SOMMARIO:
1. Profili “quantitativi” delle questioni di legittimità costituzionale sollevate in via incidentale.
2. Profili “qualitativi” delle questioni di legittimità costituzionale sollevate in via incidentale (ordinate per oggetto e per argomento).
2.1. Le ordinanze aventi ad oggetto leggi o atti aventi forza di legge dello Stato.
2.1.1. Edilizia e urbanistica.
2.1.2. Impiego pubblico.
2.1.3. Giustizia amministrativa.
2.1.4. Lavori pubblici.
2.1.5. Previdenza e assistenza sociale.
2.1.6. Agricoltura.
2.2. Le ordinanze aventi ad oggetto leggi regionali.
2.2.1. Sanità pubblica.
2.2.2. Edilizia e urbanistica.
2.2.3. Trasporti pubblici.
2.2.4. Caccia.
2.2.5. Previdenza e assistenza sociale.
2.2.6. Tutela dell’ambiente.
NOTE



1. Profili “quantitativi” delle questioni di legittimità costituzionale sollevate in via incidentale

Il quadro del contenzioso costituzionale pendente prodotto dalla riforma del Titolo V (1) può essere completato con l’analisi delle ordinanze di rimessione fondate sui nuovi disposti costituzionali (“contenzioso costituzionale in senso lato”).
Cominciando dal profilo “quantitativo”, nel 2004 sono state depositate in totale 1094 ordinanze, di cui 44 (all’incirca il 4%) hanno invocato, tra i parametri costituzionali, le disposizioni introdotte dalle ll.cost. n. 1/1999 e 3/2001 (2). I dati del 2004 possono essere confrontati con quelli del 2003, nel corso del quale sono state depositate 1196 ordinanze (102 in più rispetto all’anno successivo), 40 delle quali (poco più del 3%) sono risultate fondate sulle nuove norme del Titolo V. Può dunque osservarsi che, pur essendo nel 2004 diminuito il numero totale delle ordinanze di rimessione, è leggermente aumentato quello delle ordinanze fondate sulle nuove disposizioni costituzionali (da 40 nel 2003 a 44 nel 2004).


2. Profili “qualitativi” delle questioni di legittimità costituzionale sollevate in via incidentale (ordinate per oggetto e per argomento)

Delle 44 questioni di legittimità costituzionale sollevate in via incidentale e fondate sulle nuove disposizioni costituzionali 19 sono già state definite dalla Corte costituzionale nel corso del 2004 (3), per cui si passeranno in sommaria rassegna le 12 ancora pendenti e le 13 definite nel corso del 2005, distinguendo quelle riguardanti leggi o atti aventi forza di legge dello Stato da quelle aventi ad oggetto leggi regionali. Entrambi i gruppi saranno a loro volta suddivisi per argomento in sotto-insiemi.

2.1. Le ordinanze aventi ad oggetto leggi o atti aventi forza di legge dello Stato

2.1.1. Edilizia e urbanistica

Appartengono al primo segmento 13 ordinanze, classificabili in sei sotto-insiemi (edilizia e urbanistica; impiego pubblico; giustizia amministrativa; lavori pubblici; previdenza e assistenza sociale; agricoltura). Il primo di essi comprende le ordinanze n. 259 e 260 del TAR Puglia – sez. distaccata di Lecce (4), di contenuto sostanzialmente identico, e 297 del Tribunale di Viterbo – sez. distaccata di Civita Castellana(5), che hanno sollevato la questione di costituzionalità dell’art. 32 del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269 (“Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell’andamento dei conti pubblici”), convertito con modificazioni dalla legge n. 326/2003. Secondo i giudici a quibus, tale disposizione, che riapre i termini del condono edilizio di cui alla legge n. 47 del 1985, violerebbe – tra l’altro – l’art. 117, terzo comma, Cost., invadendo la competenza legislativa concorrente delle Regioni in materia di “governo del territorio”: le denunciate norme di sanatoria degli immobili abusivi, infatti, lungi dal dettare principi fondamentali della materia volti ad orientare il legislatore regionale, costituirebbero misure eccezionali e transitorie capaci di spiegare la propria efficacia direttamente nei confronti dei privati interessati. D’altra parte, esse non troverebbero giustificazione neanche nell’art. 118, primo comma, Cost., interpretato alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 303 del 2003: infatti, l’avocazione allo Stato in sussidiarietà di funzioni amministrative regionali (e delle relative funzioni legislative) postula il coinvolgimento delle Regioni attraverso lo strumento dell’intesa, che nel caso di specie non è stato né attivato né previsto.
Tale questione è stata oggetto dell’ordinanza n. 96 del 2005, con cui la Corte costituzionale ha ordinato la restituzione degli atti ai giudici rimettenti, considerato che – nelle more del giudizio – la norma impugnata è stata modificata dalla sentenza della Corte costituzionale n. 196 del 2004 e dall’art. 5 del decreto legge n. 168 del 2004 (convertito con la l. n. 191/2004), che ha dato esecuzione alla predetta sentenza.

