N. 8234/2003

Reg. Dec.

NN. 6404 e 6239

Reg. Ricorsi

Anno 2003


R E P U B B L I C A I T A L I A N A

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente

D E C I S I O N E

sui ricorsi in appello nn. 6404 – 6239/2003 proposti da:

Ric. n. 6404/2003: Regione Lombardia, rappresentata e difesa dagli Avvocati Antonella Forloni, Beniamino Caravita, Dario Vivone e Federico Tedeschini, domiciliata in Roma, presso lo studio dell’avv. Federico Tedeschini, Largo Messico n. 7;

c o n t r o

il Ministero dell’Economia e delle Finanze, la Guardia di Finanza – Comando Regionale Lombardia – rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato con domicilio in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

Agenzia del Demanio, Filiale di Milano, Agenzia delle Entrate – Dir. Regionale della Lombardia – non costituitesi –;

Centro Rondò S.r.l., Immobiliare Europea S.p.A., rappresentate e difese dagli avv.ti Franco Gaetano Scoca, Marcello Molè e Paolo Sabbioni, con domicilio eletto in Roma, Via delle Quattro Fontane n. 15, presso l’avv. Marcello Molè; La Rinascente S.p.A rappresentata e difesa dagli avv.ti Marco Sica e Mario Sanino ed elettivamente domiciliata in Roma presso l’avv. Mario Sanino, Viale Parioli n. 180;

Comune di Monza, Profumeria Saporiti S.a.s. di Emanuela Soffientini e C., Mauri Mauro Luigi e Legambiente – non costituitisi –;

Moretti Marisa, Scaini Alberto, Seregno Tiziana, Seripar La Salumeria di Gualtieri F. e C., Cernuschi Gaetano, Ballarini Mirella e Pagani P. di Pagani Luciani & C. S.a.s., rappresentati e difesi dall’avv. Ercole Romano, con domicilio eletto in Roma, Via P. A. Micheli n. 78, presso Ugo Ferrari;

Longoni Gualtiero e C. S.n.c. rappresentato e difeso dall’avv. Damiano Grillo, con domicilio in Roma, presso la Segreteria Sezionale del Consiglio di Stato, Piazza Capo di Ferro n. 13;

e nei confronti di

Andrea Poggi e Longoni Gualtiero & C. S.a.s., rappresentati e difesi dall’avv. Ercole Romano, elettivamente domiciliati in Roma, Via P. A. Micheli n. 78, presso Ugo Ferrari;

Ric. n. 6239/2003: La Rinascente S.p.A., rappresentata e difesa dagli Avvocati Marco Sica e Mario Sanino, elettivamente domiciliata in Roma, Viale Parioli n. 180, presso l’avv. Mario Sanino;

c o n t r o

il Ministero dell’Economia e delle Finanze, Guardia di Finanza, Agenzia del Demanio, Agenzia delle Entrate, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato ed elettivamente domiciliati in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

il Ministero dell’Ambiente, il Ministero della Giustizia, la Regione Lombardia e il Comune di Monza – non costituitisi –

e nei confronti di

Centro Rondò, Immobiliare Europa S.p.A. rappresentati e difesi dagli Avvocati Franco Gaetano Scoca, Marcello Molè, Paolo Sabbioni, ed elettivamente domiciliati in Roma, Via delle Quattro Fontane n. 15, presso l’avv. Marcello Molè;

Ballarini Mirella, SE.RI.PAR. La Salumeria S.n.c. di Gualtieri F. & C., Pagani P. di Pagani Luciano & C. S.a.a., Cernuschi Gaetano, Seregno Tiziana, Scaini Alberto, Moretti Marisa, Andrea Poggio, Longoni Gualtiero & C. S.a.s., rappresentati e difesi dall’Avv. Ercole Romano, con domicilio eletto in Roma, Via P. A. Micheli n. 78, presso Ugo Ferrari;

Longoni Gualtiero e C. S.n.c., rappresentato e difeso dall’Avv. Damiano Grillo, ed elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Capo di Ferro n. 13, presso la Segreteria Sezionale del Consiglio di Stato;

Longoni – non costituitosi –

per l’annullamento

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia 3 giugno 2003 n. 2385;

