REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

N.799/05

Reg.Dec.
N. 10065 Reg.Ric.

ANNO 1999

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE
sul ricorso in appello n. 10065 del 1999, proposto da LANZONI Virginio e MALCHIODI Eugenio, rappresentati e difesi dagli avv.ti Giuseppe Guarino, Andrea Guarino e Giacinto Marchesi, elettivamente domiciliati presso lo studio dei primi due in Roma, Piazza Borghese n. 3;
contro
- la Regione Emilia-Romagna, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Giorgio Cugurra, elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv. Emilia Tarsitani in Roma, Via F. Paulucci dè Calboli, n. 5;
- il Consorzio di Bonifica Bacini Tidone – Trebbia, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Gian Paolo Nascetti e Sergio Vacirca, elettivamente domiciliato presso lo studio del secondo in Roma, Via Flaminia n. 195;
e nei confronti
della Regione Lombardia, della Regione Liguria, del Presidente p.t. della Giunta Regionale dell’Emilia Romagna; dell’Assessore p.t. all’Agricoltura e Alimentazione dell’Emilia Romagna, di Veronesi Gianfranco e di Dieci Luigi, non costituiti,
per l'annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale dell’Emilia Romagna, Sezione staccata di Parma, n. 349 del 31 maggio 1999.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Emilia – Romagna e del Consorzio di Bonifica Bacini Tidone – Trebbia;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del 5 novembre 2004 il Cons. Giuseppe Minicone;
Uditi l’avv. Merusi per delega dell’avv. Guarino, l’avv. Vacirca per sé e per delega dell’avv. Cugurra;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
Con ricorso notificato il 13 novembre 1995, i sigg.ri Virginio Lanzoni ed Eugenio Malchiodi, proprietari di immobili urbani situati, rispettivamente, nei comuni di Piacenza e di Bobbio e chiamati, nella loro veste di consorziati, al pagamento dei contributi al Consorzio di Bonifica Bacini Tidone – Trebbia, impugnavano, innanzi al Tribunale amministrativo regionale dell’Emilia Romagna, Sezione staccata di Parma, la deliberazione n. 66/25 del Commissario Straordinario del Consorzio, che aveva approvato definitivamente il piano di classifica degli immobili per il riparto delle spese consortili.
Impugnavano, contestualmente, gli atti presupposti alla deliberazione anzidetta e, in particolare, le ordinanze del Presidente della giunta regionale dell’Emilia Romagna n. 2/95 e n. 169/95, che avevano dato avvio alle procedure di pubblicazione del piano, la deliberazione del Commissario Straordinario del Consorzio n. 208/94, che aveva approvato la proposta del nuovo piano di classifica, e il parere reso dalla Consulta del Consorzio il 19 ottobre 1994.
Venivano, inoltre, impugnati, sempre come atti presupposti, la deliberazione n. 2233/92 della Giunta regionale e la nota dell'Assessore all'Agricoltura n. 20786/92, relative all'approvazione dei criteri per la formazione dei piani di classifica, predisposti dalla Commissione Consultiva.
Gli istanti deducevano:
a) che la delibera regionale 2233/92 non aveva formulato norme tecniche cogenti per la redazione dei piani di classifica, come invece era prescritto tanto dal R.D. 13 febbraio 1933, n. 215, che dalla L.R. Emilia Romagna 2 agosto 1984 n. 42, ed in particolare dagli artt. 13 e 25;
b) che il piano di classifica aveva disatteso il principio della tipicità degli atti amministrativi, non conformandosi allo schema e alla funzione legale tipica dell'atto "piano di classifica", consistente, in ogni caso, nella classificazione di tutti gli immobili in gruppi omogenei rispetto ai concreti benefici tratti dalle opere di bonifica e dalla loro gestione;
c) che il piano non aveva stabilito in termini comprensibili ai proprietari degli stessi il coefficiente di beneficio attribuito a ciascuno degli immobili;
d) che, nella delibera di giunta 2233/92, non si era tenuto conto della distinzione tra beneficio generale igienico e sociale - indiretto - e beneficio economico particolare - diretto -, prescritta dalla c.d. circolare Serpieri e comunque pacifica in giurisprudenza;
