REPUBBLICA ITALIANA N. 4597/03 REG.DEC.

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO N. 9894 REG.RIC.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta ANNO 2002

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso n. 9894 del 2002, proposto da GEO NOVA s.p.a., rappresentata e difesa dagli avv.ti Franco Scoca, Stefano Gattamelata, Franco Zimbelli e Anna Maria Tassetto, elettivamente domiciliata presso lo studio del primo in Roma, via Paisiello 55

contro

la Regione Veneto, rappresentata e difesa dagli avv.ti Luigi Manzi e Giorgio Orsoni ed elettivamente domiciliata presso lo studio del secondo in Roma, Via Confalonieri 5

e il Comune di Vedelago, rappresentato e difeso dall’avv. Franco Gianpietro, elettivamente domiciliato presso il medesimo in Roma, via F. Sacchetti 114

per l'annullamento

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, Sez. III, 19 luglio 2002, n. 3560, resa tra le parti.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Veneto e del Comune di Vedelago;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore alla pubblica udienza del 20 maggio 2003 il consigliere Marzio Branca, e uditi gli avvocati Scoca, Zambelli, Manzi, Giampietro e Padovani per delega dell’avv.to Orsoni.

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

FATTO

Con deliberazione 21 giugno 1991 la Regione Veneto volturava a favore dell’appellante Geo Nova s.p.a., confermandone la validità, un progetto per la realizzazione in Comune di Vedelago di una discarica di rifiuti speciali non tossici, già approvata dalla Provincia di Treviso, precisando, al punto 3, che il termine per l’avvio dell’attività di smaltimento della discarica sarebbe stato successivamente determinato in relazione ai fabbisogni di rifiuti e di ricettività, nel quadro di una programmazione che prevedeva l’attivazione di altre discariche, fra l’altro, nel Comune di Riese Pio X.

Con deliberazione 20 settembre 1994 n. 4376 la Regione Veneto dispose l’inizio della attività della detta discarica nel Comune di Riese Pio X, e rinviò l’attivazione della discarica in Comune di Vedelago al momento in cui sarebbero stati definiti i fabbisogni regionali per il triennio 1997-1999.

Con deliberazione 13 ottobre 1998 n. 3724 la Regione Veneto ha disposto a carico della s.p.a. Geo Nova, la decadenza della deliberazione iniziale di approvazione del progetto di discarica, nella sola parte in cui il detto provvedimento costituiva concessione edilizia. Alla deliberazione suddetta seguiva una nota regionale di intimazione a non intraprendere alcuna iniziativa tesa all’avvio dei lavori di approntamento della discarica.

Avverso i due ultimi atti la Geo Nova ha proposto un primo ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale del Veneto chiedendone l’annullamento.

A seguito di ulteriori contatti con la Regione, che aveva fatto presente come il progetto inizialmente autorizzato non fosse più adeguato ai nuovi criteri emergenti dalla evoluzione tecnico normativa sopravvenuta in materia di realizzazione della discariche, la Geo Nova ha presentato un progetto di adeguamento e aggiornamento dell’impianto autorizzato in precedenza.

La Giunta Regionale con deliberazione 4 agosto 2000 n. 2568 ha respinto il progetto medesimo, definendolo improcedibile ai sensi dell’art. 33 della l.r. 21 gennaio 2000 n. 3, ossia per difetto di requisiti soggettivi. La disposizione infatti riserva la realizzazione di nuove discariche: a) a soggetti che intendano smaltire rifiuti derivati da loro attività di produzione di beni ubicate nella regione; b) a soggetti titolari di attività di trattamento o recupero di rifiuti ubicati nel territorio regionale.

Contro tale deliberazione ha proposto altro ricorso la Geo Nova s.p.a. chiedendone l’annullamento.

Con la sentenza in epigrafe i due ricorsi, previamente riuniti, stati rigettati.

Il TAR ha esaminato per primo il ricorso avverso la deliberazione del 4 agosto 2000 n. 2568 ed ha ritenuto che esso non poteva essere accolto in quanto basato sulla tesi, non condivisibile, che la discarica di cui era titolare la ricorrente doveva essere considerata una discarica in servizio alla data di entrata in vigore della legge regionale n. 3 del 2000, mentre tale condizione non si era mai verificata.

