REPUBBLICA ITALIANA N. 4598/03 REG.DEC.

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO N. 10831 REG.RIC.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione ANNO 2002
ha pronunciato la seguente

DECISIONE
sul ricorso in appello n. 10831/2002, proposto dalla Regione ABRUZZO in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE dello STATO presso cui domicilia ex lege in Roma, via dei Portoghesi 12,
CONTRO
gli ISTITUTI RIUNITI di ASSISTENZA SAN GIOVANNI BATTISTA di CHIETI, costituitisi in giudizio, rappresentati e difesi dall’avv. Paolo SPERDUTI e presso quest’ultimo elettivamente domiciliati in Roma, presso lo studio dell’avv. Lucio DE ANGELIS, ora di Val Gardena n. 3,
per l’annullamento
della sentenza del TAR dell’Abruzzo, Sezione di Pescara n. 336/2002;
visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
visto l’atto di costituzione in giudizio degli Istituti appellati;
viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
visti gli atti tutti di causa;
relatore, alla pubblica udienza del 25 marzo 2003, il Cons. Paolo BUONVINO; udito l’avv. SPERDUTI per gli Istituti appellati.
Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue:
F A T T O
1) - È impugnata la sentenza con cui il TAR ha accolto il ricorso dell’IPAB “Istituti Riuniti San Giovanni Battista di Chieti” avverso il provvedimento del locale CO.RE.CO. di annullamento del provvedimento 27 dicembre 2001, n. 74, dello stesso Istituto, di approvazione del bilancio (perché avvenuta oltre il termine del 30 novembre, in asserita violazione dell’art. 175, punto 8, del d.lgs. n. 267/2000).
Per il TAR era da ritenere fondata e assorbente, in particolare, la censura di violazione ed erronea applicazione dell’art. 126 del d.lgs. n. 267/2000, siccome abrogato dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3; legge, quest’ultima, che, all’art. 9, ha espressamente abrogato l’articolo 130 della Costituzione, che prevedeva il controllo da parte di un Organo della Regione sugli atti degli Enti locali.
Ne consegue, sempre secondo i primi giudici, che la pronuncia dell’organo di controllo intimato che ha assunto la deliberazione di annullamento sul presupposto che il “controllo preventivo di legittimità” di cui all’art. 130 Cost. si estendeva anche agli Enti di assistenza e beneficenza (quale era quello ricorrente), è stata adottata in assenza di un potere di annullamento che, proprio di recente, con la citata legge costituzionale, ha perduto del tutto i suoi effetti.
2) – Per la Regione appellante la sentenza sarebbe erronea in quanto, in primo luogo, l’art. 9 della ripetuta legge costituzionale n. 3/2001 non avrebbe la capacità di produrre l’effetto abrogativo di una disciplina puntuale quale quella di cui all’art. 126 del d.lgs n. 267/2000, che sarebbe solo divenuta cedevole rispetto alle norme emanande dal soggetto attualmente legittimato; e ciò, a maggior ragione, con riguardo alla speciale disciplina inerente ai controlli sui bilanci degli enti locali.
In subordine, deduce l’Avvocatura erariale che, pur ammettendosi l’abrogazione del ripetuto art. 126, ciò non autorizzerebbe a ritenere, altresì, abrogati i controlli sulle IPAB, specie tenuto conto della disciplina per gli stessi recentemente introdotta dal d.lgs. n. 207/2001.
Resiste l’Istituto appellato, che insiste, nelle proprie difese, per il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza in esame.
D I R I T T O
1) - È impugnata la sentenza con cui il TAR ha accolto il ricorso dell’IPAB “Istituti Riuniti San Giovanni Battista di Chieti” avverso l’atto del locale Co.Re.Co. di annullamento del provvedimento 27 dicembre 2001, n. 74, dello stesso Istituto, di approvazione del bilancio (perché avvenuta oltre il termine del 30 novembre, in asserita violazione dell’art. 175, punto 8, del d.lgs. n. 267/2000).
Per il TAR era da ritenere fondata e assorbente, in particolare, la censura di violazione ed erronea applicazione dell’art. 126 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, siccome abrogato dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3; legge, quest’ultima, che, all’art. 9, ha espressamente abrogato l’articolo 130 della Costituzione, che prevedeva il controllo da parte di un Organo della Regione sugli atti degli Enti locali.
