Avvertenza: lo studio che segue costituisce la riproduzione della parte relativa al profilo “quantitativo” del contenzioso tra Stato e Regioni del Quarto Rapporto annuale sullo stato del regionalismo in italia (in corso di stampa).
In particolare, esso  prende in considerazione i dati relativi agli atti introduttivi dei giudizi innanzi alla Corte costituzionale (ricorsi per questione di legittimità costituzionale e per conflitto di attribuzione) promossi dallo Stato, dalle Regioni e dalle Province autonome, che hanno assunto la violazione delle nuove norme costituzionali.
Un quadro sintetico del contenzioso 2005 è offerto dalle 4 Tabelle riassuntive che completano lo studio.



Profili "quantitativi" del contenzioso costituzionale
 
Questa parte del Rapporto è dedicata al profilo “quantitativo” del contenzioso tra Stato e Regioni prodotto dalle innovazioni normative dovute alla riforma del Titolo V (1). In particolare, essa prende in considerazione i dati relativi agli atti introduttivi dei giudizi innanzi alla Corte costituzionale (ricorsi per questione di legittimità costituzionale e per conflitto di attribuzione) promossi dallo Stato, dalle Regioni e dalle Province autonome, che hanno assunto la violazione delle nuove norme costituzionali.
Il numero totale dei ricorsi in via principale depositati nell’anno 2005 è stato di 101, di cui 90 (più dell’89%) fondati (tra le altre) sulle nuove disposizioni costituzionali. 77 di questi ricorsi (quasi l’86%) sono stati proposti dallo Stato, mentre i rimanenti 13 (poco più del 14%) dalle Regioni o dalle Province autonome.
Il numero totale dei ricorsi per conflitto di attribuzione depositati nel medesimo anno, invece, è stato di 42, di cui 28 riguardanti conflitti interorganici e 14 conflitti intersoggettivi, 9 dei quali (più dell’64%) sono fondati (anche) sui nuovi parametri costituzionali. La larghissima maggioranza di questi ultimi (sette, quasi il 78%), sono stati proposti dalle Regioni o dalle Province autonome, mentre soltanto due dallo Stato (poco più del 22%).
I dati del 2005 possono essere confrontati con quelli dell’anno precedente. Nel corso del 2004, infatti, sono stati depositati 116 ricorsi per questione di legittimità costituzionale (15 in più rispetto all’anno successivo), 108 dei quali (più del 93%) fondati (tra le altre) sulle disposizioni del Titolo V post riforma. 62 di tali ricorsi (più del 57%) sono stati proposti dallo Stato, 46 (quasi il 43%) dalle Regioni e dalle Province autonome.
Nello stesso anno di riferimento sono stati depositati nel complesso 33 ricorsi per conflitto di attribuzione (nove in meno rispetto all’anno successivo), di cui 17 per conflitti interorganici e 16 per conflitti intersoggettivi, 14 dei quali (più dell’87%) fondati sulle disposizioni del “nuovo” Titolo V. 12 di tali ricorsi (quasi l’86%) sono stati proposti dalle Regioni e dalle Province autonome, mentre soltanto due (poco più del 14%) dallo Stato.
In sintesi, il quarto anno di vigenza della riforma del Titolo V, anzitutto, ha visto, rispetto all’anno precedente, una lieve diminuzione del numero totale dei ricorsi in via principale e, corrispondentemente, del numero di quelli fondati sui nuovi disposti costituzionali. In secondo luogo, v’è stato un significativo aumento dei ricorsi statali basati sul nuovo Titolo V a fronte di una notevole flessione di quelli regionali (mentre nel 2004 sono stati depositati quattro ricorsi dello Stato ogni tre ricorsi delle Regioni, nel 2005 vi sono stati ben sei ricorsi statali per ogni ricorso regionale). In terzo luogo, nonostante il discreto aumento del totale dei ricorsi per conflitto di attribuzione, nel 2005 è rimasto sostanzialmente invariato il numero dei ricorsi per conflitti intersoggettivi ed è diminuito il numero di quelli fondati sul nuovo Titolo V, i quali, peraltro, hanno continuato ad essere per la massima parte di iniziativa regionale.
Due di tali aspetti sembrano particolarmente significativi e meritano un’ulteriore riflessione: la riduzione del contenzioso sulle leggi e l’aumento dei ricorsi statali accompagnato dalla riduzione di quelli regionali. Si tratta di dati che, a parere di chi scrive, vanno letti congiuntamente.
Certamente la lieve riduzione del numero dei ricorsi in via principale va imputata ad un ridimensionamento del contenzioso originato dalle Regioni, atteso che, come visto, il numero dei ricorsi regionali è sceso sensibilmente. E quest’ultimo dato probabilmente deriva, da un lato, dalla negoziazione dei contenuti dei disegni di legge e degli schemi di decreti legislativi che avviene nella Conferenza Stato-Regioni, sede principale della collaborazione tra lo Stato e le Regioni (2), dall’altro, dal consolidamento di alcuni indirizzi giurisprudenziali della Corte costituzionale che hanno finito con l’operare quali “linee guida” della produzione legislativa statale, il rispetto delle quali ha evitato le impugnative regionali (basti pensare, a mero titolo esemplificativo, all’orientamento inaugurato con la sentenza n. 303 del 2003 sul principio di sussidiarietà quale fattore di flessibilità, in presenza di istanze unitarie e nel rispetto della leale collaborazione, dell’ordine costituzionale delle competenze amministrative e delle relative competenze legislative) (3).
Come accennato, però, la riduzione dei ricorsi regionali è stata accompagnata da un significativo aumento dei ricorsi statali. E ciò, nonostante l’attivazione, presso il Dipartimento Affari regionali della Presidenza del Consiglio dei ministri, di pratiche di conciliazione pre-contenziosa aventi ad oggetto – per l’appunto – la valutazione della legittimità costituzionale della legislazione regionale. Il fenomeno in esame sembra essere determinato da due fattori tra loro connessi: uno, attinente ai caratteri della legislazione regionale; l’altro, alla tipologia dei parametri costituzionali che lo Stato può invocare in sede di impugnativa delle leggi regionali.
Quanto al primo aspetto, occorre considerare che la produzione legislativa regionale, pur avendo un andamento decrescente nel tempo, risulta sempre più orientata all’elaborazione di leggi di riordino di interi settori (o di più settori insieme), piuttosto che di leggi di tipo microsettoriale; la stessa legislazione finanziaria regionale ha ormai assunto la funzione di contenitore di molteplici interventi di carattere ordinamentale relativi ai diversi settori di competenza regionale (4). In altri termini, posto l’elevato tasso di complessità che gli atti legislativi delle Regioni stanno con il tempo assumendo, il decremento delle leggi regionali non è incompatibile con un aumento delle norme regionali.
A fronte poi di tali leggi “organiche” e provvedimenti finanziari “omnibus” delle Regioni, lo Stato – e così giungiamo all’altro aspetto – tende a reagire, al fine di difendere le istanze unitarie dell’ordinamento, invocando anzitutto le competenze “trasversali” (o “finalistiche”) di cui all’art. 117, secondo comma, Cost. (lett. e), m) e s)), le quali – come noto – sono in grado di “penetrare” nelle materie di competenza regionale. E nella medesima prospettiva il Governo ricorre frequentemente ai principi fondamentali tratti dalla legislazione statale vigente nelle (nuove) materie che l’art. 117, terzo comma, Cost. attribuisce alla legislazione concorrente (“tutela e sicurezza del lavoro”, “professioni”, “tutela della salute”, etc.).
 
