N.3991/2004
Reg. Dec.
N. 4776 Reg. Ric.
Anno 2002
R E P U B B L I C A I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente
D E C I S I O N E
Sul ricorso in appello proposto da GLAXOSMITHKLINE S.P.A.
rappresentata e difesa da AVV. TO PAOLO VAIANO e PROF. DIEGO VAIANO presso i quali elettivamente domicilia in Roma, al Lungotevere Marzio 3
contro
L’AZIENDA SANITARIA LOCALE n. 22 di Acqui Terme, Novi Ligure, non costituita
nonché contro
LA REGIONE PIEMONTE
In persona della Giunta regionale pro-tempore, rappresentata e difesa dagli AVV. ENRICO ROMANELLI E GIULIETTA MAGLIONA, ed elettivamente domiciliata in Roma, presso l’avv. Romanelli, al Viale Giulio Cesare n. 14
e nei confronti
della FEDERFARMA, in persona del legale rappresentante pro-tempore e della FEDERFARMA PIEMONTE, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentate e difese dagli Avv. Prof. MASSIMO DE ANDREIS e MARIO CONTALDI, presso il quale elettivamente domicilia in Roma, alla Via Pierluigi da Palestrina, 63
e nei confronti
della ADS-ASSOCIAZIONE DISTRIBUTORI FARMACEUTICI, non costituita
per l’annullamento
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte n. 911/2002 del 20 aprite 2002, con la quale è stato in parte dichiarato inammissibile ed in parte respinto il ricorso proposto dalla GlaxoSmilhkline s.p.a.
Visto l’appello con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Piemonte, di FEDERFARMA NAZIONALE e di FEDERFARMA Piemonte;
Visti gli atti tutti della causa;
Udito, alla pubblica udienza del 2 marzo 2004 il relatore, Consigliere Livia Barberio Corsetti e uditi altresì per le parti gli Avv.ti D. Resta su delega dell’Avv. P. Vaiano, e G. Pafundi su delega dell’Avv. E. Romanelli, e G. Contaldi su delega dell’Avv. M. Contaldi;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue
FATTO
I- Con ricorso al TAR per il Piemonte la GlaxoSmilhkline s.p.a ha impugnato:
1) il bando di gara emesso dalla ASL 22 della Regione Piemonte in data 2 novembre 2001 per la fornitura dei medicinali, nella parte in cui, nel capitolato speciale all’articolo 3, punto 6, tra gli obblighi contrattuali previsti a carico delle aziende fornitrici, sanzionandone la mancata accettazione con l’esclusione dalla gara, prevede che “i contratti stipulati con le ditte aggiudicatarie della presente somministrazione potranno essere estesi anche ad altri soggetti diversi dalle amministrazioni contraenti in rapporto alle esigenze, ferma restando in ogni caso l’applicazione delle stesse condizioni economiche offerte in sede di gara” ed al successivo articolo 6 richiede che “unitamente all’offerta, pena l’esclusione dalla gara” venga prodotta “una copia del capitolato speciale di gara debitamente sottoscritta in ciascuna pagina dal legale rappresentante della Ditta in segno di accettazione”.
2) la delibera della Giunta Regionale del Piemonte n. 1.3808 del 9 agosto 2001 nella parte in cui viene stabilito che “i farmaci di cui all’allegato 2 del D.M. 22 dicembre 2000 di revisione delle note CUF ed eventualmente altri farmaci impiegati per patologie di particolare complessità clinica e gestionale, individuati in specifico elenco, devono essere acquistati e distribuiti direttamente dalle ASL” e che, contestualmente alla distribuzione diretta, “le Aziende possono sperimentare forme miste di distribuzione diretta dei predetti farmaci, avvalendosi delle farmacie del territorio, con modalità da concordarsi in ambito regionale con le OOSS di categoria e comunque con un riconoscimento di un onere per la distribuzione non superiore al 13% del prezzo pubblico IVA esclusa ai farmacisti titolari e non superiore al 4% del prezzo al pubblico IVA esclusa ai distributori intermedi di medicinali”; nonché dell’accordo, stipulato in data 31 agosto 2000 tra l’Assessore alla Sanità della Regione Piemonte, la Federfarma Piemonte e l’Associazione distributori farmaceutici e recepito dalla Giunta regionale con delibera del 17 settembre 2001 n. 23-3935 mediante il quale: a) vendono individuati in apposito elenco i farmaci destinati alla distribuzione diretta; b) vengono autorizzati i distributori intermedi ad acquistare detti farmaci dalle aziende produttrici per la successiva distribuzione esclusiva alle farmacie piemontesi alle condizioni risultanti dalle procedure di acquisto espletate dalle ASL; c) viene concordato che per detta distribuzione anche ai pazienti spetta ai grossisti il margine del 4% sul prezzo al pubblico ed alle farmacie il margine del 13% sul prezzo al pubblico.
