N. 1414 Reg. Dec. 2003
N. 8127 Reg.Ric.

Anno: 1999




REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL CONSIGLIO DI STATO IN SEDE GIURISDIZIONALE

(SEZIONE SESTA)

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso (n. 8127/1999 R.G.) proposto dalla Società Immobiliare S. Sebastiano S.p.A. - in persona del legale rappresentante, Amministratore unico, Dott. Paolo Brindicci, rappresentato e difeso dagli avvocati Mario Budello, Luigi Piscitelli e Guido Francesco Romanelli e presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, via Cosseria 5, elettivamente domiciliato.

contro

la Regione Liguria, in persona del Presidente della Giunta Regionale, rappresentato e difeso dagli avv.ti Carlo A. Pedemonte e Gigliola Benghi, elettivamente domiciliata in Roma, Piazza Madama 9, presso l’Ufficio di rappresentanza della Regione Liguria;

e nei confronti

dell’Ente Parco di Portofino, in persona del Presidente in carica, non costituito in giudizio;

per l'annullamento

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Liguria n. 389 del 30 luglio 1998.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Liguria;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore alla pubblica udienza del 12 marzo 2002 il Consigliere Alessandro Pajno e udito, altresì, l'avv. Romanelli;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.

F A T T O

La Società Immobiliare S. Sebastiano S.p.A. è proprietaria di un complesso immobiliare sito in Portofino, Salita S. Sebastiano 28, costituito da un edificio residenziale con annesso terreno pertinenziale. Il noto pregio paesistico della zona ha sempre comportato l’impossibilità di realizzare opere varie infrastrutturali adeguate alle esigenze di accesso e mobilità interna al complesso immobiliare, per evitare le ovvie ripercussioni delle medesime a livello di impatto ambientale.

L’immobile, pertanto, per consentire il trasporto di ospiti e rifornimenti, è stato fornito di una superficie di atterraggio per elicotteri, ed è stato, quindi, spesso utilizzato tale mezzo di trasporto.

Con regolamento n. 4 del 15 dicembre 1993, attuativo della previsione contenuta nell’art. 2 della Legge regionale 15 dicembre 1992 n. 37, la Regione Liguria ha dettato una particolare disciplina dei casi in cui sia consentito il sorvolo, l’atterraggio e il decollo di veicoli a motore nelle aree protette regionali.

Tale regolamento è stato impugnato dalla Società Immobiliare S. Sebastiano con ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale della Liguria.

A sostegno del gravame, la società ha dedotto che il regolamento, formulando un divieto di sorvolo, atterraggio e decollo nelle aree protette – tra le quali rientrerebbe il Monte di Portofino – escluderebbe la possibilità di continuare ad utilizzare l’elicottero per accedere alla proprietà.

Con sentenza n. 389 del 30 luglio 1998 il Tribunale ha dichiarato inammissibile il ricorso per mancanza di un interesse attuale a ricorrere, osservando che la società ha immediatamente impugnato un atto regolamentare, inidoneo a ledere immediatamente la situazione soggettiva dell’interessato, nell’assenza di un atto applicativo.

Il TAR ha, altresì, affermato che i divieti previsti dal regolamento, potendo essere derogati, non apparirebbero idonei a ledere in via immediata gli interessi della società ricorrente .

La pronuncia di primo grado è stata, adesso, impugnata dalla società, la quale ha dedotto le doglianze che seguono:

1) erroneità della sentenza. Esistenza di una immediata lesione della sfera giuridica della Società Immobiliare S. Sebastiano e del conseguente interesse al ricorso;

Il regolamento impugnato sarebbe immediatamente lesivo della situazione soggettiva della società, come risulterebbe dagli artt. 4, 5 e 7 del medesimo. Il regolamento, infatti, da un lato avrebbe comportato una compressione delle facoltà spettanti al proprietario inibendo l’accesso con un determinato mezzo di trasporto; dall’altro avrebbe inciso sul valore dell’immobile. Il ricorso di primo grado avrebbe inoltre provveduto a stigmatizzare l’illegittimità del provvedimento con riferimento aia alle singole disposizioni regolamentari, che al combinato disposto di esse.

2) Ciò premesso, la società ricorda che con il regolamento n. 4 del 1993 la Regione avrebbe inteso attuare le disposizioni di cui agli artt. 1 e 2 l. r. n. 37 del 1992. In particolare, l’art. 1 della legge, avrebbe disposto, fino all’entrata in vigore della normativa regionale di recepimento della legge n. 394 del 1991, un divieto di sorvolo ed atterraggio che avrebbe dovuto essere limitato ai soli “velivoli a motore”, sicchè nel divieto in questione non avrebbero dovuto essere ricompresi elicotteri, che costituirebbero un diverso tipo di aeromobile, rispetto al concetto tecnico normativamente determinato dall’art. 1 R.D. 11.1.1925 n. 356. Il regolamento adottato ai sensi dell’art. 2 della legge regionale avrebbe, così, arbitrariamente allargato la categoria dei mezzi di trasporto oggetto del divieto. La legge regionale di recepimento della legge quadro sulle aree protette, e cioè la l. r. 22.2.1995 n. 12, avrebbe con la previsione contenuta nell’art. 42, confermato il divieto contenuto nel regolamento impugnato.

Risulterebbe, peraltro, incomprensibile come una Regione possa ritenersi competente nella disciplina del volo;

i divieti introdotti inciderebbero sul valore della proprietà del ricorrente.

Le proibizioni introdotte inciderebbero, limitandole gravemente, su libertà costituzionalmente garantite, limitabili solo con la legge nazionale ed in presenza di esigenze di interesse pubblico.

La ratio della disciplina sarebbe in realtà diversa e lo strumento adottato trascenderebbe le esigenze di tutela ambientale; non sarebbe stata operata alcuna valutazione circa la reale incidenza della disciplina impugnata sull’interesse ambientale.

I vizi di incostituzionalità che inficierebbero le leggi reg. 37 del 1992 e 12 del 1995 si riverbererebbero sul regolamento impugnato, che apparirebbe anche illegittimo in via autonoma. Esso sarebbe un regolamento indipendente, illegittimo sia per mancanza di fondamento primario, sia per i vizi che inficerebbero l’esercizio del potere normativo regionale della materia.

Il provvedimento impugnato sarebbe, così, illegittimo per le seguenti ragioni:

1) Incompetenza. Violazione degli artt. 117 e 118 Cost.. Illegittimità derivata dall’illegittimità costituzionale delle leggi regionali 15 dicembre 1992 n. 37 e 22 febbraio 1995 n. 12 per violazione dell’art. 117 Cost.. Violazione e falsa applicazione dell’art. 83 del D.P.R. 24 luglio 1977 n. 616. Violazione dell’art. 793 del codice della navigazione; dell’articolo unico della legge 2 aprile 1969 n. 518 e dell’art. 16 e del regolamento emanato con D.P.R. 5 agosto 1988 n. 404. Violazione del principio di specialità di cui all’art.1 cod. civ..

2) Violazione degli artt. 11, 22, 23, 25 della legge 6 dicembre 1991 n. 394. Incompetenza. Illegittimità derivata dall’illegittimità costituzionale della legge regionale 22 febbraio 1995 n. 12. Violazione dell’art. 117 Cost. in relazione agli artt. 11, 22, 23, 25 della legge 6 dicembre 1991 n. 394.

3) Violazione degli artt. 1 e 2 della legge regionale 15 dicembre 1992 n. 37 e degli artt. 11 e 22 della legge 6 dicembre 1991 n. 394. Violazione del principio di legalità. Eccesso di delega. Violazione dell’art. 1 del R.D. 11 gennaio 1925 n. 356.

4) Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di illogicità. Violazione del principio del giusto procedimento. Violazione dell’art. 2 della legge regionale 15 dicembre 1992 n. 37. Violazione dell’art. 22 della legge 6 dicembre 1991 n. 1394 e dell’art. 14 della legge 8 giugno 1990 n. 142.

5) Violazione degli art. 3 e 16 della Costituzione, dell’articolo unico della legge 2 aprile 1969 n. 518 e della normativa di fonte comunitaria (in particolare, art. 8 del Trattato di Roma e reg. CEE 23 luglio 1992 n. 2407, 2408, 2409) ed internazionale che assicura la libertà di circolazione e la liberalizzazione del traffico aereo. Eccesso di potere per manifesta sproporzione del mezzo rispetto al fine.

Nel secondo grado del giudizio si è costituita la Regione Liguria, che ha chiesto il rigetto del ricorso. Con memorie depositate nella imminenza dell’udienza di discussione le parti hanno ulteriormente illustrato le rispettive ragioni.

D I R I T T O

1. Con il primo motivo dell’impugnazione la società appellante lamenta che erroneamente il tribunale avrebbe dichiarato inammissibile il ricorso di primo grado, in quanto rivolto direttamente, ed in assenza di atti applicativi, avverso un atto regolamentare, che non conterrebbe norme idonee a ledere in modo attuale la sfera giuridica della società interessata (norme del genere, comunque, non sarebbero state evidenziate dall’odierna appellante).

La doglianza è fondata e deve, di conseguenza, essere accolta.

Va, in proposito, ricordato che, in linea di principio, gli atti regolamentari non sono immediatamente impugnabili in quanto inidonei a ledere in modo concreto ed attuale la situazione soggettiva degli interessati, verificandosi una lesione dotata del carattere della concretezza e dell’attualità soltanto in presenza degli atti che della prescrizione regolarmente facciano puntuale applicazione alla fattispecie. E’ noto, altresì, che la giurisprudenza del giudice amministrativo ammette l’immediata impugnabilità degli atti regolamentari allorché le prescrizioni in essi contenute appaiono, comunque, immediatamente lesive della situazione soggettiva dell’interessato e siano, di conseguenza, idonee a generare un interesse attuale (e non meramente potenziale) al ricorso: esito questo, che si verifica allorché la prescrizione regolamentare, per la sua concretezza, la sua specificità e la sua puntualità, sia in grado di incidere immediatamente sulla situazione soggettiva del destinatario. Una situazione del genere si verifica nel caso in esame, nel quale il regolamento della Regione Liguria 15 dicembre 1993 n. 4, recante norme sul divieto di sorvolo ed atterraggio di veicoli a motore nelle aree protette, emanato ai sensi dell’art. 2 della legge regionale 15 dicembre 1992 n. 37, pone, all’art. 4, in via generale, il divieto di “atterraggio e decollo di velivoli e apparecchi a motore”, identifica, nel successivo art. 5, i casi, tassativi, nei quali i sorvoli a basa quota, gli atterraggi ed i decolli sono espressamente consentiti (operazioni di soccorso, servizi di pubblica necessità, attività di rifornimento, smaltimento dei rifiuti, rilevamenti finalizzati ad attività di studio e di ricerca) e prevede, all’art. 7, un potere dell’Ente di gestione dell’area protetta, di autorizzare, adottando le necessarie precauzioni per la tutela ambientale, sorvoli a bassa quota, atterraggi o decolli in deroga ai divieti di cui agli artt. 3 e 4 “per servizi di pubblica necessità connessi alla gestione dell’area protetta stessa ed all’attuazione dei relativi programmi o per l’effettuazione di pubblici servizi o interventi di comprovate finalità di pubblico interesse su richiesta degli enti interessati”.

Risulta, così, evidente che gli artt. 4, 5 e 7 del regolamento, complessivamente considerati, pongono una disciplina specifica e puntuale dei sorvoli, degli atterraggi e dei decolli nelle aree di interesse ambientale protette, da una parte, prescrivendo, in via generale, il divieto di atterraggio e decollo, e, dall’altra, prevedendo una serie di eccezioni a tale divieto, delle quali alcune (art. 5) tassativamente previste, ancorate o a situazioni di interesse generale (soccorso, servizi di pubblica necessità, smaltimento rifiuti, rilevamenti per attività di studio e di ricerca) o a ragioni legate alla necessità di assicurare l’esercizio delle attività presenti nel parco (attività di rifornimento, costruzione e manutenzione di rifugi escursionistici custoditi e non), ed altre legate ad uno speciale potere autorizzatorio dell’ente di gestione dell’area protetta, esercitatile esclusivamente in relazione a “servizi di pubblica necessità”, all’”effettuazione di pubblici servizi” e ad “interventi di comprovate finalità di pubblico interesse su richiesta degli enti interessati” si tratta di una disciplina compiuta e definita, che nel suo complesso esclude con assoluta chiarezza la possibilità del sorvolo delle aree protette per ragioni diverse da quelle di pubblico interesse o di pubblica necessità, o da quelle legate ad attività di trasporto di materiale (rifornimento) e ad attività di costruzione e manutenzione, e, quindi, per ragioni di interesse dei soggetti privati, titolari di attività imprenditoriali nell’area protetta, diverse da quelle connesse al “rifornimento per trasporto di materiali, ed all’attività di costruzioni e manutenzioni di rifugi escursionistici”.

Si tratta, in particolare, di una disciplina che esclude con chiarezza il sorvolo delle aree protette per consentire l’accompagnamento degli ospiti del complesso immobiliare S. Sebastiano e che quindi deve essere considerata astrattamente idonea a ledere immediatamente l’interesse della società immobiliare proprietaria del predetto complesso.

Ed infatti la disciplina regolarmente impugnata, escludendo espressamente nelle aree prese in considerazione e quindi per quel che nella fattispecie rileva, nel territorio del Monte di Portofino, la possibilità di accesso alle proprietà immobiliari ivi esistenti a mezzo dell’elicottero, pone una prescrizione destinata ad incidere immediatamente, per ragioni di protezione ambientale, sull’uso dei beni compresi nelle medesime aree, determinando in capo alla società Immobiliare S. Sebastiano il sorgere di un immediato interesse all’impugnazione. Questa, infatti, rivolgendosi – come si osserva nell’atto di appello – ad un ben preciso e ristretto target di clienti, per i quali l’uso dell’elicottero rappresenta un mezzo di trasporto assolutamente normale, risulta, dalle sopracitate disposizioni, astrattamente incisa sia con riferimento alle facoltà ad essa spettanti quale proprietaria, sia con riferimento a quella che dalla società appellante viene prospettata come una “qualità” dell’immobile (ed, in particolare, della sua utilizzazione), consistente nella possibilità di accedere ad esso in modo rapido e sicuro.

Non attiene, invece, alla questione dell’ammissibilità di una immediata impugnazione del regolamento, a prescindere da atti applicativi, e riguarda invece l’esame del ricorso, il diverso problema consistente nello stabilire se le prescrizioni contenute nel regolamento contengano, quanto meno con riferimento al divieto di sorvolo, prescrizioni meramente ripetitive di un regime già integralmente predeterminato dalla legge regionale, ovvero se esse introducano, rispetto al regime giuridico contenuto nella legge regionale, disposizioni ulteriori e nuove con queste compatibili.