Visti i ricorsi con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio degli appellati e contestuale appello incidentale;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore, alla pubblica udienza del 28 ottobre 2003, il Consigliere Filippo Patroni Griffi; sono presenti gli avv.ti M. Sanino, M. Sica, M. Molè, F. G. Scoca, E. Romano, D. Grillo, F. Tedeschini, B. Caravita, P. Sabbioni e l’Avvocato dello Stato W. Ferrante;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

F A T T O

In parziale accoglimento del ricorso proposto da alcuni cittadini residenti, da Legambiente e da alcuni commercianti, il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia ha annullato un accordo di programma concernente la realizzazione, nel Comune di Monza, della “cittadella” finanziaria, di un centro polifunzionale comprensivo di un centro commerciale e delle opere di infrastrutturazione e di urbanizzazione a servizio della “cittadella” finanziaria, oltre che di uffici giudiziari estranei al detto accordo. In particolare, la sentenza ha annullato l’accordo di programma, nella parte concernente la realizzazione del centro commerciale, gli atti di approvazione regionale (D.P.G.R. 12 novembre 2001 n. 26860) e di ratifica comunale dell’accordo (del. Consiglio comunale di Monza 29 ottobre 2001 n. 79), l’accordo ai sensi dell’articolo 11 della legge n. 241 del 1990 attuativo dell’accordo di programma, l’autorizzazione commerciale 27 novembre 2001 n. 1588 rilasciata dal Comune di Monza a La Rinascente S.p.A., con i connessi provvedimenti di proroga del nulla osta commerciale rilasciato dalla Regione Lombardia con delibera di Giunta in data 11 giugno 1974 alla medesima società.

Il Tribunale amministrativo ha ritenuto ammissibile, sotto il profilo della legittimazione attiva, il ricorso in questione, mentre, con la stessa sentenza, in altre parti lo ha dichiarato inammissibile per carenza di interesse unitamente ad altre impugnazioni promosse distintamente dalle stesse parti, e ha altresì dichiarato inammissibili i ricorsi proposti dalla società La Rinascente nonché dalle società Centro Rondò e Immobiliareuropa, associate a La Rinascente nella realizzazione dell’iniziativa imprenditoriale, sostanzialmente volti all’affermazione della sussistenza dell’autorizzazione commerciale, più volte prorogata, già in epoca antecedente all’accordo di programma, e ciò anche in forza di due giudicati intervenuti nel corso di un giudizio promosso dalla società La Rinascente nei confronti del Comune di Monza (sentenze del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia n. 403 del 1977 e n. 146 del 1991).

La sentenza ha accolto l’impugnazione limitatamente ai profili commerciali dell’accordo di programma, ritenendo “assorbiti” i profili urbanistici del gravame e respingendo le censure attinenti alla mancata sottoposizione degli interventi da realizzare alla procedura di valutazione di impatto ambientale.

La sentenza, infine, ha annullato l’articolo 28 del regolamento di Giunta regionale n. 3 del 2000.

La sentenza è stata appellata, con distinti ricorsi, dalla Regione Lombardia e dalla società La Rinascente, la quale ha contestato anche la declaratoria di inammissibilità della propria impugnazione volta a ritenere rilasciata l’autorizzazione comunale in forza dei richiamati giudicati o, quanto meno, con la delibera del Consiglio comunale di Monza 5 giugno 2000 n. 40.

Si sono costituiti gli originari ricorrenti, i quali, nel contestare i gravami principali, interpongono appello incidentale.

Si sono altresì costituiti, a sostegno delle ragioni degli appellanti, le società Immobiliareuropa e Centro Rondò nonché il Ministero dell’economia e delle finanze.

Tutte le parti hanno presentato memorie.

All’udienza del 28 ottobre 2003, la causa è stata trattenuta in decisione.

D I R I T T O

1. Gli appelli vanno riuniti perché proposti avverso la medesima sentenza.

2. La vicenda trae origine da un accordo di programma stipulato tra la Regione Lombardia, il Comune di Monza e il Ministero dell’economia e delle finanze (Agenzia del demanio, Agenzia delle entrate, Guardia di finanza), così come integrato dalla partecipazione della società Immobiliareuropa, quale società controllante del Centro Rondò s.r.l., e associata, nell’iniziativa imprenditoriale in esame, alla società La Rinascente.