Sosteneva che la clausola del bando di gara era illegittima in sé stessa e per derivazione dall’illegittimità degli altri atti impugnati.
Era illegittima in se stessa perché l’imposizione della preventiva accettazione della commerciabilità del contratto viola il principio della libera partecipazione alle gare con la sola limitazione dell’osservanza delle prescrizioni dettate dalla committente nell’interesse pubblico per la regolarità e la proficuità della gara. Viene adoperato il potere di ammissione alla gara, concesso a tutela della regolarità della gara stessa per raggiungere sostanzialmente il fine di poter a trasferire ad altri un contenuto economico che spetta per legge solo al cedente. In tal modo lo sconto obbligatorio che per legge è dovuto alle ASL viene trasferito alla distribuzione ordinaria dei farmaci.
La clausola era, ad avviso della ricorrente, illegittima anche per illegittimità derivata dagli atti regionali che ne erano alla base. Nei confronti di tali atti proponeva le seguenti censure:
1. Violazione dell’accordo Governo-Regioni dell’8 agosto 2001, nel quale si era concordato tra le parti di attendere nuovi strumenti legislativi, All’indomani di tale accordo la regione Piemonte ha proceduto per proprio conto, adottando misure in contrasto con la legislazione esistente e con le norme del successivo decreto legge del 18 settembre 2001.
2. Violazione del D.M. 22 dicembre 2000 all. 2 e limitatamente all’accordo 9 agosto 2001 anche della delibera impugnata nella parte in cui indica quali medicinali possono essere inseriti nell’elenco.
Mentre la delibera limita l’operatività del nuovo regime ai farmaci di cui all’articolo 2 de D.M. 22 dicembre 2000, l’elenco dei farmaci allegato all’accordo con le associazioni di distributori aggiunge tre principi attivi di largo consumo che in nessun modo possono essere riferiti "a patologie di particolare complessità clinica e gestionale". Si tratta, invero, di un antipertensivo e di due antibiotici di nuova generazione, tutti di grande diffusione ma di costo unitario modesto.
In tal modo l'accordo si è posto non soltanto contro la delibera regionale, ma anche contro i criteri che hanno guidato la formazione dell'elenco allegato 2 al D.M. 22 dicembre 2000 e che così sono indicati nelle premesse al detto elenco: "criterio di inclusione: quando la complessità clinica e gestionale della patologia trattata preveda un periodico ricorso alla struttura".
Né il sopraggiungere della normativa recata dal D.L.347/2001 vale a sanare il vizio denunciato, poiché l'art.8 di detto decreto che detta "particolari modalità di erogazione di medicinali agli assistiti" prevede l'erogazione diretta da parte delle strutture pubbliche solo dei "medicinali che richiedono un controllo ricorrente del paziente".
3. Violazione dell'art.9 del D.L.8 luglio 1974 n.264 e dell'art.3, comma 128, della L.28 dicembre 1995 n.549.
Il meccanismo di erogazione dei farmaci che risulta dalla delibera regionale e dall'accordo con le associazioni di categoria prevede che venga applicato alla distribuzione attraverso farmacie il prezzo conseguito attraverso la procedura di gara della ASL. Ma ciò non è legittimo per la presenza nelle gare bandite dalle ASL dello sconto stabilito nel 1974 e tuttora vigente: "lo sconto non inferiore al 50%, che le imprese produttrici...sono tenute a concedere alle aziende ospedaliere ed ai presidi ospedalieri.... deve essere stabilito mediante contrattazione tra le parti interessate (art.3, comma 128, legge 28 dicembre 1995 n. 549). Detto sconto, invero, se esteso a tutti gli acquisti del S.S.N. resta privo di quelle giustificazioni che ad avviso delta Corte Costituzionale ne salvano la costituzionalità.
In proposito la Corte Costituzionale (sentenze nn.144 del 1972, 201 del 1975, 102 del 1993) e di recente anche il Consiglio di Stato (parere n. 571 reso dalla III sezione in data 30 agosto 1994), hanno ritenuto che "le motivazioni che hanno indotto il legislatore a sanzionare con legge lo sconto d'uso nei rapporti fra case farmaceutiche ed enti (oggi aziende e presidi) ospedalieri trovano ampia giustificazione nelle minori spese sostenute sia per la distribuzione che per la confezione delle specialità medicinali, nonché nei maggiori guadagni realizzabili per la vendita diretta di grossi quantitativi agli ospedali". Tali aspetti, che le suddette superiori giurisdizioni ritengono necessari per controbilanciare la prestazione patrimoniale imposta alle imprese per legge, sono evidentemente del tutto assenti nella procedura di distribuzione dei farmaci descritta in oggetto, nella quale, al contrario, il risparmio sulla spesa a carico del servizio sanitario è esattamente eguale al mancato guadagno che viene illegittimamente imposto alle imprese farmaceutiche ed alle strutture di distribuzione rispetto all'ordinario prezzo di vendita al pubblico, senza che tale sacrificio possa trovare compensazione nelle minori spese sostenute per la confezione e distribuzione dei prodotti ovvero nei maggiori guadagni correlati alla vendita diretta di grossi quantitativi. Né la difformità con le leggi che tuttora regolano lo sconto sulle forniture alle ASL risulta sancita dalla legislazione successiva agli atti impugnati. Conclude per l’accoglimento del ricorso e la condanna delle amministrazioni convenute al risarcimento dei danni.
