N. 6770/03Reg.Dec.

N. 1137 Reg.Ric.

Anno: 2003

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione, ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 1137/03, proposto da Simone Gargano, rappresentato e difeso dall’avv. Piero Sandulli, ed elettivamente domiciliato presso di lui in Roma, v. F. Paulucci de’ Calboli n. 9,

contro

Ugo Sodano, rappresentato e difeso dagli avv.ti Andrea Guarino e Carlo Malinconico, e presso di loro elettivamente domiciliato in Roma, p.zza Borghese n. 3,

e nei confronti

della Regione Lazio, in persona del Presidente p.t., non costituita in giudizio,

per l’annullamento

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, I-ter, 19 novembre 2002, n. 10132, resa inter partes, con cui è stato accolto il ricorso proposto dall’attuale appellato, in tema di incompatibilità dei consiglieri regionali.

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell'appellato;

Visti gli atti tutti della causa;

Vista l’ordinanza n. 686 in data 25 febbraio 2003, con cui è stata rigettata l’istanza di sospensione dell’esecuzione della sentenza di primo grado;

Relatore alla pubblica udienza del 20 giugno 2003 il Consigliere Gerardo Mastrandrea; uditi per le parti gli avv.ti P. Sandulli e C. Malinconico;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.

FATTO

1. L’odierno appellato agiva in giudizio presso il TAR del Lazio in qualità di cittadino elettore nonché di candidato risultato primo dei non eletti della lista “I democratici” alle elezioni regionali svoltesi il 14 aprile 2000, in esito alle quali, relativamente alla stessa lista, risultava eletto deputato regionale nella circoscrizione elettorale di Roma (Lazio 1) l’On. Gargano, attuale appellante.

Rappresentava, in particolare, il Sodano che dopo le elezioni amministrative per il rinnovo del Consiglio Comunale di Roma, il Sindaco, con proprio provvedimento in data 4 giugno 2001, nominava i componenti della propria Giunta e tra essi, quale assessore, anche l’on. Gargano, che tuttavia non si dimetteva dalla carica di deputato regionale.

L’originario ricorrente segnalava allora la questione al Consiglio Regionale del Lazio, richiedendo che fosse immediatamente avviato il procedimento per la formale contestazione al Gargano della situazione di incompatibilità.

Il Sodano, mancando ogni riscontro alle segnalazioni effettuate, proponeva il 5 luglio 2001 ricorso elettorale al Tribunale civile di Roma, che sollevava questione di costituzionalità in ordine all’art. 4 della l. 154/81 e all’art. 65 del d.lg. 267/00, sospendendo quindi il processo.

La Regione Lazio, nel frattempo, con deliberazione del Consiglio regionale n. 62 del 4 luglio 2001, approvava il nuovo regolamento del Consiglio Regionale che, all’art. 116, stabiliva la sospensione sine die delle procedure di esame delle ineleggibilità e delle incompatibilità dei consiglieri regionali allora in corso, fino all’entrata in vigore della legge regionale concernente la disciplina del sistema di elezione e dei casi di ineleggibilità ed incompatibilità dei consiglieri regionali, ai sensi dell’art. 122 Cost.

2. Tale disposizione regolamentare e il silenzio rifiuto serbato sull’istanza dell’8 giugno 2001, in quanto ritenuti illegittimi, venivano impugnati dal Sodano dinanzi al TAR del Lazio.

3. Con la sentenza impugnata, in epigrafe indicata, disattese le eccezioni di rito sollevate dalle controparti, veniva accolto il relativo ricorso, con conseguente annullamento della norma regolamentare gravata e la declaratoria dell’obbligo del Consiglio regionale di provvedere sull’istanza dell’originario ricorrente.

4. L’on. Gargano ha interposto l’appello in trattazione avverso la prefata pronunzia, insistendo, tra l’altro, in alcuni profili di inammissibilità ed improcedibilità del ricorso introduttivo.