2.1.2. Impiego pubblico

Il secondo sotto-insieme, riguardante le ordinanze in tema di impiego pubblico, include le n. 15(6) e 1051 (7) del Tribunale di Genova, riguardanti la legittimità costituzionale di una serie di disposizioni di legge che, nello stabilire il blocco degli aumenti stipendiali, non hanno riguardo unicamente ai meccanismi automatici di indicizzazione, ma si estendono anche a voci oggetto di contrattazione collettiva, come il compenso per il lavoro straordinario (art. 7, comma 5, d.l. n. 384/1992, art. 3, comma 36, l. n. 537/1993, art. 1, comma 66, l. n. 662/1996, art. 22, l. n. 488/1999 e art. 36, l. n. 289/2002). Ebbene, secondo il giudice rimettente, tali disposizioni sarebbero incostituzionali poiché, ponendosi in contrasto con l’art. 4, comma 2, della Carta sociale europea del 1996 (l. n. 30 del 1999), ai sensi del quale “per garantire l’effettivo esercizio del diritto ad un’equa retribuzione le parti si impegnano a riconoscere il diritto dei lavoratori ad un tasso retributivo maggiorato per le ore di lavoro straordinario […]”, violerebbe altresì l’art. 117, primo comma, Cost., che impone al legislatore statale e regionale il rispetto degli impegni di carattere internazionale.

2.1.3. Giustizia amministrativa

Il terzo sotto-insieme, inerente alla materia della giustizia amministrativa, comprende cinque ordinanze del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Sicilia (nn. 467, 468, 469, 572 e 649 (8)), di contenuto sostanzialmente identico, aventi ad oggetto: l’art. 4, comma 1, lett. d), comma 2, e l’art. 6, comma 2, limitatamente alle parole “e all’art. 4 comma 1 lettera d)”, del decreto legislativo 24 dicembre 2003, n. 373 (“Norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione siciliana concernenti l’esercizio nella regione delle funzioni spettanti al Consiglio di Stato”), concernenti la previsione della composizione mista della sezione giurisdizionale del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Sicilia, con la partecipazione di quattro componenti laici (in possesso dei requisiti di cui all’art. 106, terzo comma, Cost. per la nomina a consigliere di cassazione per meriti insigni ovvero di cui all’art. 19, primo comma, n. 2, della legge 27 aprile 1982, n. 186, per la nomina presidenziale a consigliere di Stato), alla cui designazione provvede il Presidente della Regione; l’art. 15, commi 1 e 2, del medesimo decreto legislativo, limitatamente alla previsione della possibile permanenza in carica dei membri laici componenti del Consiglio alla data di entrata in vigore del decreto; e, infine, l’art. 6 del decreto legge 24 dicembre 2003, n. 354 (“Disposizioni urgenti per il funzionamento dei tribunali delle acque, nonché interventi per l’amministrazione della giustizia”), convertito con la legge n. 45 del 2004, il quale dispone che per assicurare il funzionamento del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Sicilia, anche mediante potenziamento della sua composizione, è autorizzata la spesa di euro 700.000 a decorrere dall’anno 2004 (9).
Secondo i giudici siciliani, le predette norme di attuazione dello statuto siciliano, laddove prevedono un organo di giustizia amministrativa composto anche con giudici laici di nomina regionale, sarebbero incostituzionali, in via subordinata rispetto ad una serie di molteplici parametri (sia di matrice statutaria che costituzionale), anzitutto, per la violazione della riserva di legge statale di cui all’art. 117, secondo comma, lett. l), Cost., che postula un’organizzazione giudiziaria unitaria su tutto il territorio nazionale, e, in secondo luogo, per la lesione dell’istanza unitaria espressa (oltre che dall’art. 5 Cost.) dal richiamo al rispetto della Costituzione, di cui all’art. 117, primo comma, Cost., e all’unità giuridica ed economica, di cui all’art. 120, secondo comma, Cost.
La questione in esame è stata dichiarata dalla Corte costituzionale manifestamente infondata con l’ordinanza n. 179 del 2005. Infatti, con la sentenza n. 316 del 2004 la Corte aveva già dichiarato infondata la medesima questione, anche sotto il profilo in parola, sottolineando la natura statale e non regionale delle fonti recanti disposizioni di attuazione degli statuti speciali.

