REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N.3040/2005
Reg.Dec.
N. 6778 Reg.Ric.
ANNO 2004
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello proposto dal Comune di S. Vitaliano, rappresentato e difeso dagli avv.ti Silvano e Luca Tozzi ed elettivamente domiciliato in Roma, via degli Avignonesi, n. 5, presso l’avv.to Ludovico Visone;
contro
la Soc. Vodafone – Omnitel, costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa dagli avv.ti Giuseppe Sartorio e Luigi Manzi, con domicilio presso gli stessi in Roma, via Confalonieri, n. 5;
per l'annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale, Napoli, Sez. I^, n. 6714/2004 del 26.04.2004;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Soc. Vodafone – Omnitel;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Nominato relatore per la pubblica udienza del 25 gennaio 2005 il Consigliere Polito Bruno Rosario;
Uditi per le parti l’avv.to Saporito, per delega dell’avv.to Tozzo, l’avv.to Manzi e l’avv.to Sartorio;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
Per garantire il segnale di telefonia mobile anche nell’ambito del Comune di San Vitaliano la Soc. Vodafone – Omnitel presentava denunzia di inizio di attività, assunta al protocollo n. 6806 del 07.08.2003, relativa alla realizzazione di una stazione radio base in località Caldara, ricadente in zona classificata “E agricola” dal vigente p.r.g.
Essendo decorso alla data del 05.11.2003 il termine di novanta giorni per la formazione del silenzio assenso la Soc. Vodafone – Omnitel dava inizio ai lavori in forza di titolo abilitativo conseguito “per silentium”.
Il Comune di S. Vitaliano con atto n. 156 del 09.01.2004 prima disponeva la sospensione dei lavori e poi, con ordinanza n. 01 del 13.02.2004, ingiungeva la demolizione delle opere eseguite rilevando in particolare:
- l’insufficienza degli elementi descrittivi e documentali resi disponibili in sede di presentazione della d.i.a.;
- la sopravvenuta dichiarazione di incostituzionalità del d.lgs. n. 198/2002 recante le disposizioni sulla formazione del silenzio assenso;
- l’incompatibilità delle opere eseguite con la disciplina urbanistica della zona con specifico riguardo al limite massimo di altezza delle costruzioni;
- l’inapplicabilità in ogni caso della disciplina sulla realizzazione dell’impianto in base a sola d.i.a. stante la potenza di antenna superiore a 20 Watt;
- l’assenza di valido titolo di disponibilità del terreno interessato dai lavori.
La Soc. Vodafone – Omnitel proponeva ricorso avanti al T.A.R. Campania ribadendo la formazione del silenzio assenso in ordine alla d.i.a. del 05.11.2003 e denunciando, con articolati motivi, l’illegittimità dei provvedimenti repressivi per violazione di legge ed eccesso di potere in diverse figure sintomatiche.
Con sentenza n. 6714/2004 del 26.04.2004 il T.A.R. per la Campania, Sez. I^, accoglieva il ricorso riconoscendo fondato del motivo inerente alla formazione del silenzio assenso sul progetto di installazione dell’ antenna di telecomunicazione in applicazione alla disciplina dettata dagli artt. 87, comma nono, del d.lgs. n. 259/2003 e 4 del d.l. n. 315/2003, convertito nella legge n. 5/2004
Avverso detta decisione ha proposto appello il Comune di S. Vitaliano ed ha dedotto i seguenti motivi:
- la nullità in radice del procedimento di assentimento dell’attività edilizia iniziato nel vigore dell’art. 5, comma secondo, del d.lgs. n. 198/2002, poi dichiarato incostituzionale nel suo teso integrale con sentenza della Corte Costituzionale n. 303 dell’ 01.10.2003, con ogni effetto sulle attività amministrative che in esso avevano tratto fondamento;
- l’ininfluenza dello “jus superveniens” sul recupero di un procedimento da ritenersi esaurito prima dell’entrata in vigore del d.l. n. 315/2003;
- l’assenza di ogni attività collaborativa di Vodafone - Omnitel in ordine alla richiesta di chiarimenti, contestuale all’ordine di sospensione lavori;
- la necessità del permesso di costruire ai fini dell’esercizio dell’attività edificatoria oggetto di sanzione;
- l’inapplicabilità della disciplina sulla d.i.a., trattandosi di impianto di potenza superiore a 20 watt.