e) che nel piano di classifica non si era operata alcuna distinzione, ai fini del calcolo del beneficio, tra gli immobili urbani che si avvalgono dei canali di bonifica per lo scarico delle acque e quelli che invece scaricano nelle reti di fognatura;
f) che il piano aveva attribuito un beneficio irriguo indiretto anche alle utenze extragricole, in violazione dell'art. 11 del R.D. n. 215/33 e dell'art. 13 della L.R. Emilia Romagna n. 42/84;
g) che il parere reso dalla Consulta del Consorzio sulla proposta di piano era stato adottato con il voto determinante - ai fini del raggiungimento del quorum - di colui che aveva ricevuto l'incarico professionale di redigere la proposta stessa e che si sarebbe dovuto astenere ed allontanare dalla deliberazione;
h) che il parere reso dalla Consulta era viziato da perplessità, contraddittorietà ed illogicità, in quanto aveva approvato la proposta di piano di classifica nonostante avesse espressamente constatato l'insussistenza di taluni dei presupposti sui quali la proposta medesima era fondata.
Il giudice adito, con la sentenza in epigrafe, ha respinto tutti i motivi di doglianza, salvo il quinto, che è stato dichiarato inammissibile, perché volto a far constatare l'inesistenza del potere di assoggettare gli immobili a contribuzione e, come tale, rientrante nella giurisdizione del giudice ordinario.
Avverso detta decisione hanno proposto appello gli interessati, criticando le argomentazioni del T.A.R. e riproponendo i motivi di ricorso.
In particolare, hanno sottolineato l’erroneità della declinatoria della giurisdizione sul quinto motivo, giacché essi avrebbero fatto valere non una carenza di potere, ma un cattivo uso dello stesso da parte del Consorzio, il quale non avrebbe tenuto conto, nel determinare il contributo, della differenza tra gli immobili, a seconda che fossero o no allacciati alla rete fognaria.
In relazione, poi, all’affermazione del primo giudice, secondo la quale, nei confronti degli immobili extragricoli, il contributo sarebbe stato commisurato al miglioramento delle condizioni ambientali, gli appellanti hanno sollevato questione di illegittimità costituzionale della L.R. 42/1984, nella parte (art. 1) in cui attribuisce alla bonifica finalità di tutela ambientale, laddove la stessa avrebbe carattere settoriale, indirizzata alla riqualificazione igienica e produttiva dei terreni, secondo i principi fondamentali indicati dal R.D. 215/1933.
Si sono costituiti il Consorzio di Bonifica Bacini Tidone e Trebbia e la Regione Emilia Romagna, che hanno chiesto il rigetto dell’appello, in quanto infondato.
Con memoria gli appellanti hanno riepilogato e ribadito le proprie ragioni di doglianza.
Alla pubblica udienza del 5 novembre 2004 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. Gli odierni appellanti, proprietari di immobili non agricoli in Piacenza ed in Bobbio e contribuenti del Consorzio intimato, si dolgono della sentenza con la quale il Tribunale amministrativo regionale dell’Emilia Romagna, Sezione di Parma, ha, in parte, respinto e, in parte, dichiarato inammissibile, per difetto di giurisdizione, il loro ricorso, volto a far constatare l’illegittimità della deliberazione del Commissario straordinario del Consorzio n. 66 del 21 giugno 1995, con la quale era stato definitivamente approvato il piano di classifica per il riparto delle spese consortili tra le proprietà consorziate.
2. Con il primo motivo di appello, gli istanti ripropongono, congiuntamente, i primi tre motivi del ricorso introduttivo, ribadendo:
a) che, alla stregua dei fondamentali principi espressi dall’art. 11 del R.D. 13 febbraio 1933, n. 215 e dall’art. 44 del regolamento approvato con R.D. 8 maggio 1904 n. 368, non abrogati né modificati dalla L.R. 2 agosto 1984 n. 42, il piano di classifica per il riparto delle spese consortili dovrebbe necessariamente contenere la classificazione di tutti gli immobili in gruppi omogenei rispetto ai concreti benefici tratti dalle opere di bonifica e dalla loro gestione;