Si costituivano in giudizio per resistere la Regione Piemonte e la Federfarma nazionale e del Piemonte.
II- Il Tar adito, previa rigetto dell’eccezione di difetto di giurisdizione e dopo aver ritenuto l’interesse della ricorrente all’impugnazione degli atti regionali, ha respinto il ricorso. Dopo un’ampia dissertazione sul quadro normativo e sulle funzioni delle aziende sanitarie locali il primo giudice ha ricordato che queste sono autorizzate ad acquistare direttamente dalle imprese farmaceutiche le specialità medicinali per la "distribuzione agli assistiti nelle farmacie di cui sono titolari enti pubblici e per l'impiego negli ospedali, negli ambulatori e in tutti gli altri presidi sanitari ... ". Quanto, poi, alle modalità di acquisto delle specialità medicinali da parte delle aziende sanitarie, ha ricordato che il legislatore ha imposto alle case produttrici uno sconto minimo del cinquanta per cento rispetto al prezzo di vendita al pubblico (v. art. 9 del decreto-legge 8 luglio 1974, n. 264, convertito dalla legge 17 agosto 1994, n. 386, e art. 3, comma 128, della legge 28 dicembre 1995, n. 549). Nell'ambito dei casi in cui, al di fuori del tipico trattamento terapeutico ospedaliero, viene assicurata dai presidi sanitari una peculiare attività curativa ed assistenziale, la Commissione unica del farmaco ha individuato in apposito elenco i "medicinali per i quali è prevista la possibilità di distribuzione diretta anche da parte delle strutture pubbliche, previa eventuale prescrizione su diagnosi e piano terapeutico di centri specializzati, universitari o delle aziende sanitarie, individuati dalle regioni e dalle province autonome di Trento e Bolzano, quando la complessità clinica e gestionale della patologia trattata preveda un periodico ricorso alla struttura" (v. decreto del Ministero della Sanità in data 22 dicembre 2000); per simili ipotesi, come già previsto in precedenti situazioni dalla stessa C.U.F., e stata configurata la c.d. "duplice via di distribuzione", vale a dire la possibilità che all'erogazione dei farmaci provvedano direttamente le strutture pubbliche in aggiunta al canale distributivo delle farmacie. In tale contesto, delineato nelle sue linee essenziali, sono intervenute le direttive regionali oggetto di impugnativa, assunte in un momento anteriore all'emanazione del decreto-legge n. 347 del 2001, ma da questa rese legittime prima del concreto avvio delle procedure relative al nuovo sistema distributivo. Nella fattispecie, quindi, non si può prescindere dalle norme introdotte dal decreto-legge n. 347 del 2001 (nel testo risultante dalla legge di conversione), e rispetto a queste devono essere vagliate le determinazioni regionali e il bando di gara.
Il decreto legge 18 settembre 2001, n. 347 (convertito, con modificazioni, dalla legge 16 novembre 2001, n. 405) tra le varie misure inerenti la spesa sanitaria, ha dettato all’articolo 8 una specifica disciplina in tema di "erogazione di medicinali agli assistiti", prevedendo che le "regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, anche con provvedimenti amministrativi, hanno facoltà di: a) stipulare accordi con le associazioni sindacali delle farmacie convenzionate, pubbliche e private, per consentire agli assistiti di rifornirsi delle categorie di medicinali che richiedono un controllo ricorrente del paziente anche presso le farmacie predette con le medesime modalità previste per la distribuzione attraverso le strutture aziendali del Servizio sanitario nazionale, da definirsi in sede di convenzione; b) assicurare l'erogazione diretta da parte delle aziende sanitarie dei medicinali necessari al trattamento dei pazienti in assistenza domiciliare, residenziale e semiresidenziale; c) disporre, al fine di garantire la continuità assistenziale, che la struttura pubblica fornisca direttamente i farmaci, limitatamente al primo ciclo terapeutico completo, sulla base di direttive regionali, per il periodo immediatamente successivo alla dimissione dal ricovero ospedaliero o alla visita specialistica ambulatoriale” (così il testo risultante dalla legge di conversione, mentre l’art. 52, comma 65, della legge n. 448 del 2001 ha successivamente precisato che la convenzione contemplata alla lett. a) deve essere "regionale").
