REPUBBLICA ITALIANA N.3823/04REG.DEC.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO N. 8404 REG.RIC.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione ANNO 2003
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 8404 del 2003, proposto dal Comune di Imperia, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’Avv. Piergiorgio Alberti, con domicilio eletto in Roma, Via Cosseria, n. 5, presso l’Avv. Guido Francesco Romanelli;
contro
la Soc. Italgas – Società Italiana per il Gas – s.p.a., con sede in Torino, in persona del Vice Presidente ed Amministratore delegato in carica, Ing. Giacomo Vitali, rappresentata e difesa dall’Avv. Prof. Mario Alberto Quaglia, con domicilio eletto presso il suo studio, in Roma, Via Carducci, n. 4
per l'annullamento e/o la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Liguria, Sezione seconda, n. 713 del 5 giugno 2003;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’appellata;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore, alla pubblica udienza del 3 febbraio 2004, il Consigliere Chiarenza Millemaggi Cogliani; udit!Fine dell'espressione imprevista, altresì, gli Avv.ti Alberti e Quaglia, come da verbale d’udienza!Fine dell'espressione imprevista.
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
F A T T O
1.1. Con ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale della Liguria (r.r.n. 279/2003) l’attuale appellata ha impugnato, chiedendone l’annullamento, la deliberazione del Consiglio comunale di Imperia 17 dicembre 2002 n. 122, avente ad oggetto il riscatto anticipato del servizio pubblico di distribuzione del gas e dei relativi impianti, nel contempo chiedendo l’accertamento del diritto di ritenzione degli impianti medesimi, fino al pagamento da parte del Comune di Imperia di tutte le somme asseritamene dovute a detta società in dipendenza della cessazione del rapporto e la condanna del Comune a risarcire integralmente i danni patrimoniali, subiti e subendi, in conseguenza dell’atto impugnato.
1.2. Con sentenza n. 713 del 5 giugno 2003, la Seconda sezione di detto Tribunale Amministrativo Regionale - disattesa l’eccezione pregiudiziale del Comune, secondo cui la controversia doveva essere attivata davanti a collegio arbitrale, ai sensi della convenzione tra Italgas e Comune di Imperia, e dell’art. 6, comma secondo della L. n. 205 del 2000 – ha accolto la domanda costitutiva principale, per l’effetto annullando la deliberazione impugnata, e compensando fra le parti le spese del giudizio.
2. Avverso l’anzidetta sentenza propone appello il Comune di Imperia, denunciandone l’erroneità, innanzitutto in relazione alla reiezione della eccezione pregiudiziale, e, in via gradata, per erronea interpretazione ed applicazione del sistema normativo derivante dal decreto legislativo 23 maggio 2000 n. 164 e dall’art. 35 della legge 28 dicembre 2001 n. 448.
Il giudice di primo grado non avrebbe correttamente considerato la finalità per la quale il riscatto è stato esercitato, la sostanziale sopravvivenza della possibilità di esercitare il riscatto previsto dall’art. 24 T.U. n. 2578/1924 nella fase transitoria di entrata in vigore del nuovo regime; il dubbio di illegittimità costituzionale dell’art. 15, comma 5, del decreto legislativo n. 164 del 2000, ove la norma dovesse essere interpretata nel senso di impedire ai Comuni concedenti di esercitare il diritto di riscatto al fine di anticipare l’apertura del settore alla concorrenza, per contrasto con la normativa comunitaria (Direttiva 98/30/CEE), con i principi di libera concorrenza delle merci, delle persone, dei servizi, dei capitali, e per violazione, altresì degli artt. 114, 117 e 118, e 97 della Costituzione; l’irrilevanza per quanto interessa, dell’art. 34 comma 12, lett. g) della legge n. 448/2001, che ha abrogato l’art. 123, comma 3, del decreto legislativo n. 267 del 2000.
Conclude pertanto l’appellante per l’annullamento e/o la riforma della sentenza appellata, nel senso della reiezione del ricorso deciso e vittoria di spese del giudizio.
3. Costituitasi l’appellata per resistere all’appello, la causa è stata chiamata alla pubblica udienza del 3 febbraio 2004 e trattenuta in decisione.
D I R I T T O
1. L’appello è infondato.
2. Quale che sia il significato da annettere alla clausola con la quale, nel corpo della convenzione allegata al contratto di concessione del servizio del 25 settembre 1987, il Comune di Imperia e la società Italgas hanno convenuto di rimettere ad un collegio arbitrale tutte le questioni che potessero insorgere durante la concessione o successivamente sulla interpretazione ed esecuzione della convenzione in ogni sua clausola e dato pure per ammesso che si sia in presenza della previsione di un arbitrato rituale, come sostenuto dal Comune appellante, prevalente ed assorbente è la considerazione che la disposizione negoziale, introdotta in vigenza della l. n. 1034 del 1971, e prima della entrata in vigore della legge n. 205 del 2000, è invalida ed inefficace.