2.1.4. Lavori pubblici

Il quarto sotto-insieme include un’unica ordinanza, la n. 483 del TAR Sicilia – sez. distaccata di Catania (10), riguardante le disposizioni procedimentali che disciplinano l’approvazione del progetto preliminare delle c.d. “grandi opere”: in particolare, gli artt. 1, commi 1 e 2, della legge 21 dicembre 2001, n. 443 (“Delega al Governo in materia di infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici ed altri interventi per il rilancio delle attività produttive”), 13 e 14 della legge 1° agosto 2002, n. 166 (“Disposizioni in materia di infrastrutture e trasporti”), nonché 1, comma 2, e 3 del decreto legislativo 20 agosto 2002, n. 190 (“Attuazione della legge 21 dicembre 2001, n. 443, per la realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi strategici e di interesse nazionale”). Nel corso del giudizio di impugnazione degli atti approvativi del progetto preliminare del “Ponte sullo Stretto di Messina”, infatti, i giudici siciliani hanno prospettato l’incompatibilità delle predette disposizioni, anzitutto, con il principio di sussidiarietà (che informa gli artt. 114, 117 e 118 Cost.) e con quello di leale collaborazione (che ispira l’art. 120 Cost.), posto che le medesime non prevedono adeguate forme di partecipazione dei Comuni e delle Città metropolitane all’approvazione dei progetti preliminari delle opere pubbliche, ma si limitano a coinvolgere nel procedimento esclusivamente le Regioni e le Province autonome. Inoltre, secondo il TAR Sicilia, la previsione per la quale l’approvazione del progetto preliminare comporta automatica variante agli strumenti urbanistici vigenti violerebbe le competenze amministrative, sia regionali che comunali, nella materia urbanistica, rimessa alla potestà normativa e amministrativa degli enti locali ai sensi degli artt. 5, 117 e 118 Cost. (e dell’art. 14 dello statuto della Regione Siciliana).
Peraltro, la questione in parola è stata dichiarata manifestamente inammissibile dalla Corte costituzionale nell’ordinanza n. 82 del 2005, attesa l’incompetenza del TAR Sicilia (e la competenza del TAR Lazio) a sindacare la legittimità di atti concernenti la realizzazione di un’opera di collegamento viario tra due Regioni (la Sicilia e la Calabria), e, dunque, ad efficacia ultraregionale.

2.1.5. Previdenza e assistenza sociale

Anche il quinto sotto-insieme comprende una sola ordinanza, la n. 514 del Tribunale di Milano (11), che ha sollevato la questione di legittimità costituzionale degli artt. 80, comma 19, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria per il 2001) e 9, comma 1, della legge 30 luglio 2002, n. 189 (“Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo”), in relazione all’art. 12 della legge 30 marzo 1971, n. 118 (“Conversione in legge del decreto-legge 30 gennaio 1971, n. 5, e nuove norme in favore dei mutilati ed invalidi civili”), nella parte in cui prevedono la necessità del possesso della carta di soggiorno e della relativa condizione reddituale affinché gli stranieri inabili civili (e, quindi, incapaci di produrre reddito) possano fruire della pensione di inabilità. Ad avviso del giudice milanese, infatti, le norme citate sarebbero contrarie, tra l’altro, all’art. 117, primo comma, Cost., che impone al legislatore (statale e regionale) il rispetto dei vincoli derivanti dagli obblighi internazionali, violando, anzitutto, l’art. 6 della convenzione OIL n. 97/49 (l. n. 1305/52), ai sensi del quale in materia di sicurezza sociale all’immigrato va assicurato un trattamento non meno favorevole di quello applicato dagli Stati ai propri cittadini, e, in secondo luogo, l’art. 10 della convenzione OIL n. 143/75 (1. n. 158/81) che garantisce ai lavoratori migranti pari opportunità e trattamento anche in materia di sicurezza sociale.

2.1.6. Agricoltura

L’ultimo sotto-insieme include l’ordinanza n. 993 del Giudice di pace di Taranto (12), che ha sollevato la questione di legittimità dell’intero testo della legge 30 gennaio 1991, n. 31 (“Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 6 dicembre 1990, n. 367, recante misure urgenti a favore delle aziende agricole e zootecniche danneggiate dalla eccezionale siccità verificatasi nell’annata agraria 1989-1990”), limitandosi ad evocare i parametri costituzionali di cui all’art. 119 (e 81, quarto comma) Cost. Come prevedibile, la Corte costituzionale ha dichiarato la questione manifestamente inammissibile (ord. n. 314 del 2005).