L’accordo di programma, avente efficacia di variante al piano regolatore del Comune di Monza, ha ad oggetto complessi interventi edilizi e urbanistici volti alla realizzazione della cd. cittadella finanziaria, di un centro servizi polifunzionale privato, delle connesse opere di urbanizzazione, infrastrutturazione e riqualificazione, ivi comprese le opere serventi la cd. cittadella giudiziaria, estranea peraltro all’oggetto dell’accordo.

Gli interventi previsti sono ubicati nel Comune di Monza e hanno un’estensione di circa mq. 230.000, su aree in parte di proprietà pubblica e in parte di proprietà del soggetto privato.

3. Con riferimento alla complessa vicenda procedimentale in esame, la Sezione ritiene che occorra richiamare le seguenti circostanze di fatto:

l’accordo prevede la realizzazione di un centro commerciale di superficie pari a mq. 18.860; quale presupposto per l’attivazione degli esercizi commerciali previsti, l’accordo assume il nulla osta regionale rilasciato alla società La Rinascente con delibera di Giunta regionale della Lombardia 11 giugno 1974 n. 8711, ai sensi dell’articolo 27 della legge n. 426 del 1971; il detto nulla osta è stato prorogato dalla Regione, anche alla luce dell’articolo 28 del regolamento di Giunta n. 3 del 2000;
l’accordo ha efficacia di variante sul piano regolatore del Comune di Monza;
l’accordo esclude il ricorso alla procedura di valutazione di impatto ambientale, imponendo peraltro una serie di prescrizioni alla realizzazione degli interventi;
sulla base dell’accordo di programma, il Comune di Monza ha rilasciato alla società La Rinascente l’autorizzazione commerciale in data 27 novembre 2001.
4. Sul piano processuale, va ricordato che, con la sentenza appellata, il Tribunale amministrativo ha annullato l’accordo di programma con i relativi provvedimenti regionale e comunale rispettivamente di approvazione e di ratifica dell’accordo, unitamente all’accordo attuativo dello stesso stipulato ai sensi dell’articolo 11 della legge n. 241 del 1990. Ha, altresì, annullato l’autorizzazione commerciale rilasciata dal Comune di Monza alla società La Rinascente, con i connessi provvedimenti di proroga del nulla osta regionale, e l’articolo 28 del regolamento di Giunta n. 3 del 2000.

La sentenza pronuncia:

su ricorsi proposti da alcuni cittadini residenti, da alcuni commercianti e da Legambiente. Al riguardo, il Tribunale ha respinto alcune eccezioni preliminari concernenti la legittimazione attiva e la carenza di interesse dei ricorrenti; ha dichiarato l’inammissibilità dell’impugnazione per i profili concernenti la violazione della normativa sui lavori pubblici e delle regole di contabilità; ha accolto il gravame originario relativamente ai profili commerciali dell’accordo – ritenendo che il nulla osta del 1974 non fosse più valido ed efficace ai fini dell’attivazione dell’autorizzazione al commercio –; ha dichiarato “assorbite” le censure attinenti ai profili urbanistici e ha respinto il gravame nella parte concernente la mancata attivazione della procedura di valutazione dell’impatto ambientale;
su ricorsi proposti dai soggetti privati (società Immobiliareuropa, Centro Rondò e La Rinascente), volti sostanzialmente e principalmente a conseguire l’accertamento dell’intervenuto rilascio dell’autorizzazione commerciale in data anteriore all’accordo di programma, anche in forza dei precedenti giudicati richiamati in narrativa – donde l’illegittimità delle proroghe del nulla osta, richieste in via meramente cautelativa – e comunque a sostenere la perdurante efficacia del nulla osta regionale al momento dell’accordo di programma e quale presupposto dell’autorizzazione commerciale.
5. La Sezione ritiene che, ai fini della decisione, assume rilievo centrale, da cui occorre prendere le mosse, la questione concernente la perdurante efficacia, al momento dell’accordo di programma, del nulla osta regionale del 1974.