Invero, anteriormente alla entrata in vigore della legge anzidetta, non era data alle parti la facoltà di compromettere in arbitri le materie sottratte all’area della giurisdizione del giudice ordinario ed affidate alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (Cass, sez. un., 2 maggio 1979 n. 25229) e, di contro, l’introduzione, con l’art. 6, comma 2, della legge 205/00, della facoltà di avvalersi, in materia, di un arbitrato rituale di diritto non fa salva la precedente clausola compromissoria volta all’applicazione di un arbitrato obbligatorio di diritto (Cons. Stato, Sez. V, 31 gennaio 2003 n. 472).
Alla verifica della validità del patto compromissorio vanno applicati i principi in materia di successione delle norme nel tempo proprie dei contratti e, pertanto, tale verifica deve essere effettuata con riferimento alle norme vigenti al momento della perfezione del patto, salvo che la norma sopravvenuta non rechi espressa previsione circa la sua applicazione retroattiva (Cass., sez. un., 10 dicembre 2001, n. 15608).
L'art. 6, comma 2, della legge n. 205 del 2000, nel disporre che "le controversie concernenti diritti soggettivi devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo possono essere risolte mediante arbitrato rituale di diritto" – secondo il condivisibile insegnamento della Corte Suprema - non è norma sulla giurisdizione, ma integra in positivo l'art. 806 c.p.c., in quanto consente espressamente la deferibilità ad arbitri di controversie concernenti diritti soggettivi devolute alla giurisdizione (senza ulteriori specificazioni) del giudice amministrativo, in tal modo superando la tradizionale esclusione, da parte della giurisprudenza della stessa Corte (per tutte, sez. un.. n. 7643 del 1995), dell'arbitrabilità delle controversie devolute alla giurisdizione amministrativa (superamento solo parziale, poiché l'esclusione permane per le controversie aventi ad oggetto interessi legittimi), dalla quale conseguiva l'invalidità del compromesso o della clausola compromissoria che avessero diversamente previsto.
La novella legislativa, è stato chiarito, risolve dunque un problema di merito, in quanto investe la validità del compromesso o della clausola compromissoria e pertanto non può riconoscersi alla norma racchiusa nell'art. 6, comma 2, della legge n. 205 del 2000 efficacia sanante dell'originaria invalidità del compromesso o della clausola compromissoria stipulati anteriormente all'entrata in vigore della nuova normativa, in quanto non contiene una clausola di retroattività.
Pertanto, deve essere respinto il primo motivo di appello.
3.1. Nel merito appare opportuno premettere che si verte in tema di riscatto delilberato dall’Ente in vigenza del decreto legislativo 164 del 2000.
Il giudice di primo ha ritenuto che il diritto di riscatto, come regolato dagli artt. 24 e 25 del R.D. 15 ottobre 1925 n. 2578, non é più compatibile con il nuovo quadro normativo, delineato dal D.Lgs. 23 maggio 200 n. 164 e dell’art. 35 della legge 28 dicembre 2001 n. 448
in quanto strettamente collegato alla possibiltà, per gli enti locali, di assumere direttamente gli impianti e l’esercizio diretto dei pubblici esercizi.
L’appellante obietta che il convincimento espresso nella sentenza appellata sarebbe ispirato a precedenti giurisprudenziali conformi (anche di questo giudice di appello) che tuttavia non potrebbero trovare applicazione al caso in esame, differente dalle situazioni cui si riferiscono, specificamente, i precedenti, e cioè di Comuni che avevano provveduto ad esercitare il diritto di riscatto al fine di assumere la gestione diretta del servizio.
Nel caso in esame, infatti, obiettivo dell’Amministrazione, espresso della deliberazione con la quale è stato deciso di esercitare il riscatto, sarebbe quello di anticipare il termine del rapporto concessorio, al fine di dare sollecita attuazione alla disciplina a regime prevista dal decreto legislativo n. 164/2000, e procedere quindi all’affidamento mediante pubblica gara, con i conseguenti vantaggi economici e gestionali.
3.2. L’orientamento espresso dal giudice di primo grado deve essere condiviso senza che le obiezioni dell’appellante siano in grado di inficiarne la correttezza logico giuridica, in senso favorevole alla tesi esposta.
