AVVERTENZA: L’articolo trae origine dalla conferenza tenuta dall’autore – professore nella Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Bahia – presso l’ISSiRFA il 14.5.2007. La traduzione è di Valentina Tamburrini.
 
 
 
 
Sommario:
  1. 1. Premesse teoriche: federalismo e federazione.
  2. 2. Gli elementi strutturali di una federazione.
  3. 3. Modelli di federalismo e il caso della federazione brasiliana.
  4. 4. La dicotomia federalismo simmetrico-federalismo asimmetrico e i suoi riflessi nell’ordinamento giuridico brasiliano.
  5. 5. Il binomio federalismo centripeto-federalismo centrifugo e il caso brasiliano.
  6. 6. Note conclusive: la situazione attuale dello Stato federale brasiliano.
  7. 7. Riferimenti bibliografici.
 
 
 
1. Premesse teoriche: federalismo e federazione
Il federalismo si configura come una forma di governo basata sullo schema tipico della distribuzione e dell’esercizio del potere nell’ambito di un determinato territorio, derivando dalla necessità di preservare la diversità delle culture e la diversità delle tradizioni politiche degli Stati-membri e degli altri enti locali.
Il federalismo costituisce un peculiare compromesso tra il decentramento e la concentrazione del potere, in funzione di un modello condiviso di nazione e di livelli socialmente desiderati di integrazione politica e di equità sociale.
Come sostiene Elazar (1987, p. 186), trattandosi di strutture non centralizzate, i sistemi federali contemporanei delineano forme particolari di relazioni intergovernative, naturalmente competitive e cooperative, così come modalità di interazione necessariamente basate sulla negoziazione tra sfere di governo. Così, l’esistenza di competenze concorrenti e di competenze comuni tra le istanze di governo deriva sia dalla natura non centralizzata del federalismo, sia dalla perenne possibilità di intervento del Governo centrale.
D’altra parte, il carattere negoziale delle relazioni intergovernative ha condotto gli studiosi a ritenere che il federalismo sia, allo stesso tempo, una peculiare struttura statale e un processo che opera nel doppio senso di ridefinizione costante di competenze e attribuzioni tra sfere di governo.
Sebbene siano termini correlati, “federalismo” non si confonde con “federazione”. Certamente, il federalismo, da un primo punto di vista, è legato a ideali, valori e concetti del mondo che esprimono una filosofia comprensiva della diversità nell’unità. Invece, la federazione è intesa come forma di applicazione concreta del federalismo, associando le entità autonome all’esercizio di un governo centrale, su basi costituzionali.
In questo senso, il principio federativo può esistere senza una struttura federale e viceversa, potendosi citare Stati che non adottano una struttura federale – come, per esempio, la Spagna e l’Italia – ma che presentano evidenti pratiche federative.
Per Almeida (1991, p. 49), il federalismo garantisce l’esercizio di una democrazia partecipativa, con una moltiplicazione di centri di decisione politica nei quali il cittadino è collocato più vicino al potere, ed assicura la realizzazione di una convivenza armonica con le differenze culturali, sociali ed economiche esistenti tra gli enti della federazione. In questa prospettiva, il federalismo è un mezzo perchè il popolo di uno Stato possa vivere insieme in modo armonico, a prescindere dalle differenze storiche e sociali esistenti.
Il modo di esercizio del potere politico in funzione del territorio dà origine al concetto di forma di Stato, vale a dire, il modo in cui il potere politico è esercitato nei confronti dei cittadini in funzione o nell’ambito del loro territorio. Così, lo Stato si caratterizza in relazione alla sua forma a seconda del modo in cui si valuti la concentrazione del potere e l’organizzazione che la struttura statale assumerà.
Si rende così necessario esaminare la classificazione delle forme di Stato che si va evolvendo per considerare le seguenti categorie: Stato unitario; Stato unitario decentralizzato; Stato costituzionalmente decentralizzato e Stato federale.
Lo Stato unitario si caratterizza per la centralizzazione politico-amministrativa in un unico centro di potere decisionale, mentre lo Stato unitario decentralizzato è quello che presenta una decentralizzazione politica.