I primi giudici hanno poi considerato, per conseguenza, il primo ricorso, volto, come già visto, a contestare la decadenza della concessione edilizia insita nell’approvazione dell’originario progetto, improcedibile per difetto di interesse, in base al rilievo che l’accoglimento del medesimo non avrebbe potuto comunque attribuire alla ricorrente la facoltà di aprire la discarica, in quanto la Geo Nova non possedeva i requisiti soggettivi fissati dalla legge regionale 21 gennaio 2000 n. 3, art. 33, comma 1, ricordati più sopra.

Avverso la sentenza la s.p.a. Geo Nova ha proposto appello sostenendone l’erroneità e chiedendone la riforma.

La Regione Veneto e il Comune di Vedelago si sono costituiti chiedendo il rigetto del gravame.

Alla pubblica udienza del 20 maggio 2003 le parti hanno insistito nelle rispettive tesi. L’appellante in particolare sollevava eccezione di illegittimità costituzionale dell’art. 33, comma 1, della legge della Regione Veneto 21 gennaio 2000, n. 3, nella parte in cui ammette alla gestione delle discariche solo soggetti determinati, in riferimento agli art. 3, 41 e 120 della Costituzione.

Alla stessa udienza la causa veniva trattenuta in decisione.

Con sentenza in pari data la Sezione: a) ha rigettato l’appello concernente il capo di sentenza relativo alla impugnazione della deliberazione della Giunta Regionale del Veneto 4 agosto 2000 n. 2568, recante l’improcedibilità del progetto di adeguamento tecnico presentato dall’appellante; b) ha ritenuto di non poter pronunciare sul secondo capo della sentenza di primo grado, riguardante la improcedibilità per sopravvenuto difetto di interesse in ordine all’esame del secondo ricorso nel merito, ritenendo rilevante e non manifestamente infondato il dubbio sulla legittimità costituzionale dell’art. 33, comma 1, della legge regionale del Veneto 21 gennaio 2000 n. 3, per contrasto con gli artt. 3, 41 e 120 Cost. per i motivi che seguono.

DIRITTO

La disposizione, come accennato più sopra, stabilisce che, nella Regione Veneto, le discariche di rifiuti speciali, diverse da quelle per rifiuti inerti di seconda categoria tipo A ai sensi della deliberazione del Comitato interministeriale 27 luglio 1984, possono essere realizzate soltanto: a) da soggetti singoli o associati per lo smaltimento di rifiuti derivati dalla loro attività di produzione di beni ubicate nel territorio regionale; b) da soggetti titolari di attività di trattamento o recupero di rifiuti ubicati nel territorio regionale, come individuati negli allegati B e C del decreto legislativo n. 22 del 1997, per lo smaltimento dei rifiuti derivanti dalle loro attività, ad esclusione di coloro che esercitano soltanto le operazioni di cui ai punti D15 e R13 dei citati allegati.

Il Collegio ritiene che la norma si ponga in contrasto con i principi di cui agli artt. 3, 41, 117 e 120 della Costituzione, e che la relativa questione sia rilevante nel presente giudizio.

Sotto il profilo della rilevanza si è già osservato che il provvedimento regionale impugnato si fonda sulla norma ora in questione, il cui eventuale annullamento, per l’effetto retroattivo che gli è proprio, priverebbe il provvedimento medesimo del presupposto normativo legittimante.

Quanto alla non manifesta infondatezza della questione, si osserva che la norma istituisce in danno dei cittadini diversi da quelli indicati, solo perché privi di alcuni requisiti di collegamento con il territorio della Regione Veneto, un limite ostativo allo svolgimento della attività di apertura e gestione di discariche anche nella Regione suddetta.

In tal modo, si realizza un effetto discriminatorio nell’esercizio del diritto garantito a tutti dall’art. 41 della Costituzione, in violazione del generale principio di eguaglianza di cui all’art. 3 Cost., e contravvenendo al preciso disposto di cui all’art. 120 della Costituzione.

Quest’ultima disposizione, nella formulazione anteriore alla modifica introdotta dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, e vigente alla data di adozione della legge regionale n. 3 del 2000, stabiliva espressamente, al comma 4, che la Regione non può limitare il diritto del cittadino di esercitare in qualunque parte del territorio nazionale la sua professione, impiego o lavoro.

E lo stesso principio è accolto nel nuovo testo dell’art. 120, comma 1, introdotto con la legge costituzionale di revisione del Titolo V.