Anche, peraltro, a ritenere che il regolamento contenga, ai fini del divieto di sorvolo ed in generale dall’interesse che si assume leso da parte della società appellante, prescrizioni meramente ripetitive e specificative di un regime già predeterminato dalla legge, non per questo potrebbe essere negata l’ammissibilità dell’impugnazione del regolamento, quanto meno allo scopo di mettere in discussione la legittimità costituzionale delle disposizioni di legge costituenti la fonte di tale regime giuridico, e nei limiti necessari per assicurare tale tipo di tutela: come, appunto, avviene nella fattispecie, nella quale la società appellante ha, sotto diversi profili, dedotto l’illegittimità costituzionale delle leggi regionali n. 37 del 1992 e n. 12 del 1995.

Erroneamente il tribunale ha, pertanto, dichiarato inammissibile il ricorso di primo grado, in relazione all’asserita natura non immediatamente lesiva delle disposizioni regolamentari sopra richiamate, la cui identificazione appariva, peraltro, facilmente desumibile dal contenuto del ricorso di primo grado.

2. L’accoglimento del primo motivo dell’appello comporta la necessità di passare all’esame delle doglianze spiegate dalla società con il ricorso di primo grado, ed in questa sede espressamente riproposte.

Deve, peraltro, essere innanzitutto esaminata l’eccezione formulata dalla Regione Liguria, alla stregua della quale il ricorso di primo grado dovrebbe essere considerato inammissibile per difetto di interesse, dovendo l’attività di trasporto con elicottero all’immobile di proprietà della società ricorrente essere considerata vietata in virtù dell’art. 11, comma 3 della legge 6 dicembre 1991 n. 394.

L’eccezione, in quanto ancorata alle disposizioni delle legge 6 dicembre 1991 n. 349, non può trovare accoglimento.

La legge n. 349 del 1991, recante principi fondamentali “per la conservazione e valorizzazione del patrimonio naturale del Paese”, dopo aver previsto che il regolamento dei parchi disciplina l’esercizio delle attività consentite nell’ambito del relativo territorio (art.11, comma 1), e dopo aver individuato l’oggetto della disciplina demandata al regolamento (art. 11, commi 2 e 2 bis), vieta, tra l’altro, “il sorvolo di velivoli non autorizzati salvo quanto definito dalle leggi sulla disciplina del volo” (art. 11, comma 3, lett. h), ricollegando alla violazione del divieto anche una sanzione penale (art. 30, comma 1).

La norma in questione non pone, pertanto, un divieto assoluto di sorvolo delle aree protette, ma un divieto del sorvolo sfornito di autorizzazione, con una disposizione che la Cassazione ha ritenuto immediatamente applicabile, ai fini della configurazione della responsabilità penale, anche in mancanza di ulteriori specificazioni e determinazioni contenute nel regolamento del parco (Cass. Sez. II Penale, n. 8561 del 1995, cit.).

Dalla norma della legge statale – che pone un divieto di sorvolo non autorizzato – non può, pertanto, essere tratte alcune conseguenza in ordine ad una controversia, come quella in esame, nella quale si discute proprio della legittimità delle prescrizioni regolamentari poste dalla Regione Liguria per disciplinare l’esercizio dell’attività di sorvolo delle aree protette.

3. Ai fini dell’esame delle doglianze prospettate dalla società appellante con il ricorso di primo grado, ed in questa sede riproposte, il Collegio ritiene opportuno, da un lato ricostruire la normativa regionale, legislativa e regolamentare, che disciplina la fattispecie e, dall’altra, precisare la “natura” delle misure riguardanti il sorvolo delle aree paesaggistiche protette poste dalla Regione Liguria e rilevanti nel caso in esame.

In proposito, deve pertanto essere ricordato che la legge regionale 15 dicembre 1992 n. 37 ha previsto che, fino all’entrata in vigore della normativa regionale di recepimento della legge 6 dicembre 1991 n. 394 (legge quadro sulle aree protette) “nelle aree parco, nelle aree protette, nelle riserve naturali e nelle aree di interesse naturalistico-ambientale è vietato il sorvolo a bassa quota e l’atterraggio di veicoli a motore tranne i casi di operazioni di soccorso, di servirsi di pubblica necessità, attività di rifornimento, smaltimento rifiuti, costruzione e manutenzione di rifugi e rilevamenti finalizzati ad attività di studio e di ricerca fatto salvo quanto definito dalle leggi sulla disciplina del volo” (art. 1).

Il necessario art. 2 della legge ha poi previsto l’emanazione di un "regolamento regionale che nel rispetto della normativa nazionale, disciplini l’esercizio del sorvolo e dell’atterraggio nei casi consentiti nell’art. 1.

Il regolamento regionale previsto dall’art. 2 della legge regionale n. 37 del 1992 è stato, poi, approvato con delibera del Consiglio Regionale n. 4 del 15 dicembre 1993.Esso identifica il proprio ambito di applicazione, precisando che, fino all'entrata in vigore della legge regionale di adeguamento alla legge n.394 del 1991, si applica "nelle aree costituenti parchi, riserve naturali, aree protette, sistemi di aree di interesse naturalistico ambientale" istituite con legge regionale ed appositamente indicate ed elencate (art.2 comma 2); prevede un divieto di sorvolo a bassa quota da parte di velivoli ed apparecchi a motore, salvo per motivi di sicurezza del volo per operazioni di manovra, decollo o atterraggio nelle stazioni aeroportuali indicate nelle vicinanze (art.3); pone un divieto generalizzato di atterraggio e decollo di velivoli e apparecchi a motore nelle aree di cui all'art.2 (art.4), specificando ulteriormente i casi in cui il sorvolo a bassa quota, l'atterraggio e il decollo sono consentiti per operazioni di soccorso, servizi di pubblica necessità, per attività di rifornimento e smaltimento di rifiuti, per costruzione e manutenzione di rifugi e per rilevamenti finalizzati a studio e ricerca (art.5), e prevedendo un potere (derogatorio) dell'Ente di gestione dell'area protetta di autorizzare sorvoli e atterraggi in deroga per servizi di pubblica necessità o per l'effettuazione di pubblici servizi o per finalità di pubblico interesse (art.7); pone, infine, specifici obblighi di comunicazione (art.6), di divulgazione, di vigilanza e di controllo (art.9), e fissa le modalità di sorvolo a bassa quota, di atterraggio e di decollo (art.8).

La normativa di recepimento della legge quadro sulle aree protette è stata, poi, predisposta dalla regione Liguria con la legge regionale 22 febbraio 1995 n.12, la quale, per quanto in questa sede rileva ha, all'art. 42 - recante norme di salvaguardia ambientale – vietato "l'atterraggio, il decollo e il sorvolo a bassa quota di velivoli non autorizzati secondo quanto disposto dall'apposito regolamento approvato ai sensi della legge regionale 15 dicembre 1992 n.37, salvo quanto definito dalla legge sulla disciplina del volo "(art.42, comma 1, lett. c).

La perdurante applicabilità della legge regionale n.37 del 1992 in materia di sorvolo ed atterraggio risulta, infine, confermata dall'art.33, comma2, della legge n.12 del 1995 che, in relazione alla violazione dei divieti nella materia ricordata, ha mantenuto ferme le sanzioni previste dalla cennata legge n.37 del 1992.

