[A cura di  M. Bellocci, P. Passaglia, R. Schulmers]

 

 

 

  
1. Considerazioni generali
Delle 18 pronunzie rese, nel corso del 2004, nei giudizi sui conflitti di attribuzioni intersoggettivi, solo 4 sono state rese nella forma dell’ordinanza, a fronte di 14 sentenze; quale diciannovesima pronunzia deve citarsi l’ordinanza n. 195, che ha deciso una domanda di sospensione dell’atto impugnato. Tra le 4 ordinanze, 3 pronunciano la cessazione della materia del contendere (si tratta delle ordinanze numeri 21, 160 e 244), mentre l’ultima (l’ordinanza n. 319) dichiara l’estinzione del giudizio.
Nel 2004 si conferma il trend già rilevato negli anni precedenti, secondo il quale il giudizio su conflitti intersoggettivi è originato soprattutto da ricorsi delle Regioni o delle Province autonome. In particolare, sono solo 3 le decisioni originate da ricorsi statali (si tratta dell’ordinanza n. 160 e delle sentenze numeri 199 e 258).
Delle 18 decisioni, 7 risolvono conflitti originati da atti adottati nella vigenza del vecchio parametro di costituzionalità (sentenze numeri 27, 103, 179, 273, 283, 288, ed ordinanza n. 244), mentre le restanti concernono ricorsi proposti dopo la modifica costituzionale del 2001.
Viene ribadita anche nel corso del 2004 l’inapplicabilità dell’istituto dell’acquiescenza al giudizio per conflitto di attribuzioni tra Stato e Regioni, e ciò a causa della indisponibilità delle competenze delle quali si controverte. Tali affermazioni, in particolare, si trovano nell’ordinanza n. 195, con la quale si decide circa la richiesta di sospensione dell’atto impugnato.
In quella sede la Corte ha ritenuto pregiudiziale, rispetto alla decisione sulla domanda cautelare, la valutazione della corretta instaurazione del rapporto processuale, pronunciandosi, conseguentemente, sulle sollevate eccezioni di inammissibilità del ricorso in quella sede e non successivamente, in occasione della decisione di merito.
Nella medesima decisione, peraltro, si conferma che, ai fini della valutazione della tempestività del ricorso, la avvenuta conoscenza dell’atto impugnato viene in considerazione solo quale criterio sussidiario, quando manchino la pubblicazione o la notificazione (che la legge assume, agli effetti che qui interessano, come equipollenti), di talché il termine per la proposizione del ricorso per conflitto di attribuzione avverso un atto del quale sia prescritta la pubblicazione come condizione di efficacia, deve in ogni caso essere individuato avendo riferimento alla data della medesima.
Nella sentenza n. 9 viene inoltre ribadita la inammissibilità di censure proposte, nel contesto del conflitto intersoggettivo, avendo come riferimento parametri differenti da quelli concernenti il riparto di competenze. Nel caso di specie si trattava degli artt. 3 e 97 Cost.
Nel senso dell’inammissibilità è anche la sentenza n. 258, in ragione del riferimento a parametri costituzionali individuati nel nuovo Titolo V Cost., per le Regioni speciali, senza alcuna argomentazione riferita all’applicazione dell’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001.
 
2. Il profilo soggettivo
 Quanto ai soggetti ricorrenti, non è individuabile alcuna particolare novità nel corso del 2004.


