Sommario:
 
 
 
1.  L’autonomia territoriale in Polonia.
 
Gli anni ’90 del secolo scorso in Polonia si sono caratterizzati come un periodo denso di cambiamenti, sia per l’ordinamento giuridico nel suo complesso, sia per la struttura degli organi del potere pubblico. L’anno decisivo è stato il 1997, durante il quale è stata deliberata la nuova Costituzione della Repubblica polacca, che determina la struttura e le forme di azione di un moderno Stato democratico e rappresenta la base per il funzionamento di un sistema di autonomie territoriali.
L’attuale ordinamento della Repubblica polacca è basato sul principio espresso nell’articolo 15 Cost.: il principio del decentramento del potere pubblico. Tale principio, che stabilisce una delle regole cardinali per il funzionamento di un moderno Stato di diritto, impone di infrangere i “monopoli” presenti nel precedente sistema giuridico, tanto a livello politico, quanto con riguardo alle strutture dell’amministrazione statale. Per analizzare la configurazione dell’autonomia territoriale polacca, quindi, occorre anzitutto esaminare il concetto di decentramento.
Nella dottrina giuridica, come rilevato da Ewa Nowacka, non esiste una definizione univoca che descriva i caratteri dell’autonomia territoriale polacca all’interno del contesto decentrato (1). Secondo Jerzy Panejko, l’autonomia territoriale si qualificherebbe per il “decentramento, basato sulla legge, dell’attività amministrativa statale, esercitata da organi locali non sottoposti gerarchicamente ad altri organi, autonomi nell’ambito della legge e del generale ordinamento statale” (2). Quindi, in questa prospettiva, il decentramento consisterebbe in una deroga alla subordinazione gerarchica, dove “i singoli soggetti amministrativi hanno precise competenze, determinate dalla legge oppure trasferite da altri organi (di livello superiore), il cui esercizio si realizza in modo autonomo ed è sottoposto solamente alla verifica (di conformità alla legge) da parte di organi di controllo” (3).
Ad avviso di T. Bigo, invece, il concetto di decentramento sarebbe più ampio, e l’autonomia rappresenterebbe una sua specie.
Le forme giuridiche dell’attività delle autonomie territoriali in Polonia sono stabilite dalla Costituzione della Repubblica del 2 aprile 1997, che dedica integralmente il Capo VII a tale questione. I principi fondamentali sono stati successivamente sviluppati e dettagliati mediante le leggi sull’autonomia municipale, distrettuale e del voivodato.
Analizzando le disposizioni della Costituzione riguardanti l’autonomia territoriale, bisogna prestare particolare attenzione all’art. 16, comma 2, nel quale il Costituente ha definito le autonomie territoriali come la principale e più importante forma di decentramento, stabilendo che gli abitanti delle suddivisioni territoriali (municipi, distretti e voivodati) costituiscono per legge un’autonomia territoriale e che essa partecipa all’esercizio del potere pubblico, svolgendo le funzioni affidatele, in nome proprio e sotto la propria responsabilità.
Conformemente ai presupposti sistematici dianzi menzionati, l’autonomia territoriale polacca non risulta però autonoma dal punto di vista della produzione legislativa (4): ciò deriva direttamente dalle premesse teoretiche su cui è fondato l’attuale sistema delle autonomie territoriali in Polonia.
Nella concezione costituzionale dell’autonomia territoriale, il punto di partenza resta comunque la sovranità dello Stato, che può esercitare i poteri o direttamente attraverso i propri organi, o trasferendone parte alla comunità locale, la quale costituisce un distinto soggetto giuridico: per l’appunto, l’ente dotato di autonomia territoriale.
Non si può, inoltre, disgiungere l’essenza del sistema delle autonomie territoriali in Polonia da una delle norme basilari dell’ordinamento della Repubblica, espressa nell’art. 3 Cost., vale a dire il principio dello Stato unitario. A garanzia della realizzazione di tale principio si pone l’unità del sistema giuridico, in cui le due Camere del Parlamento (Sejm e Senat) sono gli unici organi abilitati dalla Costituzione a legiferare.