4. Tale essendo il quadro normativo riguardante il caso in esame, appare, innanzi tutto, palese che la legge regionale 12 febbraio 1995 n.12, di recezione della normativa quadro nazionale per le aree protette, ha sostanzialmente confermato e fatto propria rendendola permanente con riferimento al sorvolo, al decollo e all'atterraggio nelle aree protette, il sistema predisposto dalla legge n.37 del 1992 fino alla entrata in vigore di tale normativa regionale di recepimento, e fondato sulla indicazione legislativa dei casi di sorvolo e atterraggio vietati e consentiti, e sulla predisposizione, in via regolamentare, di una disciplina dell'esercizio del sorvolo nei casi consentiti. In tal senso, infatti, deve essere inteso l'art.42, comma 1, lett. c, della cennata legge regionale n.12 del 1995 che vieta l'atterraggio il decollo o il sorvolo a bassa quota "secondo quanto disposto dall'apposito regolamento approvato ai sensi della legge regionale 15 dicembre 1992 n.37". Il rinvio al regolamento, deve, infatti, essere necessariamente ritenuto comprensivo del "sistema" in cui il regolamento si inserisce, e dunque sia della norma di legge attributiva del relativo potere (art.2 legge regionale n.37 del 1992) sia, soprattutto, della disposizione di legge che fissa gli atterraggi ed i sorvoli vietati e quelli consentiti (art.1 legge regionale n.37 del 1992), destinate, appunto ad essere specificate ed integrate, attraverso l'indicazione di apposite modalità di esercizio, dalla disciplina regolamentare.

La legge regionale n.12 del 1995 ha così confermato la vigenza del regolamento n.4 del 1993 (e delle norme di legge che ne costituiscono il fondamento), trasformando una disciplina originariamente a termine, in una disciplina permanente ed a regime.

Delle considerazioni sopra esposte risulta, altresì, evidente, con riferimento al ricorso della Società Immobiliare S. Sebastiano ed alla situazione soggettiva che dalla medesima si assume lesa, che il divieto, per la medesima società, di avvalersi dell'elicottero per accedere al complesso immobiliare, allo scopo di accompagnare gli ospiti del medesimo, discende direttamente dalla legge regionale, e non dal regolamento impugnato. E' infatti la legge (art.1) a delineare compiutamente i casi di sorvolo vietati e quelli consentiti, sicchè il divieto di utilizzare l'elicottero con tali finalità discende direttamente dalla normativa della legge regionale, che il regolamento si è limitato a specificare disciplinando l'esercizio dell'attività consentita – E' in tale prospettiva che vanno, pertanto viste le censure della società interessata, la quale, non a caso, deduce fondamentalmente (anche se non esclusivamente) l'illegittimità costituzionale delle norme di legge regionali che pongono la disciplina generale, integrata ed attuata dal regolamento impugnato.

Quanto, poi, all'utilizzazione dell'elicottero per attività di rifornimento del complesso immobiliare (utilizzazione in realtà accennata nella prima pagina dell'atto di appello), occorre ricordare che la stessa non è vietata dalla legge regionale n.37 del 1992, mentre il regolamento n.4 del 1993 si limita a precisare, con disposizione non irragionevole nel quadro delineato dalla legge regionale, che essa deve riguardare l'esercizio di attività insediate in aree protette "in località non raggiungibili con altri mezzi se non con interventi tali da provocare un maggiore e irreversibile danno ambientale (art.5 comma 1, lett. C1 del regolamento). L'utilizzazione dell'elicottero per attività di rifornimento appare, così possibile, per ragioni legate al rifornimento, quando l'uso del medesimo comporti un danno ambientale minore di quello che potrebbe derivare dall'uso di altri mezzi.

Risulta così palese che la disciplina predisposta dalla legge regionale e completata dal regolamento non si risolve nella prescrizione di un divieto generalizzato ed assoluto di avvalersi dell’elicottero (come, sostanzialmente sembrerebbe intendere la società appellante) ma in una regolamentazione complessiva che ammette tale uso in relazione a fattispecie predeterminate e legate a ragioni di pubblico interesse ed anche ad una valutazione dell'impatto ambientale provocato da esso e da altri eventuali mezzi.

Le osservazioni sopra esposte evidenziano infine che le misure predisposte dalla legislazione regionale e specificate ed integrate dal regolamento hanno natura eminentemente ambientale, e non concernono in alcun modo la disciplina generale del volo. Si tratta di un esito che è reso palese sia dalla legge regionale n.37 del 1932 (che la conferma come una disciplina provvisoria in attesa del recepimento della legge quadro nazionale sulle aree protette), sia dalla legge regionale n.12 del 1995, il cui articolo 42, espressamente dedicato a "norme di salvaguardia ambientale", fa espressamente salvo "quanto definito dalla legge sulla disciplina del volo", sia, infine, dalla stessa legge statale, n.394 del 1991, che, nel vietare il "sorvolo dei velivoli non autorizzati", da una parte fa anch'essa salvo quanto definito dalle leggi sulla disciplina del volo, dall'altra connette la misura alla più generale esigenza di vietare le attività che possano compromettere la salvaguardia del paesaggio e degli ambienti naturali (art.11, comma 3).

La stessa Cassazione ha, d'altra parte, espressamente sottolineato tale esito interpretativo, sottolineando che la legge statale fa riferimento ai "sorvoli che possono avere un impatto ambientale significativo e concreto nell'ecosistema, in considerazione delle loro caratteristiche", e che "non sono in discussione i voli civili e militari secondo le normative di settore (Cass. Sez.III Penale, n.8561 del 1995, cit.).

5. Può, adesso, passarsi all'esame delle doglianze dalla Società spiegate con il ricorso di primo grado, ed in questa sede riprodotte, con la prima delle quali (n.3 dell'atto di appello), la appellante deduce che la disciplina del sorvolo, atterraggio e decollo dei velivoli a motore non sarebbe attribuita alla competenza normativa regionale, ma costituirebbe materia di esclusiva pertinenza statale, e che, di conseguenza sia la legge regionale n. 37 del 1992 che la legge regionale 12 del 1995 che il regolamento sarebbero stati adottati in violazione delle competenze spettanti allo stato; mentre non potrebbe ritenersi che la normativa impugnata sia stata posta in essere in adeguamento alle previsioni di cui alla legge quadro sulle aree protette, n. 394 del 1991, e nell'esercizio di competenze delegate ai sensi dell'art. 83 del D.P.R. n. 616 del 1997.

In relazione a tali circostanze, l’appellante ha dedotto l’incostituzionalità della legge regionale n. 37 del 1992 e della successiva legge n. 12 del 1995 (ed in particolare, come precisato in memoria, dell’art. 37, lett. a e dell’art. 42, lett. c, della legge regionale n. 12 del 1995), per violazione dell’art. 117 Cost. e dell’art. 83 D.P.R. 616 del 1997, nonché l’illegittimità del regolamento, in via derivata dall’illegittimità costituzionale, ed in via autonoma, in quanto regolamento indipendente, per contrasto con le fonti primarie statali che definiscono la competenza normativa nel settore.

Le doglianze in tal modo spiegate non possono trovare accoglimento, mentre manifestamente infondate appaiono le prospettate questioni di costituzionalità.

6. Giova, in proposito, ribadire innanzitutto che la disciplina (legislativa e regolamentare) sui sorvoli, sugli atterraggi e sui decolli introduce un complesso di misure di tutela ambientale e paesaggistica, che non ha alcun riferimento alla diversa, specifica materia del trasporto aereo. Sotto questo profilo appare evidente che la disciplina di cui alla legge regionale n. 37 del 1992 è stata adottata nella prospettiva dell’adeguamento alla legge quadro sulle aree protette, a quella di cui alla legge regionale n. 12 del 1995 in attuazione di tale legge quadro: nell’ambito, quindi, della materia delegata con il D.P.R. n. 616 del 1997. Nessun conflitto appare, pertanto, configurabile con l’art. 793 del codice della navigazione, che riguarda il diverso potere ministeriale di disporre il divieto di sorvolo per motivi militari o di sicurezza pubblica, né con le disposizioni di cui alla legge 2 aprile 1969 n. 518 ed alla legge 25 marzo 1985 n. 106, riguardanti, rispettivamente la possibilità di derogare agli artt. 799 e 804 cod. nav. (che impongono che la partenza e l’approdo di aeromobili avvenga dagli elioporti) e l’accertamento dei requisiti di idoneità per lo svolgimento di attività di volo da diporto.