Il Comune appellante ha, inoltre, sollevato questione di costituzionalità dagli artt. 87, comma terzo, del d.lgs. n. 259/2003 e 4 del d.l. n. 315/2003, convertito nella legge n. 5/2004 per contrasto con l’art. 117, comma secondo, della Costituzione, perché escludono ogni contributo della Regione e delle autonomie locali, cui compete la pianificazione del territorio, nelle scelte di localizzazione degli impianti di telecomunicazione.
Con successiva memoria il Comune di San Vitaliano ha insistito nelle proprie tesi difensive.
La società Vodafone - Omnitel si è costituita in giudizio ed ha diffusamente contratto i motivi di appello e riproposto le censure di legittimità degli atti gravati dichiarate assorbite dal giudice di primo grado.
All’udienza del 25 gennaio 2005 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
DIRITTO
1). L’appello è infondato.
2). La soc. Vodafone - Omnitel aveva presentato al Comune di S. Vitaliano denunzia di inizio di attività, assunta al protocollo n. 6806 del 07.08.2003, relativa alla realizzazione di una stazione radio base in località Caldara, ricadente in zona classificata “E agricola” dal vigente p.r.g, nella vigenza dell’art. 6 del d.lgs. 04.09.2002, n. 198, il quale stabiliva che “le istanze di autorizzazione e le denunce di attività (relative alle infrastrutture di telecomunicazione per impianti radioelettrici). . . si intendono accolte qualora, entro novanta giorni dalla presentazione del progetto e della relativa domanda . . .non sia stato comunicato un provvedimento di diniego”. Pendente in termine per la definizione del procedimento attivato dalla soc. Vodafone - Omnitel la Corte Costituzionale, con decisione n. 303 del 01.10.2003, dichiarava incostituzionale l’intero d.lgs. n. 198/2002, perché adottato in eccesso di delega rispetto all’oggetto e limiti stabiliti dall’art. 1 della legge n. 443/2001. In data 16.09.2003 era, tuttavia, entrato in vigore il d.lgs. 01.08.2003, n. 259, (codice delle comunicazioni elettroniche), recante all’art. 87 una disciplina sui procedimenti autorizzatori relativi alle infrastrutture di comunicazione elettronica sostanzialmente riproduttiva di quella dettata al riguardo dal d.lgs. n. 198/2002, espunto dall’ordinamento per effetto dalla decisione della Corte Costituzionale n. 303/2003. E’ poi intervenuto l’art. 4 del d.l. 14.11.2003, n. 315, convertito nella legge 16.01.2004, n. 5, il quale all’art. 4 ha stabilito che “i procedimenti di rilascio di autorizzazione alla installazione di infrastrutture di comunicazioni elettroniche iniziati ai sensi del d.lgs. 04.09.2002, n. 198, ed in corso alla data di pubblicazione della sentenza della Corte Costituzionale n. 303 del 01.10.2003, sono disciplinati dal d.lgs 01.08.2003, n. 259. I termini procedimentali, ferma restando la loro decorrenza dalla data di presentazione della domanda o della denuncia di inizio di attività, sono computati ai sensi degli artt. 87 e 88 del medesimo d.lgs. n. 259 del 2003”.
Alla stregua del su riferito quadro normativo è agevole rilevare che, diversamente da quanto dedotto dal Comune appellante, la pronunzia della Corte Costituzionale n. 303/2003 non ha esplicato effetti caducanti delle istanze presentate degli esercenti il servizio di telefonia mobile per l’installazione di infrastrutture di telecomunicazione, tanto più che detta decisione non ha sanzionato nel merito le specifiche scelte sul punto del Legislatore, ma solo sul piano formale la loro non riconducibilità all’oggetto ed ai limiti segnati dalla delega legislativa al Governo. In base al principio di conservazione degli atti giuridici – che si estende anche agli atti del procedimento amministrativo di iniziativa privata – la d.i.a. presentata dalla Soc. Vodafone - Omnitel al Comune di S. Vitaliano continuava ad ingenerare a carico dello stesso l’obbligo di istruttoria e di esame anche alla luce dello “jus superveniens” di cui al d.lgs. n. 259/2003, che aveva sostanzialmente riprodotto le regole procedimentali sul controllo dell’installazione di impianti di comunicazione elettronica nell’ambito del territorio comunale. Di quanto precede si è, del resto, dato carico lo stesso Legislatore che, con esplicita previsione (art. 4 del d.l. n. 315/2002) ha disposto il recupero in via normativa dei procedimenti inerenti alla realizzazione degli impianti in argomento, con riguardo anche al decorso dei termini per la loro definizione, con ogni conseguenza sulla formazione del silenzio assenso nei casi di inerzia a provvedere dell’ ente interpellato.
