1. – L’annuale incontro con i giornalisti costituisce una delle poche occasioni in cui la Corte costituzionale ha modo di parlare di sé stessa, rivolgendosi all’esterno della ristretta cerchia degli “addetti ai lavori”.
In realtà la Corte – a differenza delle istituzioni propriamente politiche o rappresentative – non ricava la propria legittimazione, diretta o indiretta, dal consenso popolare e quindi non può utilizzare la comunicazione pubblica come strumento per assicurarselo. Del resto le ragioni giustificatrici delle sue decisioni sono esposte esclusivamente e puntualmente nelle motivazioni che le corredano.
Ma la vostra opera di comunicazione e commento di quelle decisioni è per i cittadini un’insostituibile fonte (di matrice squisitamente democratica) di conoscenza della Corte e del suo operato.
Non é compito da poco. Spiegare agli utenti dei mezzi di comunicazione di massa, in modo al tempo stesso piano e corretto, l’effettiva portata delle pronunzie della Corte; renderle comprensibili al di là della formulazione letterale, spesso segnata dal linguaggio tecnico–giuridico; eventualmente commentarle, anche con critiche – argomentate, non preconcette né basate su mere indiscrezioni: tutto ciò significa in realtà rendere un prezioso servizio ai cittadini, consentendo loro di verificare come la Corte concretamente eserciti il ruolo – affidatole direttamente dalla Costituzione – di custode e garante dei diritti fondamentali da essa proclamati.
E, a proposito del ruolo della Corte, mi é gradito ricordare che di recente il Presidente della Repubblica ha ripetutamente sottolineato l’importanza dei compiti spettanti alle istituzioni di garanzia, “a cominciare da quelle iscritte nella nostra Costituzione”, e fra esse a “quei collegi che siano chiamati ad esercitare ruoli di estrema complessità e delicatezza come la Corte costituzionale”. E che – evocando la figura di Enrico De Nicola, primo Presidente della Repubblica e poi primo Presidente della Corte – ha indicato nella “inflessibile indipendenza di giudizio unita ad uno scrupolo di imparzialità incoercibile” il criterio al quale la Corte deve ispirarsi, ed al quale del resto, negli oltre cinquanta anni di esercizio delle sue funzioni, essa si è costantemente ispirata.
Sono certo di interpretare il comune sentire dei Giudici costituzionali rivolgendo al Capo dello Stato, per questo significativo riconoscimento, una fervida e sincera espressione di gratitudine.

2. – Vorrei illustrare i dati più significativi che possono trarsi dall’analisi dell’attività di un anno, nell’ambito delle linee tendenziali dei flussi di lavoro, emergenti dalle statistiche allegate alla relazione scritta.
Nel corso del 2006, la Corte ha reso 463 decisioni: é un dato che non si discosta da quelli degli ultimi quindici anni e, in particolare, si pone in diretta continuità con gli anni 2004 e 2005.
Altrettanto può dirsi per la sostanziale conferma sia del rapporto fra definizioni e sopravvenienze (pur se in lieve misura appesantito dall’incremento dei nuovi giudizi) che dei tempi medi di definizione delle questioni sollevate in via incidentale o principale, stimati in circa un anno. Peraltro nel contenzioso in via principale questi tempi medi sono stati nel 2006 quasi dimezzati rispetto al 2005.
L’indubbia celerità del contenzioso costituzionale italiano è motivo di vanto per la Corte. Questo andamento virtuoso ha consentito di mantenere l’arretrato entro limiti del tutto fisiologici. Infatti l’aumento della pendenza dei giudizi in via incidentale deve essere considerato in termini meramente numerici, in quanto dipende dalla sopravvenienza di un gran numero di ordinanze “seriali”, che pongono le stesse questioni: circa 200 ordinanze riguardano l’inappellabilità delle sentenze penali di proscioglimento da parte del pubblico ministero, 40 la confisca obbligatoria dei veicoli, 30 i nuovi termini di prescrizione dei reati.
I lusinghieri risultati ora descritti sono il frutto del lavoro non solo dei Giudici costituzionali, ma di tutta la struttura della Corte: dal Segretario generale agli assistenti di studio, al personale civile delle segreterie degli uffici e dei servizi, ai militari dell’Arma dei Carabinieri (e in particolare voglio ricordare il Ten. Colonnello Rosario Mirra). A tutti un sincero ringraziamento per il forte impegno quotidianamente profuso.
Peraltro negli ultimi tempi la formazione del ruolo ha risentito della difficoltà di reperire (al di fuori della materia penale) questioni idonee ad essere trattate direttamente in camera di consiglio, senza passare per l’udienza pubblica: se quindi sempre più spesso con questo rito sono esaminate questioni molto recenti, ciò non dipende in alcun modo da sottovalutazione di altre questioni più risalenti.