La dottrina più attenta agli orientamenti del giudice delle leggi non ha mancato di notare, da ultimo a commento della sent. n. 339 del 2001, che ha censurato una legge della Regione Abruzzo per violazione degli stessi parametri, che nella giurisprudenza costituzionale si è posto costantemente l’accento sul rapporto tra l’art. 120 e l’art. 41 Cost., che tutela il diritto di iniziativa economica, al fine di sottolineare che da tali disposizioni emerge una nozione unitaria di mercato, in cui non sono ammissibili limiti che “senza alcun fondamento costituzionale finiscono per restringere in qualsiasi modo il libero movimento delle persone e delle cose fra una regione e l’altra” (sent. n. 12 del 1963).

In occasione più recente (sent. n. 362 del 1998) la Corte ha dichiarato illegittime le barriere che limitano l’espansione dell’impresa ed il diritto di questa di calibrare le proprie strutture organizzative sulla propria capacità produttiva, poiché, in forza degli artt. 41 e 120 Cost., la decisione di mantenere l’attività di impresa entro l’ambito territoriale in cui è sorta o di estenderla ed articolarla in un territorio più vasto, oltre i confini della Regione di origine, è espressione della libertà organizzativa dell’imprenditore ed è affidata in modo esclusivo alle sue valutazioni.

Analogo orientamento la Corte ha seguito a proposito della legge della Regione Valle d’Aosta 20 giugno 1996 n. 12 art. 23, commi 1 e 9, in quanto nell'indicare il possesso da parte delle imprese di un'adeguata organizzazione aziendale nel territorio regionale quale requisito per l'iscrizione all'"albo di preselezione" delle imprese, necessaria per la partecipazione alle gare d'appalto per lavori pubblici regionali violano gli art. 3 e 120 cost., discriminano le imprese sulla base di un elemento di localizzazione territoriale il quale, non essendo giustificato da alcuna ragione tecnica ne' dal buon andamento della p.a., appare rivolto a creare barriere all'ingresso nel territorio regionale, in qualita' di soggetti appaltatori, di imprese provenienti da altre aree, in violazione dell'art. 120, comma 2 e 3 cost. e dei principi comunitari della liberta' di prestazione dei servizi in qualsiasi paese dell'Unione europea (26 giugno 2001, n. 207

Ma la norma della cui legittimità si dubita non sembra neppure rispettosa dei limiti derivanti alla potestà legislativa regionale, sia nella configurazione risultante dall’art. 117 Cost., ante riforma, sia nel testo figurante nel nuovo Titolo V.

La tutela della libera concorrenza, infatti, a partire dall’emanazione della legge n. 287 del 1990, è entrata a far parte dei principi fondamentali delle leggi dello Stato, da osservarsi da parte delle regioni nell’esercizio della competenza concorrente nelle materie ad esse demandate, secondo un orientamento assolutamente incontroverso della giurisprudenza costituzionale.

Con la modifica del Titolo V, la tutela della concorrenza costituisce materia di competenza esclusiva dello Stato, totalmente sottratta, quindi, alla legislazione regionale, la quale pertanto, nel regolare le proprie materie, deve astenersi dall’invasione delle aree competenza statale, e dal contraddire i principi accolti nella relativa legislazione.

In conclusione la questione si rivela non manifestamente infondata. In giudizio va dunque sospeso e gli atti rimessi alla Corte costituzionale.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta,

visto l’art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87,

solleva questione di legittimità costituzionale dell’art. 33, comma 1, della legge della Regione Veneto 21 gennaio 2000, n. 3, in riferimento agli artt. 3, 41, 117 e 120 della Costituzione;

sospende il giudizio e dispone che gli atti siano trasmessi alla Corte costituzionale;

ordina che a cura della Segreteria della Sezione la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa e al Presidente della Regione Veneto e comunicata al Presidente del Consiglio Regionale del Veneto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 20 maggio 2003 con l'intervento dei magistrati:

Alfonso Quaranta Presidente

Raffaele Carboni Consigliere

Giuseppe Farina Consigliere

Marzio Branca Consigliere est.

Nicolina Pullano Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE

f.to Marzio Branca f.to Alfonso Quaranta


IL SEGRETARIO

f.to Francesco Cutrupi



DEPOSITATA IN SEGRETERIA

il............ ........08/08/2003..........

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)


IL DIRIGENTE

f.to Antonio Natale

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