COMUNICATO STAMPA n. 26/2004

del 16 luglio 2004

Corte dei conti – Sezione delle autonomie – Presidente F. Staderini - Relatore G. Larosa – Deliberazione n. 9/2004 inviata al Parlamento il 16 luglio 2004 – Relazione al Parlamento sulla finanza regionale 2002/2003



La relazione annuale sulla finanza regionale, approvata il 23 giugno scorso, ha toccato alcuni temi di particolare rilievo che di seguito si segnalano.

I – Impatto sul fabbisogno del settore statale -
L’impatto del comparto regionale sul fabbisogno del settore statale (copertura) indica una crescita nell’anno 2003 di 11,6 punti percentuali ( 10.779 mln) specialmente attribuibile alle Regioni a statuto ordinario ( 8.392 mln). Tale crescita si ridimensiona, specie per le RSO, qualora si tenga conto di pagamenti di notevole importo afferenti la competenza di anni precedenti (ripiani e integrazioni finanziarie per sanità).
Il conto consolidato di cassa delle Regioni e Province autonome, versione RGS (Ragioneria Generale dello Stato), registra nel 2003 un disavanzo di 2.440 milioni e un fabbisogno di 1.375 milioni che include il saldo delle partite finanziarie. Nel 2003 il quadro di costruzione dei conti del settore pubblico riporta per le Regioni a statuto ordinario (RSO) e speciale (RSS) riscossioni complessive pari a 127.870 milioni, di cui 119.154 milioni per la parte corrente. Le entrate tributarie si attestano a 55.919 milioni, con una crescita del 7,2% sull’anno precedente a seguito di più elevati introiti IRAP, per versamento di somme di competenza del 2002 e di maggiore gettito dell’addizionale IRPEF per la modifica di aliquota da parte di alcune Regioni. I pagamenti correnti crescono, nel 2003, del 5,6%, quelli in conto capitale del 14,9%.

II – Il Patto di stabilità interno -
La riproposizione, con la finanziaria 2003, del Patto di stabilità interno conferma per le RSO i medesimi parametri introdotti con la legge 405 del 2001. L’obiettivo di calmierare l’evoluzione della spesa si è tradotto in un vincolo alla sua crescita, al netto tuttavia di rilevanti voci di spesa, fra cui gli interessi passivi, l’assistenza sanitaria, i programmi comunitari. Quanto alla sanità, il recepimento legislativo degli accordi di agosto 2000 e 2001 ha fissato specifiche regole e obblighi per Governo e Regioni, integrati con le successive finanziarie, reciprocamente condizionati nell’adempimento e intesi a rendere trasparenti decisioni e responsabilità attribuibili a ciascun livello.
Prime informazioni a riguardo depongono per un generale adempimento, nel 2003, a quanto richiesto dal Patto. Nondimeno, l’obiettivo di risparmio e contenimento della spesa corrente, pur al netto di quella per la sanità, non può dirsi realizzato a fronte di una crescita pari al 6,3%.

III – L’indebitamento regionale a copertura del fabbisogno -
Permane nel settore della finanza regionale una crisi di liquidità che trova le sue cause principali nella lievitazione dei costi del settore sanitario, nel blocco della fiscalità regionale, nell’aumento delle competenze amministrative senza adeguato finanziamento. L’esigenza di un recupero finanziario ha influito sul debito regionale che segna nel 2003 livelli crescenti e più ampio ricorso da parte delle Regioni a strumenti di finanza innovativa al fine di ampliare la propria capacità di indebitamento. L’obiettivo di ridurre il costo del debito tramite operazioni di swap non elimina tuttavia il rischio legato alla variabile del sinallagma contrattuale influenzato dall’andamento dei mercati finanziari.
La consistenza effettiva del debito delle RSO a fine 2003, più che raddoppiata rispetto all’anno 1999, ascende a 28.958 milioni di euro, di cui 15.993 a carico dei bilanci regionali e 12.965 a carico del bilancio dello Stato, con un incremento sull’anno precedente del 15,3 % per la parte regionale e dell’1,5% per la parte statale.
• I mutui costituiscono, anche nel 2003, la quota maggiore della esposizione debitoria regionale con un importo di 12.611 milioni di euro, pari al 78,8% del totale.
• In crescita i prestiti obbligazionari ( 40,9% sul 2002).
• Oltre il 50% del complessivo debito è a tasso variabile, mentre il 26% è a tasso fisso; la residua quota assume formule intermedie.
• Negli anni 2002 e 2003 sono stati emessi BOR per un valore complessivo di 7.026 milioni di euro.
• Cresce il ricorso agli strumenti finanziari derivati, in particolare a contratti di swap.