2.2. Le ordinanze aventi ad oggetto leggi regionali

2.2.1. Sanità pubblica

Il secondo segmento, riguardante le questioni di legittimità costituzionale di leggi regionali, comprende 12 ordinanze, ordinabili in sei sotto-insiemi (sanità pubblica; edilizia e urbanistica; trasporti pubblici; caccia; previdenza e assistenza sociale; tutela dell’ambiente). Rientrano nel primo di essi, anzitutto, tre ordinanze del TAR Puglia – sez. distaccata di Lecce (nn. 178, 261 e 262 ( 13)), di contenuto sostanzialmente identico, che hanno sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 30, comma 4, della legge della Regione Puglia 7 marzo 2003, n. 4 (“Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione 2003 e bilancio pluriennale 2003-2005 della Regione Puglia”), ai sensi del quale “[…] ove le strutture pubbliche e private abbiano erogato volumi di prestazioni eccedenti il programma preventivo concordato, fissato in misura corrispondente a quelli erogati nel 1998, e il relativo limite di spesa a carico del Servizio sanitario regionale, detti volumi sono remunerati con le regressioni tariffarie fissate dalla Giunta regionale”. Secondo i giudici pugliesi, tale disposizione violerebbe, tra l’altro, l’art. 117, terzo comma, Cost., poiché non rispetterebbe il principio fondamentale della materia “tutela della salute” della equiordinazione tra strutture pubbliche e private del sistema sanitario nazionale, ricavabile dalle disposizioni del decreto legislativo n. 502 del 1992 (artt. 8-bis, comma 1, e 8-sexies, comma 1). Infatti, malgrado la formale equiordinazione tra strutture pubbliche e private sancita dalla norma de qua, gli accordi sui volumi di prestazioni, in base alla legislazione regionale, non intercorrono con i presidi ospedalieri amministrati dalle Aziende unità sanitarie locali (AUSL), cioè con la stragrande maggioranza delle strutture ospedaliere pubbliche. Pertanto, ad avviso del giudice rimettente, la disposizione regionale determinerebbe un’ingiustificata disparità di trattamento tra le strutture accreditate di sanità pubblica e quelle di sanità privata sotto il profilo del finanziamento, privilegiando le prime a danno delle seconde.
Con la sentenza n. 111 del 2005 la Corte costituzionale ha dichiarato la questione in esame inammissibile, atteso che, secondo il giudice delle leggi, la disposizione sottoposta al suo sindacato non prevede affatto un diverso sistema di remunerazione delle prestazioni sanitarie rese dalle strutture pubbliche e da quelle private e che le ulteriori norme regionali da cui deriverebbe la asserita disparità di trattamento non sono state denunciate dal giudice a quo.
Nello stesso sotto-insieme va annoverata l’ordinanza n. 581 del TAR Marche (14), avente ad oggetto l’art. 37, comma 3, della legge della Regione Marche 17 luglio 1996, n. 26 (“Riordino del servizio sanitario regionale”), ai sensi del quale, fino alla definizione degli accordi di cui all’art. 5, comma 4, di detta legge, ovvero degli accordi tra le ASL e le istituzioni sanitarie private accreditate o i professionisti, resta valido il regime di accesso alle strutture sanitarie private di cui all’art. 19 della legge 11 marzo 1988, n. 67, che richiede la previa autorizzazione della ASL subordinata alla impossibilità della struttura pubblica di erogare la prestazione entro quattro giorni.
Secondo il giudice a quo, la norma in parola violerebbe, tra l’altro, l’art. 117, terzo comma, Cost., dato che, in contrasto con i principi fondamentali dell’accreditamento e della libera scelta da parte dell’assistito della struttura sanitaria alla quale richiedere l’erogazione delle prestazioni (principi espressi nell’art. 8 del d.lgs. n. 502 del 1992), avrebbe reintrodotto l’obbligo di un’autorizzazione per l’accesso alle strutture private accreditate, subordinando il suo rilascio all’insufficienza della struttura pubblica.
La sentenza della Corte costituzionale n. 200 del 2005 ha dichiarato infondata la questione in esame, atteso che il principio della parificazione e concorrenzialità tra strutture pubbliche e strutture private, con la conseguente facoltà di libera scelta da parte dell’assistito, non è affatto assoluto, dovendo essere contemperato con un altro principio fondamentale, quello della programmazione, volta al contenimento della spesa pubblica e alla razionalizzazione del sistema sanitario.

