminazione triennale del contributo prevista dal comma 5 dell’articolo 5 del regolamento alle prescrizioni dettate dal comma 8 dell’articolo 1 quater del decreto legge n. 50 del 2003.
A tale fine il comma 5 bis che si intende introdurre prevede che in sede di rideterminazione triennale del contributo quest’ultimo sia calcolato in misura pari al prodotto risultante dalla spesa media per abitante sostenuta da ciascuna unione per la gestione dei servizi ed il numero degli abitanti dei singoli comuni facenti parte della forma associata, considerando la popolazione di ciascun ente sino ad un massimo di 5.000 abitanti. In fase di rideterminazione triennale è, inoltre, prevista la detrazione della spesa riferita ai comuni con popolazione superiore a 30.000 abitanti, convenzionalmente quantificata in misura pari al prodotto risultante dalla spesa media per abitante di cui sopra e il numero degli abitanti dei predetti enti.

7.9) Il comma 5 ter, che lo schema di decreto in esame intende introdurre, prevede una disposizione diretta a garantire il rispetto dei tempi stabiliti per la trasmissione delle certificazioni richieste, ai sensi del comma 5, per la rideterminazione triennale del contributo.
A tale riguardo è previsto che ove le unioni di comuni e le comunità montane non trasmettano la certificazione di cui al comma 5, entro i tempi disposti con il decreto ministeriale di cui al comma 2, le quote di contributo di cui agli articoli 3, 4 e 5 del regolamento sono sospese. Il contributo potrà essere attribuito solo all’atto della presentazione della richiesta certificazione e sempre che vi siano residui fondi disponibili a tale riguardo.

7.10) Il comma 6 dell’articolo 5 del regolamento viene integrato prevedendo che con il decreto del Ministero dell’interno di cui al comma 2 del predetto articolo vengano approvati, oltre che i modelli per le certificazioni necessarie per ottenere il contributo in sede di prima istituzione, anche i modelli per le certificazioni destinate a verificare l’effettiva gestione dei servizi secondo le disposizioni recate dal comma 4 quater che si intende introdurre con lo schema di decreto in esame.

8. Le modifiche introdotte all'impianto in vigore del decreto n. 318 del 2000 sono quindi numerose, incisive ed ispirate ad una logica di revisione complessiva del testo, sulla base delle esperienze maturate e delle stesse indicazioni ricevute dalle associazioni di rappresentanza degli enti locali interessati. L'innovazione introdotta dal legislatore, con il richiamato art. 1 quater, comma 8,della legge di conversione n. 116/2003, ha quindi costituito l'occasione per un rivisitazione a tutto campo del testo del decreto n. 318, idonea a svolgere il senso "interno" di tale disposizione.
In questo contesto, assumono un significato particolarmente innovativo alcune delle modifiche introdotte nell'art. 5 del precedente decreto n. 318, di carattere organizzativo e procedurale; in primo luogo, quelle che intendono dare priorità finanziaria a quelle unioni di Comuni e a quelle Comunità montane che gestiscono in comune almeno due servizi. Inoltre , la maggiorazione del contributo, già prevista nel caso della gestione in comune dei servizi di anagrafe e stato civile e dei servizi tecnici, viene estesa anche alla gestione in comune dei servizi di urbanistica e gestione del territorio e di polizia locale.
Si allarga dunque la platea dei servizi che danno diritto alla maggiorazione e si lega, contestualmente, la scala parametrica premiale alla gestione in comune di almeno due servizi. In particolare, lo schema di decreto, tiene conto della analitica individuazione delle funzioni e dei servizi comunali , effettuata dal decreto del Presidente della Repubblica 31 gennaio 1996, n. 194, inserendo con precisione la nomenclatura dei servizi da gestire in comune entro lo schema fissato dal citato dPR n. 194.
In secondo luogo quelle direte a garantire che i contributi non siano erogati in misura superiore alle effettive necessità delle unioni di comuni e delle comunità montane interessate, con l'introduzione di una specifica ed innovativa procedura di certificazione gestita dal Ministero fin dalla predisposizione dei modelli da utilizzare.
In terzo luogo, quelle dirette ad adeguare i parametri da utilizzare per la rideterminazione triennale del contributo.
Considerato:
1. Le finalità sostanziali della normativa in esame appaiono espressione di esigenze concrete ed urgenti, di cui il legislatore statale ha inteso farsi tramite, operando con il citato art. 1 quater, comma 8, della legge di conversione n.116 del 2003.
Tuttavia, è opportuno ricordare che, nel nuovo contesto costituzionale, la potestà regolamentare spetta alla Stato solo nelle materie di legislazione esclusiva, salva delega alle Regioni; in ogni altra materia, la potestà regolamentare spetta alle Regioni. (art.117, sesto comma, Cost.).
Occorre dunque comprendere con precisione quale sia la base costituzionale che sorregge nel caso de quo il rinnovato esercizio del potere regolamentare dello Stato.
E' da escludere che ci troviamo in presenza di materia nella quale lo Stato eserciti competenza legislativa esclusiva; non si tratta infatti di disciplinare le funzioni fondamentali e gli organi di governo di Comuni, province e città metropolitane, (art. 117, comma secondo); ne' di regolare i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti sociali e civili su tutto il territorio nazionale (art. 117,comma secondo, lett.m); ne' di promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale e rimuovere squilibri economici sociali, secondo lo schema dell'art. 119, quinto comma, della Cost..
Il tema in esame pone questioni delicate, di ordine sistemico, che hanno trovato puntuali svolgimenti in recenti pronunce della Corte Costituzionale (cfr. sentenze nn 14, 16 e 49 del 2004): esse chiariscono in modo inequivoco i limiti entro i quali deve muoversi l'intervento statale che intenda utilizzare canali di finanziamento finalizzato, diretti e puntuali verso determinate Regioni, comuni, province e città metropolitane.
Ne', d'altra parte, nel caso in esame sembra possa essere ragionevolmente essere invocata l'unità giuridica ed economica del Paese.
Ci troviamo infatti di fronte ad una articolata tipologia di interventi finanziari che promuovono, direttamente con fondi statali, la fusione di comuni, l'unione di comuni e di comunità montane che intendono svolgere in forma associata l'esercizio di funzioni comunali. Appare conforme alla volontà del legislatore statale un indirizzo che tende a favorire i piccoli comuni e la integrazione dei servizi intercomunali, migliorandone così la qualità.
E tuttavia, tali interventi che risultavano sicuramente ammissibili nel precedente contesto costituzionale, trovano con difficoltà una collocazione normativa coerente nel nuovo contesto segnato da un riparto di competenze legislative e soprattutto regolamentari assai più netto e preciso.