IV – Sviluppi recenti nel sistema di finanziamento -
Il sistema di finanziamento delle Regioni a statuto ordinario continua ad essere condizionato dal permanere di forti incertezze sulla funzionalità dei meccanismi di finanziamento e sui tempi di trasformazione in entrate proprie dei trasferimenti ancora previsti nel bilancio dello Stato.
Con la riforma del titolo V della Costituzione si è reso necessario un riesame dell’intero impianto normativo, soprattutto per quello che riguarda il ruolo e le finalità della perequazione e per la scelta delle fonti di entrata delle realtà territoriali su cui costruire il nuovo sistema di finanziamento Nell’anno 2003, con l’approvazione della legge-delega 80 di riforma del sistema fiscale, è stata prevista la graduale abolizione dell’Irap, da compensare con trasferimenti o mediante compartecipazioni. Nel frattempo, il meccanismo previsto dal decreto legislativo 56/2000 ha continuato a rappresentare l’essenziale riferimento per la definizione del quadro finanziario regionale.
E’ stato tuttavia approvato solo di recente il Dpcm relativo al 2002, mentre nel marzo del 2004 è stato presentato uno schema di decreto, trasmesso alla Conferenza Stato-Regioni per il conseguimento dell’intesa, di applicazione al 2003. Secondo tale schema, il 10% dell’IVA, in sostituzione dei trasferimenti aboliti, è ripartita secondo il nuovo sistema, in base all’operare della perequazione della capacità fiscale e dei fabbisogni sanitari e dimensionali, mentre il restante 90% è ancora distribuito secondo la spesa storica. Gli effetti redistributivi che ne conseguono sono di un certo rilievo.

V – Il finanziamento delle funzioni trasferite con il decentramento amministrativo-
Con la legge 47/2004, è stata rinviata di un altro anno la trasformazione in entrate proprie dei trasferimenti per il finanziamento delle nuove funzioni trasferite.Nel 2003 le erogazioni sono state pari a 4.581 milioni di euro (erano stati 5.293 nel 2002). Oltre l’81% delle erogazioni complessive è attribuibile a soli 4 comparti: trasporto pubblico locale (42,2%), edilizia pubblica residenziale (15,7%,) incentivi alle imprese (13,9%), interventi per la viabilità (9,6%).Degli oltre 13.860 milioni di euro erogati dal 2000 gli importi maggiori sono andati alla Lombardia (16,1%) , alla Campania (10,8%) e al Piemonte (10,1%).

VI - La gestione dei bilanci regionali: i pagamenti e le entrate di cassa dell’anno 2003–
La spesa effettiva di cassa (pagamenti) delle Regioni a statuto ordinario espone nel 2003 – seppure su dati provvisori – una crescita del 7% rispetto al dato 2002. In particolare, la spesa corrente, pari a 83.781 milioni di euro, espone un incremento del 6%. Al suo interno, assai elevata è l’incidenza della spesa sanitaria che, con l’importo di 65.730 milioni, ne assorbe una percentuale pari al 78,5%. Crescono del 13% nel 2003 le entrate proprie, che rappresentano peraltro il 75,5% delle entrate complessive al Nord e circa il 42% al Sud. Si conferma più limitato il grado di copertura della spesa con entrate proprie nelle Regioni del Sud. La capacità fiscale, in rapporto alla spesa effettiva regionale, espone la diversa percentuale di copertura offerta dai tributi propri nelle Regioni del Nord (67,3%) e del Centro (69,8%) rispetto a quella del Sud (49,2%).
L’avanzo di amministrazione, definitivamente accertato per l’anno 2002, aumenta in diverse Regioni rispetto ai precedenti esercizi, ma sconta l’esigenza di offrire copertura a reiscrizioni e a residui perenti il cui ammontare supera, talvolta in misura rilevante, lo stesso avanzo.