La soluzione positiva della questione – che si anticipa, ai fini della delimitazione del thema decidendum nel presente giudizio – consente sul piano processuale, anche in forza del percorso argomentativo che si seguirà:

di non procedere all’esame delle eccezioni di inammissibilità del ricorso accolto in primo grado, riproposte dagli appellanti principali, con riferimento alla legittimazione, alla sussistenza dell’interesse e alla proposizione di un ricorso cumulativo collettivo;
di non procedere all’esame di alcuni profili preliminari posti dagli appellanti, e segnatamente dalla società La Rinascente, in ordine all’asserita violazione dell’articolo 112 c.p.c. per il dedotto vizio di ultrapetizione da cui sarebbe affetta la sentenza del primo giudice;
di ritenere irrilevante ai fini della decisione ogni questione concernente la legittimità dei provvedimenti di proroga del nulla osta regionale (sollevata dagli originari ricorrenti) ovvero della stessa esigenza di una proroga (questione riproposta dagli odierni appellanti, sul rilievo dell’intervenuto rilascio dell’autorizzazione commerciale in forza della delibera del Consiglio comunale di Monza 5 giugno 2000 n. 40, nonché dei richiamati precedenti giudicati);
di ritenere irrilevante ai fini della decisione ogni questione attinente alla legittimità dell’articolo 28 del regolamento di Giunta regionale n. 3 del 2000, posta, sia pure sotto profili e con finalità diversi, da entrambe le parti.
Da quanto ritenuto sub c) e d), discende, sul piano processuale, che, in forza dell’interposto gravame, può essere rilevata, anche d’ufficio perché attinente a una condizione dell’azione, la carenza di interesse di entrambe le parti all’originaria impugnazione dei provvedimenti di proroga del nulla osta regionale e dell’articolo 28 del regolamento di Giunta regionale n. 3 del 2000. Sul punto, la sentenza del Tribunale amministrativo, che, in accoglimento delle censure degli originari ricorrenti, ha annullato i predetti atti, va conseguentemente riformata. Con particolare riferimento al regolamento n. 3 del 2000, va peraltro ribadito che la riforma si fonda sulla rilevata carenza di interesse alla relativa impugnazione nel presente giudizio, e non anche sulla legittimità del regolamento medesimo – sostenuta in via principale dagli appellanti – tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale 21 ottobre 2003 n. 313 sull’illegittimità dei regolamenti regionali emanati dalla giunta in difetto di un esplicito fondamento statutario e della probabile irrilevanza, quanto meno nei confronti dei terzi, di un successivo recepimento consiliare dei contenuti del regolamento.

6. Così delimitato il thema decidendum, può dunque procedersi all’esame della questione dibattuta.

Al riguardo, la Sezione ritiene quanto segue:

il nulla osta regionale rilasciato nel 1974 alla società La Rinascente conserva perdurante efficacia all’atto della definizione dell’accordo di programma, in mancanza di un fatto o di una normativa sopravvenuta idonei a far venire meno il nulla osta medesimo; in particolare – come si vedrà – l’efficacia del nulla osta è da ricercare nell’assenza di una previsione di segno contrario nel decreto legislativo n. 114 del 1998 e in quanto disposto dalla legge regionale n. 14 del 1999;
conseguentemente, l’autorizzazione al commercio del 27 novembre 2001 n. 26860 è stata rilasciata, nel contesto delineato dall’accordo di programma, sulla base di un efficace nulla osta regionale;
l’accordo di programma, avente peraltro effetto di variante al piano regolatore, non contrasta con la disciplina urbanistica e con la normativa in materia di valutazione di impatto ambientale.
7. Quanto al nulla osta regionale, gli originari ricorrenti, nell’appello incidentale, ripropongono le argomentazioni, disattese dal primo giudice, volte a sostenerne la decadenza in considerazione sia del lungo tempo trascorso, sia della sostanziale dismissione da parte della Rinascente del nulla osta, desunta da un atto di cessione dell’area e dal carattere intrasmissibile e personale del nulla osta, sia, infine, dal comportamento successivo della società La Rinascente che aveva presentato un piano di lottizzazione per edifici direzionali e del terziario, con esclusione quindi di un’utilizzazione commerciale.

La tesi, in parte anche inammissibile perché proposta, per alcuni profili e nei termini prospettati, per la prima volta in appello, non può essere condivisa.

Il nulla osta è stato rilasciato alla società La Rinascente e questa non ne ha mai dimesso la titolarità, né in assoluto né in favore di terzi. Le circostanze addotte dagli appellanti incidentali non sono idonee a contraddire ciò e nemmeno a far presumere una sorta di “rinuncia” della società al provvedimento autorizzatorio: la mera presentazione di un piano di lottizzazione che non contemplava utilizzazione dell’area a destinazione commerciale è sintomo solo della ricerca della società di individuare una soluzione compatibile con la situazione urbanistica e la mancata acquiescenza si desume anche dalla circostanza che la società è insorta contro ogni provvedimento che incidesse sfavorevolmente sull’aspettativa qualificata derivante dalla titolarità del nulla osta, come può evincersi dai due giudicati più volte richiamati.