Pertanto, nel sistema giuridico polacco è costituzionalmente esclusa la creazione di entità autonome con potestà legislativa distinta da quella dello Stato, come pure l’esistenza di un sistema di autonomie che permetta agli organi dell’autonomia stessa di adottare leggi prevalenti su quelle statali, ad efficacia generale.
Si afferma, dunque, il decentramento del potere pubblico, ma soltanto con riguardo al potere esecutivo, non al potere legislativo. Di conseguenza, in qualunque modo sia articolato lo Stato unitario polacco, risulta negata la possibilità di introdurre enti che abbiano funzione legislativa autonoma. Tuttavia, per l’efficace attuazione del principio del decentramento è indispensabile che vengano trasferite alle autonomie territoriali funzioni normative: da ciò discende la previsione del cosiddetto “diritto locale”, incluso tra le fonti del diritto generalmente vincolanti, indicate nel relativo catalogo contenuto nella Costituzione al Capo III (si tornerà sulla questione infra, al paragrafo 3).
Un aspetto particolarmente importante della legislazione del periodo successivo alla Costituzione, con riguardo all’attuazione del principio del decentramento, è rappresentato dall’introduzione di una suddivisione territoriale in tre livelli (municipi, distretti e voivodati). La legge del 24 luglio 1998, che ha operato tale articolazione, ha sostituito la legge del 28 maggio 1975, che invece prevedeva soltanto due livelli e sulla base della quale erano entrati in funzione 49 voivodati e circa 2100 municipi.
La nuova disciplina ha introdotto 16 voivodati, prevedendo inoltre i municipi e i distretti. In tal modo è stato pienamente attuato il principio costituzionale di una suddivisione territoriale in almeno due livelli. I principali atti normativi di riforma che hanno determinato il complessivo assetto ordinamentale sono rappresentati dalla legge del 5 giugno 1998 sull’autonomia territoriale del voivodato (5), dalla legge del 5 giugno 1998 sull’autonomia territoriale del distretto (6), e dalla citata legge del 24 luglio 1998 sull’introduzione del ripartizione territoriale dello Stato in tre livelli (7).
Al livello del voivodato si è scelto di collocare un dualismo amministrativo (con la presenza dell’amministrazione statale nel voivodato stesso (8)).
Inoltre, al posto dei precedenti organi di amministrazione speciale, sono stati introdotti organi di amministrazione “riunita” e “non riunita”.
La nuova organizzazione dell’autonomia territoriale substatale della Repubblica, vigente dal 1° gennaio 1999, è, quindi, la seguente:
1. al livello del voivodato: giunta, consiglio del voivodato e maresciallo;
2. al livello distrettuale: giunta, consiglio del distretto (per le città che hanno titolo per ergersi in distretto) (9) e staroste;
3. al livello di base: giunta, consiglio municipale (di una città), sindaco.
Inoltre, un indubbio rilievo di carattere sistematico ha assunto la legge del 20 giugno 2002 sull’elezione dei sindaci, mediante la quale è stata fornita a tali organi una legittimazione democratica diretta, assumendo come principio che l’elezione debba avvenire a suffragio universale, con voto equale, diretto e segreto (10).
È bene specificare che tra i diversi livelli di autonomia territoriale non sussiste alcun rapporto di subordinazione, né di sorveglianza o controllo. Ciò costituisce uno dei riflessi peculiari della loro autonomia. Un simile risultato viene raggiunto grazie alla ripartizione chiara delle competenze tra i vari livelli territoriali. La Costituzione, in particolare, conformemente al principio di sussidiarietà espresso nel Preambolo, introduce una presunzione in favore della competenza delle autonomie territoriali, stabilendo all’art. 163, che “l’autonomia territoriale esercita le funzioni pubbliche non riservate dalla Costituzione o dalle leggi ad altri poteri pubblici”. Secondo l’art. 164, comma 1, invece, l’entità di base dell’autonomia territoriale è rappresentata dal municipio, il quale, ai sensi del comma 3 dello stesso articolo, “esercita tutte le funzioni dell’autonomia territoriale non riservate ad altri enti di autonomia territoriale” .