Secondo la Regione appellante la sentenza sarebbe erronea, in primo luogo, in quanto l’art. 9 della ripetuta legge costituzionale n. 3/2001 avrebbe carattere meramente programmatico, sicché, in difetto di una sua specifica attuazione e non recando espliciti divieti in materia di controlli sugli atti degli enti locali, né ponendo disposizioni direttamente incompatibili, dovrebbe escludersi la sua capacità di produrre l’effetto abrogativo di una disciplina puntuale quale quella di cui all’art. 126 del d.lgs. n. 267/2000, limitandosi, in effetti, solo a privare di copertura costituzionale i controlli stessi; la disciplina vigente al momento di entrata in vigore della novella costituzionale - pur non conforme al nuovo riparto di competenze legislative ivi delineato ed al rafforzato principio autonomistico caratterizzante la nuova disciplina costituzionale - non sarebbe immediatamente caducata, ma solo resa cedevole rispetto alle norme emanande dal soggetto attualmente legittimato (in ipotesi, si assume, le regioni).
La cedevolezza della disciplina previgente, ma non la sua immediata abrogazione, sarebbero, poi, tanto più manifeste con riferimento alla speciale disciplina inerente ai controlli sui bilanci degli enti locali, che dovrebbero, comunque, ritenersi confermati pur nel nuovo assetto normativo.
Tali doglianze non possono essere condivise.
2) - L’art. 130 della Costituzione, abrogato dalla legge costituzionale n. 3/2001, prevedeva che “un organo della Regione…..esercita …..il controllo di legittimità sugli atti delle Province, dei Comuni e degli altri enti locali”.
L’art. 126 del T.U. n. 267/2000 prevede:
- al comma 1, che “il controllo preventivo di legittimità di cui all’articolo 130 della Costituzione sugli atti degli enti locali si esercita esclusivamente sugli statuti dell’ente, sui regolamenti di competenza del consiglio, esclusi quelli attinenti all’autonomia organizzativa e contabile dello stesso consiglio, sui bilanci annuali e pluriennali e relative variazioni, adottate o ratificate dal consiglio, sul rendiconto della gestione, secondo le disposizioni del presente testo unico”;
- al comma 2, che “il controllo preventivo di legittimità si estende anche agli atti delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza”.
3) - Tanto premesso, va notato, anzitutto, che il citato art. 9 ha abrogato norme costituzionali senza sostituirne ad esse di nuove.
Con specifico riferimento al citato art. 130 Cost., la disposizione che lo ha abrogato, a differenza di quella rimossa - che, per il suo carattere programmatico, aveva efficacia indiretta e differita, rimandando a norme di legge ordinaria, poi emanate, la sua concreta attuazione – ha efficacia precettiva diretta ed immediata, facendo venire meno in maniera radicale il regime dei controlli sugli atti degli enti locali, che poggiava sullo stesso art. 130 Cost., senza demandare all’adozione di successive disposizioni la sua concreta attuazione e assunzione di efficacia; ciò anche in quanto non è stata neppure prevista dal legislatore costituente alcuna disciplina transitoria correlata a detta abrogazione.
Caduta la fonte normativa, programmatica e di principio, di rango costituzionale, costituente il necessario supporto logico-giuridico della disciplina dei controlli sugli atti degli enti locali e, in particolare, venuta meno la previsione di un controllo regionale sugli atti stessi, devono ritenersi, per ciò stesso, caducate ed espunte dall’ordinamento tutte le norme che su tale supporto poggiavano (primo fra tutti, l’art. 126 del T.U. n. 267/2000, che si richiama direttamente ed espressamente proprio all’art. 130 Cost.).
In altre parole, le disposizioni normative attuative della disposizione ad efficacia differita di cui all’articolo 130 della Costituzione poggiavano su tale norma e facevano, per così dire, “corpo unico” con la stessa, che ne costituiva il fondamento; venuta meno la norma costituzionale di sostegno, sono cadute anche le disposizioni attuative che vi si fondavano.
4) - Ai fini caducatori ora detti non appare, poi, necessario alcun intervento da parte del giudice costituzionale, in quanto costituisce ordinario canone ermeneutico, correlato anche all’art. 15 delle “preleggi”, quello per cui la caducazione della norma di rango sovraordinato sulla quale direttamente poggiano le disposizioni che ne costituiscono attuazione, viene a travolgere queste stesse disposizioni (e sempre che non siano dotate di una propria particolare forza autonoma o che apposite e speciali disposizioni non rimettano l’effetto abrogativo ad un momento successivo come, ad esempio, nell’ipotesi di cui all’art. 17, comma 2, della legge n. 400 del 23 agosto 1988).