Nel caso di specie il Comune di S Vitaliano non ha posto in essere alcuna attività istruttoria in ordine alla d.i.a. presentata dalla soc. Vodafone – Omnitel il 07.08.2003 - come consentito prima dall’art. 5, comma quarto del d.lgs. n. 198/2002 e poi dall’art. 87, quinto comma, del d.lgs. n. 259/2003 - ma ha ritenuto di dover intervenire nell’ esercizio dei poteri cautelari e demolitori con le ordinanze del 09.01.2004 e del 13.02.2004, quando però l’iniziativa di modifica del territorio risultava tacitamente assentita in base al combinato disposto di cui all’ art. 87, comma nono, del d.lgs. n. 259/2003 e 4 del d.l. n. n. 315/2002.
3). Con un secondo ordine di considerazioni il Comune appellante sostiene la necessità rilascio del permesso a costruire per l’impianto “de quo” ai sensi del d.P.R. n. 380/2001, che tra gli interventi “di nuova costruzione”, assoggettati dall’art. 10 al preventivo permesso, comprende, all’art. 3, comma primo, lett. e) “l’installazione di torri e tralicci per impianti radiotrasmettitori e di ripetitori per servizi di telecomunicazione”.
In senso contrario alla tesi del ricorrente la Sezione si è già pronunziata con decisione n. 100/2005 del 21.01.2005 e dall’orientamento espresso non ravvisa motivi di doversi discostare in ordine alla fattispecie in esame.
Sotto un primo profilo interpretativo di carattere sistematico l’esigenza di far confluire in un procedimento unitario le valutazioni sia radioprotezionistiche che di compatibilità urbanistico/edilizia dell’intervento trova riscontro nei criteri di delega del codice delle radiocomunicazioni, intesi all’introduzione di “procedure tempestive, non discriminatorie e trasparenti per la concessione del diritto di installazione di infrastrutture e ricorso alla condivisione delle strutture; riduzione dei termini per la conclusione dei procedimenti amministrativi, nonché regolazione uniforme dei medesimi procedimenti anche con riguardo a quelli relativi al rilascio di autorizzazioni per la installazione delle infrastrutture di reti mobili, in conformità ai principi di cui alla legge 07.08.1990, n. 241” (art. 41 della legge n. 166/2002). E’ evidente che dette esigenze di tempestività e contenimento dei termini resterebbero vanificate se il nuovo procedimento venisse ad abbinarsi e non a sostituirsi a quello previsto in materia edilizia.
Sussistono, inoltre, plurimi elementi di carattere strettamente testuale che evidenziano gli effetti abilitanti, anche sul piano della trasformazione urbanistica del territorio, dei titoli autorizzatori regolamentati all’ art. 87 del d.lgs. n. 259/2003.
Ed invero:
- l’oggetto di siffatti provvedimenti è identificata nell’ “installazione di infrastrutture per impianti radioelettrici”, che costituisce proprio il momento trasformativo sul piano materiale dell’assetto del territorio;
- il momento valutativo degli enti locali, in relazione alla sfera di attribuzioni sul controllo del territorio, è mantenuto distinto dagli accertamenti sulla compatibilità dell’impianto quanto ai limiti di esposizione, ai valori di attenzione ed agli obiettivi di qualità, che è riservato, in via preventiva, all’ organismo competente i sensi dell’art. 14 della legge n. 36/2001;
- il carattere omnicomprensivo del procedimento quanto alla valutazione di tutti gli interessi di rilievo pubblico coinvolti dall’installazione della infrastruttura di telecomunicazione, è avvalorata dal comma sesto dell’art. 87 ove è previsto, nel caso di motivato dissenso di una delle amministrazioni interessate, la convocazione di apposita conferenza di servizi per l’adozione, a maggioranza ed in via sostitutiva, di atti di competenza di singole amministrazioni;
- infine il comma decimo della disposizione in esame, con norma di chiusura, stabilisce che “le opere debbono essere realizzate, a pena di decadenza, nel termine perentorio di dodici mesi dalla ricezione del provvedimento autorizzatorio espresso, avvero dalla formazione del silenzio assenso”, il che dimostra “per tabulas” che i procedimenti autorizzatori ivi disciplinati esplicano piena efficacia abilitante con riguardo anche all’esercizio dello “jus aedificandi”.
4). Il Comune di S. Vitaliano rileva inoltre che la d.i.a. presentata dalla Soc. Vodafone – Omnitel non sarebbe stata accompagnata dal necessario corredo documentale e che le norme del vigente programma di fabbricazione non consentirebbero in zona agricola la realizzazione di un antenna di trenta metri di altezza. Di qui la legittimità degli interventi diretti alla rimozione dell’impianto.