A sua volta, lo Stato costituzionalmente decentralizzato, o Stato regionale, è quello Stato nel quale la decentralizzazione politica è prevista nella Costituzione. Le regioni non detengono un potere costituente proprio, essendo organizzate sulla base di una normativa nazionale. In virtù dell’accentuata autonomia che è conferita alle regioni, questa forma di Stato molte volte è confusa con lo Stato federale. L’Italia e la Spagna sono esempi di Stati che adottano lo Stato costituzionalmente decentralizzato come forma di Stato.
Da parte sua, lo Stato federale è concepito come un’unione di Stati, prevista nella Costituzione, nella quale sono riconosciute l’autonomia e la partecipazione politica. Questa forma di Stato presuppone la consacrazione di certe norme costituzionali per la sua strutturazione e il mantenimento della sua indissolubilità.
Come evidenzia Antonio D’Atena (2006, p. 68), dal punto di vista strutturale, gli ordinamenti che si qualificano a base decentrata, come l’ordinamento federale e l’ordinamento regionale, presentano alcuni elementi comuni, i quali si differenziano dagli ordinamenti di tipo unitario centralizzato: a) l’esistenza di livelli territoriali di governo in posizione intermedia tra lo Stato centrale e gli enti locali; b) la circostanza che questi livelli intermedi dispongano di competenze garantite dalla Costituzione; c) il fatto che queste competenze comprendano anche la legislazione.
La federazione è la forma di Stato adottata dalla Repubblica del Brasile (art. 1 della Costituzione federale).
L’attuale Legge fondamentale del 1988 ha innovato il sistema federale brasiliano, prevedendo una tipologia di federalismo tridimensionale, nella quale figurano l’Unione, come ente sovrano, e gli Stati membri e i Municipi, come enti autonomi. Tutti i citati enti federativi - Unione, Stati membri e Municipi – sono dotati di capacità di autogoverno, auto-amministrazione e auto-organizzazione.
 
 
2. Gli elementi strutturali di una federazione
La scienza giuridica considera quali principi costitutivi di una federazione e pilastri di uno Stato federale: la separazione, l’autonomia, la partecipazione, il coordinamento e la sussidiarietà.
Secondo il principio della separazione, la Costituzione deve contenere norme specifiche sul riparto di competenze legislative tra i livelli di governo. In generale, la divisione di competenze si basa su due criteri: quello della distinzione tra materie di interesse nazionale e locale e quello delle attività di interesse inter e intra locale.
In base al principio dell’autonomia, ciascun livello di governo è autonomo nel proprio ambito di competenza. Conseguentemente, un livello di governo non può esercitare nei confronti di un altro alcun controllo gerarchico o diritto di tutela.
Secondo il principio della partecipazione, gli Stati membri debbono essere rappresentati e partecipare alle decisioni in ambito federale. In generale, questa rappresentanza si realizza attraverso il bicameralismo federale, in base al quale, la seconda camera rappresenta tutti gli enti federati, in modo più o meno paritario.
Da parte sua, il principio del coordinamento deriva dalla necessità di coordinamento tra le autorità politiche perchè trovino applicazione simultaneamente i principi della separazione e dell’autonomia.
Trattando del tema, Croisat (1995, p. 138-143) individua tre tipi di coordinamento: a) il primo è un coordinamento di carattere autoritario, dovuto alle prescrizioni imperative imposte agli Stati membri dal Governo federale, il cui impiego deve essere considerato come eccezionale e provvisorio, eccetto nelle ipotesi di misure d’urgenza, come in caso di guerra; b) il secondo tipo consiste nella riforma costituzionale che consente tanto il trasferimento di competenza, quanto l’adozione di competenze comuni per le materie che subiscano modificazioni nel contesto storico; c) il terzo ed ultimo tipo di coordinamento deriva dalla realizzazione di accordi intergovernativi per l’applicazione di programmi e finanziamenti congiunti.
È tuttavia il principio di sussidiarietà che merita particolare attenzione, in virtù della sua particolare importanza per il federalismo.
Il principio di sussidiarietà ha lo scopo di limitare l’intervento dello Stato, con riguardo alle libertà degli individui e dei gruppi sociali che lo integrano. Suoi fondamenti sono la libertà e la giustizia. La sussidiarietà mira a concretizzare la libertà di iniziativa e di scelta. A tal fine, determina la limitazione dell’autorità centrale alle attività di direzione, controllo e supervisione e consente alle autorità inferiori la realizzazione dell’interesse pubblico. Il principio di sussidiarietà è un principio di giustizia, la quale è realizzata quando gli individui e i gruppi sociali minori esercitano le proprie competenze e i poteri che ad essi naturalmente appartengono, impedendo che la propria libertà di iniziativa sia sacrificata a favore dell’iniziativa pubblica.