 
2.  L’autonomia del voivodato: l’autonomia territoriale regionale nel sistema polacco.
 
Con il termine “voivodato” (o con l’analoga espressione “autonomia territoriale del voivodato”) si indica la comunità titolare dell’autonomia territoriale “regionale” ed il relativo territorio. Nel sistema giuridico vigente non esistono norme che esplicitino i criteri seguiti per la creazione dei nuovi voivodati, o per la riarticolazione di quelli preesistenti. Inoltre, diversamente dai comuni e dai distretti, nella legge viene stabilito in maniera esatta il numero dei voivodati, i nomi loro attribuiti e la sede dei loro organi.
La questione della variazione dei confini dei voivodati ha suscitato numerosi problemi interpretativi. Fino al 30 settembre 2000 (11) tale variazione veniva realizzata mediante un decreto del Consiglio dei Ministri, con l’unica condizione dell’acquisizione del previo parere degli organi dell’ente autonomo, ai sensi dell’art. 5 della legge 24 luglio 1998.
Tale ultima disposizione, però, è stata dichiarata costituzionalmente illegittima dal Tribunale Costituzionale, poiché essa non conteneva nessun criterio che vincolasse il Consiglio dei Ministri nella decisione sulle variazioni in parola. Il successivo emendamento alla normativa ha perciò fissato due requisiti cui il decreto deve attenersi: a) il miglioramento delle condizioni di esercizio delle funzioni pubbliche del voivodato; b) la conservazione dei legami sociali, economici e culturali della regione.
Come accennato, sul territorio di un voivodato sono presenti organi sia dell’amministrazione statale, che di quella dell’autonomia territoriale (realizzando così un dualismo amministrativo, come previsto dalla legge sull’amministrazione statale nel voivodato).
Si è già sottolineato, inoltre, che gli organi del voivodato non hanno competenza né di sorveglianza né di controllo nei riguardi dei distretti e dei municipi, la cui autonomia non può essere lesa (in ossequio al principio del decentramento).
L’autonomia territoriale del voivodato è dotata di personalità giuridica, trova garanzia giudiziaria nell’ordinamento ed esercita funzioni pubbliche in nome proprio e sotto la propria responsabilità. I cittadini residenti in un voivodato assumono le decisioni direttamente, attraverso i referendum, o indirettamente, mediante gli organi elettivi dell’autonomia territoriale.
Per quanto concerne le attribuzioni, l’art. 14, comma 1, della legge sull’autonomia territoriale del voivodato stabilisce genericamente che il voivodato esercita le funzioni stabilite dalle leggi, mentre è l’art. 2, comma 1, della stessa legge a precisare che “l’ambito di attività dell’autonomia territoriale comprende l’esercizio delle funzioni pubbliche non riservate dalle leggi agli organi dell’amministrazione statale nel voivodato”: si tratta della ripartizione di competenze che dà luogo all’accennato dualismo amministrativo (amministrazione del voivodato ed amministrazione statale).
Inoltre, l’art. 169, comma 4, Cost. garantisce alle autonomie territoriali la potestà statutaria, stabilendo che “gli organi normativi dell’autonomia territoriale disciplinano, entro i limiti della legge, la sua organizzazione”. L’art. 7 della legge sull’autonomia territoriale del voivodato prevede, in aggiunta, che lo statuto del voivodato venga deliberato, previa consultazione del Presidente del Consiglio.
Occorre sottolineare che la stessa Costituzione, individuando le tipologie degli organi degli enti territorialmente autonomi (art. 169, comma 1) ed i principi del diritto elettorale (art. 169, comma 2), ed introducendo il “principio della durata del mandato” dell’organo che esercita funzioni normative (si tratta di un principio dedotto dal testo costituzionale dal Tribunale Costituzionale), già determina in buona misura il contenuto degli statuti degli enti di autonomia territoriale, voivodato incluso.
Senza dubbio lo scopo principale che il voivodato è chiamato a perseguire consiste nella programmazione e nell’attuazione dello sviluppo regionale. D’importanza essenziale al riguardo è la legge del 12 maggio 2000 in materia di sostegno allo sviluppo regionale, modificata a partire dal 1° gennaio 2005 per effetto della legge del 20 aprile 2004 relativa piano di sviluppo nazionale. Secondo tale legge, il voivodato si pone soprattutto quale esecutore delle funzioni connesse agli scopi indicati nel decreto del Consiglio dei Ministri che fissa il piano di sviluppo nazionale, nonché delle funzioni legate al piano regionale ed ai piani operativi regionali, approvati dal Consiglio di voivodato.