Le disposizioni richiamate dalla società ricorrente concernono, infatti, la disciplina, sotto diversi profili, della sicurezza del volo, mentre le norme regionali di cui è addotta l’illegittimità costituzionale riguardano un regime dei sorvoli, degli atterraggi e dei decolli nelle aree protette, configurato come mezzo di tutela e di protezione dell’ambiente. Del tutto incoferente si rivela, infine, il riferimento al principio di specialità del diritto della navigazione, dal momento che le norme regionali denunciate si riferiscono, come ha precisato la Cassazione con riferimento alle disposizioni contenute nella legge quadro nazionale, non alla disciplina del volo intesa “come riferibile ai voli civili e militari”,ma a quei sorvoli che “possono avere un impatto ambientale significativo nell’ecosistema” (Cass., Sez. III penale, n. 8561/95, cit.).

Giova, infine, ricordare, sulla questione, che la stessa Corte Costituzionale, nell’affermare l’irragionevolezza di un divieto assoluto ed incondizionato di volo dei deltaplani e dei veicoli ultraleggeri su tutto il territorio della Provincia di Bolzano, ha sottolineato la coerenza e logicità di “un regime generale basato su divieti di carattere limitato e selettivo, circoscritti alle zone sottoposte a vincolo paesaggistico, applicabili a tutti gli altri velivoli a motore” (Corte Cost., n. 271 del 1997).

7. Tanto precisato sulla natura paesaggistico-ambientale delle misure predisposte dalle leggi regionali n. 37 del 1992 e n. 12 del 1995 deve adesso, essere esaminata la questione di costituzionalità della stessa legge regionale n. 37 del 1992 e degli artt. 33, lett. a e 42, lett. c, della legge regionale n. 12 del 1995, che richiamano stabilendone l’ulteriore attività, le prescrizioni della cennata legge regionale n. 37 del 1992.

La questione appare certamente rilevante, dal momento che, dal suo eventuale accoglimento deriverebbe l’illegittimità derivata dall’impugnato regolamento n. 4 del 1993; essa, peraltro, è manifestamente infondata.

In proposito, il Collegio osserva che l’analisi della non manifesta infondatezza della questione deve, ormai, essere effettuata alla luce della disciplina costituzionale sopravvenuta, contenuta nella legge costituzionale 18 ottobre 2001 n. 3, entrata in vigore prima della discussione e deliberazione della presente controversia e, dunque, alla luce del nuovo testo dell’art. 117 Cost., che, radicalmente innovando rispetto al passato ed al principio di ripartizione tra legislazione statale quadro e legislazione regionale, posto dal medesimo art. 117 Cost. nel testo previgente alla riforma costituzionale, da una parte assegna la potestà legislativa sia allo Stato che alle Regioni, sottoponendo il relativo esercizio ai medesimi vincoli (art. 117, primo comma, Cost.), dall’altra configura una potestà legislativa esclusiva dello Stato, per materie determinate, ed una potestà legislativa concorrente e residuale delle regioni, assegnando alla esclusiva legislazione statale la “tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali” (art. 117, secondo comma, lett. s, Cost.).

La Sezione ritiene, peraltro, che dal nuovo impianto introdotto dal nuovo testo dell’art. 117 Cost. non derivi l’impossibilità per la Regione, nell’esercizio delle competenze ad essa legislativamente assegnate, di adottare misure di tutela del tipo di quelle poste in essere con la normativa regionale denunciata, per la cura di interessi funzionalmente collegati con quelli ambientali, e che dal riconoscimento allo Stato di una competenza esclusiva, sulla tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, volta a soddisfare esigenze unitarie, meritevoli di disciplina uniforme sul territorio nazionale, non derivi l’impossibilità, per la Regione, di adottare nell’ambito delle proprie competenze, misure ulteriori rispetto a quelle, unitarie, definite dallo Stato.

Deve, in proposito essere ricordato che, come è stato di recente precisato (Corte Cost. sentenza n. 282 del 2002), non tutte quelle ricompresse nel catalogo di cui all’art. 117, secondo comma, Cost., relativo alla esclusiva competenza statale, costituiscono “materia” in senso proprio, designando, invero, alcune di esse, più esattamente, competenze del legislatore statale idonee ad investire una pluralità di materie (Corte Cost., sent. n. 282 del 2002).

Con riferimento, in particolare, alla tutela dell’ambiente è stato altresì precisato che l’evoluzione legislativa e costituzionale porta ad escludere che la stessa possa essere considerata come una “materia” in senso tecnico, “dal momento che non sembra configurabile come sfera di competenza statale rigorosamente circoscritta e delimitata”, essendo, al contrario, ricavabile dalla stessa giurisprudenza della Corte Costituzionale anteriore al nuovo Titolo V una configurazione dell’ambiente come valore costituzionalmente protetto, che, in quanto tale, delinea una sorta di materia trasversale, in ordine alla quale si manifestano competenze diverse, che non possono essere regionali, spettando allo Stato le determinazioni che rispondono ad esigenze meritevoli di disciplina uniforme sull’intero territorio nazionale” (Corte Cost., sentenza n. 407 del 2002).

E così, con riferimento proprio alla nuova competenza legislativa statale di cui all’art. 117, secondo comma, lett. s, è stato rilevato che l’intento del legislatore deve essere identificato in quello “di riservare comunque allo Stato il potere di fissare standards di tutela uniformi sull’intero territorio nazionale, senza peraltro escludere in questo settore la competenza regionale alla cura di interessi funzionalmente collegati con quelli propriamente ambientali” (Corte Cost. n. 407 del 2002, cit.). Si deve, così, ritenere che “riguardo alla protezione dell’ambiente non si sia sostanzialmente inteso eliminare la preesistente pluralità di titoli di legittimazione per interventi regionali diretti a soddisfare contestualmente, nell’ambito delle proprie competenze, ulteriori esigenze rispetto a quelle di carattere unitario definito dallo Stato (Corte Cost. n. 407 del 2002, cit.).

Alla luce delle superiori osservazioni, la dedotta questione di costituzionalità appare manifestamente infondata anche con riferimento al nuovo quadro costituzionale di cui al nuovo testo dell’art. 117 Cost. introdotto con la legge costituzionale n. 3 del 2001, dovendosi ritenere che la nuova competenza esclusiva statale in tema di “tutela dell’ambiente e dell’ecosistema (art. 117, secondo comma, lett. s, Cost.), da intendersi come esclusivo potere di fissare standards di tutela uniformi , non abbia fatto venir meno la preesistente pluralità di titoli di legittimazione per interventi regionali, ed in particolare quelli volti, come nel caso in esame, a completare e specificare con una disciplina attuativa, un quadro di tutela generale definito dallo Stato relativamente a materie il cui esercizio era stato delegato dallo Stato alle Regioni (artt. 7 e 83 D.P.R. 24 luglio 1977 n. 616).

Si deve, peraltro, rilevare, che nel caso di specie emerge con chiarezza dalla legislazione statale concernente il settore in questione, proprio una pluralità di interessi costituzionalmente rilevanti e funzionalmente collegati con quelli riguardanti in via primaria la tutela dell’ambiente.

