Avvertenza: lo studio che segue è tratto dal Secondo rapporto annuale sullo stato del regionalismo in Italia, pubblicato a cura dell'ISSiRFA.



1. Attività consultiva
1.1. Dati quantitativi
1.2. La nomina ministeriale di commissari ad acta
1.3. Il nuovo assetto della potestà regolamentare tra Stato e Regioni
1.4. In tema di conservazione di funzioni amministrative in capo allo Stato
1.5. In tema di annullamento governativo straordinario
1.6. In tema di controllo regionale sugli atti degli enti locali
2. Attività giurisdizionale
2.1. La tutela dell’ambiente, tra Stato e Regioni
2.2. In tema di Consorzi di bonifica
2.3. Disciplina delle cause di incompatibilità alla carica di consigliere regionale
2.4. In tema di controllo regionale sugli atti degli enti locali
2.5. Sui livelli essenziali di assistenza sanitaria (LEA)
NOTE




1. Attività consultiva
1.1. Dati quantitativi

L’attività interpretativa dei giudici amministrativi, anche per l’anno 2003, si segnala per aver contribuito alla chiarificazione e sistematizzazione dei contenuti della legge costituzionale n. 3 del 2001 con la quale, come noto, si è riformato l’intero Titolo V della parte seconda della Costituzione repubblicana; così come nel primo rapporto annuale sullo stato del regionalismo anche in quello attuale si è ritenuto opportuno dar conto non solo dell’apporto della giurisprudenza amministrativa di tipo contenzioso ma anche dell’attività propriamente consultiva del Consiglio di Stato.
Per quanto riguarda, in particolare, quest’ultima si è venuta consolidando la tendenza, già emersa nel corso del 2002 (1), alla riduzione dei pareri obbligatori resi in materia regolamentare la quale trova spiegazione nella riformulazione dell’art. 117 Cost., la quale ha affidato allo Stato la titolarità della potestà regolamentare nelle sole materie rientranti nella sua potestà esclusiva (così come elencate nell’art. 117,comma 2, Cost.) fatta salva, peraltro, la facoltà di delegare detta potestà alle Regioni stante il disposto di cui all’art. 117, comma 6, Cost. (2).
Sotto un profilo eminentemente quantitativo si registra, dunque, una flessione dei regolamenti statali sui quali è stato richiesto il previsto parere obbligatorio al Consiglio di Stato, essendo questi passati dai 149 del 2002 ai 131 del 2003.
A fronte del diminuito carico di lavoro derivante dalla consulenza obbligatoria va registrato, di converso, l’ampliamento dell’area della consulenza facoltativa che vede numerosi soggetti istituzionali rivolgersi al Consiglio di Stato in veste di autorevole e neutrale consulente in materia giuridico amministrativa (3).
In ordine a profili di merito emergenti dalla complessiva attività consultiva del Consiglio di Stato si ritiene di poter registrare una certa assonanza rispetto ai contenuti delle pronunce del giudice costituzionale alle quali, non a caso, viene fatto frequente rinvio.

1.2. La nomina ministeriale di commissari ad acta
In primo luogo è da segnalare il parere espresso dall’Adunanza generale del Consiglio di Stato n.3 del 15 maggio del 2003 (4); chiamata a pronunciarsi dal Ministero dell’ambiente e della tutela del patrimonio sulla legittimità della nomina ministeriale di un commissario ad acta, in caso di mancata adozione da parte di una Regione a statuto ordinario di un piano di parco nazionale, nonché sulla natura e sul contenuto dei poteri riconosciuti alla Regione circa l’adozione dello stesso, l’Adunanza generale esclude dalla vicenda de qua la pertinenza del nuovo riparto costituzionale delle competenze normative come introdotto dalla legge cost. n. 3 del 2001 ed, in particolare, l’applicabilità dell’art. 120, secondo comma, Cost., concludendo per la qualificazione dell’ intervento ministeriale come atto (non già di controllo ma) meramente procedimentale, volto a consentire l’ulteriore sviluppo della procedura legislativamente prevista, stante il suo carattere meramente strumentale ed esecutivo.