In questo senso, Torres (2001, p. 37) afferma che il principio di sussidiarietà persegue tre obiettivi: dare fondamento al ruolo sussidiario dello Stato in relazione alla società; indicare i parametri di ripartizione della competenza tra le autorità pubbliche o private di diversi livelli; e, infine, orientare l’ambito di azione statale.
Secondo il principio di sussidiarietà, lo Stato deve disimpegnare una funzione sussidiaria nei confronti dei privati. Nella sua funzione sussidiaria, lo Stato si caratterizza per due attribuzioni essenziali: creare le condizioni necessarie per consentire l’azione del privato e supplire alle attività dei privati, quando queste si rivelino insufficienti o inadeguate. Ne consegue che lo Stato non deve realizzare le attività che l’iniziativa privata può svolgere in maniera efficiente.
Infatti, Baracho sostiene (1996, p. 27) che il principio di sussidiarietà impedisce l’interventismo statale illimitato, preservando il fenomento del pluralismo, che conduce al riconoscimento della necessità di un processo di equilibrio tra le molteplici tensioni nell’ordine sociale. Il potere dello Stato non deve fondarsi su una base unitaria ed omogenea, ma sull’equilibrio pluralistico delle forze che caratterizza la società.
D’altro lato, in base al principio di sussidiarietà, deve darsi priorità alla norma regolatoria a scapito della norma di controllo, poichè quella prevale per la determinazione dei limiti dell’attività economica. La norma di controllo opera nello Stato interventista, che è quello che guida l’attività economica. La norma regolatoria, invece, proviene da uno Stato regolatore, che, anzichè intervenire nell’economia, si limita a vigilare. Mentre quello Stato ha come funzione precipua la promozione dell’ordine economico, questo ha come funzione essenziale la promozione dell’ordine positivo.
In aggiunta, il principio di sussidiarietà si rivela un mezzo efficace di promozione del sistema democratico, avendo come presupposto l’esercizio della cittadinanza attiva. Questa non si esercita solo mediante la partecipazione politica, ma anche attraverso un’intensa partecipazione alla vita comune. L’iniziativa privata dovrà operare per la collettività, realizzando compiti di interesse generale.
Il riconoscimento del principio di sussidiarietà genera due importanti conseguenze. La prima è che il popolo torna a far parte della gestione della res publica, escludendo che lo Stato sia visto come un corpo estraneo, staccato dalla società. L’altra importante conseguenza è che il popolo assume anche una maggiore responsabilità nella realizzazione e ottimizzazione del servizio pubblico. La responsabilità per la realizzazione delle funzioni pubbliche favorisce la partecipazione, contribuendo concretamente alla formazione della cittadinanza attiva.
Queste sono le ragioni per le quali, sul piano giuridico-politico, il principio di sussidiarietà si traduce nel principio federativo, venendo ad essere impiegato sia come criterio di ripartizione della competenza tra le diverse sfere della federazione, sia come regola per la soluzione di conflitti di attribuzione che sorgano tra le stesse, in modo da rafforzare sempre, in definitiva, il potere locale, e mantenere la gestione amministrativa il più vicino possibile al cittadino. Comporta anche la definizione delle funzioni che competono alle istanze minori e quelle che, per deduzione, devono essere realizzate dagli enti maggiori e centrali.
In Brasile, l’esperienza del federalismo ancora non ha realizzato, nella sua pienezza, i principi della separazione, autonomia, partecipazione, coordinamento e sussidiarietà, mantenendosi ancora distante dalla realtà degli enti federativi, in presenza di una concentrazione del potere del Governo centrale.
 
 
3. Modelli di federalismo e il caso della federazione brasiliana
La letteratura sul federalismo non è particolarmente precisa nell’impiego di termini che qualificano i suoi diversi generi, né esistono tipologie che presentino un minimo di consenso che permettano di identificarli, anche quando sussiste una certa convergenza quanto ai criteri di classificazione impiegati.