Da una parte, infatti, la legge n. 394 del 1991 intende dare attuazione non solo ai valori sottesi dall’art. 9 Cost. ma anche a quelli espressi nell’art. 32 Cost.; dall’altra è assai frequente nella legge quadro il riferimento a strumenti di tutela aventi anche valenza urbanistica ( si pensi, ad esempio all’art. 12, in forza del quale il piano del parco sostituisce i piani paesistici, piani territoriali o urbanistici ed ogni altro strumento di pianificazione). La stessa legge quadro statale, di tutela delle aree predette, fa riferimento a materie come quelle della tutela della salute e del governo del territorio, che nel nuovo quadro costituzionale risultano di competenza concorrente dela Regione, e riguardano profili indissolubilmente connessi con la tutela dell’ambiente, la cui considerazione appare quanto meno opportuna per la realizzazione di una tutela più efficace e completa.

Anche sotto questo profilo, la questione di costituzionalità della normativa legislativa regionale denunciata appare manifestamente infondata rispetto al nuovo quadro costituzionale introdotto dalla legge costituzionale n. 3 del 2001.

8. E’, poi, appena il caso di osservare che la sollevata questione di costituzionalità appare manifestamente infondata anche, comunque, con riferimento al previgente testo dell’art. 117 Cost.. La disciplina regionale denunciata attiene, infatti, per le ragioni sopra ampiamente illustrate, alla materia della protezione ambientale, sicchè appare palese che le leggi regionali n. 57 del 1992 e n. 12 del 1995 sono state emanate rispettivamente nella prospettiva del recepimento della legge quadro sulle aree protette, e dell’attuazione di tale legge quadro, e dunque nell’esercizio di una potestà legislativa attuativa riconosciuta alle Regioni con riferimento alla materia il cui esercizio è stato delegato allo Stato con l’art. 83 del D.P.R. n. 616 del 1977 (art. 7, primo comma, D.P.R. n. 616 del 1977).

Le circostanze, infine, che con le misure contenute nelle leggi regionali (integrate dal regolamento) sia stato previsto un divieto di sorvolo ancorato espressamente alla tutela ambientale e non assoluto e generalizzato, essendo state espressamente previste significative eccezioni al divieto medesimo, esclude che si sia di fronte ad una disciplina che, pur formalmente dettata per finalità di tutela ambientale, finisca in realtà per compromettere interessi e valori diversi da quelli per i quali è riconosciuto il potere di intervento regionale.

Le osservazioni che precedono evidenziano, infine, come il richiamo alla violazione dell’art. 118 sia, dal nuovo quadro costituzionale introdotto dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, privo di ogni concreta rilevanza (non prevedendo più il nuovo testo dell’art. 118 Cost. la delega di funzioni amministrative dallo Stato alla Regione) e nel quadro previgente non idoneo ad evidenziare alcun profilo di illegittimità costituzionale.

9. I rilievi complessivamente sopra svolti escludendo ogni profilo di incostituzionalità, escludono altresì l’illegittimità derivata dal regolamento impugnato.

Deve, altresì, essere esclusa anche l’illegittimità in via autonoma del regolamento in questione, dal momento che essa è legata alla erronea configurazione di quello impugnato come regolamento indipendente.

Nel caso in esame non si è, infatti, di fronte ad una materia deferita alla competenza normativa dell’Amministrazione da disciplinarsi nell’esercizio del potere normativo di questa e nel rispetto delle norme di grado superiore, ma ad una materia disciplinata, come è visto, dalla legge regionale, e rispetto alla quale la stessa legge attribuisce all’Amministrazione un potere normativo di esecuzione e di attuazione.

10. Deve, adesso, essere esaminato il secondo motivo del ricorso di primo grado, (riproposto al n. 4 dell’atto di appello), con cui la società appellante, nel prospettare sostanzialmente l’illegittimità costituzionale delle leggi regionali n. 37 del 1992 e n. 12 del 1995, per violazione dell’art. 117 Cost., in relazione agli artt.11,22,23,25 della legge n. 394 del 1991, deduce che la legge regionale ed il regolamento attuativo sarebbero illegittimi per contrasto con le disposizioni di principio della legge statale, sicchè la legge regionale n. 37 del 1992 e la successiva legge regionale n. 12 del 1995 sarebbero incostituzionali per violazione dell’art. 117 Cost., per contrasto con la norma legislativa interposta.

La questione, pur rilevante, è tuttavia manifestamente infondata.

Giova premettere che, anche con riferimento all’eccezione in esame, la valutazione in ordine alla non manifesta infondatezza va condotta con riferimento alla norma costituzionale sopravvenuta, e quindi con il nuovo testo dell’art. 117 Cost., che, per le materie di legislazione concorrente di competenza regionale, riserva allo Stato la determinazione dei principi fondamentali. Un esame del genere appare, d’altra parte, nella fattispecie certamente possibile, atteso che la disciplina regionale della cui costituzionalità si dubita incrocia profili, direttamente connessi con la tutela ambientale (tutela della salute e governo del territorio), rientranti nella competenza concorrente delle Regioni.

Il primo profilo di doglianza, con cui è dedotta la violazione del principio di cui all’art. 22, comma 1, lett. d, è privo di consistenza. Si è visto sopra come il regime di sorvolo introdotto dalla Regione non possa essere considerato come un divieto generalizzato e definitivo, sicchè infondate si palesano le doglianze in tal senso prospettate.

Privo di consistenza è, altresì, l’ulteriore profilo di doglianza alla stregua della quale la disciplina regionale prescinderebbe completamente dalla condizione espressa nell’art. 11, terzo comma, secondo cui potrebbero essere vietate le attività “che possano compromettere la salvaguardia del paesaggio e degli ambienti naturali tutelati”. Il divieto di sorvolo non autorizzato rispetto al quale può essere considerato equivalente il sistema introdotto dalla Regione Liguria, fondato sulla previa enucleazione dei casi in cui è possibile il sorvolo e sull’attribuzione alla Regione di un potere derogatorio di autorizzazione) è infatti previsto dall’art. 1, comma 3, della legge n. 394 del 1991, e la valutazione della sua attitudine a ledere i valori ambientali tutelati è, attraverso il divieto, espressa direttamente dal legislatore.

Infondato appare, altresì, l’ulteriore profilo di doglianza, dal momento che non può essere considerata in violazione dei principi posti dalla legge n. 394 del 1991 la scelta di dettare una generale disciplina di tutela, riferita a tutte le aree protette con riferimento al “sorvolo”. Il principio desumibile dalla legge n. 394 del 1991 è quello della necessaria presenza di una normativa (regionale e regolamentare) volta a disciplinare l’esercizio delle attività consentite o vietate nel territorio dei parchi e delle aree protette, e non l’altro che identifica necessariamente ed in via esclusiva lo strumento di tale disciplina nel regolamento delle diverse aree protette. Lo stesso criterio invocato, facendo riferimento a regolamenti delle aree protette da adottarsi “secondo criteri stabiliti con legge regionale in conformità ai principi di cui all’art. 11”, evidenzia con chiarezza la necessità di una specifica disciplina legislativa regionale di tutela.

Nel caso in esame la Regione Liguria, dopo aver predisposto una disciplina legislativa temporanea del sorvolo, demandando alla potestà regolamentare l’attuazione e l’esecuzione delle previsioni legislative, ha provveduto ad attuare la legge quadro con la legge regionale n. 12 del 1995, che ha attribuito alle aree di cui si discute la denominazione e la classificazione di Parco naturale regionale di Portofino ed ha confermato l’applicazione della precedente disciplina legislativa regionale e del regolamento attuativo.

Le osservazioni da ultimo esposte evidenziano altresì l’infondatezza dell’ulteriore rilievo prospettato, alla stregua del quale le limitazioni di cui all’art. 11, comma 2, lett. h, della legge si riferirebbero solo ai parchi e non alle aree protette. A prescindere, infatti, da ogni questione nominalistica, pare sufficiente osservare che il criterio invocato dall’appellante (art. 22, comma 1, lett. d) fa riferimento ad una disciplina regolamentare delle aree protette in generale, da adottarsi in conformità ai principi dell’art. 11 della medesima legge quadro.