Quanto alle altre deduzioni, va solo rilevato che il nulla osta regionale è stato utilizzato finalmente dalla società La Rinascente proprio nel contesto dell’accordo di programma impugnato e in associazione all’iniziativa imprenditoriale con gli altri soggetti privati; sicché non si è verificata alcuna modificazione soggettiva della situazione a base del rilascio del nulla osta.

7.1 Il nulla osta regionale, al momento dell’accordo di programma, è valido ed efficace.

Il Tribunale amministrativo, a sostegno della tesi contraria, svolge un complesso ragionamento, in buona parte difforme dalla stessa prospettazione dei ricorrenti, che può essere sintetizzato nei termini che seguono.

Il nulla osta regionale del 1974, rilasciato ai sensi della legge n. 426 del 1971, era valido ed efficace al momento dell’entrata in vigore della decreto legislativo n. 114 del 1998. A tale data, tuttavia, così come alla successiva data di efficacia dell’abrogazione della legge n. 426 (cioè trecentosessantacinque giorni dall’entrata in vigore del decreto legislativo n. 114), non era intervenuta l’autorizzazione commerciale, sicché il relativo procedimento doveva considerarsi pendente; ne consegue che trova applicazione l’articolo 25, comma 5, del decreto n. 114, che pone per la conclusione dei procedimenti autorizzatori il termine, da considerare perentorio, di centottanta giorni. Non essendo intervenuta nel detto termine, l’autorizzazione comunale all’apertura del centro commerciale è illegittima perché il nulla osta regionale era decaduto e non poteva essere assunto, nell’accordo di programma, a presupposto dell’autorizzazione comunale. Né soccorre la sopravvenuta normativa regionale, in quanto la legge n. 14 del 1999 si limiterebbe a richiamare le disposizioni del decreto legislativo n. 114 e il regolamento di Giunta n. 3 del 2000 è illegittimo.

7.2 La tesi del Tribunale amministrativo non può essere condivisa.

Il nulla osta regionale è stato rilasciato nella vigenza della legge n. 426 del 1971 che – come è pacifico – non prevede termini di decadenza (rectius: un’efficacia temporalmente limitata o condizionata).

Tale nulla osta non costituisce un mero atto endoprocedimentale privo di rilevanza esterna, ma va configurato come provvedimento a contenuto autorizzatorio autonomo (V, 20 luglio 1999 n. 847), sia pur destinato a inserirsi in una più ampia vicenda procedimentale, nel contesto della quale risulta legato all’autorizzazione comunale all’apertura del centro commerciale da un collegamento genetico, o rapporto di presupposizione, che non fa venir meno l’autonoma rilevanza esterna del nulla osta.

Questa si spiega con i differenti interessi pubblici tutelati con i due procedimenti (attinenti alla mera programmazione commerciale quanto al nulla osta, concernenti anche aspetti urbanistici e igienico-ambientali quanto all’autorizzazione comunale) e con la conseguente diversa titolarità della competenza a emetterli.

7.3 L’autonoma rilevanza del nulla osta fa sì che il relativo procedimento debba intendersi concluso con il suo rilascio, che – come si è detto – ha efficacia temporalmente non limitata.

Ne consegue che al nulla osta rilasciato nel periodo di vigenza della legge n. 426 del 1971, nel 1974, non può trovare applicazione il decreto legislativo n. 114 del 1998, che disciplinerà solo il procedimento per il rilascio dell’autorizzazione comunale, ovviamente tenendo conto del nulla osta definitivamente intervenuto.

Del resto, l’articolo 25, comma 5, del decreto n. 114 del 1998 disciplina esplicitamente “le domande di rilascio delle autorizzazioni previste dagli articoli 26 e 27 della legge 11 giugno 1971, n. 426, già trasmesse alla giunta regionale per il prescritto nulla osta”. Dunque – indipendentemente dalla riferibilità della disposizione e del termine di conclusione ivi previsto al procedimento per il nulla osta o al procedimento per l’autorizzazione comunale – la norma presuppone in itinere il procedimento di rilascio del nulla osta e non può pertanto essere applicata a una fattispecie in cui il nulla osta sia stato già rilasciato, in ciò concretizzandosi un’aspettativa qualificata nel titolare.