La fattispecie sub a) facoltizza le regioni (e le province autonome di Trento e Bolzano) a servirsi della capillarità distributiva delle farmacie - previa consenso delle relative associazioni di categoria -, rendendo così possibile sull'intero territorio quell'erogazione diretta che le strutture pubbliche sarebbero in grado di assicurare solo parzialmente; e i benefici per la spesa sanitaria sono evidenti, in quanto l'acquisto diretto dei medicinali dalle imprese farmaceutiche dà luogo allo sconto obbligatorio del cinquanta per cento, riducendo i costi che conseguirebbero alla dispensazione dei farmaci a mezzo dell'ordinario canale distributivo. Quanto, poi, al "controllo ricorrente del paziente", utilizzato quale criterio di individuazione dei medicinali per i quali è consentita l'erogazione ad opera delle aziende sanitarie, il TAR ha ritenuto che la nuova disciplina ha voluto semplicemente che le strutture pubbliche utilizzino la rete commerciale delle farmacie, per giovarsene in un'attività di dispensazione diretta di specialità medicinali già previste dall'ordinamento - e in questo senso la norma va coordinata con il regime previgente -, sicché appare corretto desumerne che il "controllo ricorrente del paziente" coincida con quel "periodico ricorso alla struttura" che, in ragione della "complessità clinica e gestionale della patologia trattata", la Commissione unica del farmaco aveva indicato quale criterio di inclusione di date tipologie di farmaci nell'elenco di cui al d.m. 22 dicembre 2000, ivi espressamente prevedendo la distribuzione ad opera delle strutture pubbliche in alternativa alla dispensazione effettuata dalle farmacie. Ne consegue che i medicinali considerati dall'art. 8, lett. a), del decreto-legge n. 347 del 2001 (nel testo risultante dalla legge di conversione n. 405/2001) sono solo quelli inseriti dalla Commissione unica del farmaco nella suindicata lista - così come poi eventualmente aggiornata dallo stesso organismo -, e che a tale presupposto devono attenersi le regioni allorché procedono a mezzo di "provvedimenti amministrativi". L'art. 4, comma 3, del medesimo decreto-legge, invece, autorizza le regioni a coprire gli eventuali disavanzi di gestione con "modalità stabilite da norme regionali che prevedano alternativamente o cumulativamente l'introduzione di: a) ...; b) ...; c) altre misure idonee a contenere la spesa, ivi inclusa l'adozione di interventi sui meccanismi di distribuzione dei farmaci", con la conseguenza che solo in tale sede, ovvero con atti normativi, sarebbe consentita alle regioni un'eventuale operazione di ampliamento dei casi di erogazione diretta oltre quelli di cui al d.m. 22 dicembre 2000; il che, del resto, non confligge con il nuovo testo dell'art. 117 Cost. (v. art. 3 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), che assegna alla legislazione concorrente delle regioni la materia della "tutela della salute" (comma 3).
Per quanto attiene alle singole censure il TAR ha ritenuto che la presunta inosservanza dell'accordo Governo - Regioni in data 8 agosto 2001, non ha rilievo perché la normativa statale è intervenuta prima che le direttive regionali avessero concreta applicazione - determinandone una sorta di sanatoria.
Quanto all’indebita inclusione, nell'elenco dei farmaci interessati al nuovo regime distributivo, di tre "principi attivi" (omeprazolo, enalapril, claritromicina) non previsti dal d.m. 22 dicembre 2000, ha dichiarato il motivo inammissibile atteso che la ricorrente non ha presentato offerta per i lotti relativi ai "principi attivi" in questione, e che la partecipazione alla gara costituisce la condizione per far divenire effettivo l'interesse dell'impresa alla somministrazione di date tipologie di farmaci in favore del Servizio sanitario nazionale, così da renderne differenziata la posizione da quella degli altri operatori economici del settore.
Infine, per quanto attiene la pretesa indebita estensione dello sconto di legge del cinquanta per cento, ha ritenuto che il ricorso al canale distributivo delle farmacie per 1'erogazione diretta dei medicinali gia interessati alla c.d. "duplice via di distribuzione" trova oramai fondamento nell'art. 8, lett. a), del decreto legge n. 347 del 2001, che - facendo riferimento alle "medesime modalità previste per la distribuzione attraverso le strutture aziendali del Servizio sanitario nazionale" - ha implicitamente richiamato anche il presupposto sistema di acquisizione diretta dei medicinali dalle case produttrici, con il connesso sconto obbligatorio di legge. Ha peraltro escluso che la disposizione dia luogo al ventilato contrasto con la Costituzione.