I rilievi sopra esposti sono, peraltro, idonei ad evidenziare la manifesta infondatezza della questione di costituzionalità anche con riferimento al testo dell’art. 117 previgente alla riforma costituzionale.

Non sussiste, di conseguenza, l’illegittimità in via derivata dell’impugnato regolamento né l’illegittimità autonoma del regolamento, per le ragioni già esposte, per contrasto con la disciplina legislativa statale o regionale.

11. Infondati appaiono, altresì, i dedotti profili di illegittimità in via autonoma, prospettati dall’appellante con il terzo motivo del ricorso di primo grado (n. 5 dell’appello).

Quanto, infatti, alla asserita illegittima estensione della previsione contenuta nell’art. 1 della legge regionale (riferita ai “velivoli a motore”), che avrebbe, invece, illegittimamente fatto riferimento, ai fini della disciplina del sorvolo, ai “velivoli e apparecchi a motore”, in tal modo ponendo una definizione idonea ad includere gli elicotteri, pare sufficiente ricordare che la stessa Cassazione, giudicando sul divieto di “sorvolo di velivoli non autorizzato” di cui all’art. 11, comma 3, lett. h, della legge n. 394 del 1991, ha ritenuto che l’indicazione della legge fosse idonea a sanzionare penalmente il sorvolo non autorizzato effettuato con elicotteri (Cass., Sez. III Penale, n. 8561/95).

La definizione di “velivoli a motore”, deve, infatti, essere ritenuta comprensiva di tutti quegli apparecchi che il codice della navigazione definisce “muniti di organo motopropulsore”, e cioè velivoli ed altri apparecchi a motore.

Come osserva la difesa della Regione, la Corte Costituzionale ha, d’altra parte, sottolineato la ragionevolezza di un regime di sorvolo, basato su divieti circoscritti alle zone paesaggistiche, applicabili a tutti gli altri velivoli a motore dalle potenzialità inquinanti eventualmente più elevate, rispetto ai deltaplani ed ai veicoli ultraleggeri (Corte Cost., n. 271 del 1997, cit.): nell’ambito dei quali rientrano certamente gli elicotteri.

Ugualmente infondata appare l’ulteriore doglianza, con cui la società appellante lamenta che il regolamento impugnato avrebbe esteso le sue previsioni al di fuori della sfera individuata dalla legge autorizzativa.

Il rilievo in tal modo prospettato appare, in realtà, riferito non al regolamento in via autonoma, ma alla legge regionale (n. 37 del 1992) in base alla quale il regolamento è stato emanato, e si risolve, in realtà, in una censura di incostituzionalità della medesima, per violazione dell’art. 117 Cost. e della norma stabile di principio.

La doglianza appare, peraltro, infondata, dal momento che la previsione, operata con la legge regionale, di un regime applicabile fino all’entrata in vigore della normativa regionale, di recepimento della legge 6 dicembre 1991 n. 394 non si pone in contrasto con i principi della stessa legge nazionale, avuto riguardo al fatto che la (provvisoria) normativa regionale trovava applicazione “nelle aree parco, nelle aree protette, nelle riserve naturali e nelle aree di interesse naturalistico-ambientale” (art. 1 l.r. n. 37 del 1992). Il regolamento non ha ampliato l’ambito della previsione legislativa ma lo ha puntualizzato e specificato, dal momento che lo stesso precisa che fino all’entrata in vigore della legge regionale di adeguamento alla legge quadro, esso si applica nelle aree, del tipo indicato dalla legge regionale n. 37 del 1992, ed espressamente elencate e riportate nella planimetria allegata (art. 2, comma 2). La circostanza che la successiva legge regionale n. 12 del 1995 abbia confermato il “sistema” previsto dalla legge regionale previgente e con esso il regolamento impugnato rendendolo applicabile “a regime” non conferisce ex post legittimità al regolamento medesimo (dal momento che la sua applicazione temporanea e transitoria traeva fondamento dalla legge regionale n. 37 del 1992) e non evidenzia profili di illegittimità della medesima legge regionale n. 12 del 1995.

Infondata appare, infine, la doglianza con cui la società appellante deduce che il regolamento avrebbe introdotto una disciplina di dettaglio della deroga ai divieti assolutamente restrittiva, limitando i sorvoli per attività di rifornimento – che la legge regionale consentiva – al "trasporto di materiale necessario per l’esercizio di attività insediate all’interno delle aree protette o per la realizzazione di opere o per l’insediamento di attività, in località non altrimenti raggiungibili”.

L’art. 1 della legge regionale n. 37 del 1992 ha, infatti, posto un divieto di sorvolo delle aree protette, non applicabile nei casi “di operazioni di soccorso, di servizi di pubblica necessità, attività di rifornimento, smaltimento rifiuti, costruzione e manutenzione di rifugi e rilevamenti finalizzati ad attività di studio e di ricerca, fatto salvo quanto definito dalle leggi sulla disciplina del volo”.

Il regolamento attuativo ha poi, all’art. 5, ulteriormente specificato i casi in cui la legge consente l’effettuazione dei sorvoli e degli atterraggi, con riferimento ai “servizi di pubblica necessità (art. 5, lett. d), alla “costruzione e manutenzione di rifugi escursionistici” (art. 5, lett. e) che alle “attività di rifornimento”. In particolare, per queste ultime (art. 5, lett. c), il regolamento distingue una attività intesa come “trasporto di materiale necessario per l’esercizio di attività insediate all’interno delle aree protette in località non raggiungibili con altri mezzi, se non con interventi tali da provocare un maggiore e irreversibile danno ambientale” (art. 5, lett. c1) ed una attività intesa come “trasporto di materiale necessario per la realizzazione di opere o l’insediamento di attività all’interno di aree protette”, precisando che anche tale attività deve riguardare luoghi non altrimenti raggiungibili (art. 5, lett. c 2).

Tale essendo il tenore della prescrizione regolamentare, la stessa appare conforme alle disposizioni della legge regionale ed alle finalità che con essa si intendono perseguire. La distinzione in “trasporto di materiale necessario per l’esercizio di attività insediate all’interno delle aree protette” (e quindi di tutte le attività che in esse hanno stabile collocazione) ed in “trasporto di materiale necessario per la realizzazione di opere o l’insediamento di attività all’interno delle aree protette consente di ricomprendere nella nozione di “attività di rifornimento” sia le iniziative necessarie per la loro ordinaria gestione che quelle occorrenti per la realizzazione di apposite opere o per la prima intrapresa e l’insediamento delle medesime. La limitazione, ai fini del sorvolo, a quelle attività insediate e svolte “in località non altrimenti raggiungibili con altri mezzi, se non con interventi tali da provocare un maggiore e irreversibile danno ambientale” appare, poi, del tutto ragionevole e coerente con le finalità di tutela della legge, in quanto volta a riservare le ipotesi di sorvolo – alle quali viene normalmente connesso un maggiore danno ambientale – a quei casi in cui l’esercizio dell’attività (o il suo inizio) non può essere assicurato dall’uso di mezzi diversi, normalmente meno invasivi dal punto di vista della tutela ambientale. Viene così assicurato, in ogni caso, l’esercizio, l’intrapresa e lo svolgimento dell’attività economica insediata nell’area protetta, ma l’uso dei velivoli e degli apparecchi a motore viene razionalmente e correttamente limitato a quei casi in cui, in ragione dell’ubicazione dell’attività, tale esercizio non può essere assicurato con altri mezzi, o quando l’uso dei medesimi sia, in concreto, capace di provocare un danno ambientale più rilevante di quello che l’uso di velivoli o apparecchi a motore potrebbe arrecare. Viene, in tal modo, effettuato un ragionevole bilanciamento, coerente con le finalità della legge tra le esigenze connesse all’esercizio economico delle attività e le esigenze particolari della tutela ambientale, basata, oltre che su massime di esperienza, sulla valutazione dell’impatto ambientale che l’uso del velivolo o degli apparecchi a motore rispetto agli altri mezzi potrebbe, in concreto procurare.