Tale ricostruzione ermeneutica – per quanto semplice, la più aderente alla lettera della norma e alla ratio della disposizione transitoria (assicurare la conclusione dei procedimenti in itinere), non riferibile ai procedimenti già conclusi – è coerente con quanto disposto, forse in maniera meno evidente, dall’articolo 14 della legge regionale della Lombardia 23 luglio 1999, n. 14, che, comunque lo si legga, presuppone la perdurante vigenza dei nulla osta regionali rilasciati e la conseguente possibilità di rilasciare, sul loro presupposto, l’autorizzazione comunale.

In conclusione, quindi, legittimamente, in mancanza di fatto materiale o normativo idoneo a far venir meno l’efficacia del nulla osta, l’accordo di programma ha assunto il nulla osta del 1974 a presupposto dell’autorizzazione comunale all’apertura del centro commerciale, autorizzazione definitivamente rilasciata con il provvedimento del 27 novembre 2001, alla luce delle circostanze esistenti all’epoca della sua emanazione e determinate anche nell’accordo di programma nei suoi effetti di variante urbanistica.

Sul punto la sentenza del Tribunale amministrativo merita pertanto di essere riformata, in accoglimento dei corrispondenti motivi dedotti negli appelli principali e con la reiezione di ogni altra diversa doglianza proposta con l’appello incidentale, da ritenere incompatibile con l’interpretazione esposta.

8. Quanto alle censure dell’originaria impugnazione concernenti i profili urbanistici dell’accordo di programma, il Tribunale amministrativo ne ha ritenuto “assorbito” l’esame in conseguenza del disposto annullamento della parte relativa agli aspetti commerciali dell’accordo e alla conseguente autorizzazione comunale.

L’assorbimento di tali censure, che in effetti attengono a parti diverse dell’accordo, è ragionevolmente contestata dalle appellanti e dalla difesa erariale, in relazione a un’asserita caducazione consequenziale dell’accordo anche nella parte in questione, e segnatamente nei suoi effetti di variante al piano regolatore.

Ad ogni modo, la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo per la parte concernente i profili commerciali, richiede l’esame del motivo unico di ricorso, come riproposto nell’appello incidentale, afferente ai profili urbanistici dell’accordo.

Gli originari ricorrenti deducono la violazione dell’articolo 22 della legge regionale 15 aprile 1975, n. 51 (come modificata dalla legge regionale n. 1 del 2001, applicabile in forza del relativo articolo 8), assumendo che la destinazione a parcheggio pubblico, anche realizzato con tipologia edilizia multipiano, di una superficie pari alla metà delle aree per attrezzature pubbliche e di uso pubblico funzionali ai centri commerciali, richiede comunque la cessione di superfici pari all’indicato 50% e non consente, per il raggiungimento della soglia, di sommare tra loro le superfici dei parcheggi realizzati con tipologia multipiano.

L’assunto va disatteso, in quanto la norma impone una superficie complessiva destinata a parcheggio – che legittimamente può essere ricavata dalla somma delle singole superfici di parcheggi realizzati in tipologia multipiano – in misura rispettata dall’accordo di programma, mentre la tesi dei ricorrenti, condotta alle sue estreme conseguenze, comporterebbe, con la distinzione tra aree e superfici, nel caso di parcheggi multipiano, una dotazione superficiaria largamente eccedente quella richiesta dalla legge.

9. In relazione agli aspetti concernenti i profili ambientali dell’accordo di programma, la cui impugnazione originaria è stata respinta dal Tribunale amministrativo, si ricorda, in punto di fatto, che l’intervento è stato escluso, in sede regionale, dalla verifica di impatto, ma sono state imposte alcune prescrizioni per “mitigare” i suoi effetti. Al riguardo, gli appellanti in via incidentale deducono che:

l’intervento in questione è assoggettabile a procedura di valutazione di impatto ambientale demandato a competenza dello Stato, in quanto contempla opere di pertinenza dello Stato o comunque finanziate e approvate dallo Stato;
sussiste contraddittorietà e incompatibilità logica tra esclusione della procedura v.i.a. e previsione di prescrizioni; comunque, l’esito della procedura di verifica è insufficientemente motivato;
è stata violata la normativa in materia di pubblicità relativa alla partecipazione al procedimento di verifica.
9.1 Le censure proposte con l’appello incidentale sono infondate, a prescindere dai profili di inammissibilità dedotti dalla società La Rinascente, in parte qua nella veste di appellata; sicché sul presente capo di impugnazione la sentenza del Tribunale amministrativo merita conferma, con le precisazioni che seguono:

come chiarito da questo Consiglio di Stato (VI, 13 maggio 2002 n. 2572), la rilevanza nazionale o regionale dell’opera agli effetti della individuazione di competenza alla verifica di impatto va stabilita unicamente in ragione della dimensione geografica e dell’incidenza dell’intervento sulle componenti del territorio; trattasi, nel caso in esame, di opera che esaurisce i suoi “effetti territoriali” nell’ambito regionale, sicché esso rientra nella competenza regionale, conformemente a quanto deve ritenersi discendere dalla vigente normativa in materia di impatto ambientale (D.P.R. 12 aprile 1996, D.P.C.M. 3 settembre 1999, art. 71, d.lg. n. 112 del 1998). Non è pertinente il richiamo all’articolo 36 del decreto legislativo n. 300 del 1999, sul riordino dei ministeri, il quale, sul punto, ha valore meramente ricognitivo delle attribuzioni del Ministero dell’ambiente e non incide sulla richiamata normativa di riparto;
l’esito della procedura di verifica appare nella specie adeguatamente motivato, ove si considerino gli ambiti di sindacato ammessi dalla giurisprudenza in materia di valutazione dell’impatto ambientale; in più, le prescrizioni di “mitigazione” dell’impatto sono senz’altro compatibili con la procedura di verifica, nel cui contesto costituiscono un logico completamento volto a calibrare l’intervento di tutela sul progetto delle opere, conformemente al canone di proporzionalità cui deve essere informata l’azione amministrativa;
le forme di pubblicità cui nella specie sono stati assoggettati gli atti progettuali soddisfano, sotto il profilo teleologico, la normativa in materia.
10. Gli appellanti in via incidentale contestano il capo di sentenza con il quale è stata dichiarata l’inammissibilità, per carenza di interesse e legittimazione, della censura concernente la mancata partecipazione all’accordo di programma del Ministero della giustizia.

La doglianza è infondata.

La realizzazione della cittadella giudiziaria è estranea all’oggetto dell’accordo, salvo che per la realizzazione di alcune opere di infrastrutturazione comuni. A parte ciò, deve ritenersi – come esattamente rilevato dal primo giudice – che il vizio di mancata partecipazione a un accordo di programma può essere fatto valere solo dalla parte che assuma di essere stata pretermessa, sul rilievo dell’incidenza dell’accordo nella propria sfera giuridica di interessi. Ogni altro soggetto non è titolare di alcun interesse giuridicamente qualificato a dolersi della mancata partecipazione della parte pretermessa.

11. Con l’appello incidentale si contesta anche la dichiarata inammissibilità delle originarie censure concernenti la violazione della normativa sui lavori pubblici in tema di procedura di evidenza, relativamente all’affidamento esterno delle funzioni di stazione appaltante previsto dall’accordo di programma. La ritenuta inammissibilità è contestata, in particolare, con riguardo alla posizione di Legambiente.

Il Tribunale amministrativo ha statuito l’inammissibilità del motivo osservando che nessuno dei ricorrenti riveste la qualità di imprenditore nel settore e che l’accoglimento della censura determinerebbe non già l’integrale rinnovazione del procedimento, ma solo l’obbligo di rinnovare singole fasi che non coinvolgono l’interesse dei ricorrenti.

Il capo di sentenza merita conferma.

L’ammissibilità del ricorso giurisdizionale amministrativo richiede, in capo al ricorrente, la legittimazione, intesa come titolarità di un interesse giuridicamente qualificato, e l’interesse processuale, inteso come utilità che il ricorrente può trarre dall’accoglimento del gravame.

La legittimazione, dunque, si radica in relazione all’interesse di cui il ricorrente assume di essere titolare. In altri termini, tale titolarità radica in capo al ricorrente una posizione qualificata e differenziata rispetto a quella della generalità dei cittadini che lo legittima alla proposizione dell’impugnazione.