Il riscatto anticipato è infatti istituto tipico del vecchio ordinamento, strettamente collegato alla possibilità, per l’Ente, di optare per una gestione diretta del servizio che, seppure non esplicitamente abrogato dal decreto delegato (anche perché il regio decreto n. 2578 del 1924 riguardava tutti i servizi pubblici assunti dai Comuni e non soltanto la distribuzione del gas), non può più avere cittadinanza nel nuovo assetto normativo, non essendo fra l’altro compatibile con un rapporto di durata limitato e definito esplicitamente come “contrattuale” (per tutte, in termini, Sez. V, 11 giugno 2003 n. 3296; 25 giugno 2002 n. 3455; 15 febbraio 2002, n. 902).
La Sezione ha fra l’altro avuto modo di chiarire che il potere in argomento si correla ad un quadro legislativo che assumeva come postulato la titolarità del servizio in capo al Comune, mentre al contrario, nel nuovo assetto, la gestione del servizio viene sempre ad essere esternalizzata, e le possibilità di fare venire meno il rapporto si ricollegano alle normali ipotesi di recesso (art. 14 del decreto legislativo n. 154/2000).
Il quadro non cambia, per il fatto che il riscatto anticipato venga esercitato all’esclusivo fine di anticipare l’affidamento del servizio, mediante pubblica gara, con l’obiettivo di precorrere i tempi di applicazione a regime delle nuove norme.
Deve anzi evidenziarsi che un obiettivo di questo tipo viene a porsi in aperto contrasto con la disciplina transitoria stabilita dall’art. 15 del decreto 164 del 2000, che, da un lato, riduce in maniera sensibile la durata delle concessioni in corso, dall’altro, nel contempo, garantisce un ragionevole periodo di permanenza, in via transitoria, dei regimi concessori in atto.
Si tratta di una scelta legislativa che l’esercizio anticipato del riscatto è destinato a stravolgere e vanificare, illegittimamente, quali che siano gli obiettivi che l’Ente locale si sia proposto.
La ragionevolezza di un regime transitorio che consenta di attuare con gradualità la transizione del settore italiano del gas ai nuovi assetti europei ha superato il vaglio del controllo di legittimità costituzionale (Corte Costituzionale, sent. 11- 31 luglio 2002 n. 413) sia pure con specifico riguardo alla disposizione contenuta nel comma 10 del citato art. 15 del decreto legislativo n. 164 del 2000.
La Corte ha avuto modo di precisare che la stessa direttiva 98/30/CE presupponeva l'esistenza di differenze tra le varie economie, con l'eventualità di deroghe a carattere temporaneo e limitato, riconoscendo l'esigenza di gradualità nell'instaurazione del mercato interno del gas.
Ai parametri di legittimità costituzionale sulla quale la Corte si è espressa con la sentenza citata (in parte coincidenti con quelli proposti dall’attuale appellante) deve aggiungersi che le modifiche del titolo V della Costituzione non hanno inciso sui poteri statali in tema di adeguamento dell’ordinamento interno a quello comunitario.
Ne consegue che la scelta discrezionale di tempi e modalità di adeguamento, ove ciò sia consentito, come nella fattispecie, dalla normativa comunitaria, deve ritenersi insindacabile, senza che in essa possano rinvenirsi lesioni delle autonomie locali.
Deve essere, pertanto, dichiarato manifestamente infondato il dubbio di legittimità costituzionale sollevato dall’appellante.
Di contro è illegittimo, perché incompatibile con il regime transitorio fissato dall’art. 15 del decreto legislativo n. 164 del 2000, l’esercizio di un potere che, risolvendo anticipatamente un affidamento o una concessione in atto, è inteso – espressamente - a vanificare quella gradualità di adeguamento del mercato che gas che il citato art. 15 si prefigge, in piena coerenza con il contenuto della legge di delega e con quanto anche consentito dalla Comunità europea.
4. Sulla base delle considerazioni che precedono l’appello deve essere respinto.
Tuttavia, possono essere interamente compensate fra le parti le spese del giudizio.
P. Q. M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando, respinge l’appello in epigrafe;
Compensa interamente fra le parti le spese del giudizio;
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, addì 3 febbraio 2004, dal Consiglio di Stato in s.g. (Sez. V) riunito in camera di consiglio con l'intervento dei seguenti Magistrati:
Raffaele IANNOTTA PRESIDENTE
Giuseppe FARINA CONSIGLIERE
Corrado ALLEGRETTA CONSIGLIERE
Chiarenza MILLEMAGGI COGLIANI CONSIGLIERE
Claudio Marchitiello CONSIGLIERE
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
F.to Chiarenza Millemaggi Cogliani F.to Raffaele Iannotta
IL SEGRETARIO
F.to Francesco Cutrupi
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 14 giugno 2004
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL DIRIGENTE
F.to Antonio Natale

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