12. Anche la censura dedotta dalla società al n. 6 dell’atto di appello non può essere condivisa. Da una parte, infatti, le osservazioni sopraesposte evidenziano che la disciplina predisposta con la legge ed il regolamento si è predisposto un divieto dei sorvoli che risultino inutilmente invasivi delle aree protette e delle esigenze di tutela con esse connesse; dall’altra palese appare l’insussistenza del dedotto vizio di istruttoria e di partecipazione. Come risulta espressamente dalle premesse della delibera consiliare di approvazione del regolamento, prodotta in atti, la relativa bozza è stata predisposta dai Servizi regionali con la collaborazione della Direzione della Circoscrizione aeroportuale di Genova e dell’Azienda Autonoma di Assistenza al Volo ed al Traffico Aereo; sulla stessa bozza è stato acquisito il parere favorevole del Ministero dei Trasporti – Civilavia. La collaborazione dei soggetti tecnici sopra ricordata e l’attività consultiva di Civilavia ha consentito una istruttoria tecnica approfondita.

Quanto, infine, alla partecipazione delle comunità, la deliberazione dà conto, nelle premesse, del fatto che “è stato chiesto agli enti di gestione ed ai comitati di coordinamento delle aree protette regionali, nonché agli enti locali territorialmente interessati il parere in merito alla bozza di regolamento”; la stessa delibera indica le osservazioni pervenute (tra cui quelle dei comuni di Cogoleto e di Genova). Sotto questo profilo, non può essere ritenuta decisiva, per dedurne l’illegittimità del regolamento, l’asserita mancata partecipazione delle Province e la circostanza che non siano state tenute in considerazione le osservazioni delle associazioni elicotteristiche dei piloti (in presenza, tra l’altro, di una istruttoria tecnica certamente approfondita).

13. Prive di consistenza si rivelano, infine, le doglianze spiegate con l’ultimo motivo di impugnazione (n. 7 dell’atto di appello).

Ed, infatti, le misure poste in essere dalla Regione Liguria, da una parte non configurano, per le ragioni già illustrate, forme di divieto assoluto o generalizzato non ancorate a ragioni di tutela ambientale, dall’altra si risolvono, come già visto, in forme idonee a realizzare, sia attraverso le prescrizioni legislative e regolamentari, sia attraverso l’uso del potere di autorizzazione in deroga riconosciuto dal regolamento (art. 7) all’Ente di gestione dell’area protetta per servizi di pubblica necessità, l’effettuazione di pubblici servizi o interventi di comprovata finalità di pubblico interesse. In questo quadro, possono trovare adeguato riconoscimento specifiche e comprovate esigenze di tutela della sicurezza personale di eventuali fruitori dell’immobile, legate alla condizione di rischio che per lo svolgimento della propria attività istituzionale o di lavoro gli stessi dovessero correre; esigenze, queste, che fatte presenti dalle Autorità preposte alla sicurezza all’Ente gestore dell’area, possono trovare adeguato riconoscimento attraverso l’uso del potere autorizzatorio di cui all’art. 7 del regolamento.

Deve, invece, essere considerato inconferente il generico riferimento alla sicurezza generale del volo, che la valutazione regionale avrebbe reso recessiva rispetto alla tutela ambientale.

Si è visto sopra come la legge regionale n. 37 del 1992, (come già la legge quadro statale) faccia salvo “quanto definito dalle leggi sulla disciplina del volo”. La partecipazione al procedimento in esito al quale si è pervenuti all’approvazione del regolamento, del Ministero dei Trasporti, dell’Azienda Autonoma di Assistenza al Volo e al Traffico Aereo e della Circoscrizione Aeroportuale di Genova esclude che, in concreto, tali esigenze non siano state tenute presenti.

14. In conclusione, l’appello della Società Immobiliare S. Sebastiano deve essere accolto, con consequenziale annullamento della sentenza di primo grado, che ha dichiarato inammissibile il ricorso introduttivo della società. Il medesimo ricorso di primo grado della società deve, peraltro, essere respinto.

Avuto riguardo all’esito complessivo della controversia, le spese dei due gradi del giudizio possono essere compensate.

P. Q. M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando, così provvede:

accoglie l’appello in epigrafe e, per l’effetto, annulla l’impugnata decisione di primo grado;
respinge il ricorso di primo grado a suo tempo proposto dalla Società al Tribunale Amministrativo Regionale della Liguria;
compensa interamente tra le parti le spese processuali di entrambi i gradi di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, il 12 marzo 2002 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale - Sezione Sesta - con l'intervento dei Signori:

Mario Egidio SCHINAIA Presidente

Alessandro PAJNO Consigliere Est.

Luigi MARUOTTI Consigliere

Giuseppe ROMEO Consigliere

Giuseppe MINICONE Consigliere


IL PRESIDENTE


L'ESTENSORE IL SEGRETARIO






DEPOSITATA IN SEGRETERIA


il…..................................

(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)

Il Direttore della Sezione





CONSIGLIO DI STATO

In Sede Giurisdizionale (Sezione Sesta)


Addi…......................copia conforme alla presente è stata trasmessa


al Ministero…...........................................................................................


a norma dell’art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.642


Il Direttore della Segreteria































MASSIMA


Una prescrizione regolamentare può essere autonomamente ed immediatamente impugnata allorché la stessa, per la sua specificità e la sua puntualità, sia in grado di incidere immediatamente sulla situazione soggettiva del destinatario.
La disciplina predisposta dalla legge della Regione Liguria 12 febbraio 1995 n. 12, di recezione della normativa quadro nazionale delle aree protette, e completate dall’apposito regolamento non pone, per fini ambientali, un divieto generalizzato di avvalersi dell’elicottero per il sorvolo delle aree protette, ma una regolamentazione complessiva che ammette tale uso in relazione a fattispecie predeterminate legate a ragioni di pubblico interesse ed a valutazioni dell’impatto ambientale provocato dall’elicottero o da altri mezzi.
La disciplina di cui alla legge della Regione Liguria n. 12 del 1995 non pone norme sul trasporto aereo, ma disposizioni di carattere ambientale.
In un giudizio in cui sia stata dedotta l’illegittimità costituzionale degli artt. 33, lett. a e 42, lett. c, della legge della Regione Liguria 12 febbraio 1995 n. 12, per violazione dell’art. 117 Cost., l’analisi della non manifesta infondatezza della questione deve essere effettuata alla luce della disciplina costituzionale sopravvenuta, contenuta nella legge costituzionale 18 ottobre 2001 n. 3, entrata in vigore prima della discussione e deliberazione della controversia, e, dunque, alla luce del nuovo testo dell’art. 117.
Dal nuovo impianto contenuto nell’art. 117 Cost., nel testo novellato dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, non deriva l’impossibilità, per la Regione, di adottare misure di tutela per la cura di interessi funzionalmente legati con quelli ambientali, deve, infatti, ritenersi che l’intento perseguito dal legislatore con la norma di cui all’art. 117, secondo comma, lett. s, è quello di riservare allo Stato standards di tutela uniformi sull’intero territorio nazionale, senza eliminare la preesistente pluralità di titoli di legittimazione per interventi regionali diretti a soddisfare contestualmente ulteriori esigenze rispetto a quelle, di carattere unitario, definite dallo Stato.

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