b) che, indipendentemente da quanto sopra, i criteri alla base del “piano” impugnato sarebbero illegittimi, in quanto frutto di affermazioni apodittiche e comunque tali da non condurre affatto ad un’univoca classificazione, che serva di base per la ripartizione delle spese in sede di formazione dei piani annuali di riparto;
c) che l’applicazione dei principi di cui al precedente punto a) comporterebbe la necessità di una tabella di riferimento a classi omogenee di ubicazione degli immobili in relazione ai benefici.
2.1. La doglianza non merita accoglimento.
Ed invero, l’assunto degli appellanti muove da un duplice presupposto:
- che si rinvenga, nell’ordinamento statale, un “principio fondamentale”, secondo il quale i piani di classifica debbano necessariamente contenere una classificazione degli immobili secondo gruppi omogenei rispetto ai benefici tratti dalla attività di bonifica e una correlata tabella di riferimento;
- che tale principio sia espressamente richiamato dalla legislazione regionale (art. 13 L.R. n. 42/1984).
Sennonché entrambi tali presupposti si rivelano erronei.
2.2. Quanto all’ordinamento statale, la norma dell’art. 11 del R.D. n. 215/1933 si limita a prevedere, genericamente, che “la ripartizione della quota di spesa tra i proprietari è fatta, in via definitiva, in ragione dei benefici conseguiti per effetto delle opere di bonifica di competenza statale o di singoli gruppi, a sé stanti, di esse” e che “i criteri di ripartizione sono fissati negli statuti dei consorzi o con successiva deliberazione, da approvarsi dal Ministero dell'agricoltura e delle foreste” ovvero, in assenza di consorzi, “sono stabiliti direttamente dal Ministero”.
2.2.1. La verità è che, come si evince chiaramente dal ricorso introduttivo, gli istanti pretendono di trarre sostegno al proprio assunto, circa l’indefettibilità, nei piani di classifica, di una classificazione degli immobili per gruppi omogenei, dai criteri per il riparto dei contributi consortili, dettati, all’epoca, dalla circolare 16 gennaio 1935, n. 92, che poneva una serie minuziosa di regole tecniche per determinare i benefici ricadenti sui singoli immobili.
Sennonché, la circolare in questione era un atto amministrativo, volto a regolamentare, secondo modalità all’epoca ritenute idonee dall’Amministrazione centrale, le funzioni spettanti a quest’ultima in subiecta materia.
2.2.2. Una volta, dunque, che tali funzioni sono state assegnate alle Regioni, con D.P.R. 15 gennaio 1972, n. 11 e con D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, la regolamentazione in questione è venuta, contestualmente, a perdere qualunque rilevanza giuridica, dovendosi aver riguardo esclusivamente alla normazione regionale e ai principi da essa richiamati.
Orbene, l’art. 13 della L.R. Emilia Romagna n. 42/1984 si limita, in proposito, a prevedere che le spese di esercizio e manutenzione delle opere di bonifica nonché le spese di funzionamento dei consorzi di bonifica “sono ripartite in ragione del beneficio conseguito o conseguibile sulla base del piano di riparto di contribuenza”.
Ne consegue che, alla luce di tale previsione, il piano di riparto è tenuto unicamente a rispettare il rapporto proporzionale tra entità della contribuzione e beneficio (così come, del resto, prevedeva l’art. 11 del R.D. n. 215/1933), restando impregiudicato il criterio di individuazione di tale beneficio, criterio che, nel caso di specie, si è concretato nella determinazione di una pluralità di indici.
2.2.3. Ora, avverso la congruenza di tali indici, gli istanti, con i motivi di appello in esame, non muovono alcuna specifica ed ammissibile doglianza, essendosi limitati ad affermare, del tutto genericamente, che gli stessi sono “permeati da affermazioni del tutto apodittiche (mancando ogni necessaria dimostrazione di quanto ivi asserito) e comunque tali da non condurre affatto ad univoca classificazione che serva di base per la ripartizione delle spese”.
Il che, del resto, si rivela coerente con l’assunto (già ritenuto infondato), secondo il quale gli unici criteri ammissibili in subiecta materia sarebbero quelli facenti capo alle regole di cui alla citata circolare del 1935.