2. Infatti, la circostanza che nel caso che ci occupa si tratta di distribuire fondi già stanziati nel bilancio dello Stato e funzionali ad una obiettiva esigenza di promozione e stimolo di una più razionale organizzazione dei servizi nei comuni di piccole dimensioni, non appare di per se una ragione giuridica sufficiente a sorreggere l'esercizio di un potere di regolazione che non sembra più intestato allo Stato ma direttamente alle Regioni. La norma primaria alla quale si intende dare esecuzione, peraltro volutamente concepita in termini auto applicativi, risulta collocata in una disposizione inserita dal legislatore nazionale nella conversione di un decreto legge recante disposizioni urgenti in materia di bilanci degli enti locali.
Dunque, anche a voler ritenere, in via interpretativa, che tutte le disposizioni inserite in via di conversione attengano, ratione materiae, alla deliberazione dei bilanci comunali, operazione alquanto estensiva e di dubbia coerenza ermeneutica, si tratterebbe in ogni casi di un intervento che, a tutto concedere, potrebbe essere attratto in un'area di competenza concorrente (coordinamento della finanza pubblica) nella quale comunque la competenza legislativa è intestata alla Regione, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, e la competenza regolamentare rimane comunque integralmente intestata alla Regione.
Dunque senza entrare nella questione della compatibilità con i principi costituzionali della richiamata disposizione, inserita dal legislatore statale nella conversione del decreto legge prima indicato, ed anche ammettendo che nel caso che ci occupa si versi ancora nell'area di applicazione del principio di reciproca cedevolezza di cui all'art. 1, comma 2, della legge n.131 del 2003 (recante disposizioni per adeguare l'ordinamento della repubblica al nuovo contesto costituzionale), appare difficilmente contestabile che non si rinviene in modo agevole la base costituzionale sulla quale appoggiare in modo convincente l'esercizio di un potere regolamentare che comunque non è più intestato allo Stato.
Partendo dalla constatazione che il legislatore statale abbia inteso, in qualche modo, ed in via transitoria e d'urgenza, modificare direttamente criteri di riparto già in precedenza stabiliti da norme statali, si tratta di capire se lo spazio a valle dei nuovi criteri necessitava comunque di un intervento normativo secondario e se tale intervento non potesse essere lasciato all'iniziativa delle Regioni, secondo uno svolgimento dei piani normativi più coerente con il nuovo contesto costituzionale.
3. I commi 7 ed 8 dell'art. 1 quater della legge di conversione del decreto legge n. 50 del 2003, presentano un contenuto innovativo estremamente preciso e tale da poter essere utilizzato direttamente all'atto del riparto dei fondi statali in questione; infatti, il comma 7 stabilisce che i contributi a favore delle unioni di comuni e di comunità montane che svolgono in forma associata funzioni e servizi di competenza dei comuni, possono essere utilizzati anche per il finanziamento degli enti risultanti dalla fusione di comuni; il comma 8, come già indicato, stabilisce che se i comuni con popolazione superiore a 5000 abitanti fanno parte di unioni di comuni i parametri di riparto previsti dal decreto del Ministro dell'interno n. 318 del 2000, sono applicati "considerando tali enti come comuni con popolazione sino a 5000 abitanti", fermo restando l'esclusione dall'applicazione dei parametri di riparto i comuni con popolazione superiore ai 30.000 abitanti.
Infine, il comma 9, di essenziale rilievo ai nostri fini, chiarisce che dall'applicazione delle disposizioni prima indicate non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Risulta quindi del tutto chiaro che si tratta di applicare, in via transitoria, criteri in parte nuovi alla stessa quantità di risorse statali che sarebbe stato possibile erogare prima delle modifiche in questione. E si tratta di criteri che, sulla base dei precedenti parametri, specificati dalla regolamentazione statale, comunque in vigore fino ad una loro abrogazione, e modificati dalle disposizioni statali prima ricordate, avrebbero ben potuto essere attualizzati direttamente da norme secondarie regionali.
In altri termini, si osserva che anche ad ammettere il carattere d'urgenza e transitorio delle norme primarie statali in esame, e senza esaminare ex professo la questione della loro coerenza e compatibilità, di metodo e di contenuto, con il nuovo contesto costituzionale, resta il profilo della dubbia coerenza e compatibilità giuridica dell'esercizio di un potere regolamentare statale che è ora intestato alle Regioni e che nel caso di specie poteva essere riempito da interventi regolamentari regionali.