3. – In questa sede (anche per non sottrarre tempo alla vostre domande) le decisioni del 2006 non possono essere esaminate diffusamente. Mi limito perciò a segnalarne talune di particolare rilievo, a titolo meramente esemplificativo e senza alcuna pretesa di sistematicità.
Sul versante della tutela in via incidentale dei diritti fondamentali, ricordo le sentenze orientate dal principio di parità tra i coniugi (sentenze n. 61 e 254) o in tema di ordinata dinamica dei rapporti familiari (sentenza n. 266), specie di filiazione (sentenza n. 50); e ancora, sotto un diverso profilo, quelle relative al lavoro dei detenuti (sentenza n. 341), alle deroghe al principio di retroattività della norma penale più favorevole al reo (sentenza n. 393), alle norme penali di favore (sentenza n. 394).
Meritano un ricordo anche talune decisioni rappresentative dell’attuale contesto socio-culturale, come quelle in materia di immigrazione e di condizione giuridica degli stranieri extracomunitari. La Corte ha esaminato non solo la disciplina dell’ingresso e dell’allontanamento degli stranieri (sentenze n. 206 e 240), ma anche quella del ricongiungimento familiare (ordinanze n. 158, 162, 192, 368, 395), che può contribuire a rivelare lo stato dei rapporti fra lo straniero e la società di accoglienza.
Né si possono trascurare le decisioni che hanno avuto come sfondo la valutazione di bilanciamento tra diversi valori costituzionalmente rilevanti: penso ad un caso in cui si contrapponevano il principio della tutela della riservatezza dei dati relativi alle comunicazioni telefoniche e l’interesse della collettività alla repressione dei reati (sentenza n. 372).

4. – Per quanto concerne invece le decisioni rese con sentenza su ricorsi proposti in via principale, dallo Stato nei confronti di leggi delle Regioni o delle Province autonome o viceversa, esse hanno nuovamente superato – come già nell’anno precedente – il numero di quelle adottate all’esito di giudizi incidentali.
Continua così il fenomeno dell’aumento del contenzioso in via principale determinato dalla riforma costituzionale del 2001.
Al riguardo rilevo solo che la Corte – investita anche nel 2006 di un numero di ricorsi in via di azione che non ha eguali nel passato – ha prestato al fenomeno tutta l’attenzione richiesta dalle sue dimensioni e dal «disagio» istituzionale che esso testimonia. E ha fatto la sua parte, dedicando il massimo impegno all’esame di questo tipo di questioni: tra l’altro, è già stata fissata la trattazione in udienza di tutti i ricorsi proposti in via principale nel 2006.
L’incremento di tale contenzioso ha fatto talora parlare di una sorta di modificazione del ruolo della Corte, che rischierebbe di trasformarsi nei fatti da giudice dei diritti in giudice dei conflitti (di competenza).
In margine a questo dibattito si può peraltro rilevare come sovente la Corte – pur in sede di decisione di ricorsi proposti in via principale da Stato, Regioni o Province autonome a tutela di proprie competenze legislative – abbia avuto modo di incidere su aspetti rilevanti della convivenza sociale, e quindi (in sostanza) dei diritti fondamentali dei cittadini.
Ricordo le sentenze che nel 2006 – pronunziando in giudizi in via principale – si sono occupate, ad esempio, di mobbing (sentenza n. 22), di condono edilizio (sentenze n. 39 e n. 49), di divieto di fumo nei locali pubblici (sentenze n. 59 e n. 63), di coltivazione di organismi geneticamente modificati (sentenza n. 116).

5. – Peraltro dall’esame del contenzioso in via di azione emerge che – nonostante la mancata attuazione dell’art. 119 della Costituzione, sull’autonomia finanziaria di entrata e di spesa delle Regioni, nonché di Città metropolitane, Province e Comuni – negli ultimi mesi del 2006 la proposizione di nuovi ricorsi in via principale (e anche di nuovi conflitti di attribuzione fra enti) ha manifestato un certo rallentamento; e che, nell’intero anno in esame, il numero di questo tipo di ricorsi definiti con pronunce di estinzione per rinuncia o di cessazione della materia del contendere é raddoppiato, passando da 16 nel 2005 a 31 nel 2006.
Se ne potrebbe desumere che tanto lo Stato quanto le Regioni e le Province autonome vadano progressivamente adeguandosi ai principi affermati dalla giurisprudenza costituzionale, in particolare al canone della leale collaborazione. La Corte auspica fervidamente che questa tendenza si consolidi, non tanto per i conseguenti effetti deflattivi sul proprio carico di lavoro, ma fondamentalmente per l’opportuna riconduzione della soluzione dei problemi di competenza alla sede politico-istituzionale tutte le volte che in tale sede i conflitti possano trovare più duttili ed articolate modalità di composizione.
Negli ultimi mesi del 2006 anche il ritmo di afflusso dei ricorsi per conflitti di attribuzione tra poteri dello Stato ha manifestato segni di rallentamento. Ed é di nuovo auspicabile che si tratti di una significativa e durevole inversione di tendenza.
La maggior parte di tali conflitti verte ancora sul tema dell’insindacabilità delle opinioni espresse dai parlamentari nell’esercizio delle loro funzioni, garantita dal primo comma dell’art. 68 della Costituzione: e sulla loro diminuzione ha verosimilmente inciso il consolidamento della giurisprudenza costituzionale in materia.

