Consiglio di Stato

Parere - sezione I, 26 novembre 2003 n. 1006

Oggetto: Ministero dell’interno – Legge costituzionale n. 3 del 19.10.2001. Effetto sul T.U.E.L. – Esercizio della facoltà di controllo da parte del Prefetto ex art. 135, comma 2, del decreto legislativo n. 267/2000.

Quesito VISTA la relazione prot. n. 1384/L.142.1bis.11 del 26 febbraio 2003 con la quale il Ministero dell’interno – Dipartimento per gli affari interni e territoriali – Direzione centrale per le autonomie – chiede il parere del Consiglio di Stato in ordine al quesito indicato in oggetto;
ESAMINATI gli atti e udito il relatore-estensore consigliere Bruno Rosario Polito;
PREMESSO:
Riferisce l’Amministrazione che la recente legge costituzionale n. 3/2001 di modifica del titolo V della parte seconda della Costituzione ha disposto l’abrogazione dell’art. 130 Cost. Ciò ha comportato, secondo l’orientamento prevalente, la soppressione dei controlli preventivi esterni di legittimità sugli atti degli enti locali.
Secondo il cennato orientamento, il principio di equiordinazione tra Comuni e Regioni (art. 114 Cost.) preclude la possibilità che un organo regionale eserciti il controllo preventivo di legittimità nei confronti di competenze proprie di enti ad autonomia costituzionalmente garantita.
In altri termini, l’abrogazione dell’art. 130 Cost. si colloca nel nuovo quadro di rapporti tra Stato, Regioni ed Enti Locali, nell’ottica di un netto riparto di competenze tra i vari livelli di governo sul territorio, ciascuno munito di pari dignità e di proprie competenze.
La caducazione (per effetto dell’abrogazione dell’art. 130 Cost.) del controllo preventivo di legittimità finora svolto dall’organo regionale di controllo fa emergere la problematica della vigenza dell’art. 135, comma 2, del T.U.E.L. n. 267/2000.
Tale norma prevede la legittimazione del Prefetto ad attivarsi affinché siano sottoposte al controllo preventivo di legittimità le “deliberazioni degli enti locali relative ad acquisti, alienazioni, appalti ed in generale a tutti i contratti”; ciò al fine di prevenzione della criminalità organizzata e di ogni pericolo di infiltrazione della stessa, riproducendo, sostanzialmente, il comma 1 bis dell’art. 16 della legge n. 55/1990 (introdotto dall’art. 15 del d.l. n. 152/1991 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 203/1991) recante disposizioni per la prevenzione della delinquenza di tipo mafioso.
Muovendo dal presupposto che la legittimazione del Prefetto ad attivarsi per finalità di contrasto alla criminalità di tipo mafioso abbia una sua autonoma configurazione, confermata dall’imputazione alla competenza statale della materia relativa all’ “ordine pubblico e sicurezza” (lett. h) del novellato articolo 117 della Costituzione), l’Amministrazione ritiene che il Prefetto possa intervenire nei confronti dell’ente locale, invitandolo a riconsiderare l’atto viziato in sede di autotutela, qualora riscontri profili di illegittimità idonei a giustificare il timore dell’infiltrazione mafiosa. Tale conclusione troverebbe conforto nell’orientamento espresso dal Consiglio di Stato con il parere n. 1539/97, reso nell’adunanza della Prima Sezione del 15 ottobre 1997, sulla permanenza, nell’ordinamento, dell’art. 16, comma 1 bis, della legge 19 marzo 1990, n. 55, sostanzialmente riprodotto dall’art. 135 del d.lgs. n. 267/2000, anche in presenza delle innovazioni introdotte dalla legge 15 maggio 1997, n. 127, nella materia del controllo sugli atti degli enti locali.
Il Dicastero degli Interni sottolinea, inoltre, che, ai sensi dell’articolo 147 del T.U.E.L., l’ente locale è tenuto ad individuare “strumenti e metodologie” per “garantire attraverso il controllo di regolarità amministrativa e contabile, la legittimità ….. dell’azione amministrativa”. Se, quindi, dopo le modifiche costituzionali, non è certamente più ipotizzabile un intervento sanzionatorio sugli atti da parte di soggetti esterni all’ente locale, appare viceversa coerente con i nuovi principi un’attività di riesame da parte delle strutture e degli organi interni dello stesso ente deputati a garantirne la legittimità, pur se dietro impulso dell’organo – il Prefetto – che, per rivestire la qualità di autorità di pubblica sicurezza, ha in materia una specifica