1.3. Il nuovo assetto della potestà regolamentare tra Stato e Regioni.
Di particolare interesse è l’attività consultiva resa dal Consiglio di Stato in relazione al nuovo assetto della potestà regolamentare tra Stato e Regione derivante dal riformato Titolo V della Costituzione; chiamata ad esprimere il proprio parere in ordine al regolamento generale per le funicolari aeree e terrestri in servizio pubblico destinate al trasporto di persone la sezione consultiva per gli atti normativi del Consiglio di Stato nel parere del 10 febbraio 2003, n. 335 svolge rilevanti considerazioni sia sulla natura non disponibile del riparto costituzionale delle competenze relativa alla potestà regolamentare statale e regionale, sia sul significato dell’art. 117, secondo comma, lett. m (5).
In ordine al primo aspetto il Consiglio di Stato rileva come il richiamo al parere favorevole della conferenza Stato-Regioni, contenuto nella premessa del regolamento, non può ex se valere a fondare la competenza regolamentare dello Stato, trattandosi di materia direttamente disciplinata in costituzione e come tale insuscettibile di divenire oggetto di negoziazioni tra Stato e Regione: “l’intesa tra lo Stato e le Regioni non può ritenersi sufficiente a modificare la disciplina del riparto di competenze sulla rispettiva potestà regolamentare, trattandosi di disciplina non disponibile in quanto stabilita in modo diretto e completo dalla Costituzione nel nuovo testo del Titolo V”.
In ordine al secondo aspetto, il Consiglio di Stato ritiene che nel caso di specie il fondamento della potestà regolamentare dello Stato risieda direttamente nella Costituzione, trattandosi di materia rientrante tra quelle di competenza esclusiva statale sia in quanto connessa con la tutela dell’ambiente, sia in quanto connessa con la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale.
A quest’ultimo proposito viene rilevato che “è compito dello Stato individuare il nucleo dei diversi diritti civili e sociali e apprestarne la garanzia uniforme, così che il contenuto di questi diritti sia precisato nella sua nozione essenziale, tale da sostanziarne l’effettività, e sia in questi termini concretamente assicurato in condizioni eguali in tutto il territorio nazionale”.

1.4. In tema di conservazione di funzioni amministrative in capo allo Stato.
Meritevole di essere sottolineata, inoltre, è la convinta adesione mostrata dal Consiglio di Stato nei confronti della nota sentenza n. 303 del 2003 con la quale la Corte costituzionale ha provveduto ad (re)interpretare il complessivo sistema del riparto delle funzioni normative ed amministrative dello Stato e delle Regioni. La sezione consultiva per gli atti normativi chiamata a pronunciarsi in ordine al regolamento di organizzazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha reso un articolato parere (6), nel quale, facendo proprie le argomentazioni elaborate dal giudice costituzionale nella suddetta sentenza, finisce con l’affermare che “il nuovo riparto delle funzioni normative non ha impedito la conservazione di rilevanti funzioni amministrative in capo allo Stato e, quindi, al ministero delle infrastrutture e dei trasporti che su queste materie è la struttura competente”.


1.5. In tema di annullamento governativo straordinario.
L’attività consultiva del Consiglio di Stato è stata, infine, invocata al fine di verificare la perdurante legittimità del potere di annullamento straordinario del Governo previsto dall’art. 138 del d.lgs 18 agosto 2000, n. 267 e dall’art. 2, comma 3 lettera p) della legge 23 agosto n. 400 del 1988 nei confronti dei Comuni, delle Province e delle Città metropolitane (7).
Ritenendo che la posizione costituzionale di detti enti non sia stata modificata dalla legge costituzionale n. 3 del 2001 il Consiglio di Stato, sez. I, 2 aprile 2003, n. 1313 (8) afferma che l’istituto dell’annullamento straordinario deve trovare applicazione nei confronti degli atti illegittimi dei medesimi enti in ragione “dell’obbligo gravante sul Presidente del Consiglio dei Ministri sancito dall’art. 95 Cost di assicurare il mantenimento di indirizzo politico, nel quadro di unità ed indivisibilità della Repubblica, di cui all’art. 5 Cost.”.