6. – Anche nell’anno appena trascorso la Corte ha frequentemente applicato il principio per cui si dichiara incostituzionale una legge non perché se ne possa dare un’interpretazione contraria a Costituzione, ma solo perché non ne sia possibile un’interpretazione conforme. E ha sovente dichiarato inammissibili questioni sollevate in via incidentale da giudici che non avevano previamente e congruamente sperimentato la possibilità di tale interpretazione adeguatrice o costituzionalmente orientata.
La Corte ha così confermato che – prima del controllo di costituzionalità accentrato ad essa spettante – ne esiste uno diffuso, che ciascun giudice é tenuto ad esercitare compiutamente, prima di sollevare una questione di costituzionalità.

7. – A proposito di decisioni di inammissibilità, per non corretta instaurazione del giudizio di costituzionalità, anche nel 2006 – come del resto negli anni precedenti – il loro numero é stato elevato.
In prevalenza si tratta di giudizi in via incidentale, nei quali il giudice rimettente – trascurando il principio di autosufficienza dell’ordinanza di rimessione – non ha descritto, o non ha descritto compiutamente, la fattispecie concreta; ovvero non ha motivato, o non ha motivato congruamente, sulla rilevanza; ovvero – come prima si é detto – ha omesso di ricercare la possibilità di dare della norma in esame un’interpretazione adeguatrice.
Il fenomeno merita qualche riflessione.
La Corte ha costantemente richiamato i giudici remittenti al rigoroso rispetto dei requisiti posti dalla legge per una valida instaurazione del processo costituzionale. Ovviamente ogni dichiarazione di inammissibilità per la mancata osservanza di tali requisiti preclude alla Corte l’esame del merito delle questioni. Ma qualsiasi diversa soluzione si risolverebbe nell’indebita sostituzione della Corte ai giudici, ai quali soltanto l’ordinamento attribuisce il potere di promuovere il giudizio incidentale.
Il mancato esame del merito della questione rivela quindi non un rifiuto della Corte di svolgere il sindacato di costituzionalità richiesto dal giudice rimettente, ma al contrario il profondo rispetto di essa per i suoi principali interlocutori.
Potrebbe quindi auspicarsi che le sedi istituzionali competenti organizzino sollecitamente iniziative miranti ad offrire – eventualmente con la collaborazione della Corte – ai giudici ordinari e speciali, togati e onorari, le informazioni e gli strumenti più idonei per la corretta proposizione delle questioni di costituzionalità.

8. – Un’ultima notazione si impone. E riguarda i rapporti tra la Corte costituzionale italiana e le Corti dell’integrazione europea: la Corte europea dei diritti dell’uomo, di Strasburgo, e la Corte di giustizia delle Comunità europee, di Lussemburgo. Questi rapporti non possono che svolgersi in una dimensione di dialogo e di reciproco rispetto, nella costante tensione verso la ricerca di adeguate soluzioni per le questioni, sovente complesse, da quei rapporti originate.
Nel 2006 non sono mancate occasioni in cui la Corte ha avuto modo di trarre dal diritto sovranazionale elementi utili per l’interpretazione delle norme interne sottoposte allo scrutinio di costituzionalità (sentenza n. 393).
La grande importanza del tema induce la Corte ad impegnarsi per avviare su di esso un fecondo confronto di opinioni con la dottrina. Già nel prossimo aprile – riprendendo un’antica tradizione, interrotta nell’anno appena decorso a causa delle celebrazioni del cinquantennio dalla sua entrata in funzione – la Corte tornerà ad organizzare i tradizionali incontri annuali di studio, con un Seminario sui rapporti fra diritto interno e diritto dell’Unione europea, cui interranno autorevoli studiosi della materia, italiani e stranieri. Ad esso contiamo di far poi seguire un incontro dedicato ai rapporti fra diritto interno e diritto della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
Sempre nella stessa prospettiva, una particolare cura sarà dedicata ai rapporti con gli organi di giustizia costituzionale degli altri paesi. In particolare, l’annuale incontro trilaterale di questa Corte con i Tribunali costituzionali di Spagna e Portogallo si terrà nel prossimo autunno in Italia e verterà sul tema, suggestivo e impegnativo, della dignità umana come fonte dei diritti inviolabili della persona.

Menu

Contenuti