competenza. Ulteriori considerazioni sono svolte sulla validità di un orientamento teso a reputare tuttora operante la previsione contenuta nel comma 2, ultimo periodo, dell’art. 135 cit., che prevede l’obbligo generalizzato di trasmissione al Prefetto (contestualmente all’affissione all’albo) delle deliberazioni relative ad “acquisti, alienazioni, appalti ed in genere a tutti i contratti”. Stante la stretta strumentalità di detta previsione con l’abrogato sistema di controllo da parte del CO.RE.CO., un obbligo indifferenziato di inoltro al Prefetto dei deliberati in questione verrebbe a configurarsi di dubbia compatibilità con l’attuale contesto ordinamentale, oltre che con le prerogative di autonomia conferite a detti enti dalla Costituzione, nonché con le esigenze di semplificazione amministrativa alla base di un indirizzo legislativo fermamente seguito dal Parlamento.
In merito alle su riferite questioni è formulata richiesta di parere del Consiglio di Stato.
CONSIDERATO:
Il quesito sottoposto all’esame della Sezione attiene all’applicazione – a seguito dell’abrogazione dell’art. 130 Cost. per effetto delle modifiche introdotte dalla legge cost. n. 3/2001 al titolo quinto della parte seconda della Costituzione - dell’art. 135, secondo comma, del d.lgs. 18.08.2000, n. 267, che, in presenza di deliberazioni degli enti locali aventi ad oggetto acquisti, alienazioni, appalti ed in generale l’attività contrattuale, consente al Prefetto, in base ad elementi che facciano presumere infiltrazioni di tipo mafioso nello svolgimento di dette attività, di chiederne la sottoposizione alla preventiva verifica di legittimità presso l’organo regionale di controllo.
Deve, in primo luogo, convenirsi con quanto prospettato sia dal Dipartimento degli Affari Regionali della Presidenza del Consiglio dei Ministri, sia dal Ministero dell’Interno, circa l’inapplicabilità delle disposizioni sull’esercizio del controllo esterno di legittimità sugli atti dei comuni e delle province per effetto dell’abrogazione da parte dell’art. 9, comma secondo, della legge costituzionale 18.10.2001, n. 3, dell’art. 130 della Costituzione, che detta potestà di controllo demandava ad un organo istituito presso ciascuna regione secondo criteri e modalità stabiliti con legge dello Stato.
Venuta meno la fonte normativa di rango costituzionale su cui poggiava tutto il sistema dei controlli sugli atti degli enti locali si determina, invero, l’effetto abrogativo per caducazione di tutte le disposizioni dell’ordinamento che nella norma costituzionale trovavano giustificazione e la loro stessa ragion d’essere. Tale conclusione è del resto coerente con il nuovo disegno costituzionale dei rapporti fra Stato – Regione ed Autonomie Locali, che assegna a tali ultimi organismi l’esercizio dei compiti amministrativi con autonomia statutaria, di poteri e funzioni, quali organi equiordinati che concorrono, con pari dignità e senza limitazioni della spesa di capacità, al perseguimento dei fini di interesse pubblico di cui sono attributari.
L’intervento del Prefetto prefigurato dall’art. 135, comma secondo, del d.lgs. n. 267/2000 in ordine a deliberazioni degli enti locali relative ad acquisti, alienazioni, appalti ed in generale a tutti i contratti, in base ad elementi che facciano presumere infiltrazioni di tipo mafioso nelle svolgimento di dette attività non configura, tuttavia, un controllo esterno dell’amministrazione statale sulla legittimità di atti dell’ente locale, ma è espressione di un potere indirizzato alla salvaguardia di interessi fondamentali inerenti all’ordine ed alla sicurezza pubblica, che l’art. 117, comma terzo, lett. h), della Costituzione, nel testo novellato, riserva alla legislazione esclusiva dello Stato.