VII – Il fabbisogno sanitario 2003 e i disavanzi 2001-2002-2003 –
Il fabbisogno sanitario 2003, finanziato dal settore statale, rappresenta l’80% del fabbisogno complessivo espresso dal comparto delle Regioni a statuto ordinario (RSO).
Perciò, le preoccupazioni espresse dalle Regioni a riguardo dell’insufficienza dei finanziamenti a copertura dei fabbisogni sanitari che traggono origine dalla grave esposizione che ne consegue per i bilanci regionali.
Dati recenti pongono seri interrogativi sulle stime e sulla praticabilità di percorso alla volta degli obiettivi di stabilità perseguiti con l’accordo Governo-Regioni dell’agosto 2001 e con il recepimento legislativo da parte del d.l. 347/’01 convertito con la legge 405/’01. I livelli di finanziamento e la relativa evoluzione, fissata nella misura del 5,9% del PIL e obiettivo del 6% a partire dal 2005, non si è rivelata coerente con l’andamento dei costi.
L’emergere di ulteriori disavanzi negli anni 2001, 2002, 2003 mette in discussione gli indicati obiettivi. A fronte dei deficit 2001 e 2002, rispettivamente pari a 4,9 e 4,0 miliardi di euro, il disavanzo del 2003, pari a 2,2 miliardi di euro, nel recente aggiornamento di giugno, solo apparentemente segna una flessione rispetto all’anno precedente. Non vi figura infatti la spesa per rinnovo del contratto 2002-2003 del personale del solo comparto del SSN, il cui costo, per il biennio e per gli effetti sul 2004 è pari a 2,5 miliardi di euro (al netto dell’IRAP), dei quali 328 milioni a carico dello Stato. Tale importo è destinato a pesare sui costi del prossimo anno, riguardo al quale le Regioni già paventano un deficit di circa 5 miliardi di euro, ivi compresi i maggiori costi per gli immigrati regolarizzati e la mancata ridefinizione del costo dei livelli essenziali di assistenza. A riguardo dei conti dell’anno 2003, resta inoltre aperta l’esigenza di tenere conto della verifica sul rispetto del Patto di stabilità in sanità, ancora in corso presso il tavolo di monitoraggio, con l’eventuale sanzione di riduzione dei finanziamenti ed effetto nella determinazione dei deficit.Gli esiti riferiti non comprendono inoltre gran parte dei disavanzi degli IRCCS, dei Policlinici universitari e della Aziende miste. L’analisi sugli ultimi tre anni mette in chiaro un’evoluzione della spesa in crescita del 5% circa nella media annuale, ove a pesare di più è il risultato definitivo del 2001 e del 2002 ( 8,6% e 6,8), mentre flette considerevolmente lo scostamento dell’ultimo anno ( 1,6%).
Rispetto al PIL, la componente percentuale della spesa, è nei tre anni rispettivamente pari al 6,2%, 6,3% e 6,3%.
Si tratta di valori inferiori a quelli della maggior parte dei paesi sviluppati e lievemente sotto la media registrata dall’OCSE, non coerenti tuttavia con i margini di copertura offerti annualmente in sede di definizione del fabbisogno e dalle fonti di finanziamento riservate ai livelli essenziali. Le Regioni perciò rivendicano la revisione dell’accordo dell’agosto 2001, a fronte delle nuove emergenze originate dall’invecchiamento della popolazione, dal progresso tecnologico nella diagnostica strumentale, dai maggiori costi per gli immigrati regolarizzati. L’attuale sistema di finanziamento, sostituendo il FSN di parte corrente con compartecipazioni e incrementi alle addizionali, ha definito un meccanismo di copertura del fabbisogno sanitario che, misurato su una crescita del 3,5% annuo (accordo agosto 2001), sconta analoga o superiore evoluzione delle basi imponibili, in correlazione alla crescita del PIL. Le stime formulate dal Governo nel DPEF 2004-2007 hanno collegato il tasso di evoluzione della spesa sanitaria (3,1-3,7%) alla corrispondenza di analogo obiettivo di crescita nominale del PIL valevole ad assicurare l’annuale copertura dei livelli essenziali di assistenza. Senonchè, né questa ipotesi è stata confermata, a causa delle recenti revisioni al ribasso, né la prima può considerarsi in linea con l’equilibrio del sistema, con uno scarto dal quale dipende il riprodursi dei disavanzi annuali. Le esigenze di riequilibrio, rimesse alla responsabilità regionale e al cui obiettivo è condizionata l’erogazione del finanziamento integrativo, impone il reperimento di risorse nell’ambito delle entrate proprie libere da vincoli il cui ammontare, già esiguo, è stato ulteriormente compresso dal recente blocco della fiscalità regionale.