4. Al riguardo, la sent. n. 49 del 2004 della Corte Costituzionale, (puntualmente richiamata nel parere della Conferenza unificata del 29 aprile 2004), che ha dichiarato l'illegittimità delle disposizioni statali che distribuivano le risorse del Fondo nazionale per il sostegno alla progettazione delle opere pubbliche delle Regioni e degli enti locali, osserva che "per quanto riguarda la disciplina della spesa ed il trasferimento di risorse dal bilancio statale, lo Stato deve agire in conformità al nuovo riparto di competenze e alle nuove regole, disponendo i trasferimenti senza vincoli di destinazione specifica, passando, se del caso, attraverso il filtro dei programmi regionali e coinvolgendo le Regioni interessate nei processi decisionali concernenti il riparto e la destinazione fondi, nel rispetto dell'autonomia di spesa degli enti locali".
Si tratta allora di prendere atto che tutte le volte che si tratta di trasferire dal bilancio dello Stato fondi che attengono a competenze non più intestate esclusivamente allo Stato, è necessario individuare moduli e metodi nuovi, coerenti con il mutato contesto costituzionale.
Ora, proprio operando entro lo schema delineato dalla giurisprudenza costituzionale , a valle delle disposizioni primarie inserite dal legislatore nazionale nella sede della conversione di un decreto d'urgenza, il Governo , nel caso in esame, avrebbe ben potuto limitarsi , senza intermediazione dell'esercizio di nuovi poteri regolamentari, a determinare direttamente, per l'esercizio finanziario in corso, il quantum delle risorse già stanziate nel bilancio di previsione dello Stato da utilizzare per le finalità di cui al decreto n. 318 del 2000,come modificato dai citati commi 7 ed 8 dell'art. 1 quater, mettendolo a disposizione delle normative regionali secondarie che avrebbero potuto dare ulteriore concreta attuazione al riparto, integrando tale riparto statale, transitorio e limitato al solo esercizio 2004, con lo svolgimento di ulteriori puntuali e estensivi criteri, volti a tener conto, sul terreno regionale, delle relative specificità e della garanzia di effettivo utilizzo per le finalità volute dalla legge.
In sostanza le regioni, sulla base degli strumenti di coordinamento già vigenti - ed il Governo avrebbe avuto modo in questa fase transitoria di assolvere a pieno alle sue funzioni di indirizzo e coordinamento - ben avrebbero potuto trovare opportune intese per ripartire tali fondi statali, fino al loro esaurimento, sulla base di programmi regionali, assunti nell'esercizio dei rispettivi poteri regolamentari e come premessa di eventuali normative legislative regionali di modifica dei criteri statali in vigore.
Ed in questo caso, il potere regolamentare delle Regioni trovava nelle norme statali d'urgenza il limite, provvisorio ma giustificabile, per consentire l'ordinato passaggio al nuovo assetto delle competenze e della gestione delle risorse.
Dunque, proprio sulla base delle recenti indicazioni della giurisprudenza costituzionale, sarebbe risultato in concreto possibile proporre alla consultazione ed alla cooperazione degli enti locali e delle Regioni percorsi normativi e gestionali più coerenti col nuovo contesto costituzionale, anche se probabilmente più complessi e lunghi, in questa delicata fase transitoria.