Osserva la Sezione che i rilievi formulati dal Comune possono, tutto al più, dar luogo all’attivazione di un procedimento di riesame della legittimità del titolo abilitativo tacitamente assentito, consentendo in primo luogo la possibilità di sanatoria di eventuali vizi formali dell’atto, tenuto conto che il Comune, ricevuta la d.i.a., ha omesso ogni preventiva attività istruttoria in osservanza dei tempi procedimentali indicati dalla norma. Va inoltre osservato che la peculiare tipologia dell’intervento, qualificato ai sensi dall’art. 86, terzo comma, del d.lgs. n. 259/2003 opera di urbanizzazione primaria, comporta che lo stesso possa inserirsi, salvo l’esistenza di specifiche previsioni di tutela paesaggistico ambientale a ciò ostative, in tutte le diverse zone omogenee secondo la classificazione dal p.r.g., onde garantire il servizio di telefonia mobile ai residenti. Infine ogni eventuale conclusiva statuizione di annullamento d’ufficio deve essere necessariamente sorretta da un interesse pubblico attuale e prevalente sul consolidamento delle posizioni del privato e non può essere ricondotta per implicito, come prospettato dal Comune istante, alle misure sanzionatorie che hanno originato il contenzioso avanti al T.A.R. per la Campania.
5). La configurazione dell’ impianto installato dalla Soc. Vodafone – Omnitel non impedisce, in relazione alla potenza di emissione delle antenne in cui esso si articola, la possibilità di installazione in base a denunzia di attività-
Stabilisce, infatti l’art. 87, comma terzo, del d.lgs., n. 259/2003 che “nel caso di installazione di impianti con tecnologia UMTS od altre, con potenza in singola antenna uguale od inferiore ai 20 Watt, fermo restando il rispetto dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità . . .è sufficiente la denuncia di inizio di attività conforme ai modelli predisposti dagli enti locali”.
Nel caso di specie l’impianto realizzato dalla società intimata presenta due separati apparati di trasmissione - di potenza rispettivamente di 18,5 Watt e 11,0 Watt - che irradiano sulle distinte frequenze 900 MHz e 1800 MHz. Segue che il livello di irradiazione, ai fini della possibilità o meno di avvalersi della d.i.a., va stabilito in relazione ad ogni “singola antenna” - il cui potenziale è separatamente configurato in relazione alla frequenza su cui è incanalato il segnale - e non per sommatoria della potenza di emissione dei due distinti sistemi tecnologici di trasmissione.
6). Da ultimo il Comune di S. Vitaliano solleva questione di costituzionalità degli artt. 87, comma terzo, del d.lgs. n. 259/2003 e 4 del d.l. n. 315/2003, come convertito nella legge n. 5/2004, perché intervengono nella materia del governo territorio, riservata alla legislazione concorrente della regione, con preclusione dell’intervento degli enti territoriali nella localizzazione delle opere di cui trattasi. Sostiene, inoltre, che il richiamato art. 4 della legge n. 5/2004 avrebbe, in contrasto con la pronunzia della Corte Costituzionale n. 303/2003, rivitalizzato il potere dei gestori di servizi di espandere la rete di telecomunicazione in spregio del potere di pianificazione riconosciuto agli enti locali.
Le questioni di costituzionalità nei termini proposte si configurano manifestamente infondate.
In primo luogo la disciplina del sistema autorizzatorio dell’installazione di infrastrutture di telecomunicazioni di cui all’art. 87, comma terzo, del d.lgs. n. 259/2003, attenendo al rilascio dei titoli abilitativi a ciò necessari, non incide in alcun modo sulla potestà di pianificazione del territorio comunale per ciò che riguarda i criteri di localizzazione di dette infrastrutture.