La stessa ratio legis della novella costituzionale appare, del resto, volta alla immediata soppressione dei controlli in parola, destinati, nel nuovo assetto dei rapporti stato-regioni-autonomie locali, ad essere sostituiti con la innovativa metodologia dei controlli di gestione e del controllo interno (e per quanto attiene ai bilanci, con la loro certificazione); con la piena valorizzazione dei caratteri autonomistici propri del nuovo assetto costituzionale e con la correlata esclusione, quindi, di quel controllo regionale che l’abrogato articolo 130 prevedeva e legittimava.
5) - Né può richiedersi al legislatore, nazionale o regionale, l’adozione di specifiche e puntuali norme abrogative delle discipline sui controlli, attuative del precetto contenuto nell'art. 9, non potendo a questa norma riconoscersi, per il suo carattere meramente abrogativo, una natura programmatica atta a consolidarsi solo in una nuova disciplina positiva di portata, a sua volta, abrogativa; nelle more dell’adozione di una siffatta disciplina, del resto, verrebbero implicitamente fatti salvi i controlli di legittimità effettuati sino alla sua entrata in vigore (peraltro, futura e incerta), ciò che produrrebbe una sorta di ultrattività dei controlli in parola, incompatibile con la stessa novella costituzionale e con la ratio innovativa che la pervade.
6) – Ratio innovativa riconducibile, anzitutto, all’articolo 114 Cost., così come novellato dall’art. 1 della stessa legge costituzionale n. 3/2001, secondo cui: “la Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato. I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione. Roma è la capitale della Repubblica. La legge dello Stato disciplina il suo ordinamento”.
Norma che ha rafforzato i caratteri di autonomia degli enti locali anche rispetto alla Regione; in particolare, la proclamazione solenne del carattere costitutivo della Repubblica attribuito a Comuni e Città metropolitane, alle Province, alle Regioni, oltre che allo Stato, viene a porre su uno stesso piano tutte le componenti ora dette, anche se con capacità differenziate; sicché gli enti locali non si pongono più quali meri organi indiretti dello Stato o semplici enti autarchici, ma sono a questo equiordinati, insieme concorrendo a comporre la Repubblica.
Ma, nello stesso senso, appare significativa anche l’abrogazione, sempre ad opera dell’art. 9 della legge costituzionale n. 3/2001, degli artt. 128 e 129 Cost., a mente dei quali:
art. 128: “le Province e i Comuni sono enti autonomi nell’ambito dei principi fissati da leggi generali della repubblica, che ne determinano le funzioni”;
art. 129: “Le Province e i Comuni sono anche circoscrizioni di decentramento statale e regionali….”.
Anche l’abrogazione di tali norme, che fa logicamente seguito alla nuova formulazione dell’art. 114 Cost., appare indice, invero, della decisiva ed immediata modificazione della natura e della forza esponenziale degli enti locali che, da semplici enti di decentramento statale e regionale sono venuti ad acquisire pari dignità con gli altri soggetti di cui allo stesso rinnovato art. 114 Cost., cui sono stati, come si è visto, equiordinati.
Sicché anche sotto tale profilo deve ritenersi venuto meno il sostrato che sorreggeva la trama normativa relativa alla pregressa disciplina di controllo sugli atti degli enti locali.
7) – Da tale principio di equiordinazione dei livelli istituzionali – in assenza, come si ripete, di ogni disposizione di natura transitoria inserita nella stessa legge costituzionale n. 3/2001 – discende anche che il mantenimento, sia pure medio tempore, dei controlli regionali medesimi, in attesa di interventi del legislatore ordinario o della Corte Costituzionale, si porrebbe in manifesto e immediato contrasto con la stessa disciplina innovativa in materia di enti locali introdotta dal legislatore costituzionale.
Che se, poi, la disciplina attuativa del disposto di cui all’art. 9 della legge costituzionale n. 3/2001 dovesse essere assunta dal legislatore nazionale, si profilerebbe un ulteriore dubbio di compatibilità costituzionale, in quanto la norma adottanda verrebbe, in effetti, ad inserirsi in un ambito materiale che non è più di pertinenza statale, dal momento che, ai sensi dell’art. 117, comma secondo, lettera p), Cost., come novellato dalla stessa legge costituzionale n. 3/2001, la potestà legislativa esclusiva dello Stato, per quanto attiene agli enti locali, è circoscritta alla "legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane”.
