Lo studio, scaricabile in formato pdf, è stato elaborato dall’Istituto di Studi sui Sistemi regionali, Federali e sulle Autonomie “Massimo Severo Giannini” (ISSiRFA-CNR) su commissione della Conferenza dei Presidenti delle Assemblee legislative delle Regioni e delle Province autonome.
In esso, l’ISSiRFA – sulla base dei materiali raccolti ai fini dell’elaborazione dei Rapporti sulla legislazione tra Stato, Regioni ed Unione europea curati dall’Osservatorio sulla legislazione della Camera dei Deputati (cui contribuisce da anni, unitamente agli Uffici legislativi delle Regioni e delle Province autonome) e sulla base delle rilevazioni compiute nel quadro delle proprie linee di ricerca – fa il “punto” sull’attuazione delle riforme costituzionali del 1999 e del 2001.
Lo stile adottato non è consueto nei lavori elaborati da un Istituto scientifico. Lo studio, infatti, si prefigge di fornire, mediante una serie coordinata di flash, un quadro di sintesi sullo stato del “nuovo” regionalismo italiano.
Il fatto che si siano intese privilegiare l’essenzialità e l’immediatezza della comunicazione non va, tuttavia, a detrimento della qualità scientifica del lavoro. Tutti i contributi, infatti, si fondano su dati empirici rigorosamente raccolti e seriamente valutati. Il che – può sottolinearsi – emancipa le “diagnosi” ottenute dal maggior rischio cui sono esposte le elaborazioni di questo tipo: quello – se così ci si può esprimere – dell’impressionismo.
Ma non basta. La scelta stilistica adottata presenta il vantaggio di fare emergere, in maniera particolarmente nitida, i tratti essenziali del quadro istituzionale che si sta progressivamente delineando: un quadro in movimento, nel quale la nota fondamentale è rappresentata dai processi di attuazione delle riforme costituzionali ricordate all’inizio.
Tali processi, pur non essendo ancora giunti a conclusione, registrano significativi passi in avanti, che stanno profondamente trasformando i caratteri del nostro ordinamento.
Soffermando l’attenzione sulle dinamiche che vedono, in prima linea, l’impegno delle Regioni, possono, in via esemplificativa, ricordarsi: gli undici nuovi Statuti sinora adottati, le leggi elettorali che hanno visto la luce in questi anni, le leggi “statutarie” licenziate da quasi tutti gli enti dotati di autonomia speciale, le iniziative assunte da due Regioni ordinarie in vista dell’accesso alle “forme e condizioni speciali di autonomia” di cui all’art. 116 u.c. Cost., la progressiva occupazione, da parte dei legislatori regionali, dell’ampia area loro residualmente assegnata dal quarto comma dell’art. 117 Cost.
È sufficiente questa rapida carrellata, per rendersi conto che, alla distanza di sette anni dalla riforma del titolo V, nessuna delle nuove strade da questa aperte all’autonomia delle Regioni è rimasta inutilizzata.
Ciò non significa che il cammino che resta ancora da fare sia breve. Basti considerare che alcuni statuti mancano all’appello, che non tutte le Regioni speciali hanno utilizzato il canale delle “leggi statutarie”, che i percorsi attuativi dell’art. 116 u.c. sono alle battute iniziali, che le potenzialità della competenza residuale sono lungi dall’essere esaurite. Senza contare che, sul versante statale, si registra l’assenza di leggi attuative fondamentali, come quella sulla finanza e quella sulle funzioni fondamentali degli enti locali.
Cionondimeno – come risulta dai contributi in cui lo studio si articola – gli elementi oggi disponibili consentono di percepire i tratti essenziali del “volto” delle nuove Regioni (per riprendere una vecchia e felice immagine di Giuliano Amato), con una nitidezza che solo pochi anni fa sarebbe stata impensabile.
Di qui, l’utilità di una “fotografia”, come quella che qui si presenta.
 
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Benché lo stile di lavoro dell’Istituto sia costantemente improntato allo scambio ed al confronto tra gli studiosi impegnati nelle ricerche, la paternità dei singoli contributi va riconosciuta: ad Aida Giulia Arabia, per il II ed il III capitolo; ad Enrico Buglione, per il X, a Carlo Desideri, per il I, ad Antonio Ferrara, per il V, VI e VII, a George France, per l’VIII, a Giulia Maria Napolitano, per il IX, a Laura Ronchetti, per il IV, a Vincenzo Santantonio, per l’XI.
 
 
 
 
Antonio D’Atena

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