Ai fini del presente lavoro, assume una grande utilità la tipologia dell’ACIR – Advisory Commission on Intergovernmental Relations (1981, p. 3), il cui criterio è la natura delle relazioni intergovernative. Essa distingue tre tipi di assetti federativi. Il primo, denominato federalismo duale, rispecchia il modello americano delle origini, allo stesso tempo descrittivo e prescrittivo, nel quale i poteri del Governo generale e degli Stati, sebbene esistano e siano esercitati negli stessi limiti territoriali, costituiscono sovranità distinte e separate, che agiscono in maniera distinta e indipendente, nelle sfere che siano loro proprie.
Gli altri due modelli di federalismo risultano dalla trasformazione dell’assetto duale, in conseguenza della tendenza all’espansione dell’ambito del Governo federale, vale a dire, di un processo più o meno accentuato di centralizzazione. Così, il federalismo centralizzato implica una trasformazione dei Governi statali e locali in agenti amministrativi del Governo federale. Quest’ultimo è in grado di interferire in modo significativo nelle questioni delle entità sub-statali, al di là del primato nell’esercizio del potere decisionale e finanziario. Il federalismo cooperativo, invece, comporta gradi differenti di intervento del potere federale e si caratterizza per modalità di azione congiunta tra le istanze di governo, nelle quali le entità sub-statali conservano significativa autonomia di decisione e propria capacità di finanziamento.
Nel federalismo cooperativo, si realizza un mutamento dei poteri di decisione nei livelli di governo – federale e locale – a beneficio di un meccanismo, più o meno complesso e formalizzato, di accordo intergovernativo. In base a ciò, si verifica una tendenza alla riduzione delle politiche condotte da un solo governo, registrandosi una interdipendenza e un coordinamento delle attività di governo, in base ad una decisione volontaria di tutti gli enti della federazione, senza che operi alcuna pressione gerarchica.
Con il federalismo cooperativo, si appalesa un’alterazione nel concetto di autonomia, che viene ad essere misurata meno per le disposizioni giuridiche e per la difesa dei capisaldi costituzionali e più per la capacità di influenza, tanto nell’ambito delle negoziazioni tra tutti gli enti della federazione, quanto nei procedimenti che devono assicurare l’eguaglianza tra gli enti rappresentati. Per il Governo di un’entità federata, la difesa dell’autonomia viene a dipendere dalla sua capacità di negoziazione negli ambiti che considera prioritari. I settori più influenti saranno quelli dotati di una maggiore varietà di informazione e che saranno in grado di comunicare in forma più obiettiva.
Nel federalismo cooperativo, gli enti federati perdono, così, una parte della propria autonomia originaria. Tuttavia, questa autonomia perduta non è assorbita dal Governo federale, perchè, in realtà, anche le materie di competenza esclusiva o privativa della competenza dell’ente federale risultano interessate.
Si evidenzia come il federalismo cooperativo non elimini i conflitti di competenza, gli ambiti di concorrenza o le duplicazioni di attività tra gli enti della federazione, ma intenda ridurre la portata di tali problemi attraverso accordi politici negoziati. Non costituisce un traguardo definitivo della storia del federalismo, poichè è suscettibile di conoscere fasi di centralizzazione e decentralizzazione.
Queste tipologie di federalismo corrispondono a modelli di relazione che tanto possono descrivere il profilo predominante delle relazioni tra istanze di governo, in un dato Paese e in un dato periodo, quanto possono convivere, fianco a fianco, con altre forme di interazione, in differenti aree dell’azione governativa. Ma, nei due casi, essi individuano relazioni intergovernative nelle quali la non-centralizzazione, tipica dell’ordinamento federativo, convive in modo complesso e spesso conflittuale con la logica della centralizzazione-decentralizzazione.
In questi tipi di federalismo, l’esistenza di competenze comuni, tipica del federalismo, convive e si intreccia con il principio della definizione nitida delle funzioni tra livelli di governo, caratteristica degli Stati unitari. Ciò che in questi costituisce una sovrapposizione irrazionale di funzioni, derivante dalla disordinata espansione dell’azione di governo, si rivela caratteristica tipica dei sistemi federativi.