Le associazioni ambientalistiche, riconosciute con decreto del Ministro dell’ambiente, sono legittimate a far valere in giudizio la lesione dell’interesse “diffuso” in materia ambientale ai sensi dell’articolo 18 della legge n. 349 del 1986. La giurisprudenza ha chiarito che tale legittimazione trova la sua fonte, e, al tempo stesso, il suo limite, nella norma richiamata, nel senso che la titolarità dell’interesse assume valenza di posizione legittimante nella misura in cui l’interesse di riferimento abbia una qualificazione normativa positiva ad opera dell’ordinamento (IV, 28 febbraio 1992 n. 223; V, 10 marzo 1998 n. 278; IV, 12 marzo 2001 n. 1384).

Indipendentemente dalla concezione giuridicamente rilevante di “ambiente” che si accolga (per una prospettiva differenziata, di questa Sezione vedi le decisioni 11 luglio 2001 n. 3878 e 9 ottobre 2002 n. 5365), occorre in ogni caso che il provvedimento che si intenda impugnare leda in modo diretto e immediato l’interesse all’ambiente. Occorre, inoltre, che il vizio dedotto, consenta, se accolto e in sede di esecuzione del giudicato, un’utilità al ricorrente direttamente rapportata alla sua posizione legittimante, cioè un’utilità che sia in correlazione con l’interesse all’ambiente di cui l’associazione ricorrente è portatrice.

Gli indicati requisiti di legittimazione e interesse sono carenti nel caso in esame, con riferimento anche alla posizione di Legambiente.

La parte dell’accordo di programma concernente le semplici modalità di affidamento dei lavori previsti, infatti, non lede di per sé l’interesse all’ambiente e quindi la posizione legittimante, nei termini dianzi chiariti, dell’associazione ricorrente. In altri termini, una volta ritenuta la legittimità degli interventi programmati – questi in astratto suscettibili di ledere quell’interesse ambientale alla cui tutela l’associazione è legittimata – le modalità di esecuzione dei lavori restano normalmente estranei alla sfera giuridica dell’associazione medesima, a meno che tali modalità di esecuzione non siano idonee esse stesse ad arrecare un danno all’interesse ambientale (solo in tal senso, può essere condivisa la decisione V, 1° ottobre 1999 n. 2030). Se non che, nel caso in esame, è da ritenere che Legambiente non abbia un interesse giuridicamente qualificato in ordine all’affidamento esterno delle funzioni di stazione appaltante previsto dall’accordo di programma. Una volta localizzato e definito l’intervento, l’interesse alla tutela ambientale persiste in ordine a modalità di realizzazione che incidano direttamente sulla qualità ambientale e quindi, in primis, al rispetto della normativa e delle regole poste a tutela dell’ambiente – per esempio, come si è visto, in ordine alla procedura di impatto ambientale – mentre nessun danno giuridicamente qualificato deriva dall’affidamento interno o esterno all’amministrazione delle funzioni di stazione appaltante, disciplinato secondo una normativa finalizzata alla tutela della concorrenza e alla trasparenza delle procedure di realizzazione dei lavori, e il cui annullamento giurisdizionale comporterebbe solo una diversa procedura per la realizzazione comunque del contestato intervento.

12. Alla stregua delle considerazioni svolte e in conclusione:

l’appello principale deve essere accolto, con conseguente reiezione dell'impugnazione originaria, previa riforma in parte qua della sentenza di primo grado;
l’appello incidentale va respinto, con la conseguente conferma dei capi di sentenza investiti dallo stesso.
Ricorrono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del doppio grado.

P. Q. M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, riunisce gli appelli principali e li accoglie; in riforma della sentenza di primo grado, rigetta il ricorso di primo grado. Rigetta l’appello incidentale. Spese del doppio grado compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, addì 28 ottobre 2003, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quarta – riunito in camera di consiglio con l’intervento dei Signori:

Gaetano TROTTA Presidente

Giuseppe BARBAGALLO Consigliere

Costantino SALVATORE Consigliere

Filippo PATRONI GRIFFI Consigliere, estensore

Aldo SCOLA Consigliere


L’ESTENSORE IL PRESIDENTE


IL SEGRETARIO

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
16/12/2003

(Art.55, L. 27.4.1982 n. 186)

Il Dirigente

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