2.2.2. Edilizia e urbanistica

Il secondo sotto-insieme, dedicato all’edilizia e all’urbanistica, comprende l’ordinanza n. 470 della Corte di cassazione (15), che ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 3, della legge della Regione Lombardia 19 novembre 1999, n. 22 (“Recupero di immobili e nuovi parcheggi: norme urbanistico-edilizie per agevolare l’utilizzazione degli incentivi fiscali in Lombardia”), come modificato ed integrato dall’art. 3 della legge regionale 23 novembre 2001, n. 18, nella parte in cui applica la facoltà di denuncia di attività a tutti gli interventi edilizi di nuova costruzione e di ristrutturazione urbanistica anche se non disciplinati da piani attuativi comunque denominati, che contengano precise disposizioni plano-volumetriche, tipologiche, formali e costruttive, o da strumenti urbanistici generali, recanti precise disposizioni plano-volumetriche. Ad avviso della Suprema Corte, infatti, tale disposizione violerebbe, tra l’altro, il secondo ed il terzo comma dell’art. 117 Cost. In particolare, da un lato, la disposizione regionale, sottraendo taluni interventi edilizi al regime penale, lederebbe la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia penale (art. 117, secondo comma, lett. l), Cost.); dall’altro, essa si porrebbe in contrasto con il principio fondamentale che emergerebbe dalla legislazione statale in materia di “governo del territorio”, secondo il quale la denuncia di inizio attività edilizia, alternativa al permesso di costruire, sarebbe consentita solo qualora sia prevista una normazione urbanistica di dettaglio (art. 13, comma 8, l. n. 166 del 2002 e d.lgs. n. 301 del 2002) e in ogni caso con il principio fondamentale, individuato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 303 del 2003, della necessaria compresenza di titoli abilitativi preventivi ed espressi (permesso di costruire) e taciti (DIA).
Con l’ordinanza n. 248 del 2005 la Corte costituzionale ha ordinato la restituzione degli atti al giudice a quo, posto che, nelle more del giudizio, la Regione Lombardia ha emanato la legge 11 marzo 2005, n. 12 (“Legge per il governo del territorio”), la quale, oltre a contenere una nuova disciplina organica dei titoli abilitativi, individuati nel permesso di costruire (artt. 33 e ss.) e nella denuncia di inizio attività (artt. 41 e 42), provvede ad abrogare espressamente le leggi regionali n. 22 del 1999 e 18 del 2001 (art. 104), le cui disposizioni sono state oggetto delle censure della Cassazione. Sarà dunque compito di quest’ultima valutare la portata della nuova disciplina regionale nel giudizio a quo.

2.2.3. Trasporti pubblici

Il terzo sotto-insieme, riguardante la materia dei trasporti pubblici, comprende l’ordinanza n. 821 del TAR Lombardia (16), che ha rimesso alla Consulta la questione di legittimità costituzionale dell’art. 8, comma 2, della legge della Regione Lombardia 12 gennaio 2002, n. 1 (“Interventi per lo sviluppo del trasporto pubblico regionale e locale”), come modificato dall’art. 5, comma 7, della legge regionale 9 dicembre 2003, n. 25, nella parte in cui non include i cittadini stranieri residenti nella Regione Lombardia fra gli aventi il diritto alla circolazione gratuita sui servizi di trasporto pubblico di linea riconosciuto alle persone totalmente invalide per cause civili. Ad avviso del giudice a quo, infatti, tale disposizione sarebbe contraria, tra l’altro, all’art. 117, secondo comma, lett. a), Cost., posto che lederebbe la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di status giuridico dei cittadini stranieri.