Per quanto riguarda la clausola sulla cedibilità del contratto contenuta nella gara d’appalto, ha osservato che la sottoscrizione dei capitolati d'appalto assolve alla stessa funzione della sottoscrizione delle clausole vessatorie nei contratti conclusi mediante moduli o formulari, e cioè mira a far conoscere le condizioni del contratto ai partecipanti alla gara, anche allo scopo di verificare la serietà dell'offerta (v. TAR Piemonte, Sez. II, 2 febbraio 1990 n. 25 e 25 gennaio 1990 n. 17). Non è quindi motivo di illegittimità che nella gara indetta dalla ASL n. 22 si sia imposto ai concorrenti di accettare le varie clausole negoziali - ivi compresa quella che riguarda il nuovo regime distributivo dei farmaci -, posto che l'immediata operatività di detto sistema incide sulle modalità di esecuzione delle prestazioni contrattuali dell'appaltatore; ne, d'altra parte, vi è ragione di contestare il meccanismo distributivo in sé, essendo già stato rilevato come lo stesso trovi fondamento nella disciplina introdotta con il decreto-legge n. 347 del 2001.
III – La Glaxosmithkline impugna tale decisione riproponendo tutte le censure già illustrate nel ricorso introduttivo. Inoltre contesta la ritenuta inammissibilità del motivo relativo all’introduzione, nell’elenco, di medicinali per i quali non ha concorso. L’interesse a contestare tale previsione nasce dal fatto che essa determina la perdita di mercato per i prodotti concorrenti.
Ripropone inoltre la domanda di risarcimento degli ingenti danni subiti.
IV- Si sono costituite in giudizio Federfarma nazionale e Federfarma Piemonte che ricordano che analoga questione è stata già decisa dalla V Sezione del Consiglio di Stato con sentenze n. 151-159 dell’1 marzo 2003. Chiedono che il ricorso sia dichiarato inammissibile in quanto esso riguarda esclusivamente atti generali e non atti applicativi, rispetto ai quali il pregiudizio non si è ancora concretizzato.
V. Si è costituita in giudizio anche la Regione Piemonte, difendendo la legittimità degli atti impugnati e concludendo per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso introduttivo o per la reiezione dell’appello.
DIRITTO
1. Con deliberazione n. 1-3809 in data 9 agosto 2001, avente ad oggetto: “Programmazione Sanitaria. Ulteriori determinazioni per la gestione del servizio sanitario regionale dell’anno 2001 in relazione ai risultati del secondo monitoraggio trimestrale e della revisione dell’accordo Stato regioni del 3 agosto 2000", la Giunta Regionale del Piemonte adottava una serie di misure di contenimento della spesa sanitaria, dettando disposizioni in materia di “acquisto e distribuzione diretta dei farmaci”.
Il provvedimento, adottato nel quadro attuativo della razionalizzazione della spesa sanitaria, prevista dagli articoli 85, comma 7 e 59 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, nonché dall’accordo Stato-Regioni dell’ 8 agosto 2001, stabiliva che alcuni farmaci individuati in apposito elenco sarebbero stati acquistati e distribuiti direttamente dalle ASL, oppure dalle farmacie per conto delle ASL, con modalità da stabilirsi mediante un successivo accordo con le organizzazioni di categoria dei grossisti e dei titolari di farmacie.
2. In data 31 agosto 2001 la Regione stipulava l’accordo con i farmacisti e con i distributori intermedi, recependolo con delibera della Giunta regionale n. 23/3935 del 17 settembre 2001.
L’accordo prevedeva, per alcuni farmaci, un regime di distribuzione diretta attraverso le ASL, oppure attraverso le farmacie del territorio, secondo le seguenti modalità, in parte già definite dalla precedente delibera della Giunta Regionale n. 53-2183 del 5 febbraio 2001, la quale fa riferimento allo svolgimento di procedure comuni fra diverse ASL per l’acquisto di beni e servizi.
 Il prezzo è stabilito attraverso una gara indetta da una ASL appositamente prescelta in sede regionale, la quale opera anche per conto delle altre aziende sanitarie convenzionate o delle aziende, che, successivamente, aderiscano alla convenzione.
 La gara si svolge sulla base del prezzo “scontato” del 50 %, in base alla previsione dell’art. 9 del decreto legge 8 luglio 1974, n. 264.
 A questo prezzo i farmaci vengono acquistati dalle ASL e dai grossisti autorizzati, che ne riforniscono le farmacie.
 Ai grossisti e ai farmacisti vengono imposti oneri calcolati con percentuali, rispettivamente, del 4 e del 13 per cento, calcolate sul prezzo di vendita al pubblico.
 I farmaci oggetto di questo particolare sistema distributivo sono individuati, oltre che nei principi attivi di cui all’allegato 2 del D.M. 22 dicembre 2000, di revisione delle note della Commissione Unica del Farmaco, nei seguenti principi: omeprazolo, enalapril e claritromicina, ritenuti di costo elevato ed impiegati per patologie di particolari complessità clinica e gestionale.