E va sottolineato, anzi, in proposito, come i ricorrenti neppure offrano una qualche indicazione circa il pregiudizio concreto che essi subiscono dal criterio di riparto per indici, rispetto a quello per zone omogenee, dagli stessi propugnato.
2.3. E’ appena il caso di precisare, infine, che un recepimento di tali criteri non può certo avvenire, enfatizzando il richiamo, effettuato dall’art. 13 della L.R. n. 42/1984, all’obbligo di contribuzione dei proprietari consorziati “in conformità della legislazione vigente”, dal momento che non possono farsi rientrare nella “legislazione vigente” a quella data né la circolare del 1935 né, tanto meno, l’art. 44 del R.D. 8 maggio 1904, n. 368 (anch’esso invocato dagli appellanti), il quale, in disparte l’interpretazione che se ne debba dare, dettava norme di attuazione della legge 22 marzo 1900, n. 195, abrogata dai successivi interventi legislativi, ed è inidoneo, quindi, sotto il profilo formale e sostanziale, a rientrare nel corpus normativo disciplinante la bonifica, quale delineatosi per effetto, prima, del riordino della legislazione statale e, successivamente, del trasferimento della relativa competenza alla legislazione regionale.
E ciò, in disparte il rilevo, che pure potrebbe farsi, in ordine alla circostanza che il richiamo alla “legislazione vigente”, così come collocato nel testo dell’art. 13 della L.R. n. 42/1984, appare riferito, piuttosto, all’assoggettamento all’obbligo contributivo da parte proprietari di beni immobili agricoli ed extragricoli e non ai criteri di riparto delle spese.
3. Con il secondo motivo di appello, gli istanti contestano la declaratoria di difetto di giurisdizione, pronunciata dal T.A.R. in ordine al quinto motivo del ricorso introduttivo, sostenendo che essi, con il lamentare che il Consorzio non avesse in alcun modo considerato, nella redazione del piano di classifica degli immobili, l’incidenza del beneficio dell’eventuale allacciamento alla rete fognaria, avevano dedotto, contrariamente a quanto ritenuto nella decisione impugnata, il cattivo uso del potere di classificazione degli immobili stessi (rientrante nella cognizione del giudice amministrativo) e non la carenza di potere (rientrante nella cognizione del giudice ordinario).
Del resto, che gli appellanti non avessero inteso far valere un diritto soggettivo perfetto, nei confronti della pretesa impositiva del Consorzio, sarebbe dimostrato dalla circostanza che essi non avevano allegato che i propri immobili fossero allacciati alla rete fognaria, ma avevano fatto solo valere, come causa petendi, che, per gli immobili allacciati alla rete fognaria (che non traggono alcun beneficio dalle opere di bonifica), difetterebbe concretamente il presupposto per imporre il contributo.
3.1. La censura non merita accoglimento.
Ed invero, il petitum sostanziale del motivo esaminato dal primo giudice (che è l’elemento cui avere riguardo per il discrimine della giurisdizione), quale che sia la prospettazione che, con indubbia abilità dialettica, ne fa il patrocinio dei ricorrenti in grado di appello, si incentrava sulla non assoggettabilità degli immobili extragricoli, allacciati alla rete pubblica di fognature, al contributo per lo scolo, sul rilievo che tale tipo di immissione implicava l’instaurazione di rapporti esclusivamente fra i Consorzi di bonifica e gli enti gestori del servizio comunale di fognatura.
Con la doglianza in questione, quindi, si rivendicava, in definitiva, la libertà dei proprietari di fabbricati dall’imposizione specifica, ovverosia proprio una posizione di diritto soggettivo.
3.2. Che, poi, come affermano gli istanti, essi abbiano sollevato la doglianza stessa, prescindendo dalla prova che gli immobili di cui sono proprietari fossero effettivamente allacciati alla rete fognaria, non dimostra che si sia fatta valere una posizione di interesse legittimo, ma, piuttosto, priva del necessario supporto legittimante la posizione (quale che sia il suo spessore) azionata in giudizio, posizione la cui tutela, per ricevere ingresso, deve essere sempre connotata dai caratteri dell’attualità e della concretezza.
3.3. Nella specie, in definitiva, non si sfugge alla seguente alternativa:
- o gli istanti sono effettivamente proprietari di immobili allacciati a fognatura pubblica, ed allora la loro censura, in quanto diretta ad evidenziare la mancanza dei presupposti dell’obbligo contributivo e, quindi, la carenza, in capo al Consorzio, del potere di imposizione nei loro confronti (a nulla rilevando se tale carenza sia dedotta in astratto o in concreto), rientra nella giurisdizione dell’A.G.O.;
- o essi non ricadono in tale situazione, ed allora la censura specifica è inammissibile, in apice, per carenza di una lesione diretta, attuale e concreta.
4. Il terzo motivo di appello muove dalla considerazione che il T.A.R., per disattendere la censura di indebito riconoscimento, agli immobili extragricoli, del beneficio derivante dall’attività di irrigazione, ha attribuito alla bonifica finalità di tutela ambientale, secondo la previsione dell’art. 1 della L.R. n. 42/1984.
Sennonché tale previsione sarebbe illegittima, in quanto contrastante con i principi fondamentali della legge statale, che assegnano alla bonifica esclusivamente la finalità (settoriale) di riqualificazione igienica e produttiva dei terreni, per il massimo loro sfruttamento, e non certo una funzione generale di valorizzazione territoriale, sotto il profilo ambientale.
Dall’illegittimità della norma regionale discenderebbe, evidentemente, l’illegittimità dell’assoggettamento a contributo degli immobili extragricoli, non rientrando il beneficio ambientale tra quelli perseguibili dal Consorzio.
4.1. La questione di costituzionalità è manifestamente infondata.
4.2. Gli appellanti, invero, al fine di denunciare il contrasto della legge regionale n. 42/84 con l’art. 117 Cost. (nel testo anteriore alla modifica apportata dalla L.Cost. 18 ottobre 2001, n. 3), pretendono di estrapolare un principio fondamentale della legislazione statale dall’art. 1 della legge n. 215/1933, che essi interpretano nel senso di assegnare alla bonifica un compito di mero riassetto del suolo, in radicale discrasia con la (diversa) tutela ambientale.
Sennonché, essi trascurano di considerare che i “principi fondamentali” richiamati dall’art. 117 Cost. vanno ricondotti, innanzi tutto, entro il solco tracciato dalla stessa Carta costituzionale, essendo, evidentemente, inconfigurabile, per insanabile contraddizione, il riconoscimento di siffatta dignità a principi che divergano da quelli statutari.
Orbene, allorché l’art. 1 della legge n. 215/1933 afferma che le opere di bonifica sono preordinate, tra l’altro, a rilevanti vantaggi igienici o sociali, al fine di una radicale trasformazione dell'ordinamento produttivo, tale affermazione non può che essere, oggi, letta alla luce, da un lato, dell’art. 9 Cost., secondo il quale la Repubblica tutela il paesaggio (da intendersi come parte integrante dell’ambiente); dall’altro dell’art. 41, secondo il quale non solo l’iniziativa economica privata ma anche quella pubblica devono essere indirizzate e coordinate a fini sociali.
4.3. Del resto, proprio in questa ottica, la stessa Corte Costituzionale, con la sentenza 5 febbraio 1992, n. 66, ha avuto modo di precisare che “le attività di bonifica trasferite alle competenze regionali si inquadrano in una intelaiatura di funzioni estremamente complessa e articolata, nella quale sono compresi poteri attinenti allo sviluppo economico della produzione agricola, all'assetto paesaggistico e urbanistico del territorio, alla difesa del suolo e dell'ambiente, alla conservazione, regolazione e utilizzazione del patrimonio idrico e che, esse costituiscono un settore della generale programmazione del territorio e, più precisamente, di quella riguardante la difesa e la valorizzazione del suolo con particolare interesse verso l'uso di risorse idriche”.
Di tali finalità, secondo la Corte, la successiva legge 18 maggio 1989, n. 183, rappresenta null’altro che una conferma (e non una innovazione) “laddove configura i consorzi di bonifica come una delle istituzioni principali per la realizzazione degli scopi di difesa del suolo, di risanamento delle acque, di fruizione e di gestione del patrimonio idrico per gli usi di razionale sviluppo economico e sociale, di tutela degli aspetti ambientali ad essi connessi.”