2.2.4. Caccia

Due ordinanze vertono sulla disciplina della caccia: la n. 923 del TAR Lombardia (17) e la n. 1018 del TAR Emilia-Romagna (18). La prima ha ad oggetto l’ultimo comma dell’art. 26 della legge della Regione Lombardia 16 agosto 1993, n. 26 (“Norme per la protezione della fauna selvatica e per la tutela dell’equilibrio ambientale e disciplina dell’attività venatoria”), come modificato dall’art. 2 della legge regionale 7 agosto 2002, n. 19, che consente la detenzione di richiami vivi privi di anello identificativo. Secondo il giudice a quo, posta la riconducibilità della caccia alle materie della tutela dell’ambiente e dell’ecosistema e della valorizzazione dell’ambiente, la disposizione regionale censurata lederebbe, anzitutto, le attribuzioni legislative dello Stato di cui all’art. 117, secondo comma, lett. s), e terzo comma, Cost., violando, specificatamente, il divieto di uso di richiami che non siano identificabili mediante anello inamovibile numerato, previsto dalla normativa statale all’art. 5 della legge n. 157 del 1992. D’altra parte, la norma in parola, rimuovendo un divieto sanzionato penalmente dalla medesima legge statale, violerebbe anche l’art. 117, secondo comma, lett. l), Cost., che riserva alla competenza legislativa dello Stato la materia dell’“ordinamento […] penale”.
L’ordinanza n. 1018 del TAR emiliano, invece, solleva la questione di legittimità costituzionale di una serie di disposizioni della legge della Regione Emilia-Romagna 12 luglio 2002, n. 14 (“Norme per la definizione del Calendario venatorio regionale”), che disciplinano tempi e modalità di caccia difformi da quelli previsti dalla legge n. 157 del 1992 (in particolare, le censure si sono appuntate su: l’art. 1, nella parte in cui consente la caccia alla volpe nelle Aziende agrituristico venatorie; l’art. 3, nella parte in cui dilata la stagione venatoria per gli ungulati dal mese di giugno al successivo mese di marzo, consentendo peraltro la caccia degli stessi anche su terreni coperti di neve; l’art. 4, nella parte in cui consente, dal 1° ottobre al 30 novembre, la possibilità di fruizione, ogni settimana, di due giornate ulteriori a scelta per la caccia da appostamento alla fauna selvatica migratoria; gli artt. 4 e 6, nella parte in cui prevedono per la specie “Tortora” un carniere giornaliero di venticinque capi abbattuti e per la specie “Beccaccia” la chiusura venatoria al 31 gennaio e un carniere giornaliero di tre capi abbattuti e stagionale di venti capi; infine, l’art. 9, nella parte in cui consente il sistema di annotazione degli abbattimenti di fauna selvatica migratoria al termine della giornata – “a consuntivo” – e non dopo ogni abbattimento).
Ebbene, secondo il giudice rimettente, tali disposizioni, derogando in peius alla legislazione nazionale (l. n. 157/1992 cit.), violerebbero la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema (art. 117, secondo comma, lett. s), Cost.). Infatti, il giudice emiliano, sulla scia della consolidata giurisprudenza costituzionale sul punto (sentt. n. 536/2002, nonché n. 226, 227 e 311 del 2003), ha argomentato che il nucleo minimo di salvaguardia della fauna selvatica per il cui soddisfacimento l’art. 117, secondo comma, lett. s), Cost. ritiene necessario l’intervento in via esclusiva della potestà legislativa statale deve essere ragionevolmente individuato nel complesso unitario, omogeneo e coerente delle disposizioni di cui alla legge n. 157 del 1992, in quanto espressamente preordinate a disciplinare l’esercizio dell’attività venatoria con modalità tali da consentire che esso non contrasti con l’esigenza di conservazione della fauna selvatica, anche in funzione di adeguamento agli obblighi comunitari ed internazionali (direttive 79/409 CEE del Consiglio del 2 aprile 1979, 85/411 CEE della Commissione del 25 luglio 1985 e 91/244 CEE della Commissione del 6 marzo 1991 concernenti la conservazione degli uccelli selvatici, nonché Convenzione di Parigi del 18 ottobre 1950 e Convenzione di Berna del 19 settembre 1979).

