Documento approvato all'unanimità dall'Assemblea della CRUI in data 17 giugno 2004


Nella "società della conoscenza" in cui viviamo, le Università svolgono un ruolo fondamentale: hanno una fortissima utilità sociale e si caratterizzano come "soggetto politico" nei processi di sviluppo culturale, sociale ed economico.
Da corporazione chiusa, le Università si sono aperte, da un lato, ai rapporti internazionali e, dall'altro, alle istanze locali. In un'epoca caratterizzata da economia e cultura senza confini, si accresce il loro ruolo di "nodo" di reti di relazioni, che comprendono enti culturali, istituti di ricerca, imprese, organizzazioni internazionali, parchi scientifici e tecnologici, amministrazioni locali, agenzie per l'innovazione territoriale.
La presenza di un'Università in un dato territorio emerge quindi come "vantaggio competitivo" fondamentale: essa è luogo di produzione di nuova conoscenza, di formazione di risorse umane qualificate e di diffusione di cultura, ma è anche agente trainante di sviluppo dei sistemi socio-economici locali, soprattutto in virtù della capacità di integrare tali sistemi con le conoscenze scientifiche generali e codificate, che circolano a livello globale.


La creazione ormai avviata positivamente dello spazio europeo della formazione superiore e dello spazio europeo della ricerca creano condizioni del tutto nuove nella quali aumenta sensibilmente il grado di competitività tra i diversi sistemi universitari nazionali. Diventa quindi assolutamente necessario ottimizzare le performances di ogni sistema per non essere escluso di fatto dalla competizione, che è competizione sia in termini di capacità di attrazione dei migliori talenti tra i giovani sia di finanziamenti sui programmi europei di ricerca. Ne deriva che tanto maggiore sarà la capacità di competere quanto maggiore sarà l'efficienza complessiva del sistema nazionale che si metterà in gioco, e per garantire un alto grado di efficienza dovranno essere messi a disposizione degli attori che operano all'interno del sistema strumenti adeguati di governance.


Il nostro sistema universitario attraversa per molti aspetti quella che si potrebbe definire una crisi di governabilità. La nuova Università fondata sull'autonomia si trova oggi davanti a compiti di progettazione strategica e di gestione del tutto inediti rispetto al passato e deve assolverli coniugando responsabilità, efficienza e trasparenza delle scelte con una effettiva capacità di rappresentanza democratica di tutte le sue componenti, ognuna con riferimento al ruolo che ricopre nel sistema. Sino ad oggi non siamo riusciti a fronteggiare in modo adeguato questa sfida. Bisogna pensare perciò di intervenire su più settori, ma riaffermando comunque alcuni valori di fondo che andranno sempre tenuti presenti come riferimento ideale per qualunque progetto riformatore.

I principi e le linee guida esposte in questo documento si propongono di dare un contributo per affrontare questo delicatissimo tema con esplicito riferimento alle università statali. Essendo peraltro il nostro sistema universitario un sistema misto con presenza anche di università non statali, per queste non può non essere riconosciuta l'esigenza di riferirsi a criteri anche diversi, in modo da rispettare le finalità specifiche che ne hanno ispirato l'istituzione ed il ruolo dei soggetti promotori. Del resto la presenza di modelli di governance delle università non statali diversi da quelli realizzati negli Atenei statali rappresenta una valorizzazione dei principi di autonomia e di pluralismo da cui può trarre beneficio l'intero sistema universitario nazionale.

L'Università è e deve restare un'istituzione deputata a svolgere una funzione pubblica, al servizio della collettività nazionale e delle realtà istituzionali e sociali che operano sul territorio, e deve essere impegnata nella costruzione di un sistema transnazionale nel quadro europeo. Va sottolineato come anche la dichiarazione finale della conferenza dei Ministri europei dell'istruzione superiore di Berlino del settembre scorso abbia ribadito che l'istruzione superiore "is a public good and a public responsibility".
Il suo compito fondamentale deve rimanere la crescita delle conoscenze e la trasmissione critica di saperi a livello superiore, coniugando in modo organico ed equilibrato ricerca e didattica.


Per quanto riguarda in particolare la ricerca, va ribadito il ruolo essenziale che questa svolge nella vita universitaria, e quindi la necessità che l'Università possa partecipare in modo attivo alla sua generale programmazione. Ciò potrebbe avvenire attraverso un apposito organismo (Consiglio Generale della Ricerca Italiana) di cui la CRUI costituisse parte integrante.