Per quello che riguarda il Brasile, la Legge fondamentale del 1988 ha stabilito il sistema legale del federalismo cooperativo, dando forma alle aspirazioni di decentralizzazione e riforma sociale ampiamente diffuse nella società brasiliana al termine della dittatura militare (1964-1985). Il sistema federale fu ridisegnato in favore degli Stati e dei Municipi, questi ultimi riconosciuti come enti della federazione con lo stesso status legale degli altri livelli di governo.
La nuova Costituzione ha consacrato la tendenza alla redistribuzione delle risorse fiscali a scapito del Governo federale, che già si era andata profilando negli anni anteriori. Sul terreno delle politiche sociali, la Costituzione decide per una modalità di federalismo cooperativo, caratterizzato dall’esistenza di funzioni ripartite tra le differenti sfere di governo e per l’obiettivo di modelli di autorità e responsabilità chiaramente definiti. Il sistema federativo, in astratto, si rivela anche fortemente decentralizzato, in contrasto con la legislazione e la prassi dell’autoritarismo burocratico.
Inoltre, la Legge fondamentale del 1988 ha previsto competenze comuni per l’Unione, gli Stati e i Municipi nei settori della salute, assistenza sociale, educazione, cultura, edilizia e bonifica, ambiente, protezione del patrimonio storico, lotta alla povertà e integrazione sociale di categorie svantaggiate e educazione al traffico. La legislazione di attuazione dovrà definire le forme di cooperazione tra i tre livelli di governo (Costituzione federale, art. 23).
D’altro lato, sono state attribuite competenze legislative concorrenti ai governi federale e statali in un’ampia gamma di settori: protezione dell’ambiente e delle risorse naturali; conservazione del patrimonio culturale, artistico e storico; educazione, cultura e sport; giurisdizione sulle cause minori; salute e previdenza sociale; assistenza in giudizio e difesa; protezione dell’infanzia, dell’adolescenza e dei disabili; organizzazione della polizia civile (Costituzione federale, art. 24).
Nel corso degli anni ’90 e nel primo decennio del nuovo secolo, l’ampia produzione legislativa – oltre alle norme in ambito ministeriale – è andata attribuendo contenuto ai principi costituzionali. La tendenza alla decentralizzazione si impone in tutti i settori della politica sociale, con l’eccezione della previdenza e della scienza e tecnologia, che permangono sotto la responsabilità federale.
Tuttavia, la decentralizzazione ha assunto significati e contenuti diversi, in base al disegno di ciascuna politica specifica, alla previa distribuzione delle competenze e al controllo sulle risorse, tra i tre livelli di governo. Decentralizzazione poteva significare trasferimento parziale o totale di responsabilità dal Governo federale agli Stati; dal Governo federale al livello locale, o dal Governo statale al locale. Poteva significare, inoltre, mutamento di funzioni tra livelli di governo, o di un livello di governo nei confronti di altre organizzazioni pubbliche o private, per esempio: del Governo statale rispetto alle scuole; o del Governo rispetto alle organizzazioni assistenziali, cooperative, ONGs.
 
 
4. La dicotomia federalismo simmetrico-federalismo asimmetrico e i suoi riflessi nell’ordinamento giuridico brasiliano
Le espressioni simmetria e asimmetria sono impiegate per le relazioni nell’ambito di un sistema federale.
Nel federalismo simmetrico, pare ideale che ciascuno Stato membro mantenga il legame con l’autorità centrale e che la divisione dei poteri tra i Governi centrale e statali sia la stessa. In aggiunta, è necessario che la rappresentanza presso il Governo centrale abbia il medesimo fondamento per ciascun ente federato e che, da ultimo, le attività dell’ente federale siano egualmente distribuite.
D’altro lato, nel federalismo asimmetrico, accade che la asimmetria di ciascuna unità politica federata dal sistema presenti una caratteristica o un insieme di caratteristiche che contraddistingue il suo modo di relazionarsi con il sistema come tutto, con l’autorità federale e con altri Stati.