VIII – Il costo del personale a carico del servizio sanitario nazionale -
I reiterati provvedimenti sul blocco delle assunzioni, recati nelle ultime finanziarie, hanno influenzato il relativo tasso di evoluzione che, pari al 7,6% nel 2000, rallenta a partire dal 2001 ( 4.7%) e nel 2002 ( 3,2%) ma più ancora nel 2003 ( 0,9%).
Il risultato dell’ultimo anno riflette- come detto- lo slittamento al 2004 degli oneri relativi al rinnovo dei contratto nazionale di lavoro, sia del comparto sanitario, sia della dirigenza, per il biennio economico 2002-2003.
Il capitolo relativo al personale è quello che maggiormente mette a rischio i risultati delle gestioni sanitarie. L’attuale sistema di contrattazione collettiva non consente, fra l’altro, di indicare con precisione la copertura dei costi con riferimento ai bilanci delle aziende e/o delle Regioni che dovrebbero sostenerli. La situazione, seppure riferibile anche ad altre realtà decentrate, è particolarmente grave per la sanità ove il personale pesa finanziariamente per il 35% sul totale dei costi (riferimento anno 2003) e per oltre il 50% sulla spesa ospedaliera. Il ritardo nei rinnovi contrattuali ha influito sulla dinamica del costo del personale e sulla relativa percentuale di composizione della spesa totale, la cui incidenza flette nel 2003 (34,6%; 35,2% nel 2002) con differenze regionali tuttavia influenzate anche dai sistemi di erogazione delle prestazioni (diretta o tramite strutture accreditate o IRCCS o Policlinici universitari), come pure dal diverso rapporto dipendenti/popolazione, nonché dalla quota di medici a tempo pieno.
Con la nuova disciplina del rapporto di lavoro dei medici (d.l. 81/2004) viene meno la condizione cui sembrava legata l’attribuzione dell’indennità di esclusività, cioè l’irreversibilità della scelta. Tenuto conto del costo di tale indennità, la preoccupazione è che la nuova disciplina valga ad estendere il fenomeno oltre gli attuali livelli con implicazioni finanziarie che sembrano tuttavia ricadere a carico del bilancio dello Stato.
Relativamente ai dati di costo - riferiti esclusivamente ai dipendenti di aziende sanitarie - gli anni 1999-2003 mostrano una incidenza della spesa del personale sul totale della spesa corrente differente nelle varie realtà territoriali, specialmente influenzata dai sistemi di erogazione delle prestazioni (diretta, tramite strutture equiparate, con offerta privata). Tenendo conto di tali fattori, i dati di costo assumono più realistico significato.
Rispetto al peso percentuale medio dell’anno 2003, espongono infatti livelli superiori quelle Regioni ove la componente di ricoveri convenzionati equiparati pubblici è meno estesa o inesistente; così in Umbria (39,6%), Calabria (41,2%), Toscana (38,9%), Emilia Romagna (36,8%), Piemonte (36,6%), Molise (36%), Abruzzo (36,2%). Risultato opposto è registrabile in realtà ove forte è la presenza di IRCCS, Policlinici universitari, ospedali classificati e altri istituti equiparati, il cui costo del personale è incluso in altra voce economica. E’ questo il caso di Lazio (28,7%), Lombardia (29,9%), Puglia (33,1%), Campania (33,3%).
La presenza dell’offerta sanitaria privata prosciuga ulteriormente il peso percentuale del costo del personale sanitario pubblico, come pure indicativi a riguardo sono i dati di mobilità ospedaliera e i correlativi saldi attivi o passivi. Nel Lazio, in Campania, in Lombardia è elevato il numero delle case di cura accreditate e la quota di mercato da queste assorbita. Quanto alla mobilità, i saldi attivi di Emilia Romagna, Toscana e Veneto implicano l’esigenza di maggiore offerta sanitaria a favore di altre realtà regionali con percentuale inversa quanto a costo del personale.