Non sembra inutile ricordare, del resto, che nella relazione di accompagnamento, in sede di presentazione, della norma abrogativa dell’art. 130 Cost., veniva segnalata, tra l’altro, la necessità di “superare l’attuale sistema dei controlli al fine di garantire all’ente locale la pienezza del ruolo che deve necessariamente rivestire in un ordinamento che valorizza al massimo grado le ricchezze e le risorse del Paese e che si conformi alla prospettiva comunitaria che ha solennizzato al massimo grado, con la sua codificazione nel Trattato di Maastricht, il principio di sussidiarietà in base al quale è una violazione dell’ordine naturale che un’associazione più ampia e più importante si arroghi funzioni che possono essere svolte con efficienza da gruppi più piccoli e di rango inferiore”, e che “tale rafforzamento e tale difesa vengono intese come conferimento agli organi decisionali democraticamente costituiti di una vasta autonomia per quanto riguarda le loro competenze, le modalità di esercizio delle stesse ed i mezzi necessari all’espletamento dei loro compiti istituzionali”; e che, ancora, “in base a questi canoni di inderogabile applicazione, l’attuale sistema dei controlli sugli atti degli enti locali denota una evidente incongruenza con la dinamica dell’esperienza comunitaria e con la tendenziale evoluzione della nostra forma di Stato in senso federale”.
8) - Tutto ciò induce, in definitiva, a ritenere che, con l’abrogazione dell’art. 130 Cost., siano venuti meno, insieme alle norme che li disciplinavano, i controlli di legittimità sugli atti degli enti locali, con ogni logica conseguenza nei confronti del provvedimento del Co.Re.Co. impugnato in primo grado.
Contrariamente a quanto deduce l’appellante, poi, non avrebbe senso, in questa situazione, ritenere che la disciplina previgente, di rango non costituzionale, sarebbe rimasta ferma per quanto attiene, specificamente, ai soli controlli sui bilanci degli enti locali, dal momento che l’art. 126 del T.U. n. 267/2000 è incentrato proprio su tali controlli.
Sembra anche utile osservare, comunque, che, se è vero che, ai sensi dell’art. 1, comma 4, del d.lgs. n. 267/2000, “ai sensi dell’articolo 128 della Costituzione le leggi della Repubblica non possono introdurre deroghe al presente testo unico se non mediante espressa modificazione delle sue disposizioni”, è anche vero che, abrogato lo stesso art. 128 Cost., deve ritenersi venuta meno anche l’efficacia della disposizione in esame, che pure fondava su principi di livello costituzionale radicalmente e con immediatezza espunti dall’ordinamento nell’ottica dei nuovi assetti e dei nuovi rapporti tra enti componenti (insieme allo Stato) la Repubblica, introdotti dal novellato art. 114 Cost..
E si aggiunga, comunque, che la norma di cui al citato art. 1, comma 4, costituisce norma di indirizzo legislativo, non in grado, quindi, di incidere sulla validità ed efficacia della norma - maxime se costituzionale - implicitamente modificativa dello stesso T.U. (e ciò non senza considerare, comunque, che sarebbe anche da verificare la piena conformità dell’art. 1, comma 3, del d.lgs. n. 267/2000 alla norma originariamente contenuta nell’art. 1, comma 4, della legge n. 142 dell’8 giugno 1990, secondo cui, ai sensi dell’articolo 128 della Costituzione, le leggi della Repubblica non potevano - se non mediante espressa modificazione delle sue disposizioni - introdurre deroghe non tanto alle norme, di fonte disparata, poi raccolte nel testo unico, ma solo “ai principi” della stessa legge n. 142/1990, laddove l’art. 126 del T.U. n. 267/2000 riproduce, sostanzialmente, non la legge n. 142/1990, bensì l’art. 17, comma 33, della legge n. 127 del 15 maggio 1997).
9) - Quanto, infine, agli altri compiti riservati all’organo regionale di controllo che, secondo l’appellante, non potrebbero, comunque, ritenersi travolti dalla novella costituzionale, si tratta di questione che esula dalla presente controversia, incentrata solo sulla questione relativa al controllo sui bilanci degli enti locali.