3. Il profilo oggettivo
 In relazione alla individuazione degli atti idonei a far sorgere conflitto di attribuzioni, nel 2004 la Corte si pronunzia su ricorsi proposti avverso regolamenti statali (sentenze numeri 9 e 283), decreti del Presidente del Consiglio dei ministri (sentenza n. 179, che in particolare riguarda l’allegato ad un d.P.C.m., e sentenza n. 273), decreti ministeriali (sentenze numeri 27 e 256), delibere del CIPE (ordinanza n. 195 e sentenza n. 233), delibere di Giunta regionale (sentenza n. 199) o provinciale (ordinanza n. 21), accordi di cooperazione transfrontaliera stipulati dalle Regioni (sentenza n. 258), nonché atti di natura interna all’amministrazione, come ad esempio una nota del Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato (sentenza n. 306), una nota del Dipartimento per i servizi nel territorio e lo sviluppo dell’istruzione del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca (sentenza n. 177) o una nota del Ministro per gli affari regionali (sentenza n. 258).
Un cenno particolare merita inoltre la sentenza n. 129, con la quale la Corte accoglie un conflitto sollevato da una Regione nei confronti dello Stato in relazione all’ordinanza di un Giudice per le indagini preliminari. In tale decisione la Corte conferma (implicitamente) l’indirizzo giurisprudenziale secondo il quale nei confronti di atti giurisdizionali il conflitto è ammesso solo nel caso in cui il ricorso sia volto non già a contestare l’error in iudicando, ma più radicalmente la sussistenza del potere giurisdizionale.
Se da un punto di vista formale non sussistono particolari restrizioni all’ammissibilità dei conflitti, determinante risulta invece la valutazione della idoneità dell’atto ad arrecare effettivamente una lesione alla sfera di competenza del ricorrente.
Da questo punto di vista, non sono mancate anche nel 2004 le decisioni di inammissibilità. Ad esempio, la sentenza n. 288 – concernente una Convenzione per l’esercizio 2001 stipulata tra il Ministro delle finanze e l’Agenzia delle entrate, nonché una nota dell’Agenzia delle entrate – ritiene tali attinon idonei «a produrre lesione della sfera di competenza costituzionale della ricorrente», in quanto vi si disciplinano «i rapporti tra il Ministro e l’Agenzia, senza alcun riferimento alle competenze regionali», né contengono «alcun profilo che in qualche modo possa dar luogo ad una compressione dei poteri regionali in materia di riscossione dei tributi».
Da questo punto di vista, è significativa anche la sentenza n. 199, nella quale invece si ritiene ammissibile il conflitto proposto avverso la delibera della Giunta regionale della Campania che disponeva che «al fine di salvaguardare l’identità e l’integrità del territorio regionale, non è ammessa la sanatoria delle opere edilizie realizzate in assenza dei necessari titoli abilitativi, ovvero in difformità o con variazioni essenziali rispetto a questi ultimi, e che siano in contrasto con gli strumenti urbanistici generali vigenti», evidenziando come tale atto «contiene addirittura un rifiuto di riconoscere efficacia ad un’intera normativa statale, pur disponendo la Regione degli strumenti costituzionali per contestarne la eventuale illegittimità costituzionale».
Sempre nel solco della giurisprudenza ormai consolidata si colloca l’affermazione della inammissibilità di ricorsi che si sostanzino in una mera vindicatio rei, in quanto privi del necessario «tono costituzionale», non lamentandosi con essi la lesione di alcuna sfera di competenze costituzionalmente garantita (sentenza n. 179).

 
 4. La definizione del giudizio
Delle 18 decisioni adottate, solo 7 sono nel senso dell’accoglimento del ricorso (sentenze numeri 27, 129, 177, 199, 233, 283 e 306), o contengono comunque (tra gli altri) dispositivi di accoglimento (sentenza n. 258). In 4 casi si pronuncia la cessazione della materia del contendere (ordinanze numeri 21, 160 e 244 e sentenza n. 256), mentre in un solo caso si pronuncia la estinzione del processo per rinunzia (ordinanza n. 319).
Nel caso dell’ordinanza n. 160, la cessazione è derivata dal formarsi del giudicato amministrativo sull’atto impugnato, confermando in tal modo la possibilità di una concreta sovrapposizione tra giudizio costituzionale e giudizio amministrativo.
La sentenza n. 256 pronunzia la cessazione della materia del contendere, invece, in quanto i regolamenti impugnati «hanno dato luogo a provvedimenti attuativi di erogazione per l’anno 2003» che non possono essere posti nel nulla poiché ciò determinerebbe «il sacrificio di valori che non solo sono evocati dalle suddette norme costituzionali, ma che permeano di sé la prima parte della Costituzione». Di qui, secondo la citata sentenza, la carenza di interesse della Regione.
La sentenza n. 273 è invece nel senso della inammissibilità per erroneità del presupposto interpretativo, e ciò in quanto l’atto impugnato è ritenuto dalla Corte applicabile nei confronti della Provincia autonoma di Trento ricorrente, solo per quanto concerne l’obiettivo in esso stabilito.
Viene confermata poi – in ragione della identità della posizione costituzionale delle Province autonome di Trento e Bolzano – l’estensione delle decisioni di accoglimento dei ricorsi dell’una nei confronti dell’altra (sentenza n. 283).
 

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