IX – La spesa farmaceutica –
La spesa farmaceutica netta, pari nel 2003 a 11.163,31 milioni di euro, ha assorbito, negli ultimi tre anni (2001, 2002 e 2003), una percentuale rilevante della spesa sanitaria corrente (15,4%, 15,1% e 13,8%) e permane, anche nell’ultimo anno, ad un livello superiore a quello fissato con l’accordo dell’8 agosto 2001 (13,8%>13%), nonostante la consistente flessione nella dinamica annuale che passa da una crescita del 33,3% dell’anno 2001, ad una diminuzione del 6,08% del 2003.
Tale miglioramento trova conferma nella spesa netta pro-capite che, pari a 191,35 euro, flette del 5,4% rispetto al 2002. Diminuisce la spesa netta per ricetta (-2,7%) e minore, rispetto all’anno precedente, è il numero delle ricette, complessivo (-0,8%) e pro-capite (-2,9%).
Sulla determinazione del livello totale della spesa netta influisce sia la misura posta a carico delle farmacie, con lo sconto disposto a favore del SSN, pari nel 2003 a complessivi 617 milioni di euro, sia i ticket, introdotti dalla maggior parte delle Regioni e che, nel 2003, hanno assicurato oltre 640 milioni di euro.
Il miglioramento dei risultati 2003 è in larga misura dipeso anche dai provvedimenti adottati, a partire dall’anno 2001, tanto dal livello nazionale, come pure da quello regionale (erogazione diretta, riduzione del prezzo dei farmaci, farmaci rimborsabili, “genericabili”).
Rispetto ai risultati positivi del 2003, va tuttavia registrata un’evoluzione in controtendenza nei primi tre mesi del 2004 che espongono una crescita del 8,1% nel confronto con l’analogo periodo del 2003, specialmente attribuibile a Sicilia, Lombardia, Liguria, Lazio e Puglia . Vi ha contribuito l’attenuarsi dell’effetto dei ticket, la cui riduzione di impatto è dovuta agli interventi di alcune Regioni che, nel corso del 2003 e a inizio 2004, hanno allentato il peso della compartecipazione alla spesa a carico degli assistiti, ampliando altresì il numero dei soggetti esenti.
E’ anche l’aumento delle prescrizioni di alcune categorie di medicinali, particolarmente costosi, ad avere spinto la spesa farmaceutica oltre livelli di evoluzione coerenti con le percentuali di copertura fissate nel d.l. 269 del 2004 (16% della spesa corrente 2004 ivi compresa la quota in distribuzione diretta).
Il recente decreto legge di fine giugno 2004, mentre ha confermato a carico delle industrie farmaceutiche il 60% dello sfondamento del tetto di copertura previsto dalla legge 326/2003 di conversione del d.l. 269/2003, ne dispone modalità operative già con riferimento agli esiti dei primi mesi del 2004.
Nel 2003 il costo complessivo della farmaceutica, comprensivo sia della spesa pubblica, sia della spesa privata, cresce del 2,3% a causa dell’aumento dei costi a carico dei cittadini ( 17,4%). La spesa privata assorbe il 38,4% della spesa farmaceutica totale al netto dello sconto, mentre nel 2002 il peso percentuale della spesa privata è stato pari al 33,5%.
I provvedimenti recenti, se hanno contribuito ad arginare la dinamica del costo dei medicinali, non hanno evitato un parziale, ma non secondario, spostamento a carico dei cittadini.
Flette di conseguenza la copertura a carico del SSN che pari nel 2002 al 66,5% della spesa totale farmaceutica segna nel 2003 la minore percentuale del 61,6%.