2.2.5. Previdenza e assistenza sociale

Il quinto sotto-insieme comprende tre ordinanze, le n. 972 del Tribunale di Milano, 976 del TAR Veneto e 978 del Tribunale di Lecco (19), vertenti in materia di previdenza e assistenza sociale.
Il Tribunale di Milano ha sollevato la questione di legittimità costituzionale, per contrasto con l’art. 117, secondo comma, lett. l), Cost., dell’art. 4, comma 57, della legge della Regione Lombardia 5 gennaio 2000, n. 1 (“Riordino del sistema delle autonomie in Lombardia. Attuazione del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dallo Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59)”), nella parte in cui attribuisce alle ASL e, per il territorio della città di Milano, al Comune di Milano la legittimazione passiva nelle controversie riguardanti la concessione dei trattamenti economici a favore degli invalidi civili. Infatti, secondo il giudice rimettente, posto che l’art. 130, comma 2, del decreto legislativo n. 112 del 1998 ha trasferito alle Regioni le funzioni di concessione dei nuovi trattamenti economici a favore degli invalidi civili, la Regione Lombardia ben poteva delegare ai Comuni ed alle ASL la funzione sostanziale di istruire e valutare le domande di prestazione, ma non avrebbe potuto delegare/denegare la propria legittimazione passiva nei relativi giudizi, senza incorrere nella violazione della riserva di legge statale in materia processuale stabilita dall’art. 117, secondo comma, lett. l), Cost.
Il TAR Veneto ha censurato l’art. 43, comma 3, della legge della Regione Veneto 13 settembre 2001, n. 27 (“Disposizioni di riordino e semplificazione normativa – Collegato alla legge finanziaria 2001”), che attribuisce alla Giunta regionale il potere di disciplinare, con apposito regolamento, l’iscrizione nel registro regionale delle associazioni di promozione sociale, prospettando la violazione dell’art. 8 dello statuto della Regione Veneto (approvato con legge n. 340 del 1971), e degli art. 121, secondo comma, e 123, primo comma, Cost. Invero, ad avviso del giudice a quo, posto che l’eliminazione dall’art. 121 Cost. – per opera della l.cost. n. 1 del 1999 – della prescrizione che espressamente attribuiva al solo Consiglio la potestà regolamentare regionale non implica di per sé l’attribuzione di quest’ultima alla Giunta regionale (come del resto affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 313 del 2003), l’art. 8 dello statuto veneto, per il quale il Consiglio regionale esercita tutte le potestà legislative e regolamentari attribuite alla Regione, deve essere ritenuto tuttora la disposizione, sovraordinata alle leggi regionali ai sensi dell’art. 123 Cost., che fissa la competenza in materia regolamentare degli organi regionali.
Il Tribunale di Lecco ha rimesso al giudice delle leggi la questione di legittimità costituzionale dell’art. 18, comma 13, della legge della Regione Lombardia 13 febbraio 2003, n. 1 (“Riordino della disciplina delle Istituzioni Pubbliche di Assistenza e Beneficenza operanti in Lombardia”), per il quale, fino alla determinazione di un autonomo comparto di contrattazione, al personale delle Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza (IPAB) assunto successivamente alla trasformazione delle medesime in persone giuridiche di diritto privato sono applicati, in sede di contrattazione decentrata, i contratti in essere o contratti compatibili ed omogenei con quelli applicati al personale già in servizio. Ad avviso del giudice lombardo, infatti, tale disposizione, regolando rapporti (di lavoro) di natura privatistica, sembra porsi in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lett. l), Cost., che riserva allo Stato la materia dell’“ordinamento civile”.

2.2.6. Tutela dell’ambiente

L’ultimo sotto-insieme comprende l’ordinanza n. 1023 del Tribunale di Sondrio (20), che ha sollevato la questione di costituzionalità dell’art. 12, comma 5, della legge della Regione Lombardia 11 maggio 2001, n. 11 (“Norme sulla protezione ambientale dall’esposizione a campi elettromagnetici indotti da impianti fissi per le telecomunicazioni e per la radiotelevisione”), nella parte in cui determina le sanzioni applicabili in caso di superamento dei limiti di esposizione ai campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, stabiliti dalla normativa statale vigente (legge n. 36 del 2001). Infatti, posto che – come chiarito dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 307 del 2003 – in materia di tutela dell’ambiente dall’elettrosmog lo Stato, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lett. s), Cost., ha il potere di dettare standard di protezione uniformi validi in tutte le Regioni e quello (connesso) di fissare le sanzioni per il caso di mancato rispetto dei limiti di esposizione, la menzionata norma regionale avrebbe invaso la competenza legislativa esclusiva dello Stato.