5. Tuttavia, appare piuttosto chiaro, anche sulla base dei pareri richiesti alle associazioni di categoria degli enti locali interessati, che il Ministero dell'Interno comunque intende fare premio ad esigenze, oggettivamente riconoscibili, di gestione ordinata di una fase transitoria e con effetti finanziari limitati alla utilizzazione delle risorse stanziate per il solo esercizio 2004, esigenze grosso modo riconducibili all'area del coordinamento (in via d'urgenza) della finanza pubblica.
In questa ottica, superando le riserve svolte in precedenza, ed aderendo in buona sostanza ad una situazione di necessità ed urgenza riconosciuta anche dalla stessa Conferenza unificata del 29 aprile 2004, nel primo dei considerata del parere favorevole reso in pari data, questa Sezione non ha riserve sostanziali da muovere al merito delle scelte recate dallo schema in esame.
In questa prospettiva diviene però cruciale, come suggerisce la Conferenza unificata nel parere prima richiamato, proprio sulla base del principio costituzionale di leale collaborazione, dare avvio immediato ad un tavolo di lavoro misto tra Stato, Regioni ed associazioni nazionali rappresentative delle Autonomie locali.
Si tratta infatti di questioni che possono immediatamente trovare diverse e specifiche soluzioni a livello regionale, sia in via legislativa, sia in via regolamentare; si pensi, ad esempio, alle tecniche di verifica della puntuale utilizzazione delle risorse erogate, ai metodi per aggiornare, triennalmente, l'erogazione di detti fondi.

6. Sotto il profilo formale, il richiamo, solo nel comma 1 dell'art.2 e nel comma 4 quater dell'art.5 dello schema in esame, alla fonte primaria a cui si intende dare attuazione (l comma 8 dell'art. 1 quater del decreto legge n.50 del 2003, convertito, con modificazioni, nella legge n.116 del 2003), appare da un lato sovrabbondante e dall’altro fuorviante sul piano interpretativo; i criteri modificati negli articoli richiamati sono quelli deducibili dalla norma primaria, del resto assai precisa; le estensioni normative introdotte in altre parti dello schema risultano rese più nette da tale richiamo, evidenziando così un legame molto indiretto e mediato con la norma primaria, legame che invece si giustifica solo in ragione delle considerazioni d'urgenza e di necessità prima richiamate ed in ragione del carattere complessivo e sistemico del decreto si cui si interviene. Ma urgenza e puntualità transitoria dell'intervento, per il solo 2004, da un lato, e rivisitazione sistemica del decreto base, sono due esigenze obiettivamente contraddittorie che non sembra coerente rendere ancora più nette ed evidenti nello stesso testo dello schema. Se si intendesse operare secondo una logica che distingue le linee di intervento, allora sarebbe necessario rivedere tutte le disposizioni del decreto che operano con carattere di stabilità e permanenza, riscrivendolo completamente nell'ottica della urgenza e delle transitorietà. Ma questa linea operativa si tradurrebbe in uno schema diverso, al quale abbiamo alluso nel precedente punto n.4 del presente parere. I suddetti richiami debbono pertanto essere eliminati e, nelle premesse dello schema, deve essere inserito un richiamo alla urgenza dell’intervento e alla sua efficacia limitata nel tempo.
P.Q.M.

Nelle considerazioni che precedono è il parere della Sezione.
Per estratto dal verbale
Il Segretario dell’Adunanza
(Virginia Funaro)

Visto
Il Presidente della Sezione
(Livia Barberio Corsetti)


Menu

Contenuti