4.4. Consegue da tutto ciò che non è assolutamente configurabile il dedotto contrasto tra i “principi fondamentali” della legislazione statale e l’assegnazione alla bonifica, da parte della legge regionale n. 42/1984, di funzioni di miglioramento ambientale, fruibile, come tale, da tutti i proprietari di immobili interessati.
E ciò, in disparte la considerazione che anche il semplice vantaggio igienico, espressamente contemplato dal R.D. n. 215/1933, si concreta in un miglioramento ambientale, ridondante a beneficio di tutti i proprietari dell’area interessata dalla bonifica.
5. Con il quarto motivo di appello si ripropone, innanzi tutto, la censura, già disattesa dal T.A.R., di illegittimità del parere della Consulta sul piano di classifica, per avervi preso parte l’estensore dello stesso, versante, pertanto, in situazione di incompatibilità.
5.1. La doglianza non merita di essere condivisa..
5.2. Va, innanzi tutto, sottolineata l’inammissibilità del profilo volto ad adombrare l’impossibilità di affidamento dell’incarico di redigere il piano ad un membro della Consulta, in quanto sollevato per la prima volta in appello.
Ciò posto, essendo la legittimità di tale incarico non più suscettibile di essere contestata, il suo svolgimento da parte di un componente della Consulta non può precludergli il diritto-dovere di concorrere ad esprimere il parere, riconosciutogli dall’art. 20 della L.R. n. 42/1984.
Del resto, tale parere, nel sistema delineato dalla legge regionale, si concreta in un supporto di carattere tecnico da parte di un organo dello stesso Consorzio e non in una funzione consultiva, reso da un organo in posizione di terzietà, che debba essere, perciò, presidiato dalla garanzia di imparzialità.
Anzi, sotto questo profilo, l’avere il componente della Consulta effettuato la proposta del piano di classifica, sul quale l’Organo è stato chiamato a pronunciarsi, lo poneva in condizione di arrecare un contributo effettivo all’esame dello stesso, del quale si sono potuti utilmente avvalere gli altri membri, che ne hanno concordemente condiviso l’impostazione.
Né, del resto, gli appellanti hanno dedotto aspetti specifici, contenuti nel suddetto piano, che potessero favorire il suo estensore rispetto ad altri consorziati.
6. Insussistente è, infine, la lamentata contraddittorietà del suddetto parere, giacché la Consulta si è limitata a porre l’accento sulle difficoltà di verifica degli effetti del piano non circa la validità e la necessità dello stesso, onde l’avvenuta approvazione non si pone in contrasto con il suggerimento di avviare al più presto i lavori di impianto del nuovo catasto consortile, pur nella consapevolezza dell’impegno che lo stesso avrebbe comportato, in presenza di contemporanei adempimenti già gravanti, in quel momento, sul Consorzio.
7. L’appello, in conclusione, deve essere respinto.
Le spese del grado di giudizio, avuto riguardo a tutti gli elementi del caso concreto possono essere equamente compensate fra le parti costituite.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione VI), definitivamente pronunciando sull'appello in epigrafe, come specificato in motivazione, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, addì 5 novembre 2004, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione VI) in Camera di Consiglio, con l’intervento dei Signori:
Giorgio GIOVANNINI Presidente
Sabino LUCE Consigliere
Carmine VOLPE Consigliere
Giuseppe MINICONE Consigliere Est.
Francesco D’OTTAVI Consigliere

Presidente

Consigliere Segretario



DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il.....................................
(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)

Il Direttore della Sezione

CONSIGLIO DI STATO
In Sede Giurisdizionale (Sezione Sesta)
Addì...................................

copia conforme alla presente è stata trasmessa
al Ministero.....................................
a norma dell'art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.642

Il Direttore della Segreteria

N.R.G. 10065/1999

FF

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