1.6. In tema di controllo regionale sugli atti degli enti locali
In relazione all’esercizio di poteri di controllo regionale sugli atti degli enti locali, chiamato ad esprimersi sulla perdurante operatività dell’art. 135, secondo comma, del d.lgs n. 267 del 2000 (9), successivamente all’abrogazione dell’art. 130 Cost ad opera dell’art. 9, secondo comma, della legge costituzionale n. 3 del 2001, il Consiglio di stato, sez. I, 26 novembre 2003, n. 1006, afferma che “venuta meno la fonte normativa di rango costituzionale su cui poggiava tutto il sistema dei controlli sugli atti dei enti locali si determina, invero, l’effetto abrogativo per caducazione di tutte le disposizioni dell’ordinamento che nella norma costituzionale trovavano giustificazione e la loro stessa ragion d’essere”.


2. Attività giurisdizionale
Nella giurisprudenza contenziosa, parimenti, non sono mancate nell’anno 2003 interessanti pronunce in materia regionale.

2.1. La tutela dell’ambiente, tra Stato e Regioni.
In tema di riparto delle competenze normative tra Stato e regione, in particolare, si segnala la sentenza del Consiglio di Stato, sez. VI., 18 marzo 2003, n. 1414 (10), resa in materia di tutela ambientale. E’ convincimento del giudice amministrativo, infatti, che “il nuovo impianto introdotto dal nuovo testo dell’art. 117 Cost. non derivi l’impossibilità per la Regione, nell’esercizio delle competenze ad essa legislativamente assegnate, di adottare misure di tutela del tipo di quelle poste in essere con la normativa regionale denunciata, per la cura di interessi funzionalmente collegati con quelli ambientali, e che dal riconoscimento allo Stato di una competenza esclusiva, sulla tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, volta a soddisfare esigenze unitarie meritevoli di disciplina unitaria sul territorio nazionale, non derivi l’impossibilità, per la Regione, di adottare nell’ambito delle proprie competenze, misure ulteriori rispetto a quelle, unitarie, definite dallo Stato”(11).
Ritenendo che l’art. 117, secondo comma, lett. s) Cost. abbia voluto riservare al legislatore il potere di fissare standards di tutela uniformi su tutto il territorio nazionale, senza peraltro escludere in questo settore la competenza regionale alla cura di interessi funzionalmente collegati con quelli propriamente ambientali, il Consiglio di Stato giudica la dedotta questione di illegittimità costituzionale manifestamente infondata, in ragione dell’argomentazione “che la nuova competenza esclusiva statale in tema di tutela dell’ ambiente e dell’ecosistema non abbia fatto venir meno la preesistente pluralità di titoli di legittimazione per interventi regionali, ed in particolare quelli volti, come nel caso in esame, a completare e specificare con una disciplina attuativa, un quadro di tutela generale definito dallo Stato”.

2.2. In tema di Consorzi di bonifica
Sempre in relazione alla esatta individuazione dell’ambito materiale di competenza legislativa, la sentenza del Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 4286 del 25 luglio 2003 ribadisce che le leggi regionali non possono sopprimere i consorzi di bonifica, né possono alterare le regole fondamentali di diritto privato, concernenti la disciplina dei rapporti fra i proprietari consorziati, mentre ben possono disciplinare le funzioni amministrative riguardanti le attività di difesa del suolo e nell’ambito del sistema idrico integrato. Il Consiglio di Stato ritiene, infatti, che dall’esame della normativa statale, così come interpretata dalla Corte costituzionale (12) emerge quale principio fondamentale della legislazione statale, tra gli altri, proprio quello del divieto di soppressione dei consorzi di bonifica e del divieto di alterazione delle regole fondamentali di diritto privato concernenti la disciplina dei rapporti fra i proprietari consorziati.

2.3. Disciplina delle cause di incompatibilità alla carica di consigliere regionale.
In tema di disciplina delle cause di incompatibilità alla carica di consigliere regionale, il Consiglio di Stato, sez. V, n. 1137 del 2003 ha ritenuto che queste ultime “continuano ad essere regolamentate dall’art. 4 della legge n. 154 del 1981, espressamente fatto salvo dalla disposizione abrogativa contenuta nel T. U. 267/00, e giudicato dal Giudice delle leggi […] non in contrasto con l’art. 122 Cost., introdotto dalla l. cost. 1/99 e non modificato dalla l. cost. 3/2001”(13); stando al giudizio del Consiglio di Stato, infatti, “il nuovo testo dell’art. 122 Cost., come sostituito dalla l. cost. 1/99 dà luogo solo a nuove e diverse possibilità di intervento legislativo regionale, senza che però venga meno, nel frattempo, in forza del principio di continuità, l’efficacia della normativa statale preesistente conforme al quadro costituzionale in vigore all’epoca della sua emanazione”; pertanto il Consiglio di Stato ritiene che l’art. 4 della l. 154/81, nel prevedere - nello specifico - l’incompatibilità della carica di Consigliere regionale con quella di assessore comunale, introduca una norma generale di principio, a cui dovrà attenersi (fino ad eventuale futura modifica) anche il legislatore regionale nell’esercizio del nuovo potere attribuitogli.