3. La ASL in data 2 novembre 2001 ha emesso un bando di gara per la fornitura di medicinali, protesi ed altro, con allegato capitolato speciale. Nel bando si prevedeva che una copia del capitolato di gara, debitamente sottoscritta in ciascuna pagina dal legale rappresentate dovesse essere prodotta in segno di accettazione del condizioni ivi contenute.
Il punto 3.6 del capitolato speciale tra gli obblighi contrattuali che “i contratti stipulati con le ditte aggiudicatari…potranno essere estesi anche ad altri soggetti diversi dalle Amministrazioni contraenti…ferma restando in ogni caso l’applicazione delle stesse condizioni economiche offerte in sede di gara.
L’appellante, ricorrente in primo grado, nella qualità di impresa operante nel settore della produzione e distribuzione di prodotti farmaceutici, sostiene l’illegittimità dei provvedimenti impugnati, sotto molteplici profili, contestando analiticamente la decisione del tribunale.
4. L’appellante ripropone tutti i motivi illustrati in primo grado e censura in particolare la parte in cui la sentenza impugnata ha dichiarato parzialmente inammissibile il ricorso di primo grado sulla scorta della considerazione che la Glaxosmithkline non ha interesse a contestare la determinazione di inserire nel nuovo sistema di distribuzione dei farmaci alcuni prodotti (principi attivi), non compresi nell’elenco di cui al decreto ministeriale del 22 dicembre 2000, da essa non commercializzati (omeprazolo, enalapril e claritromicina), per i cui lotti non ha presentato alcuna offerta.
A dire dell’appellante, sussisterebbe comunque l’interesse strumentale a denunciare l’illegittimità del provvedimento, considerando che esso riguarderebbe comunque prodotti concorrenti con quelli commercializzati dalla stessa impresa, perché riferiti alle stesse o ad analoghe finalità terapeutiche.
Il motivo non è fondato.
Pur potendosi ipotizzare una certa connessione tra i diversi prodotti farmaceutici, si deve osservare che i principi attivi considerati e quelli commercializzati dall’impresa appellante restano sostanzialmente diversi.
Sul piano economico generale, si afferma che tra beni diversi potrebbe riscontrarsi un certo grado di fungibilità della domanda (e quindi della stessa offerta), condizionato dalle particolari caratteristiche del mercato, dal prezzo e dalle propensioni manifestate dagli acquirenti.
Ma nell’ambito del sistema dei prodotti farmaceutici, il grado di fungibilità dei principi attivi risulta meno evidente, considerando che l’uso del medicinale è collegato, normalmente, alle prescrizioni mediche stabilite dal professionista responsabile della terapia individuata per l’assistito.
In concreto, poi, l’appellante non ha fornito indicazioni sufficientemente precise in ordine all’affermata sostituibilità dei tre principi attivi con altri prodotti da essa stessa commercializzati.
In ogni caso, il motivo articolato in primo grado, anche prescindendo dalla sua inammissibilità per difetto di interesse, non è fondato perché, nel quadro normativo vigente, che, come si vedrà, deve ritenersi applicabile alla fattispecie oggetto dl giudizio, spetta alle Regioni il potere di individuare specifici farmaci, che per le caratteristiche oggettive delle modalità di erogazione e per l’elevato costo, possono fruire del sistema di distribuzione diretto o misto.
In questo senso, quindi, è consentito l’ampliamento dell’elenco definito dalla Commissione Unica del Farmaco. La scelta dei tre principi attivi, poi, non risulta di per sé illogica od immotivata, considerando le caratteristiche obiettive dei prodotti, tutti caratterizzati da grande diffusione e costo elevato. Né sul punto l’appellante sviluppa particolari ragioni di censura, concentrando le proprie doglianze sull’opzione generale di allargare l’ambito di applicazione del sistema di distribuzione agevolato, in relazione all’applicazione del regime dello sconto obbligatorio.
5. Per quanto riguarda i motivi introdotti in primo grado e riproposti in appello, si devono preliminarmente esaminare le censure relative alla clausola di cessione (in realtà il capitolato parla di estensione) del contratto. L’appellante ne sostiene l’illegittimità atteso il contrasto con il principio di libera partecipazione alle gare, e per invalidità derivata dalla illegittimità delle delibere regionali piemontesi e dell’accordo tra regione ed associazioni di categoria.
Il motivo non è fondato.