Ricadono nell’ambito del voivodato le funzioni, indicate dalla legge sulla strategia di sviluppo regionale, attinenti in particolare ai seguenti scopi (ai sensi dell’art. 11 della legge stessa) (12):
1)  cura dello spirito nazionale, dello sviluppo e formazione dell’identità nazionale, di cittadinanza e culturale; cura e sviluppo dell’identità locale;
2) stimolo all’attivita commerciale;
3)  incremento del livello di concorrenza e di innovatività dell’economia nel voivodato;
4)  conservazione dei valori culturali ed ambientali, in considerazione delle esigenze delle future generazioni;
5) governo del territorio.
Inoltre, l’autonomia territoriale si occupa della politica del complessivo sviluppo del voivodato, nella quale rientrano, tra l’altro: lo sviluppo economico e la creazione delle condizioni ad esso rivolte, l’agevolazione al mercato del lavoro, l’esercizio di funzioni di pubblica utilità, nonché di funzioni di protezione dell’ambiente secondo i principi dello sviluppo equilibrato, di funzioni sociali, educative, scientifiche e culturali, insieme alla promozione di modelli e di possibilità di sviluppo del voivodato (art. 11, comma 2, della legge sull’autonomia territoriale del voivodato).
A quanto precede bisogna aggiungere che, ai sensi dell’art. 13 della legge sull’autonomia territoriale del voivodato, l’autonomia è autorizzata a dar vita a società a responsabilità limitata e a società per azioni, oltre l’ambito della pubblica utilità, a condizione che le attività di tali società siano mirate alla promozione educativa ed editoriale, e che dette attività contribuiscano allo sviluppo del voivodato. Per quanto stabilito dall’art. 14 della legge, le funzioni del voivodato di carattere economico, sociale, politico ed educativo comprendono, tra l’altro: la progettazione d’area, la modernizzazione dei siti urbani, la lotta alla disoccupazione, l’aiuto sociale, la sicurezza pubblica, la protezione della salute, la protezione dell’ambiente naturale.
Nell’ambito territoriale del voivodato il legislatore ha allocato, oltre ai compiti propri dell’autonomia territoriale regionale, anche le funzioni che ricadono nella competenza dell’amministrazione statale (art. 14, comma 2); peraltro, al riguardo è possibile registrare una tendenza, sulla cui scorta appare giustificato ritenere che l’autonomia territoriale stia progressivamente aumentando il numero delle funzioni pubbliche da essa esercitate. Correlativamente, risulta diminuito il numero di funzioni svolte dall’amministrazione statale. Una diversa questione è quella relativa ai criteri in base ai quali avviene la ripartizione delle funzioni: ci si chiede, in particolare, se l’autonomia territoriale possa parteciparvi o se il risultato finale dipenda soltanto da decisioni politiche (13).
L’autonomia territoriale del voivodato è investita, inoltre, di un ampio “potere estero”. Gli scopi principali verso cui la collaborazione con l’estero deve tendere vengono stabiliti dalla giunta di voivodato, e dovrebbero riguardare le priorità geografiche e i progetti di adesione a comunità regionali internazionali. Per dare avvio alla “collaborazione estera” è richiesta una delibera. Siffatte delibere, come l’iniziativa della giunta di voivodato, in particolare per quanto attiene ai progetti di accordi di collaborazione regionale, possono essere deliberate con il consenso del Ministero degli Esteri.
Altrettanto importante, infine, è l’elaborazione e lo svolgimento della politica d’area, con riguardo a tutti gli enti di autonomia territoriale. L’autonomia territoriale del voivodato progetta il relativo piano d’area, svolge le analisi adeguate e, soprattutto, allestisce gli strumenti ed i programmi riguardanti le aeree, in funzione delle necessità e degli scopi (14).