Ferme restando le competenze del CUN, alla CRUI spetta il ruolo di rappresentanza istituzionale e coordinamento del sistema nonché di garanzia e tutela dell'autonomia universitaria. La CRUI è interlocutore primario del Ministro nella individuazione delle scelte strategiche, nonché dei criteri per la valutazione delle performances del sistema, oltre che delle eventuali proposte di nuove normative che riguardano la vita degli Atenei.


In vista del perseguimento di un'alta qualità della formazione e della ricerca, dovranno essere introdotti nel sistema strumenti adeguati che promuovano forme di competizione e di differenziazione specialistica fra i singoli Atenei, da realizzarsi attraverso libere sperimentazioni di modelli innovativi nella ricerca e nella didattica, attraverso quindi anche una diversificazione controllata nell'offerta formativa, con l'introduzione di meccanismi di incentivazione che stimoli la creazione di una effettiva competizione tra gli Atenei stessi. Un ruolo di assoluto rilievo dovrà essere svolto dai processi di internazionalizzazione della nostra formazione e della nostra ricerca, anche incoraggiando maggiormente la mobilità di docenti e studenti, pur avendo già peraltro i nostri Atenei un'importante tradizione alle spalle su questo piano.


L'introduzione dell'autonomia degli Atenei con la legge n.168/89 ha creato le condizioni per una definizione sufficientemente chiara dei rapporti tra Ministero e singole Università.
Il Ministero svolge funzioni di organo di programmazione, indirizzo e verifica all'interno del sistema, e ad esso sono attribuiti dalla norma compiti di elaborazione degli indirizzi strategici generali e della progettualità complessiva dello sviluppo del sistema, tenendo conto dei risultati così come saranno valutati da una authority indipendente che dovrà fornire gli elementi per le scelte in termini di allocazione di risorse. Questo ruolo dovrà essere svolto dal Ministero sempre e comunque nel rispetto del principio dell'autonomia delle Università, pena l'implosione del sistema in una prospettiva centralistica che confligge con la lettera e lo spirito del dettato costituzionale.


Il principio dell'autonomia, che è costituzionalmente garantito nel nostro Paese (art. 33 della Costituzione), rappresenta il riferimento essenziale per la definizione dei principi fondamentali sui quali articolare gli Statuti degli Atenei, e costituisce quindi per il sistema universitario la conditio sine qua non per la sua stessa esistenza.
Quando si parla di autonomia in ambito universitario, è tuttavia opportuno distinguere tra loro due aspetti, certo tra loro collegati ma diversi, nella nozione di autonomia: l'autonomia della Università come istituzione e l'autonomia delle Università come singole sedi.
La difesa del primo di questi aspetti dell'autonomia è oggi più che mai importante. Si sente infatti troppo spesso parlare di "autoreferenzialità" delle Università: le si accusa di ignorare le esigenze e le domande che vengono dalla collettività in generale e dal mondo produttivo e del lavoro. Si lamenta la mancanza di ruolo degli stakeholders, che sono in generale la società stessa e più direttamente gli studenti, le loro famiglie e il mondo dell'impresa, delle professioni e delle istituzioni di governo territoriali, rispetto al governo delle Università stesse, e si sottolinea come sia proprio la collettività il principale finanziatore delle Università attraverso la fiscalità generale.
È indubbiamente necessario ripensare oggi in modo serio le modalità del rapporto degli Atenei con la società, ma è altrettanto necessario farlo nel modo corretto, individuando con chiarezza i principi concettuali di fondo sulla base dei quali operare tale riflessione.


Il modo corretto di interpretare il principio dell'autonomia della Università, cioè dell'istituzione universitaria e quindi del sistema universitario nel suo complesso, consiste nella individuazione di un principio di governance valido per tutti gli Atenei che consenta di evitare l'autoreferenzialità senza cadere nella subordinazione degli Atenei stessi rispetto ad una realtà sociale, politica ed economica che è sì da riconoscersi senza incertezze come principale stakeholder rispetto al sistema universitario nazionale, ma che non può per questo essere semplicisticamente fatta diventare la fonte della legittimazione all'esercizio delle funzioni di governo all'interno degli Atenei. Sarebbe la più grave e palese violazione del principio dell'autonomia, e creerebbe una deriva di dirigismo dall'esterno pericolosissima per le Università e per lo stesso Paese: forte sarebbe il rischio di creare condizioni di gravi difficoltà per una reale possibilità di elaborazione critica di saperi e conoscenze e delle stesse capacità degli Atenei di svolgere un ruolo proattivo nella individuazione di linee di sviluppo del Paese, della costruzione della sua coscienza culturale e in definitiva della sua stessa coscienza civile.