Il Legislatore nazionale, nel prudente bilanciamento dell’esigenza di garantire con carattere di uniformità ed a parità di condizioni concorrenziali l’espansione su tutto il territorio della Stato dei servizi afferenti ai diversi sistemi di telecomunicazione con quelle attinenti al governo del territorio da parte egli enti esponenziali delle comunità locali, ha riconosciuto la competenza delle regioni quanto all’ “individuazione dei siti di trasmissione e degli impianti per la telefonia mobile, degli impianti radioelettrici e degli impianti per radiodiffusione”, ed ha ribadito la potestà dei comuni di “adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti” anche al fine di minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici (art. 8, commi primo e sesto, della legge 22.06.2001, n. 36). Alla stregua del su riferito quadro normativo l’ente locale non è, quindi, privato delle prerogative di esercizio del potere di panificazione con riguardo anche agli impianti di telecomunicazione. La qualificazione, inoltre, delle infrastrutture di comunicazione come “opere di urbanizzazione primaria”, effettuata dall’art. 86, comma terzo, del d.lgs. n. 259/2003, opera come norma di principio (in linea con la nozione tradizionale di siffatti interventi che comprendono tutto ciò che sul piano dei servizi e delle esigenze di carattere collettivo è necessario per il corretto insediamento abitativo), ma non preclude la possibilità dell’ente territoriale di dettare specifiche regole di pianificazione al riguardo, che in ogni caso non debbono vanificare il carattere infra-zonale peculiare alle reti di telecomunicazione che forniscono servizi accessibili al pubblico.
6.1). La previsione di un unico procedimento autorizzatorio per l’installazione delle infrastrutture di comunicazione elettronica si configura espressione dell’opportunità di garantire, a mezzo di procedure tempestive e semplificate, la parità delle condizioni concorrenziali fra i diversi gestori nella realizzazione delle proprie reti di comunicazione sull’intero territorio nazionale, oltreché la contestuale osservanza dei livelli di compatibilità ambientale delle emissioni radioelettriche. Si versa quindi a fronte di disposizioni che intervengono per l’oggetto (tutela della concorrenza e dell’ambiente) in materie che l’art. 117, comma secondo, della Costituzione, nel testo novellato, assegna per il loro carattere “trasversale” alle legislazione esclusiva dello Stato.
6.2). L’ art. 4 della legge n. 5/2004 – che ha disposto il recupero in via amministrativa dei procedimenti di autorizzazione all’installazione di impianti di telecomunicazioni iniziati nella vigenza del d.lgs. n. 198/2002 – non contrasta, infine, con la sentenza della Corte Costituzionale n. 303/2003, che ha dichiarato incostituzionale il predetto d.lgs. per la non corrispondenza della disciplina ivi dettata alla delega conferita al Governo. Il contenuto del “decisum” non preclude la riedizione delle disposizioni travolte dalla dichiarazione di incostituzionalità una volta che siano state emendate le accertate violazioni delle regole costituzionali sull’ attività legislativa del Governo in via delegata, né la possibilità di regolamentare in via transitoria i rapporti giuridici sorti nella vigenza delle norme poi dichiarate incostituzionali.
All’infondatezza dei motivi segue il rigetto dell’appello.
Sussistono giusti motivi per compensare fra le parti le spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, respinge l’appello in epigrafe.
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma dal Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale - Sez. VI - nella Camera di Consiglio del 25 gennaio 2005, con l'intervento dei Signori:
Giorgio Giovannini                               Presidente
Carmine Volpe                        Consigliere
Giuseppe Romeo                                 Consigliere
Giuseppe Minicone                              Consigliere
Polito Bruno Rosario                           Consigliere Est.
 
Presidente
GIORGIO GIOVANNINI
Consigliere                                                                           Segretario
BRUNO ROSARIO POLITO                                   VITTORIO ZOFFOLI
 
 
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
 
il....09/06/2005
(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)
 
Il Direttore della Sezione
MARIA RITA OLIVA
 
 
CONSIGLIO DI STATO
In Sede Giurisdizionale (Sezione Sesta)
 
Addì...................................copia conforme alla presente è stata trasmessa
 
al Ministero..............................................................................................
 
a norma dell'art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.642
 
                                                                                              Il Direttore della Segreteria

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