 
 
3.  Il diritto locale delle autonomie territoriali in relazione al loro carattere ed alla loro posizione.
 
In base alla Costituzione, il “diritto locale” rientra tra le vigenti fonti del diritto oggettivo (15), le quali si caratterizzano per il fatto che “possono regolare l’attività dei soggetti di ogni tipo: di tutti i cittadini, degli organi statali, di tutte le istituzioni ed organizzazioni, pubbliche e private”.
Il carattere vincolante erga omnes del diritto che le fonti producono è, però, diversamente modulato, potendo estendersi o al territorio dell’intero Stato ovvero, nel caso del diritto locale, soltanto al territorio degli enti che lo producono (16).
Le norme del diritto locale vincolano, dunque, coloro che si trovano nella situazione da esse prevista: questi possono essere soggetti che soggiornano sul territorio dell’ente di autonomia, oppure persone che usano i mezzi di trasporto su quel territorio; le norme possono essere rivolte a tutti i soggetti, oppure soltanto ad alcune categorie (ad esempio, proprietari di immobili o persone che svolgono un’attività commerciale).
Analizzando la vigente disciplina delle fonti del diritto oggettivo, in tema di diritto locale non si può eludere la domanda circa la portata dell’autonomia normativa degli enti territoriali substatali: ossia, è corretto parlare di una vera e propria autonomia normativa relativamente alle fonti del diritto locale?
Gli artt. 87, comma 2, e 94 Cost. forniscono, al riguardo, una risposta estremamente chiara: nell’ordinamento polacco non è ammessa una legislazione locale autonoma rispetto alle leggi statali. La forma di stato vigente impone la necessità di considerare la funzione normativa dell’autonomia territoriale come una funzione a carattere derivato, che opera sulla base di autorizzazioni disposte dalla legge. L’autonomia territoriale gode solamente dei poteri attribuiti dalla legge, e la sua attività normativa è soggetta al controllo di legittimità.
Ne risulta che in nessun caso può utilizzarsi con riguardo agli organi normativi degli enti di autonomia territoriale l’espressione “parlamenti locali”. L’attività normativa dell’autonomia territoriale, infatti, si svolge secondo il principio per il quale “è consentito ciò che la legge espressamente autorizza”, e non secondo la regola “è consentito ciò che la legge non vieta” (17).
Tutti gli atti produttivi di diritto locale hanno un carattere lato sensu esecutivo. Sono atti con efficacia erga omnes e, allo stesso tempo, atti sublegislativi, situati nella gerarchia dei fonti in posizione inferiore rispetto alle leggi ed adottati sulla base di attribuzioni di potere ad opera delle leggi.
Peraltro, al riguardo è lecito chiedersi come l’esistenza di atti di diritto locale interagisca con il principio della divisione e dell’equilibrio tra i poteri, e quindi se l’autonomia territoriale possa essere autorizzata alla produzione normativa.
Ovviamente, il modo tradizionale d’intendere la teoria della divisione dei poteri escluderebbe la possibilità di introdurre atti a carattere normativo ad opera dell’autorità esecutiva. È necessario riconoscere, tuttavia, che l’amministrazione non sarebbe in grado di svolgere le proprie funzioni senza il potere di adottare tali atti. Bisogna pertanto riconoscere l’esattezza del rilievo di E. Iserzon, quando afferma che “il potere del Parlamento di esercitare funzioni normative in via esclusiva – ove mai sia realmente esistito – appartiene oramai al passato” (18).
Le competenze normative delle autonomie territoriali, dunque, non costituiscono solo uno strumento di decentramento amministrativo, ma anche una forma di decentramento politico, non comprendente esclusivamente attività e funzioni pubbliche e la relativa responsabilità (il che sarebbe sufficiente a realizzare il decentramento amministrativo), ma anche la ripartizione delle competenze rientranti nel potere politico-esecutivo (19).
Né i termini della questione mutano per il fatto che gli atti normativi esecutivi delle leggi non possano ampliare le discipline in esse contenute, ma possano soltanto attuarle e neppure in modo integralmente autonomo, bensì nella direzione indicata dal legislatore. Il diritto locale costituisce, quindi, una parte dell’ordinamento giuridico statale, che nello Stato unitario può essere, per l’appunto, l’unico esistente.