È quindi necessario che il rapporto tra sistema universitario e società sia stretto ed eviti qualunque tentazione all'autoreferenzialità, ma sia altresì impostato con una logica dialettica e non di mera subordinazione del primo alla seconda.
Ne deriva come prima conseguenza che non potrà essere che i suoi organi di governo (a cominciare da quello di più alta rappresentatività esterna e garanzia interna, cioè il Rettore) siano espressi da designazioni che provengano dal di fuori rispetto alla comunità accademica. È indubbiamente utile che nell'architettura della governance degli Atenei siano presenti figure che siano espressione della collettività, oltre che rappresentanze degli studenti: tali rappresentanze possono svolgere un ruolo di confronto e di discussione sulle linee strategiche e di sviluppo che l'Ateneo vuole darsi e dei conseguenti obiettivi che si prefigge di raggiungere, e come interlocutori di una verifica del raggiungimento degli stessi.


Sarebbe peraltro opportuno che le Università accompagnassero il bilancio consuntivo annuo con un bilancio sociale, strumento integrativo di valutazione dell'attività istituzionale, di contributo per una effettiva rendicontazione della coerenza rispetto agli obiettivi istituzionali, di comunicazione del valore creato dall'istituzione per i suoi principali "portatori di interesse" e per i suoi studenti e le loro famiglie.


È dunque chiaro che il principio che può fungere da effettivo antidoto al rischio dell'autoreferenzialità è il principio della responsabilità dell'istituzione universitaria rispetto alla società nell'assunzione delle proprie decisioni.


Il modo attraverso cui meglio può essere coniugato il principio dell'autonomia con quello della responsabilità è l'introduzione nel sistema universitario a tutti i livelli di una vera cultura della valutazione. E' questo il motivo per cui la valutazione dei risultati deve diventare la "filosofia" dell'intero sistema universitario.
Essa dovrà riguardare la didattica, la ricerca, i servizi e le attività amministrative, e dovrà comportare premi e penalizzazioni sia all'interno del sistema sia nelle singole sedi dal punto di vista della assegnazione delle risorse.
La valutazione all'interno di ciascuna sede dovrà essere realizzata attraverso un processo di verifica del raggiungimento di obiettivi prefissati con una conseguente modulazione dell'assegnazione delle risorse. Ciò potrà prevedere una fase preventiva di discussione con le realtà sociali del territorio delle linee strategiche connesse alla definizione degli obiettivi, nonché una fase consuntiva di valutazione del grado di raggiungimento degli stessi.

La valutazione delle attività del sistema e quindi delle singole sedi universitarie deve essere affidata ad una authority "terza" rispetto sia al MIUR che alle Università, deve considerare tutti gli aspetti della vita degli Atenei e valutarne le attività verificandone non solo la qualità del lavoro scientifico e didattico e l'efficienza gestionale, ma altresì l'efficacia e la congruenza delle attività stesse con le esigenze di crescita culturale e scientifica e con le esigenze formative della società. Le attività delle singole Università e del sistema nel suo complesso dovranno essere misurate attraverso indicatori specifici per ciascuna performance e per ciascuna area scientifica attraverso l'analisi, anche qualitativa, dei rapporti tra obiettivi, risorse e risultati effettivamente raggiunti.
La authority presenta periodicamente (ogni tre o cinque anni) al MIUR un rapporto sullo stato delle Università italiane ed il Ministro presenta al Parlamento tale rapporto. La authority è nominata dal Parlamento stesso, dura in carica tre o cinque anni, a seconda della periodicità con cui viene redatto il rapporto; i suoi membri non sono rieleggibili e se sono docenti universitari devono essere collocati in aspettativa.

Va tuttavia ribadito con chiarezza che è indispensabile, per poter entrare in modo corretto in questa prospettiva generale di funzionamento del sistema che affida un ruolo centrale alla valutazione, che le Università possano disporre di risorse adeguate per svolgere il loro compito istituzionale di servizio alla collettività nazionale quale luogo primario per la formazione superiore e per lo svolgimento delle attività di ricerca scientifica.


È necessario che un provvedimento normativo indichi linee-guida ricavate dall'applicazione dei principi fondamentali individuati per l'elaborazione degli Statuti di ciascun Ateneo, provvedimento con cogenza di legge, che superi la legge 168/89.
Tali linee guida dovranno essere rispettose non solo dell'autonomia della Università ma anche dell'autonomia delle Università. Dovranno anche nel contempo prevenire il rischio che gli Atenei siano lasciati in balìa di spinte e controspinte dei diversi gruppi o aggregati di interessi accademici che possono costituirsi sulle basi più diverse nella fase di elaborazione dei singoli Statuti.
Queste linee guida non dovranno essere dunque troppo generali almeno nella indicazione delle esigenze che gli Statuti dovranno soddisfare, altrimenti diventano cornici così generiche da non servire ad impedire il rischio or ora paventato.