2.4. In tema di controllo regionale sugli atti degli enti locali.
In materia di controlli regionali sugli atti degli enti locali, il Consiglio di Stato coerentemente con la menzionata interpretazione resa in sede consultiva (14), nella sentenza, sez. V, 8 agosto 2003, n. 4598 ritiene che l’art. 9 della legge costituzionale n. 3 del 2001 abbia abrogato, con efficacia precettiva diretta ed immediata, l’art. 130 Cost, .facendo di tal guisa “venir meno in maniera radicale ed ex abrupto il regime dei controlli sugli atti degli enti locali”; a ciò consegue che devono considerarsi caducate ed espunte dall’ordinamento tutte le norme che si reggevano sull’abrogato art. 130 Cost., primo fra tutti l’art. 126 del T.U. n. 267 del 2000 che si richiamava direttamente ed espressamente proprio all’art. 130 Cost.

2.5. Sui livelli essenziali di assistenza sanitaria (LEA).
Particolarmente interessante risulta essere, infine, la sentenza del TAR Lazio, n. 4690 del 2003 resa in tema di livelli essenziali di assistenza sanitaria (LEA); detta pronuncia, infatti, svolge interessanti considerazioni, tra l’altro, in ordine alla diversità di modus operandi ed ambito di applicazione tra i livelli essenziali di assistenza ed i principi generali della materia della potestà legislativa concorrente di cui all’art. 117, comma 3 , Cost. Nella parte motiva della sentenza il giudice amministrativo, premesso che “non v’è alcuna contraddizione, né tampoco conflitto tra la competenza statale sui LEA sanitari e quella regionale in tema di tutela della salute”, giunge alla conclusione che “la fissazione dei LEA da parte dello Stato anzitutto non fa recedere il potere regionale sull'approntamento discrezionale, negli ovvi limiti dei principi fondamentali previsti dalla legislazione statale, dei mezzi organizzativi necessari e acconci per rendere concreta ed efficace detta tutela. La clausola generale ex art. 117, III c., lett. m) opera su un piano logico diverso di detti principi generali, nel senso che serve a rammentare alle Regioni, se del caso indirizzandone la potestà regionale, il limite fondamentale di un interesse nazionale non generico o mutevolmente ancorato ad una maggioranza politica pro tempore, bensì espressivo di valori o bisogni sociali comuni di tutta la collettività e, come tali, indivisibili o, meglio, non localizzabili e, proprio per questo, derivanti dalla comune appartenenza di Stato e Regioni (art. 114, I c.) alla Repubblica una e indivisibile (art. 5). Pertanto - argomenta,ancora, il giudice amministrativo - i LEA, che formano oggetto dell’intervento statale, spettano solo allo Stato e non sono suscettibili di regolazione differenziata a seconda delle esigenze d’autonomia sottese all’attribuzione della competenza legislativa a ciascuna Regione e, quindi, non possono esser confusi con i principi generali ex art. 117, III c., ult. per., potendo avere un contenuto anche ben più approfondito e stringente”.
La medesima pronuncia, inoltre, esclude che i LEA, pur rientrando in una materia di competenza esclusiva statale, debbano necessariamente ed integralmente essere regolati con legge, sulla scorta del ragionamento che “nessun dato testuale evincibile dalla l.c. 3/2001 induce a ritener che l’esercizio della potestà legislativa statale ex art. 117, II c., lett. m), qualora intersechi materie di competenza regionale concorrente, debba rispettare la previsione di cui al successivo III c., ult. per., che riserva alla legislazione dello Stato la determinazione dei soli principi fondamentali. Anzi, la testé citata sentenza n. 282/2002, nel vietare allo Stato di porre norme di dettaglio nei casi ex art. 117, III c., ult. - per la previsione di norme statali di rango primario essendo colà prevista solo come principi-cornice della legislazione regionale - esclude l’uso di strumenti dedicati a tal ultimo scopo nei contesti della competenza statale esclusiva e, quindi, la commistione di istituti aventi finalità distinte”.


