Intervento per la cerimonia in occasione del sessantesimo anniversario della prima seduta dell'ARS.


 

Lo svolgimento delle elezioni per l'Assemblea regionale siciliana nell'aprile del 1947, il rigetto, qualche mese prima, da parte dell'Assemblea Costituente della proposta diretta a rinviarle a dopo il coordinamento dello Statuto regionale con la Costituzione ancora in via di definizione, rappresentarono un omaggio della Repubblica, a meno di un anno dalla sua nascita, alla Sicilia e alla storia antica e molteplice del Parlamento siciliano.
Ancor oggi - in occasione dell'anniversario che stiamo celebrando in questa sede così solenne - è giusto ricordare il coraggio e il significato di quella decisione e delle altre che la precedettero e la seguirono. L'elaborazione dello Statuto, ad opera della Commissione istituita dall'Alto Commissario Salvatore Aldisio, e la sua approvazione nel dicembre 1945 da parte della Consulta regionale, erano sfociate nella decisione del Consiglio dei ministri di recepirne il testo con il decreto legislativo del 15 maggio 1946. E fu, quello, un atto altamente impegnativo, che comportò il superamento di opposizioni e riserve nello stesso governo. Prevalse allora la preoccupazione di non dare pericolose ragioni di rilancio al movimento indipendentista, i cui capi erano stati mesi prima arrestati e destinati al confino a conferma della gravità di quell'insidia.
Ma il discorso sull'affermarsi del progetto di autonomia regionale per la Sicilia, tra il 1944 e il 1946, non può essere ricondotto oltre misura alla necessità di debellare il separatismo. Che il movimento per l'autonomia siciliana avesse ben altro e più ampio significato storico e istituzionale, lo si vide ben presto nel confronto che si sviluppò in seno all'Assemblea Costituente e nel processo di definizione della Carta Costituzionale in una sua parte essenziale.
Coraggiosa fu, nell'Assemblea eletta il 2 giugno 1946 con ampia partecipazione dei cittadini in tutta Italia, la decisione di trarre conclusioni conseguenti dalla scelta che era stata in precedenza compiuta di dare forza di legge nazionale allo Statuto regionale per la Sicilia. Mi riferisco in special modo alla conclusione di rispettarne e salvaguardarne i contenuti fondamentali, anche in fase di coordinamento con il nuovo dettato costituzionale, fino alla conversione del decreto del 1946 nella legge costituzionale del 26 febbraio 1948. Non si trattò, sia chiaro, di un percorso facile né esente da qualche intoppo, come possono ormai solo pochi ricordare per esperienza diretta, ma come tutti possono desumere dalla consultazione - che mi permetto sempre di consigliare - degli atti sia dell'Assemblea Costituente sia della sua Commissione dei 75 e delle Sottocommissioni in cui si articolò.
C'è ancora da trarre, da quella stagione politica di altissimo livello ideale, culturale e istituzionale, una preziosa ispirazione, una ricca messe di indicazioni e suggestioni, per affrontare nel modo migliore le sfide che la Repubblica ha oggi davanti a sé.
Il più strenuo difensore dello Statuto siciliano in seno all'Assemblea Costituente fu l'on. Gaspare Ambrosini, ma il suo impegno andò ben oltre quell'orizzonte traducendosi in contributo fondamentale al processo di discussione ed elaborazione del Titolo V della Seconda Parte della Costituzione repubblicana. E ciò ci consente di cogliere le motivazioni più profonde e la valenza generale del progetto dell'autonomia siciliana.
Il talento giuridico di Gaspare Ambrosini, uno dei grandi costituzionalisti dell'Assemblea costituente, e la sua vicinanza al magistero politico di Luigi Sturzo, si espressero nella più ampia proiezione del discorso autonomistico e regionalistico. Lungi dal riflettere un approccio di mera opportunità politica in funzione del contrasto della spinta separatistica, il movimento per l'autonomia siciliana assunse il valore e il fine di una profonda trasformazione complessiva dello Stato nazionale, rispetto all'impronta che l'unificazione e i governi unitari dei successivi decenni avevano presentato, dal punto di vista, soprattutto, della Sicilia e del Mezzogiorno.
Il bersaglio era costituito dagli assetti e dalle politiche di uno Stato accentrato e sordo all'esigenza di una unificazione effettiva, economica e sociale, del paese. Vi si contrapponeva - da parte di uomini come Gaspare Ambrosini e di altri particolarmente legati al filone del popolarismo sturziano - la visione di uno "Stato regionale", saldamente ancorata al principio dell'unità nazionale, ma rivolta a coniugare meridionalismo e autonomismo, tutela e affermazione dei diritti e degli interessi del Mezzogiorno attraverso una nuova articolazione dello Stato. E questa visione si spinse - nel processo costituente - fino a superare una esclusiva rivendicazione e connotazione meridionalistica per proporre un modello di ordinamento regionale che abbracciasse l'intero paese, che informasse di sé l'intero Stato italiano.
L'ancoraggio all'esperienza storica e alla realtà siciliana indusse uomini e gruppi di diversa provenienza politico-ideologica, a incontrarsi sul terreno della battaglia per l'autonomia regionale, anche al di là delle posizioni dei rispettivi partiti o movimenti di pensiero nazionali. E così, accanto a Gaspare Ambrosini, a Salvatore Aldisio, a Giuseppe Alessi e a non pochi altri per la Democrazia Cristiana, fecero la loro parte Enrico La Loggia, assertore della funzione "riparazionistica" dello Statuto siciliano, Giovanni Selvaggi, e, nella sinistra, Girolamo Li Causi, Luigi Castiglione e Pompeo Colajanni.