Infatti, Ramos (1998, p. 96-98) descrive quali sono gli aspetti della simmetria e della asimmetria che devono essere considerati per la definizione delle tipologie di federalismo: a) la popolazione, il territorio e la ricchezza di ciascuna entità federata condiziona il suo potere, la sua influenza e la necessità di considerazione che gli è attribuita; b) il grado di autonomia e di poteri conferiti o esercitati nella pratica in ciascuno Stato membro; c) la rappresentanza nelle istituzioni federali; d) la rappresentanza relativa e l’influenza di ciascun ente federato, dove ci sono accordi o procedure per la conduzione delle relazioni intergovernative; e) il grado di uniformità nell’applicazione di una dichiarazione di diritti; f) la presenza di uniformità o diversità nel peso relativo o nel ruolo dello Stato membro nel procedimento di revisione costituzionale; g) il grado di uniformità imposto alle entità federate nei dispositivi relativi alle proprie Costituzioni.
Sono diverse le norme della Costituzione della Repubblica brasiliana che rivelano la scelta per l’asimmetria: art. 23, unico paragrafo; art. 43, §1º, I, II, §2º, I, II, III, IV, §3º; art. 151, I e art. 155, I, b, §2º, VI, XII, g. Queste disposizioni prevedono una cooperazione tra gli enti della federazione e hanno come obiettivi: la diminuzione delle disuguaglianze; lo sviluppo equilibrato; la creazione di regioni e la previsione della distribuzione delle entrate e altre forme di incentivi come interessi agevolati, esenzioni, riduzioni e dilazioni temporanee dei tributi federali dovuti dalle persone fisiche o giuridiche.
Esaminando la questione in prospettiva critica, si constata che la Costituzione della Repubblica del 1988 e le leggi costituzionali consentono eccessi e abusi nel trattamento asimmetrico del diritto, a favore degli enti federativi situati nel nord/nord-est, e a scapito di quelli situati nella zona sud/sud-est del Paese.
L’eccesso di trattamento asimmetrico conduce all’accomodamento e alla perdita di responsabilità del beneficiario delle risorse destinate allo sviluppo, poiché quando le risorse sono concentrate e distribuite si verifica sempre un certo grado di soggezione di colui che riceve. D’altro canto, l’abuso di trattamento asimmetrico implica l’ampliamento della buona situazione finanziaria dell’entità federata che già ne gode e complica ancor più la situazione di un’altra entità che si trovi in difficoltà.
Eppure, si deve cercare una soluzione di equilibrio tra gli enti federativi del sistema giuridico brasiliano, il che può accadere quando l’Unione, gli Stati membri e i Municipi più ricchi cooperino con gli enti federativi più poveri, ma senza superare le necessità di questi ultimi e senza trascurare le loro proprie richieste.
 
 
5. Il binomio federalismo centripeto-federalismo centrifugo e il caso brasiliano
Esistono tre criteri di classificazione per definire una federazione centripeta o centrifuga.
La prima classificazione considera la realtà interna di una federazione, vale a dire, come si distribuiscono competenze e poteri tra Unione e Stati membri. Così, se una federazione concentra poteri e competenze nell’Unione, essa è più centralizzata e viene denominata centripeta. Se una federazione allontana competenze e poteri dall’Unione, conferendo maggiore autonomia agli Stati membri, essa è più decentralizzata e viene denominata centrifuga.
Da parte sua, la seconda classificazione non tiene conto della realtà interna di ciascuna federazione, ma, piuttosto, del momento storico che ha condotto alla formazione dello Stato federale. Infatti, se una federazione ha avuto origine per opera di diversi Stati sovrani che hanno ceduto la propria sovranità per formare uno Stato federale, tale federazione è considerata centripeta, come, ad esempio, nel caso nord-americano. Se una federazione ha avuto origine da uno Stato unitario che si è disciolto, conferendo autonomia agli Stati membri, tale federazione è centrifuga, come nell’esperienza brasiliana.
La terza classificazione si basa sul momento attuale che vive una federazione. In base a tale criterio, la federazione degli Stati Uniti è una federazione centripeta, dal momento che cerca di centralizzare poteri e competenze nell’Unione, mentre la federazione brasiliana è una federazione centrifuga, che mira a decentralizzare poteri e competenze dall’Unione agli Stati e ai Municipi.
Così, il federalismo nord-americano è un federalismo centripeto, proprio in quanto decentralizzato e teso alla ricerca di maggiore centralizzazione. La decentralizzazione è connaturata alla storia del federalismo nord-americano, che è derivato dagli Stati confederati che hanno ceduto la propria sovranità per convertirsi in Stati federati. La tendenza in questa federazione è quella di ricercare la centralizzazione nei momenti di crisi, al fine di rafforzare l’Unione, in considerazione della grande decentralizzazione esistente tra i suoi Stati membri.