10) - In subordine, deduce l’appellante che, pur ammettendo l’abrogazione del ripetuto art. 126 del T.U. n. 267/2000, ciò non autorizzerebbe a ritenere, altresì, abrogati i controlli sulle IPAB; istituti regolati solo dalla legislazione ordinaria di rango non costituzionale la cui disciplina inerente ai controlli risulterebbe, in effetti, neutrale rispetto alla recente riforma; né in contrario potrebbe essere invocato, sempre ad avviso dell’appellante, lo stesso art. 126, in quanto tale norma sarebbe inidonea a creare un nesso di ontologica dipendenza tra controlli sugli atti degli enti locali e controlli sulle IPAB, questi essendo organismi di ben diversa natura, come emergerebbe dalla recente evoluzione normativa e dalle pronunce della Corte Costituzionale.
Il TAR, quindi, per l’appellante, avrebbe errato nel ritenere che il Co.Re.Co. abbia inteso la normativa vigente sui controlli relativi agli atti degli enti locali come estensibile alle IPAB, laddove gli atti di questi Istituti sarebbero, viceversa, oggetto di espressa e autonoma disciplina, contenuta nel comma 2 dell’art. 126 del T.U. n. 267/2000.
La permanenza in vita dei controlli sugli atti delle IPAB sembrerebbe trovare, poi, supporto, per la deducente, anche nel d.lgs. n. 207 del 4 maggio 2001, secondo quanto desumibile dal complesso di tale disciplina e, in particolare, dagli artt. 10, 20 e 21, dai quali sarebbe dato desumere che, in via transitoria, continuerebbe a trovare applicazione la disciplina pregressa, pur in un quadro di valorizzazione e responsabilizzazione della Regione.
11) - Anche tali censure vanno disattese.
A parte ogni altra considerazione è, infatti, da rilevare che, ai sensi del citato art. 126, comma 2, “il controllo preventivo di legittimità si estende anche agli atti delle Istituzioni Pubbliche di assistenza e beneficenza”.
Queste rientravano, come è noto, nell’ambito degli altri enti locali; sono quegli “altri enti locali” richiamati nell’art. 118 Cost. (nella sua originaria stesura) e nell’abrogato art. 130 Cost., che hanno trovato disciplina negli assetti normativi propri degli enti locali (tra l’altro, per ciò che attiene alla disciplina previdenziale, in quella di cui al R.D.L. 3 marzo 1938, n. 680: “ordinamento della Cassa di previdenza per le pensioni agli impiegati degli enti locali” etc.; per quanto attiene al personale, nella disciplina contrattuale collettiva di comparto di cui, tra l’altro, al D.P.R. 25 giugno 1983, n. 347 - “norme risultanti dalla disciplina prevista dall'accordo del 29 aprile 1983 per il personale dipendente dagli enti locali” – e al D.P.R. 13 maggio 1987, n. 268 - “norme risultanti dalla disciplina prevista dall'accordo sindacale, per il triennio 1985-1987, relativo al comparto del personale degli enti locali” e così a proseguire fino ai recenti accordi collettivi del 5 ottobre 2001, recante “contratto collettivo nazionale di lavoro del personale del comparto delle regioni e delle autonomie locali per il biennio economico 1° gennaio 2000-31 dicembre 2001”, e del 12 febbraio 2002, recante “contratto collettivo nazionale di lavoro dell'area della dirigenza del comparto delle regioni e delle autonomie locali per il biennio economico 1° gennaio 2000-31 dicembre 2001”).
Caduti i controlli in questione per quanto attiene agli enti locali nel loro insieme, non vi è ragione di ritenere che i controlli stessi possano essere rimasti attivi con riguardo agli “altri enti locali” da tempo accomunati ai primi e i cui atti sono, comunque, stati pacificamente assoggettati, in precedenza, alle verifiche dell’organo tutorio.
La disciplina contenuta nell’art. 126, comma 2, del T.U. n. 267/2000, del resto, ha carattere compilativo e non innovativo; pertanto non innova, nella sostanza, rispetto al precedente assetto dei controlli che è quello, da ultimo, contenuto nell’art. 2, della legge 16 giugno 1998, n. 191, recante “modifiche ed integrazioni alla legge 15 maggio 1997, n. 127”.