Può essere ora fornita qualche indicazione sulle esigenze che devono essere tenute presenti nella definizione di un'architettura di governance degli Atenei che sia coerente con i princìpi sin qui individuati.

1) Il Rettore deve essere figura garante dell'autonomia di ogni Ateneo, e deve essere eletto da tutto il corpo accademico, integrato con rappresentanze degli studenti e del personale tecnico-amministrativo. La partecipazione di tali rappresentanze non dovrà essere tale da consentire ad esse di prevalere sulla libera espressione della volontà del corpo accademico in merito alla individuazione della figura del Rettore.

2) È necessario che alla figura del Rettore sia dato uno spazio effettivo di esercizio di funzioni di governo, nel senso non dell'autocrazia di un potere arbitrario ed incontrollato, ma nel senso della possibilità di essere figura propositiva di programmi ed obiettivi da raggiungere con una adeguata politica di allocazione delle risorse, in relazione alle scelte di programmazione e sviluppo dell'Ateneo definite d'intesa con il Senato Accademico.
Il Rettore deve comunque poter disporre di strumenti normativi e regolamentari interni adeguati per consentirgli il raggiungimento degli obiettivi di governo individuati.

3) Al Rettore deve quindi essere data la possibilità di avvalersi della collaborazione di un organismo (Consiglio di Amministrazione) che con lui possa esprimere una reale capacità di governo dell'Ateneo. Nell'ambito dell'autonomia, gli Statuti definiranno competenze e modalità di composizione del Consiglio di Amministrazione (elettivo o/e di nomina da parte del Rettore), che dovrà comunque essere un organo snello ed operativo, superando logiche di mera rappresentanza di componenti dell'Ateneo.

4) Qualora degli organi di governo dell'Ateneo facciano parte figure espresse dal mondo esterno alla Università, queste non dovranno mai essere in maggioranza rispetto alle figure più direttamente rappresentative delle responsabilità che competono al corpo accademico. E' altresì possibile sia prevista negli Statuti la costituzione di un organismo composto integralmente da esponenti del mondo esterno alle Università con compiti di comitato di riferimento e di consultazione per la definizione delle strategie nonché per una discussione ed un confronto anche sui metodi della gestione.

5) Le persone elette dal corpo accademico negli organismi devono esprimere competenze ed esperienze e non rappresentanze di gruppi strutturati e categorie definite, per evitare derive corporativistiche o portatrici esclusivamente di interessi particolari. Devono tuttavia essere garantite espressioni adeguate delle diverse realtà scientifiche e culturali nella quali si articola ciascun Ateneo. Gli organi non devono quindi essere luoghi di mera mediazione di interessi di "parti", ma devono essere in grado di esprimere un'autentica capacità di governo sulla base di linee di intervento che privilegino il perseguimento di interessi generali e di strategie di Ateneo.

6) L'architettura complessiva di governance deve prevedere l'applicazione del criterio dei checks and balances tra i diversi organi che costituiscono il governo dell'Ateneo, e devono essere ben definiti i ruoli ed i poteri di ciascuno di essi, per poter così consentire una reale attribuzione di responsabilità in ordine alle decisioni assunte. Devono quindi essere ben differenziate le funzioni tra organi con poteri di progettazione ed individuazione delle strategie e connessa verifica del raggiungimento degli obiettivi, da un lato, e dall'altro organi cui competono funzioni di coordinamento delle attività che è necessario perseguire per realizzare operativamente le linee di sviluppo programmate e raggiungere gli obiettivi individuati.
Il Direttore Amministrativo deve operare in stretto rapporto fiduciario con il Rettore, che lo nomina, e deve essere attivamente impegnato in una costante innovazione organizzativa della struttura amministrativa dell'Ateneo, avendo cura di realizzare con efficienza ed efficacia gli obiettivi fissati dagli organi di governo dell'Ateneo.

7) Comunque siano definite le presenze di figure espresse dalla società esterne al corpo accademico nell'architettura di governance di ciascuna Ateneo, è problema molto delicato quello delle modalità della scelta di tali figure stesse. Sembra opportuno siano espressioni (peraltro strettamente collegate con le realtà istituzionali locali di riferimento) motivatamente designate di intesa con il Rettore in base a curricula professionali e ad esperienze pregresse che ne rendano giustificata la scelta.


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