In conclusione, può, quindi ribadirsi che la forma unitaria dello Stato unitario che caratterizza la Polonia esclude la sussistenza di un’autonoma legislazione territoriale, ma non esclude la possibilità di decentrarein favore di enti territoriali, anche se “non statali”, cioè in favore degli enti dell’autonomia territoriale, (20) una funzione lato sensu normativa. Un decentramento siffatto, introdotto direttamente dalla Costituzione e sviluppato dalla legislazione ordinaria, ha lo scopo di ottimizzare il processo di produzione normativa e di adeguarlo alle esigenze e alle condizioni locali. Inutile, peraltro, dire che si tratta di qualcosa che muove da un intento diverso dalla “regionalizzazione” e dall’attribuzione di potestà legislativa agli enti territoriali substatali.
 
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NOTE
 
(*)        Revisione linguistica di Luca Pirozzi
(1)        E. J. Nowacka, Polski samorząd terytorialny, Lexis 2006, 26.
(2)        J. Panejko, Geneza i podstawy samorządu europejskiego, Wilno 1934, 131.
(3)        J. Boć (a cura di), Prawo administracyjne, Kolonia Limited 2005, 240.
(4)        D. Dąbek, J. Zimmermann, Decentralizacja poprzez samorząd terytorialny w ustawodawstwie i orzecznictwie prokonstytucyjnym, in P. Samecki (a cura di), Samorząd terytorialny. Zasady ustrojowe i praktyka, Wydawnictwo Sejmowe 2005, 8.
(5)        In Gazz. Uff. del 2001, n. 142, pos. 1590, con le successive modifiche.
(6)        In Gazz. Uff. del 2001, n. 142, pos. 1592, con le successive modifiche.
(7)        In Gazz. Uff., n. 96, pos. 603, con le successive modifiche
(8)        Legge del 5 giugno 1998 sull’amministrazione statale in voivodato, in Gazz. Uff. del 2001, n. 80, pos. 872, con le successive modifiche.
(9)        Ai sensi dell’art. 91 della legge sull’autonomia territoriale distrettuale: “Le attribuzioni di un distretto spettano alle città che al 31 dicembre contavano più di 100.000 abitanti, ed alle città che alla stessa data non erano più sedi di voivodi, salvo che, per mozione del consiglio municipale, si sia rinunciato al conferimento ad una città delle attribuzioni di un distretto, ovvero le città abbiano conseguito il titolo di città con attribuzioni di distretto durante la prima suddivisione dello Stato in distretti”. 
(10)      Su tale problematica si veda J. Boć, op. cit., 199.
(11)      È la data in cui l’art. 5 della legge del 24 luglio 1998 sull’introduzione della divisione territoriale dello Stato in tre livelli è stato dichiarato illegittimo, per contrasto con l’art. 92, comma 1, Cost., dalla sentenza del Tribunale Costituzionale K 10/99, in Gazz. Uff. n. 101, pos. 1182.
(12)      E. J. Nowacka, op. cit., 111.
(13)      Si veda a tal proposito K. Bandarzewski, Wieloszczeblowość samorządu terytorialnego i jego komplementarność w ujęciu konstytucji, ustawodawstwa i orzecznictwa, in Samorząd terytorialny. Zasady..., cit., 123 ss.
(14)      Legge del 27 marzo 2003 sulla pianificazione e progettazione d’area, in Gazz. Uff n. 80, pos. 717, con le successive modifiche
(15)      Art. 87, comma 2, Cost.
(16)      J. Jeżewski, in J. Boć (a cura di), Konstytucje Rzeczypospolitej oraz komentarz do Konstytucji RP z 1997 r., Wrocław 1998, 167.
(17)      D. Dąbek, Prawo miejscowe samorządu terytorialnego, Bydgoszcz 2003, 101.
(18)      E. Iserzon, Prawotwórcza działalność organów administracji państwowej, in Państwo i Prawo, 1963, nn. 5-6, 832.
(19)      M. Kulesza, Opinia dla TK, in ST, 2000, n. 9, 33.
(20)      Su questa problematica si veda S. Kasznica, Polskie prawo administracyjne, Poznań 1947, 63 s..

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