NOTE

(1) In proposito cfr. Relazione sulla giustizia amministrativa del Presidente del Consiglio di Stato, Alberto De Roberto, 21 marzo 2003; L. Ronchetti, La giurisprudenza, in AA.VV., Primo Rapporto annuale sullo stato del regionalismo in Italia(2002), Milano, 2003,125

(2)In ordine alla delimitazione dell’area di intervento della potestà regolamentare statale non meno rilevanti paiono essere il riconoscimento dell’autonomia statutaria e delle funzioni amministrative a favore di Regioni, Province, comuni e Città Metropolitane ex artt. 114, secondo comma e 118 Cost.

(3) A tal proposito degne di particolare nota sono le considerazioni del Presidente del Consiglio di Stato il quale torna a sollecitare l’attenzione di Parlamento, Governo e Regioni sulla circostanza che l’attività normativa secondaria, in seguito all’avvenuta riforma del Titolo V della Costituzione, non risulta più assistita dal parere obbligatorio che precedentemente ne garantiva tanto la legittimità quanto la corretta formulazione; cfr. Relazione sulla giustizia amministrativa del Presidente del Consiglio di Stato, Alberto De Roberto, 21 marzo 2003 nt. 16

(4) Si tratta dell’unico parere dell’Adunanza Generale in materia regionale dell’anno 2003.

(5) Sul riparto della potestà regolamentare tra Stato e Regione in materia oggetto di direttiva comunitaria si veda, pure, Consiglio di Stato, sez. consultiva atti normativi, 29 settembre 2003, n. 3511.

(6) Consiglio di stato,sez. consultiva per gli atti normativi, n. 5014 del 15 dicembre 2003.

(7) L’operatività di detto potere di annullamento straordinario del Governo è stato, invece, escluso dalla Corte costituzionale nella sent. 21 aprile 1989, n. 229 in ragione della autonomia costituzionale (già) riconosciuta alle Regioni ed alle province autonome dal previgente Titolo V della Costituzione.

(8) L’intervento del Consiglio di Stato è espressamente previsto dall’art. 2, comma 3, lett p il quale ricomprende tra le attribuzioni del Consiglio dei ministri, appunto, “ l’annullamento straordinario, a tutela dell’unità giuridica dell’ordinamento, degli atti amministrativi illegittimi, previo parere del Consiglio di Stato”, di analogo tenore la formulazione dell’art. 138 del T.U. n. 267 del 2000.

(9) Detta disposizione consentiva al Prefetto in presenza di deliberazioni degli enti locali aventi ad oggetto acquisti, alienazioni, appalti ed in generale attività contrattuale che facessero presumere infiltrazioni di tipo mafioso nello svolgimento di dette attività, di chiederne la sottoposizione alla preventiva verifica di legittimità presso l’organo regionale di controllo.

(10) La si veda in Il Foro amministrativo,n. 3/2003, 1088.

(11) Tale decisione pare recepire l’orientamento, espresso in sede dottrinale e fatto proprio dalla Corte costituzionale, in base al quale non tutte le materie rientranti nella esclusiva competenza statale costituiscono materia in senso proprio, designando alcune di esse, invece,competenze del legislatore statale idonee ad investire una pluralità di materie; in dottrina, per tutti, A. D’ATENA, La consulta parla… e la riforma del Titolo V entra in vigore, in Giur. Cost., 2002, 2030 e segg.; Id. ,Materie legislative e tipologia delle competenze, in Quad. cost.,1/2003, 21 e segg.; L. RONCHETTI, La Giurisprudenza, cit., 114 e segg.; nella giurisprudenza costituzionale, con particolare riferimento alla materia della tutela dell’ambiente, v. sentt. n. 282 e n. 407 del 2002.

(12) Il riferimento va, in particolare, alla sent. n. 326 del 1998.

(13) In argomento cfr. Corte cost., ord. n. 383 del 2002.

(14) Cfr. Consiglio di Stato, sez. I, 26 novembre 2003, n. 1006.

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