A quegli sforzi si dové la nascita di una Regione siciliana come entità politica e non meramente amministrativa, dotata di poteri legislativi e non solo di funzioni decentrate. Ed evidente ne fu l'impatto non solo sulla definizione della fisionomia di altre Regioni a statuto speciale, ma anche sulla scelta istitutiva delle Regioni a statuto ordinario, e - possiamo dire - sulla stessa più recente evoluzione in senso federalistico del dettato costituzionale in materia di poteri regionali.
Il riconoscimento che oggi rendo, a nome della Repubblica, a questa storia, il cui frutto fu, sessant'anni orsono, la nascita dell'Assemblea Regionale Siciliana, porta peraltro con sé un invito alla riflessione sul cammino percorso, sulle novità intervenute o annunciate sul piano istituzionale, e sui problemi che ne scaturiscono.
Il cammino percorso va valutato, attraverso il più libero confronto di opinioni, in rapporto al punto di partenza della rivendicazione autonomistica e alla luce delle ragioni obbiettive e delle motivazioni che le diedero forza.
Tra quelle ragioni, essenziale - di certo non secondaria - vi era quella di un superamento del carattere centralizzato e burocratizzato dell'amministrazione dello Stato, vi era quella di un possibile avvio - grazie all'autonomia - di nuove forme di gestione della cosa pubblica e delle risorse pubbliche. Al conferimento, da parte dello Stato nazionale, di poteri e di mezzi indispensabili perché le Regioni, segnatamente in Sicilia e nel Mezzogiorno, potessero diventare soggetti portanti di processi di avanzamento economico, sociale e civile, si presupponeva che dovesse corrispondere una piena assunzione di responsabilità da parte delle Regioni nell'esercizio delle loro funzioni legislative e di governo.
Se c'è un "passato da comprendere e da riconsiderare", come ha detto il Presidente Miccichè, è giusto farlo sul piano regionale e sul piano nazionale, nessuno sottraendosi a puntuali verifiche. Lo Stato, dal canto suo, ha da interrogarsi su limiti, discontinuità e distorsioni nelle politiche pubbliche per la Sicilia e il Mezzogiorno ; e sotto il profilo istituzionale sappiamo che cosa abbiano significato il ritardo (di oltre vent'anni) nella prima elezione dei Consigli delle Regioni a statuto ordinario, le incertezze e le contraddizioni nella gestione dei rapporti tra Stato e Regioni, la incapacità di procedere a riforme della Costituzione specie per quel che riguarda la configurazione del Senato della Repubblica come Camera delle autonomie. Ma bisogna, ripeto, fare un bilancio del cammino percorso ad ogni livello, in rapporto alle rispettive responsabilità.
Conta però soprattutto la volontà e capacità di guardare avanti. Il Titolo V della Costituzione è stato riscritto dal Parlamento in un testo che gli elettori hanno confermato per via referendaria ; si deve procedere alla sua attuazione, a cominciare dal disegno di legge annunciato e imminente sul federalismo fiscale ; è inoltre dinanzi al Parlamento il disegno di legge delega volto ad adeguare l'ordinamento degli enti locali alla riforma costituzionale del 2001, fino a dar vita ad una Carta delle autonomie locali. Non può dunque che collocarsi in tale contesto l'impegno già avviato di modifica dello Statuto regionale siciliano, l'impegno anche a contribuire all'avvento di quel federalismo solidale auspicato dal Presidente Cuffaro, che implica una partecipazione delle stesse Regioni a statuto speciale a sforzi generali di perequazione e solidarietà. Il Presidente dell'Assemblea mi ha rivolto poc'anzi cortesi espressioni, confidando tra l'altro in una più intensa collaborazione tra le istituzioni autonomiste e quelle statali ; ed è questa un'esigenza che mi trova sensibile e attento. Dobbiamo cooperare per un forte recupero di credibilità e di prestigio di tutte le nostre istituzioni democratiche, affrontando problemi di efficienza, di riordino, di semplificazione e di avvicinamento ai cittadini che si presentano anche come problemi di riduzione dei costi e di maggiore trasparenza della politica e delle istituzioni.
E dobbiamo farlo guardando a situazioni critiche sul piano sociale e sul piano civile ; mirando ad attrezzarci perché in Sicilia e nel Mezzogiorno vengano superate arretratezze e ragioni di malessere che si riassumono nel crescente divario tra Nord e Sud e in tassi ancora così elevati di disoccupazione, specie tra i giovani ; mirando ad attrezzarci perché venga fino in fondo colpita la mafia, la criminalità organizzata. E', quest'ultimo, il fronte di lotta su cui la Sicilia ha visto cadere non pochi dei suoi uomini migliori, e per essi voglio in questa sede fare solo il nome di Piersanti Mattarella.
Credo ci unisca la fiducia nella possibilità di vincere queste battaglie, mettendo a frutto le energie materiali e morali di cui si dispone anche e in particolare in questa magnifica Sicilia, e cooperando alle politiche e alle riforme indispensabili per far fronte alle sfide del nostro tempo.

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