5. L’appellato si è costituito in giudizio per resistere all’appello.

Con ordinanza della Sezione n. 686 del 25 febbraio 2003 è stata rigettata l’istanza di sospensione dell’efficacia della sentenza di primo grado.

Alla pubblica udienza del 20 giugno 2003 il ricorso in appello è stato introitato per la decisione.

DIRITTO

1. L’appello, strutturato in maniera consentita anche se non censurante la sentenza impugnata nella sua interezza, non merita accoglimento.

2. Occorre, in primis, sgombrare il campo dalle questioni inerenti all’ammissibilità del ricorso introduttivo del Sodano, per come riproposte in questa sede di giudizio dall’odierno reclamante in appello.

Riprendendo le convincenti argomentazioni dei primi giudici, risulta piuttosto agevole ribadire che:

a) il ricorso di primo grado non è stato proposto tardivamente, atteso che la disposizione regolamentare impugnata è stata pubblicata il 30 agosto 2001 ed il gravame è stato notificato il 14 novembre 2001, l’ultimo giorno utile. Non si ravvisano, infatti, i motivi per ritenere inapplicabile alla fattispecie in argomento la sospensione dei termini processuali nel periodo feriale, non essendo il procedimento in questione contemplato dall’art. 5 della legge 7 ottobre 1969, n. 742;

b) la disposizione regolamentare impugnata è immediatamente lesiva, e non pretende a tal fine alcun atto applicativo, essendo essa intervenuta, seppur a titolo “transitorio”, a bloccare sine die il normale iter procedimentale volto a formalizzare una posizione di incompatibilità ai sensi di legge, il tutto in evidente danno della posizione dell’appellato;

c) il ricorso originario non è stato introdotto avverso un atto politico, categoria ristretta e tipizzata insindacabile dal giudice amministrativo, in quanto l’oggetto del giudizio è chiaramente un atto formalmente e “soggettivamente” amministrativo che non rappresenta espressione della fondamentale funzione di direzione suprema della cosa pubblica. Con il regolamento in questione non si è espletata, in altri termini, funzione di governo, nel senso che non sono state individuate finalità da perseguire attraverso l’esplicazione dell’attività amministrativa, ma si è intervenuti, in via amministrativa, regolando l’attività dell’Organo consiliare regionale.

3. Per il resto, affrontando il merito della vertenza, la difesa dell’appellante prende le mosse dal testo novellato (l. cost. 1/99) dell’art. 122 Cost., il quale in effetti prevede che il sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del Presidente e degli altri componenti della Giunta regionale, nonché dei consiglieri regionali, sono disciplinati con legge regionale nei limiti dei principi fondamentali stabiliti con legge statale, che stabilisce anche la durata degli organi effettivi. E’ specificato, però, fin da subito che nessuno può appartenere contemporaneamente a un Consiglio od a una Giunta regionale e ad una delle Camere del parlamento, ad altro Consiglio o ad altra Giunta Regionale, ovvero al Parlamento Europeo.

Di qui la legittimità, ad avviso del reclamante, della “misura di salvaguardia” introdotta con la disposizione di modifica regolamentare contestata, che dispone, in attesa dell’entrata in vigore della suddetta legge regionale, la sospensione di qualsiasi procedimento volto all’accertamento delle cause di incompatibilità dei consiglieri regionali.

Le modifiche all’art. 116 del Regolamento del Consiglio regionale sarebbero state deliberate, difatti, nel pieno esercizio della riserva di legge garantita a livello costituzionale a ciascuna regione. La legislazione statale che continuasse, d’altra parte, a regolare una materia riservata all’esclusiva competenza regionale si porrebbe inevitabilmente in una posizione di conflitto con il menzionato art. 122 Cost.

Questi, in pratica sono gli unici pregnanti profili dedotti avverso la sentenza appellata.