NOTE

(1) Come si è avuto modo di precisare in altri lavori, per riforma del Titolo V si intende non solo quella introdotta con la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (“Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione”), ma anche quella (parziale) operata con la legge costituzionale 22 novembre 1999, n. 1 (“Disposizioni concernenti l’elezione diretta del Presidente della Giunta regionale e l’autonomia statutaria delle Regioni”).
(2) Va precisato che si è ritenuto opportuno lasciare fuori da tale partizione alcune ordinanze che hanno invocato (tra gli altri) articoli del Titolo V nelle parti in cui non sono stati modificati dalla riforma: in particolare, l’ordinanza n. 18 del Consiglio di Stato, pubblicata in G.U., prima serie speciale, n. 8 del 2004, poiché vertente prevalentemente sul divieto per le Regioni di limitare l’esercizio del diritto al lavoro in qualunque parte del territorio nazionale, previsto nell’art. 120 Cost. già prima della riforma del Titolo V, e le ordinanze n. 768 e 827 del TAR Sicilia, pubblicate in G.U., prima serie speciale, n. (rispettivamente) 41 e 43 del 2004, che hanno argomentato l’illegittimità costituzionale di leggi regionali retroattive, limitandosi ad evocare, tra l’altro, i parametri costituzionali che regolano la formazione delle leggi regionali (artt. 117, 123 e 127 Cost.). E’ rimasta altresì fuori dal novero delle ordinanze fondate sulle nuove disposizioni costituzionali la n. 938 del Tribunale di Torino, pubblicata in G.U., prima serie speciale, n. 48 del 2004, posto che ha invocato l’art. 119, primo comma, Cost. nel testo previgente la riforma del Titolo V della Costituzione.
(3) Si fa riferimento alle questioni sollevate dalle ordinanze n.: 10 del TAR Emilia-Romagna, sezione distaccata di Parma (in G.U., prima serie speciale, n. 7 del 2004), 104, 105, 106, 107, 108, 109, 241 e 242 del TAR Piemonte (le prime sei pubblicate in G.U., prima serie speciale, n. 10 del 2004; le altre due in G.U., prima serie speciale, n. 14 del 2004), 246, 247, 248 e 249 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Verona (in G.U., prima serie speciale, n. 14 del 2004), definite dall’ordinanza n. 197/2004; 30, 272, 273 e 430 del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Sicilia (la prima pubblicata in G.U., prima serie speciale, n. 8 del 2004; la seconda e la terza in G.U., prima serie speciale, n. 12 del 2004; la quarta in G.U., prima serie speciale, n. 1001 del 2004), decise dalla sentenza n. 316/2004; 234 della Corte di cassazione (in G.U., prima serie speciale, n. 14 del 2004), definita dalla sentenza n. 334/2004; infine, 292 del Tribunale di Napoli (in G.U., prima serie speciale, n. 16 del 2004), decisa dall’ordinanza n. 415/2004. Con riguardo a tali questioni si rinvia alla parte dedicata alla giurisprudenza costituzionale del Terzo Rapporto annuale sullo stato del regionalismo in Italia (2004), a cura dell’ISSIRFA “MASSIMO SEVERO GIANNINI” – CNR, in corso di pubblicazione.
Le decisioni della Corte costituzionale sono reperibili on line, oltre che nel sito ufficiale (www.cortecostituzionale.it), anche nel sito Consulta on line, all’indirizzo web www.giurcost.org.
(4) Entrambe pubblicate in G.U., prima serie speciale, n. 15 del 2004.
(5) Pubblicata in G.U., prima serie speciale, n. 16 del 2004.
(6) Pubblicata in G.U., prima serie speciale, n. 8 del 2004.
(7) Pubblicata in G.U., prima serie speciale, n. 4 del 2005.
(8) Le prime tre ordinanze sono pubblicate in G.U., prima serie speciale, n. 22 del 2004; la quarta in G.U., prima serie speciale, n. 25 del 2004; la quinta in G.U., prima serie speciale, n. 32 del 2004.
(9) Per un’analoga questione, sollevata nel corso del 2003, v. G. CERRACCHIO, Il contenzioso costituzionale, Capitolo V del Secondo Rapporto annuale sullo stato del regionalismo in Italia (2003), a cura dell’ISSIRFA “MASSIMO SEVERO GIANNINI” – CNR, Milano, 2004, pp. 186 ss.
(10) Pubblicata in G.U., prima serie speciale, n. 22 del 2004.
(11) Pubblicata in G.U., prima serie speciale, n. 23 del 2004.
(12) Pubblicata in G.U., prima serie speciale, n. 50 del 2004.
(13) La prima ordinanza è pubblicata in G.U., prima serie speciale, n. 12 del 2004; le altre due in G.U., prima serie speciale, n. 15 del 2004.
(14) Pubblicata in G.U., prima serie speciale, n. 26 del 2004.
(15) Pubblicata in G.U., prima serie speciale, n. 22 del 2004.
(16) Pubblicata in G.U., prima serie speciale, n. 43 del 2004.
(17) Pubblicata in G.U., prima serie speciale, n. 47 del 2004.
(18) Pubblicata in G.U., prima serie speciale, n. 2 del 2005.
(19) Tutte pubblicate in G.U., prima serie speciale, n. 49 del 2004.
(20) Pubblicata in G.U., prima serie speciale, n. 2 del 2005.

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