N. 240/2002

Reg. Dec.

N.899 Reg. Ric.

Anno 1988


R E P U B B L I C A I T A L I A N A

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente

D E C I S I O N E
sul ricorso in appello n. 899/1988, proposto dal:

- PREFETTO di Roma, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, via dei Portoghesi n. 12 , Roma, domiciliataria per legge;

c o n t r o

- ABATE Gaetano, rappresentato e difeso dall’Avv. Mario SANINO ed elettivamente domiciliato presso lo studio dello stesso in viale Parioli n. 180, Roma;

per l'annullamento

della sentenza n. 1506/1987 del T.A.R. Lazio (Roma), Sezione II, concernente sospensione di lavori di costruzione in cemento armato.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visti l’atto di delegazione per la costituzione in giudizio dell’appellato Mario SANINO;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore il Consigliere Aldo SCOLA ed uditi alla pubblica udienza del 30 ottobre 2001 altresì, per le parti, gli Avv.ti Gabriella Palmieri (per l’Avvocatura Generale dello Stato) e Mario Sanino;

Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:

FATTO
Previo accertamento dei vigili urbani del Comune di Guidonia Montecelio il Prefetto di Roma ordinava ( ex art. 12, legge n. 1086/1971) a Gaetano ABATE di sospendere i lavori di costruzione di una casa con strutture in cemento armato, per

omessa denuncia al competente Genio civile dell’inizio di tali lavori ex art. 4, legge cit..

L’ABATE ricorreva al T.A.R. Lazio, impugnando detto decreto prefettizio per:

1)- violaz. cit. art. 12, legge n. 1086/1971, e dell’art. 80, D.P.R. n. 616/1977; carenza di potere ed eccesso di potere per disparità di trattamento, ingiustizia manifesta e difetto di motivazione;

2)- violaz. artt. 1 e 4, legge n. 1086/1971 cit.; ancora eccesso di potere per difetto di motivazione, contraddittorietà ed ingiustizia manifesta; carenza di potere.

Il T.A.R. adìto annullava il decreto prefettizio in questione accogliendo la prima censura ed assorbendo la seconda.

La Prefettura di Roma proponeva appello sostanzialmente per erronea interpretazione della normativa sopra richiamata, nonché dell’art. 117, Cost., evidenziando trattarsi non di materia urbanistica riservata alle Regioni, ma di questione attinente alla pubblica incolumità e quindi di competenza statale.

L’appellato ABATE si costituiva in giudizio resistendo all’appello de quo.

La controversia passava in decisione alla pubblica udienza del 30 ottobre 2001.

DIRITTO
L’appello è infondato e va respinto, dovendosene disattendere l’unica, articolata censura per le ragioni che seguono, correttamente esposte nell’impugnata sentenza e qui sintetizzate e fatte proprie dal collegio come appresso.

Contrariamente, infatti, a quanto assume l’Avvocatura appellante non si ravvisa alcuna violazione dell’art. 1, legge n. 186/1971, contenente disposizioni intese a garantire il rispetto della disciplina vigente nella materia urbanistico-edilizia, riservata ex art. 117, Cost., alle Regioni che, in base all’art. 80, DPR n. 616/1977, possono disporre la sospensione dei lavori ai sensi dell’art. 12, legge cit., non potendosi dubitare del fatto che le norme regolanti le costruzioni inconglomerato cementizio armato (normale o precompresso) ed a struttura metallica, di cui alla cit. legge n. 1086/1971, quali norme tecniche disciplinanti l’attività di costruzione, attengono a pieno titolo ai manufatti edilizi e solo di riflesso riguardano (in senso ampio) la pubblica incolumità, risultando esse (come altre norme tecniche salvaguardanti profili di assetto del territorio, paesistici, storici, artistici, igienici o antisismici -questi ultimi rimasti di competenza statale: v. art. 81, DPR cit.- delle costruzioni) comunque intese a tutelare i pubblici interessi coinvolti nell’attività edilizia, mediante controlli non coincidenti con quelli che l’ordinamento tipicamente predispone per garantire la protezione di altri interessi primari, quali l’integrità fisica della cittadinanza e la pacifica ed ordinata convivenza dei consociati (cfr. art. 4, DPR cit, che tali controlli conserva allo Stato).

Orbene, alla luce delle argomentazioni appena esposte in rapporto alla nozione di attività urbanistico-edilizia, deve ritenersi che le sottolineate esigenze di cui all’art. 1, legge n. 1086/1971, cit., non possano non ricondursi a questa, risultandovi coinvolti interessi pubblici che le citate norme affidano alla competenza regionale.

Conclusivamente, l’appello dev’essere respinto, con salvezza dell’impugnata sentenza, mentre le spese del giudizio di secondo grado possono integralmente compensarsi per giusti motivi, tenuto anche conto della natura della controversia e dell’impegno difensivo reciprocamente spiegato dalle parti in causa.

P. Q. M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione IV:

- respinge l’appello in epigrafe;

- conferma l’impugnata sentenza;

- compensa le spese del giudizio;

- ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, il 30 ottobre 2001, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione IV, in camera di consiglio, con l’intervento dei signori:

Lucio VENTURINI Presidente

Domenico LA MEDICA Consigliere

Cesare LAMBERTI Consigliere

Aldo SCOLA Consigliere est.

Ermanno DE FRANCISCO Consigliere

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE

IL SEGRETARIO

Pubblicato il 17/01/2002












MASSIMA


Le norme regolanti le costruzioni in conglomerato cementizio armato (normale o precompresso) ed a struttura metallica, di cui alla legge n. 1086/1971, quali norme tecniche disciplinanti l’attività di costruzione, attengono a pieno titolo ai manufatti edilizi e solo di riflesso riguardano (in senso ampio) la pubblica incolumità, risultando esse (come altre norme tecniche salvaguardanti profili di assetto del territorio, paesistici, storici, artistici, igienici o antisismici -questi ultimi rimasti di competenza statale: v. art. 81, DPR n. 616/1977- delle costruzioni) comunque intese a tutelare i pubblici interessi coinvolti nell’attività edilizia, mediante controlli non coincidenti con quelli che l’ordinamento tipicamente predispone per garantire la protezione di altri interessi primari, quali l’integrità fisica della cittadinanza e la pacifica ed ordinata convivenza dei consociati.


Menu

Contenuti