La clausola di trasferibilità del contratto è, in realtà, una clausola di trasferibilità delle prestazioni già determinate in sede di gara, che l’impresa contraente ha giudicato per sé soddisfacenti nel momento in cui ha chiesto di partecipare. Il bando individua chiaramente il tetto di spesa programmato e ciascuna impresa concorre per lotti definiti. Che tali lotti debbano essere forniti direttamente alla ASL che indice il bando o ad altri soggetti non influisce sulla libertà della gara, ma solo sull’esecuzione del contratto. L’accettazione preventiva della clausola di trasferimento anticipa il consenso richiesto dal Codice civile per la cessione del contratto a fini di semplificazione delle procedure ed ha lo scopo di evitare, in fase di attuazione del contratto, inutili passaggi e costi aggiuntivi. La circostanza che essa si ponga come condizione per la partecipazione alla gara non è influente, ben potendo l’Amministrazione che indice la gara regolare le condizioni di partecipazione secondo l’interesse pubblico, ormai orientato a favorire l’aggregazione tra i diversi operatori de settore, per semplificare le procedure di approvvigionamento di beni e servizi.
6. L’appellante ritiene peraltro che la clausola del bando sia illegittima anche per derivazione dall’illegittimità degli atti presupposti e in particolare del sistema definito dalla Regione Piemonte con la deliberazione del 9 agosto 2001, sopra ricordata, ed attuato dall’Azienda Sanitaria appellata, in quanto il prezzo a base d’asta fissato nella gara è caratterizzato dallo sconto obbligatorio non inferiore alla misura del 50 %, imposto dall’articolo 9 del decreto legge 8 luglio 1974 n. 264, e ribadito dall’art. 3, comma 128, della legge 28 dicembre 1995, n. 549. Il meccanismo dello sconto obbligatorio sul prezzo dei farmaci, imposto alle imprese produttrici nella misura del 50 % ha un infatti ambito soggettivo limitato, riferito ai soli casi in cui i medicinali sono acquistati dalle ASL per essere somministrati all’interno dell’attività terapeutica svolta dai presidi sanitari ed ospedalieri e una lettura estensiva della disciplina imporrebbe un sacrificio eccessivo alle imprese farmaceutiche, al di là dei limiti ritenuti compatibili con i principi della Costituzione. La nuova normativa introdotta con gli articoli 4, comma 3, e 8 del decreto legge 18 settembre 2001 n. 347, convertito nella legge 16 novembre 2001, n. 405, opera solo per il futuro e, quindi, non può regolare una vicenda procedimentale avviata, illegittimamente, in epoca precedente; in ogni caso, la normativa sopravvenuta riguarda solo la possibilità di utilizzare, per la somministrazione dei medicinali, il canale distributivo delle ASL e delle farmacie territoriali, ma non tocca il diverso profilo della determinazione del prezzo di vendita dei farmaci e l’estensione della regola dello sconto obbligatorio.
Il motivo non è fondato.
In linea generale, come anche ricordato dalla sentenza della V Sezione n. 1151/2003, in analoga fattispecie, è corretta l’impostazione ricostruttiva seguita dall’appellante. La disciplina dello sconto obbligatorio sul prezzo dei farmaci è di stretta interpretazione, in quanto segna il punto di equilibrio più avanzato tra l’interesse pubblico ad una ottimale e razionale distribuzione dei prodotti farmaceutici, da un lato, ed il sacrificio imposto alle imprese produttrici, dall’altro.
Tuttavia, occorre considerare che i nuovi interventi legislativi, hanno operato un certo ampliamento dell’ambito applicativo della regola, ora estesa anche all’acquisto dei farmaci operato dalle aziende sanitarie per effettuare una erogazione agli assistiti, pure al di fuori delle prestazioni terapeutiche svolte nell’ambito delle strutture sanitarie, nel quadro di una riforma generale dell’assistenza che tende a ridurre l’ospedalizzazione e i costi a questa connessi. A riprova di ciò basti pensare che l’articolo 8 del D.L. 347/2001 facoltizza tra l’altro le Regioni e le Province autonome a "c) disporre, al fine di garantire la continuità assistenziale, che la struttura pubblica fornisca direttamente i farmaci, limitatamente al primo ciclo terapeutico completo, sulla base di direttive regionali, per il periodo immediatamente successivo alla dimissione dal ricovero ospedaliero o alla visita specialistica ambulatoriale”.
L’articolo 8 del D.L. 18 settembre 2001, n. 347, dunque, per un verso amplia notevolmente la possibilità di distribuire i medicinali senza seguire il tradizionale canale delle farmacie territoriali, ma, al tempo stesso, richiama tutte le regole riguardanti le modalità di erogazione svolte nell’ambito delle aziende sanitarie.
Infatti, la norma prevede che “le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, anche con provvedimenti amministrativi, hanno facoltà di stipulare accordi con le associazioni sindacali delle farmacie convenzionate, pubbliche e private, per consentire agli assistiti di rifornirsi delle categorie di medicinali che richiedono un controllo ricorrente del paziente anche presso le farmacie predette con le medesime modalità previste per la distribuzione attraverso le strutture aziendali del Servizio sanitario nazionale, da definirsi in sede di convenzione regionale”.