In quest’ottica, il federalismo brasiliano è centrifugo, dal momento che si registra un’alta concentrazione di potere nell’Unione e, per questo, si cerca una maggiore decentralizzazione. Tale centralizzazione deriva dalla tradizione storica del federalismo brasiliano, che ha avuto origine da uno Stato unitario che ha concesso autonomia agli Stati membri per convertirsi in uno Stato federale. La tendenza in questa federazione è la ricerca di decentralizzazione, allo scopo di rafforzare gli Stati membri e i Municipi, alla luce della forte centralizzazione in capo all’Unione.
Dunque, federazioni di origine storica centrifuga si caratterizzano per una centralizzazione del potere e registrano attualmente una tendenza alla ricerca di maggiore decentralizzazione. Questo è il quadro del federalismo brasiliano attuale.
 
 
6. Note conclusive: la situazione attuale dello Stato federale brasiliano
Dagli anni ’80, il Brasile sta vivendo un lento mutamento da una forma di federalismo centralizzato ad un modello cooperativo decentralizzato. Il passaggio da un tipo di federalismo ad un altro implica, per conseguenza, non solo una definizione delle forme e meccanismi della cooperazione, ma anche una decentralizzazione di competenze e attribuzioni delle sfere federale, statale e municipale.
Il processo di transizione verso il federalismo cooperativo sta incontrando due tipi di ostacoli.
Il primo emerge dallo scontro di due logiche operanti negli ultimi decenni: la logica della situazione di emergenza economica e quella della decentralizzazione propriamente detta. La prima subordinava le iniziative governative all’esigenza di gestione dell’inflazione e alle necessità di austerità fiscale. La conseguenza è stata una enorme instabilità nel valore e nel flusso delle risorse effettivamente disponibili per i diversi ambiti sociali.
Il secondo ostacolo alla transizione al federalismo cooperativo consiste nella difficoltà dello stesso Governo federale a definire con chiarezza meccanismi di cooperazione che forniscano incentivi efficaci alla decentralizzazione. Dove il Governo centrale è stato capace di costruire quei meccanismi, la decentralizzazione procede e la cooperazione tra i livelli di governo si va costruendo nella pratica. Dove il centro non è in grado di produrre una politica efficace, il modello cooperativo non si è sviluppato e la ridefinizione effettiva delle funzioni dipende dalle iniziative dei Governi statali e, in certe aree, dei Governi locali.
Con l’avvento della Costituzione federale del 1988, il Brasile ha optato per la sostituzione del federalismo centralizzato, di derivazione autoritaria, per un modello cooperativo e decentralizzato. Tale mutamento è un processo inevitabilmente lungo e frutto di negoziazioni, dal momento che implica, simultaneamente, la costruzione di forme di cooperazione tra entità politiche e il trasferimento di attribuzioni e responsabilità.
Di conseguenza, i suoi risultati debbono essere apprezzati in un arco temporale che tenga in considerazione la complessità propria delle due dimensioni di questo mutamento. L’esperienza maturata sin qui sembra indicare che l’andamento di tale duplice costruzione di meccanismi di cooperazione e di decentralizzazione di responsabilità dipenda molto dalle iniziative del Governo federale e dalla sua capacità di concedere incentivi adeguati ai governi sub-nazionali.
In questo senso, le vicissitudini di tale processo non risultano dalle carenze del modello cooperativo consacrato dalla Costituzione del 1988, ma dalle circostanze economiche e dalle limitazioni politiche che rendono difficile la definizione da parte del centro degli strumenti di cooperazione e di incentivi alla decentralizzazione.
Certamente, il modello cooperativo assicura la flessibilità dei rapporti intergovernativi, adeguata alle marcate differenze di capacità – finanziaria, amministrativa e tecnica – tra gli enti federativi brasiliani.
Il federalismo brasiliano rimane, tuttavia, squilibrato sul piano dei risultati, essendo caratterizzato da una situazione di frequente contrattazione nella divisione delle responsabilità tra sfere di governo nazionale e sub-nazionale, non essendo rara la concentrazione di poteri nell’ambito del Governo centrale.
 
 
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