TABELLE RIASSUNTIVE
Si riportano di seguito quattro Tabelle riassuntive dei ricorsi per questione di legittimità costituzionale e per conflitto di attribuzione fondati sulle nuove disposizioni costituzionali:
- la prima riguarda i ricorsi dello Stato (Tabella A);
- la seconda, i ricorsi delle Regioni (e delle Province autonome) (Tabella B);
- la terza ordina per oggetto i ricorsi per questione di legittimità costituzionale delle Regioni (Tabella B1);
- la quarta ordina per materia i ricorsi per conflitto di attribuzione delle Regioni (Tabella B2).
 
 
NOTE
 
(1) Occorre precisare che per riforma del Titolo V si intende non solo quella introdotta con la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (“Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione”), ma anche quella (parziale) operata con la legge costituzionale 22 novembre 1999, n. 1 (“Disposizioni concernenti l’elezione diretta del Presidente della Giunta regionale e l’autonomia statutaria delle Regioni”).
(2) Cfr., in proposito, il contributo sulla Conferenza Stato-Regioni di V. Tamburrini, contenuto nel presente Rapporto, ove si rileva che nel corso del 2005 si sono registrati soltanto 5 pareri negativi a fronte di 108 pareri espressi su atti governativi.
(3) Cfr., sul consolidamento degli indirizzi giurisprudenziali della Corte costituzionale, L. Ronchetti, La giurisprudenza costituzionale, nel Terzo Rapporto annuale sullo stato del regionalismo in Italia (2004), a cura dell’ISSiRFA “Massimo Severo Giannini” – CNR, Milano, 2005, pp. 379 ss., e, con particolare riferimento al principio di sussidiarietà, pp. 398-399.
(4) Cfr., su tali tendenze della legislazione regionale, C. Desideri, L’attività normativa nella settima legislatura regionale. La produzione legislativa, nel Terzo Rapporto annuale sullo stato del regionalismo in Italia (2004), a cura dell’ISSiRFA “Massimo Severo Giannini” – CNR, Milano, 2005, pp. 479 ss., nonché il contributo dello stesso Autore sulla produzione legislativa regionale contenuto nel presente Rapporto.

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