Una volta che la legge autorizza le ASL ad acquistare e a distribuire direttamente determinate categorie di farmaci e che prevede che la distribuzione diretta possa avvenire anche per il tramite delle farmacie è evidente che la determinazione del prezzo dei farmaci non può essere diversa da quella che le ASL possono ottenere in forza dello sconto loro attribuito dalla legge. In altri termini, le modalità della distribuzione, successiva all’acquisto, non possono influire sulla determinazione del prezzo in sede di gara, disciplinato da altra normativa.
7. La disciplina in questione è certamente applicabile anche alla vicenda in contestazione.
A stretto rigore, le determinazioni regionali anticipano, in qualche misura, la normativa introdotta solo a partire dal settembre 2001. Ciò non sembra però sufficiente ad invalidare il loro contenuto, posto che la loro attuazione, avvenuta successivamente all’entrata in vigore del D.L. 347/2001, è ad esso pienamente conforme. Alla data di entrata in vigore del D.L. (settembre) la gara infatti non era stata ancora bandita.
Pertanto, come esattamente ritenuto dal TAR, le determinazioni regionali risultano sostanzialmente avallate dal successivo intervento legislativo.
Né può ritenersi che la Regione Piemonte, col suo intervento abbia violato l’Accordo raggiunto in sede di Conferenza Stato-Regioni l’8 agosto 2001. Tale accordo, infatti, nel dirimere definitivamente le controversie sorte tra lo Stato e le Regioni in ordine all’applicazione del precedente accordo del 3 agosto 2000 ha previsto espressamente che le Regioni possano chiedere l’intervento dello Stato a fronte di aumenti della spesa sanitaria solo se, tra l’altro, si sono fatte carico di applicare misure di contenimento della spesa sanitaria (punto 2). E’ vero che lo stesso Accordo (punto 9, lett. e) prevede che il Governo fornisca alle regioni un aiuto mediante la definizione di misure di contenimento della spesa farmaceutica, ma in nessuna parte l’Accordo stabilisce che la singola Regione non possa incamminarsi immediatamente nella direzione del contenimento. A tacere del fatto che una violazione dell’Accordo potrebbe essere fatta valere dalle parti che l’hanno sottoscritto e non dai soggetti sui quali gli effetti dell’Accordo possono eventualmente ricadere.
8. Resta da esaminare la prospettata questione di costituzionalità connessa con lo sconto di legge sui farmaci che, a detta dell’appellante, scaricherebbe impropriamente sulle case farmaceutiche i costi del risparmio farmaceutico costringendole ad approvvigionare le ASL a prezzi ridotti invece di collocare i prodotti per i canali ordinari (grossisti, farmacie). Tale questione, già ritenuta infondata dalla Corte Costituzionale, appare ictu oculi manifestamente infondata. Rispetto alle pronunce della Corte Costituzionale la situazione non si è infatti modificata. Le ASL si approvvigionano direttamente solo dei medicinali che esse distribuiscono direttamente o in regime di ricovero o in altre situazioni considerate da legislatore particolarmente meritevoli di tutela (controllo ricorrente del paziente, assistenza domiciliare, residenziale e semiresidenziale, primo ciclo nel periodo immediatamente successivo al ricovero). La circostanza che la ASL, una volta acquisite le forniture a mezzo di gara, si avvalga di altri per distribuirle, anche trasferendogli il diritto ad esigere l’adempimento del contratto, non altera le finalità tutelate dalla legge né incide nel rapporto col contraente, che si è comunque obbligato a fornire un fatto farmaco ad un dato prezzo. E ciò è confermato dal fatto che ove le ASL provvedessero direttamente alla distribuzione cadrebbero tutte le censure proposte con l’atto di appello. D’altra parte la partecipazione alle gare non è imposta da nessuna norma, onde le case farmaceutiche non possono definire lo sconto come una prestazione obbligatoria.
In definitiva, quindi, l'appello deve essere rigettato. La complessità delle questioni trattate giustifica la compensazione delle spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione IV:
Rigetta l’appello e compensa le spese del giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, addì 2 marzo 2004, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione IV, riunita in Camera di Consiglio con l’intervento dei Signori:
Gaetano Trotta Presidente
Livia Barberio Corsetti Consigliere, est.
Aldo Scola Consigliere
Carlo Deodato Consigliere
Sergio De Felice Consigliere
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Livia Barberio Corsetti Gaetano Trotta
IL SEGRETARIO
Maria Cecilia Vitolla
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
15 giugno 2004
(art. 55, L. 27.4.1982 n. 186)
Il Dirigente
Giuseppe Testa

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