L’abrogazione dell’art. 130 della Costituzione ha inciso quindi sul mezzo per l’esercizio di detto potere (sottoposizione dell’atto al controllo preventivo di legittimità presso il competente organo regionale), ma non ha fatto venir meno il modello procedimentale (riesame obbligatorio nei profili di legittimità dell’atto), già previsto dall’art. 16, comma uno bis, della legge 19.03.1990, n. 55, poi trasfuso nell’art. 135 del d.lgs. n. 267/1990, che il Legislatore ha ritenuto strumento congruo alla prevenzione e repressione delle attività di stampo mafioso. Siffatta verifica di legittimità degli atti in questione trova, del resto, ulteriore referente normativo nell’art. 1, comma settimo, della legge n. 762/1982, in base al quale “le stazioni appaltanti opere pubbliche sono tenute a fornire all’Alto Commissario (per la lotta contro la delinquenza mafiosa, ora Prefetto in virtù della delega del Ministro dell’Interno ai sensi dell’art. 2, comma 2 quater, della legge n. 410/1991) ove questi ne faccia richiesta, le documentazioni relative alle procedure di aggiudicazione e ai contratti di opere eseguite o da eseguire”.
Ferma restando la potestà prefettizia derivante dall’art. 135, comma secondo, del d.lgs. n. 267/2000 - che come innanzi detto è indirizzata alla salvaguardia dell’ordine pubblico, nonché alla preservazione delle strutture giuridiche e della stessa convivenza sociale instaurata mediante le leggi, che costituiscono valori comuni ed essenziali all’intero ordinamento della Repubblica – l’effettività della norma può garantirsi, come prospettato dal Ministero dell’Interno, avvalendosi di un analogo strumento di riesame della legittimità dell’atto su cui ricada il sospetto di condizionamento da parte di organizzazioni di tipo mafioso. Detto strumento è offerto, in via primaria, dall’art. 147, comma primo, lett. a), del d.lgs. n. 267/2000, che assegna all’autonomia normativa ed organizzativa dell’ ente locale l’individuazione di sistemi di controllo interno sulla legittimità, regolarità e correttezza dell’azione amministrativa.
In presenza, pertanto, di deliberati sugli oggetti di cui al comma secondo dell’art. 135 del d.lgs. n. 267/2000, che sulla base di fondati elementi acquisiti possano essere espressione di condizionamento di associazioni della criminalità organizzata, il Prefetto potrà sollecitare il controllo interno di cui all’art. 147, comma primo, lett. a), del d.lgs. citato. In assenza nell’assetto organizzativo dell’ente locale di siffatto sistema di controllo interno potrà essere richiesto il motivato riesame di legittimità dell’atto in via di autotutela da parte dello stesso organo che lo ha emesso.
La soluzione prospettata è del resto coerente con le disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18.10.2001, n. 3, dettate dalla legge 05.06.2003, n. 131, che nel fissare le regole di indirizzo della delega al Governo per l’adeguamento delle disposizioni in materia di enti locali ha, in particolare, stabilito all’art. 2, comma quarto, lett. m), di “mantenere ferme le disposizioni in vigore relative ... ai procedimenti preordinati alla tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica”. L’art. 7, comma sesto, della legge n. 131/2003 ribadisce inoltre, a salvaguardia del principio di continuità dell’ordinamento giuridico, che fino all’adozione dei provvedimenti statali e regionali di conferimento delle funzioni amministrative sulla base dei criteri di sussidiarità, differenziazione ed adeguatezza enunciati dal novellato titolo quinto della Costituzione, le stesse “continuano ad essere esercitate secondo le attribuzioni stabilite dalle disposizioni vigenti, fatti salvi gli effetti di eventuali pronunce della Corte Costituzionale”.
Essendo stato espunto dall’ordinamento, per effetto dell’abrogazione dell’art. 130 della Costituzione, ogni sistema di preventivo controllo a regime sulla legittimità di specifiche categorie di atti degli enti locali, deve escludersi che permanga a carico di detti enti l’obbligo di inoltro indifferenziato al Prefetto di tutti i deliberati di impiego di risorse economiche quali elencati art. 135 del d.lgs. n. 267/2000 . L’acquisizione da parte del Prefetto di provvedimenti che possano riflettere le condizioni indicate dal menzionato dall’art. 135 ai fini dell’attivazione del procedimento di riesame della regolarità amministrativa con le modalità in precedenza indicate resta, pertanto, di volta in volta rimessa al prudente apprezzamento del predetto organo in base ad elementi o informazioni in suo possesso, ovvero in relazione a particolari situazioni locali.
P.Q.M.
Esprime il parere nei sensi di cui in motivazione.

Per estratto dal Verbale
Il Segretario dell’adunanza
(Elvio Piccini)
Visto
Il Presidente della Sezione f.f. (Klaus Dubis)

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