In particolare, ai sensi del comma 29 dell’articolo 2 ora citato, l’art. 17, comma 33, della legge n. 127/1997 è stato modificato come segue (in corsivo, la modifica introdotta dalla legge n. 191/1998): “il controllo preventivo di legittimità sugli atti degli enti locali, ivi compresi gli atti delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza (IPAB), si esercita esclusivamente sugli statuti dell’ente, sui regolamenti di competenza del consiglio, esclusi quelli attinenti all’autonomia organizzativa e contabile, sui bilanci annuali e pluriennali e relative variazioni, sul rendiconto della gestione, secondo le disposizioni dei commi da 34 a 45”.
Tale norma ha inteso, in effetti, ribadire l’operatività della disciplina di controllo di legittimità anche con riguardo alle IPAB, significando che anche per esse valevano i controlli previsti per gli enti locali riguardanti gli atti ivi specificamente individuati.
Con la conseguenza che il travolgimento della disciplina relativa al controllo sugli atti degli enti locali, determinato dall’abrogazione dell’art. 130 Cost., investe anche i controlli sulle IPAB in quanto enti regolati dalle medesime norme.
12) - Ritenere operante una sorta di ultrattività della disciplina in questione solo nei limiti di applicabilità nei confronti delle IPAB sembra – al di là della sua intrinseca irragionevolezza - non tenere neppure conto della modificazione del regime giuridico che le ha contraddistinte con l’entrata in vigore del d.lgs. 4 maggio 2001, n. 207, recante: “riordino del sistema delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, a norma dell’articolo 10 della legge 8 novembre 2000, n. 328”.
Prevede, in particolare, l’art. 10 di tale decreto (“verifiche amministrative e contabili”) che: “le aziende pubbliche di servizi alla persona, nell’ambito della loro autonomia, si dotano degli strumenti di controllo di regolarità amministrativa e contabile, di gestione, di valutazione della dirigenza, di valutazione e controllo strategico di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286”.
Si tratta, quindi, di un meccanismo di controllo - radicalmente nuovo e non più compatibile con quello di cui all’art. 130 Cost. e relative norme attuative – destinato a trovare applicazione con le previste modificazioni statutarie; tale disciplina è stata introdotta prima dell’abrogazione dello stesso art. 130 Cost.; con la conseguenza che, nella vigenza di tale norma costituzionale, continuavano ad operare i tradizionali controlli di legittimità fino a che non fossero state introdotte le necessarie modificazioni normative regionali e statutarie; ma, una volta abrogata tale norma costituzionale, deve ritenersi venuta meno la relativa disciplina, sicché anche per le IPAB - non ancora riordinate, in applicazione del predetto decreto legislativo, in aziende di servizi o in persone giuridiche private - deve ritenersi venuta meno la relativa disciplina di controllo (e senza che ciò determini alcun vuoto normativo o funzionale, dal momento che gli atti in precedenza soggetti al controllo, venuta meno la fase integrativa d’efficacia a questo riconnessa, si perfezionano con la loro pubblicazione).
13) - Appare, per ciò stesso, priva di rilevanza, infine, anche la notazione svolta dall’appellante secondo cui la maggiore autonomia assicurata alle regioni dal novellato art. 119 Cost. (che avvia il c.d. “federalismo fiscale”) accrescerebbe le responsabilità discendenti, anzitutto, dalla disciplina già vigente; responsabilità che giustificherebbero un controllo regionale – da prevedere espressamente – anche sugli atti, specie contabili e finanziari, delle IPAB.
Si tratta, invero, di una norma, questa sì, programmatica, introdotta dalla stessa novella costituzionale del 2001, ma priva, come tale, di ogni capacità di fare transitoriamente salva una norma costituzionale abrogata con efficacia immediata e diretta dalla stessa novella normativa, così come di farne salva la disciplina attuativa.
14) – Per tali motivi l’appello in epigrafe appare infondato e, per l’effetto, deve essere respinto.
Le spese del grado possono essere integralmente compensate tra le parti.
P.Q.M.
il Consiglio di Stato, Sezione Quinta, respinge l’appello in epigrafe.
Spese del grado compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma il 25 marzo 2003 dal Collegio costituito dai Sigg.ri:
E M I D I O FRASCIONE - Presidente
GIUSEPPE F A R I N A - Consigliere
PAOLO BUONVINO - Consigliere est.
CLAUDIO MARCHITIELLO-Consigliere
ANIELLO C E R R E T O - Consigliere

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
f.to Palo Buonvino f.to Emidio Frascione
IL SEGRETARIO
f.to Antonietta Francello





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