4. Essi si appalesano infondati.

Le cause di incompatibilità alla carica di consigliere regionale continuano ad essere regolamentate dall’art. 4 della l. 154/81, espressamente fatto salvo dalla disposizione abrogativa contenuta nel T.U. 267/00, e giudicato dal Giudice delle leggi (che si è pronunziato, nel senso della manifesta infondatezza della questione di costituzionalità, proprio sulla vertenza - che peraltro ha avuto vari sviluppi successivi in punto di fatto non interessanti questo Giudice - che coinvolge l’attuale appellante: C. Cost. ord. n. 383/02, pronunzia non presa in considerazione dall’appellante) non in contrasto con l’art. 122 Cost., introdotto dalla l. cost. 1/99 e non modificato dalla l. cost. 3/2001.

Il nuovo testo dell’art. 122 Cost., come sostituito dalla l. cost. 1/99, evidenzia la Corte, dà luogo solo a nuove e diverse possibilità di intervento legislativo regionale, senza che però venga meno, nel frattempo, in forza del principio di continuità, l’efficacia della normativa statale preesistente conforme al quadro costituzionale in vigore all’epoca della sua emanazione.

Orbene, la Corte conclude dirimendo ogni residuo dubbio, deve affermarsi che l’intervenuta modifica del regolamento interno del Consiglio regionale, con cui si dispone la sospensione delle procedure di esame delle cause di incompatibilità fino all’entrata in vigore della legge regionale in materia, non integra (come è ovvio) una disciplina regionale delle cause di incompatibilità medesime, suscettibile di sostituirsi a quella della legge statale pienamente in vigore.

Occorre, del resto, aggiungere che la stessa l. cost. 1/99 ha espressamente previsto che fino all’entrata in vigore delle leggi regionali di attuazione dell’art. 122 Cost. continuano ad applicarsi nella materia elettorale le disposizioni delle leggi statali vigenti.

Tanto premesso, non può dubitarsi, inoltre, che l’art. 4 della l. 154/81, nel prevedere - nello specifico - l’incompatibilità della carica di Consigliere regionale con quella di assessore comunale, introduca una norma generale di principio, che poi è quella dell’incompatibilità della posizione di deputato regionale con cariche istituzionali di governo degli enti locali compresi nel territorio della Regione, a cui dovrà attenersi (fino ad eventuale futura modifica) anche il legislatore regionale nell’esercizio del nuovo potere attribuitogli.

Il divieto dell’appartenenza contemporanea al Consiglio regionale ed agli organi di governo di Provincia e Comune, conforme - all’evidenza - ai generalissimi principi costituzionali del buon andamento e dell’imparzialità della P.A. ed alla finalità di garantire il libero espletamento delle cariche elettive, si è manifestato legislativamente in termini di incompatibilità.

5. Risultando la disposizione regolamentare in questione, in definitiva, radicalmente in contrasto con il quadro normativo di riferimento vigente e applicabile, e dunque non in grado di arrestare legittimamente il normale dispiegarsi del procedimento in questione, l’appello interposto non può sfuggire alla reiezione.

Sussistono, nondimeno, i presupposti per la compensazione tra le parti costituite delle spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sul ricorso in appello in epigrafe, lo rigetta.

Spese del presente grado di giudizio compensate tra le parti costituite.

Ordina che la decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, il 20 giugno 2003, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), in camera di consiglio, con l’intervento dei seguenti Magistrati:

Alfonso Quaranta Presidente

Corrado Allegretta Consigliere

Paolo Buonvino Consigliere

Francesco D’Ottavi Consigliere

Gerardo Mastrandrea Consigliere est.


L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

f.to Gerardo Mastrandrea f.to Alfonso Quaranta


IL SEGRETARIO

f.to Francesco Cutrupi



DEPOSITATA IN SEGRETERIA


Il 30 Ottobre 2003

(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)

Il Dirigente

f.to Antonio Natale

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