X – L’assistenza ospedaliera e la variabilità dei costi -
Nella composizione della spesa complessiva per l’assistenza sanitaria, di rilievo anche nel 2003 è il peso percentuale della spesa ospedaliera (47,9%), i cui costi assumono tuttavia livelli differenziati nelle varie realtà regionali.
Il costo medio per ricovero mostra infatti punte più elevate al Nord, con Bolzano che espone un costo medio unitario di 4.251 euro. Al Centro, il costo medio dei ricoveri è più elevato nel Lazio, mentre sotto media è la Toscana. Quanto al Sud, a fronte del dato medio nazionale di circa 3.000 euro per ricovero, si collocano al di sotto tutte le Regioni meridionali e l’Abruzzo.
Tali dati assumono tuttavia chiarezza a confronto con i principali indicatori di attività, quali la complessità dei casi trattati (ricoveri con peso >2,5) e la presenza di popolazione anziana (65 ).
La percentuale di ricoveri complicati assume livelli più elevati al Nord e al Centro, mentre sotto media è il Sud. Con specifico riferimento ai presidi e alle aziende ospedaliere, il dato medio di complessità nazionale segna rispettivamente il 4,2% e il 7,1%, a fronte dei quali, per le aziende ospedaliere i casi più complicati sono in Veneto (10,9%), in Toscana (10,3%) e in Liguria (10,3%); per i presidi, sono invece in Friuli e in Emilia Romagna (7,5% e 6,4%). Al Centro, il Lazio spicca per indice di complessità, ma solo per ricoveri in aziende ospedaliere (9,5%), mentre è sotto media per i presidi ospedalieri (3,6%).
La complessità dei casi trattati è in parte influenzata dalla presenza di popolazione anziana (Liguria, Emilia Romagna e Umbria sono ai primi posti), ma tende altresì ad associarsi ad una degenza media più lunga, riscontrabile nelle Regioni del Nord e del Centro che trattano casi complessi. Altrettanto vale per il numero di posti letto messi a disposizione della popolazione, il cui limite di 5 per mille abitanti è in genere superato nelle Regioni del Nord e nel Lazio, ove la complessità dei casi allunga la degenza e deve far conto su un maggior numero di letti a disposizione. Con riguardo al dato nazionale, la media di 5 letti per mille abitanti sconta, peraltro, il mancato rispetto della riserva dell’1 per mille a riabilitazione e lungodegenza (legge 405/2001).
In uguale coerenza si pone il tasso di ospedalizzazione che, ove minore è la frequenza di casi complessi, cioè al Sud, espone indici più elevati, del resto coniugati a degenza media più breve e a minor numero di posti letto per mille abitanti.
La diversa morfologia riscontrabile nella casistica dell’attività ospedaliera e nelle prestazioni, per qualità e quantità rese nelle differenti realtà regionali, si riflette altresì negli effetti negativi collegabili alla mobilità ospedaliera. Il perseguimento di traguardi di appropriatezza, nei ricoveri riferiti ai 43 DRG individuati dal Ministero della salute - con riguardo ai quali privilegiare il day hospital rispetto al ricovero ordinario – sconta, infatti, differenti criteri, spesso meno severi.
Occorre, pertanto, favorire il ricorso generalizzato ad accordi bilaterali fra aziende sanitarie, nell’ambito di intese interregionali ispirate al contenimento, sulla base di criteri definiti, della domanda sanitaria in mobilità.
Le considerazioni esposte implicano, per un verso, una sovraesposizione di finanziamento a fronte di indici di attività e prestazione sotto media, mentre resta l’esigenza di interventi intesi a restituire alle Regioni del Sud un livello di prestazioni ospedaliere capace di corrispondere ad un più elevato indice di appropriatezza.
La spesa sanitaria, tirata da una bassa dinamica della produttività del lavoro, associata ad inevitabile crescita del suo costo per unità di prodotto, manifesta una strutturale tendenza ad evolvere ad un tasso superiore al PIL. Il che non esclude il contributo di inefficienze nell’organizzazione e nella gestione delle attività. Di qui, anche l’opportunità di incentivi all’efficienza, sia tramite adeguate azioni volte a realizzare una sostanziale riqualificazione della rete ospedaliera, con ri-orientamento funzionale dei piccoli ospedali, sia meglio curando il disegno alla base dei meccanismi allocativi.

Il Responsabile dell’Ufficio stampa
(Avv. Cinthia Pinotti)

Sintesi ad uso dei mezzi d’informazione. La relazione è disponibile sul sito internet www.corteconti.it cliccando su: Ultimi documenti pubblicati o su Atti della Corte => controllo-referto => Sezione delle autonomie

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