N. 1 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 18 gennaio 2006.

 Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 18 gennaio 2006 (del Presidente del Consiglio dei ministri)

 

(GU n. 5 dell'1-2-2006)

 

Ricorso   del  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  difeso
dall'Avvocatura  generale  dello Stato, presso la quale ha il proprio
domicilio in via dei Portoghesi n. 12, Roma;

    Contro  la  Provincia  Autonoma  di  Trento,  in  persona del suo
Presidente  per la dichiarazione della illegittimita' costituzionale,
della  legge  provinciale  6  dicembre 2005, n. 17 (B.U.R. 7 dicembre
2005,  n. 49),  Disposizioni  urgenti  in  materia  di concessioni di
grandi   derivazioni   di  acque  pubbliche  a  scopo  idroelettrico,
modificative  dell'articolo  1-bis  1 della legge provinciale 6 marzo
1998, n. 4.
    L'art. 9  dello  Statuto  speciale  per  il  Trentino-Alto Adige,
nell'assegnare   alla   potesta'   legislativa   delle   province  la
«utilizzazione delle acque pubbliche», esclude «le grandi derivazioni
a scopo idroelettrico».
    Disciplinando  questa  materia la legge provinciale ha, pertanto,
sconfinato dalla sua potesta' legislativa.
    Gia'  per  questo  la  legge  provinciale  e'  costituzionalmente
illegittima.
    Resta  da  verificare se la sua legittimita' possa essere fondata
sull'art. 10  della  legge  costituzionale  n. 3 del 2001 che estende
alle  Province  autonome  di  Trento e Bolzano le forme di autonomia,
piu' ampie rispetto alle precedenti, attribuite dalla legge stessa.
    La  norma  impugnata  e'  intervenuta in materia di concessioni a
scopo idroelettrico, quindi in una materia, la produzione di energia,
che rientra nella legislazione concorrente della Provincia.
    L'art. 1-bis,  comma  16, secondo periodo, del d.P.R. n. 235/1977
dispone  che  la legge provinciale si deve attenere ai principi della
legislazione  statale  ed  agli  obblighi comunitari, in pratica agli
stessi  limiti  previsti  nel primo e nel secondo comma dell'art. 117
Cost. per la legislazione delle regioni a statuto ordinario.
    L'art. 117,  nel  suo  nuovo  testo, non ha, pertanto, attribuito
alle  regioni  a  statuto  ordinario  un'autonomia maggiore di quella
attribuita  alle  province autonome dallo statuto regionale, alle cui
norme queste ultime debbono continuare ad attenersi.
    I  principi fondamentali in materia di concessioni idroelettriche
sono   fissati   nell'art. 12   del  d.lgs.  n. 79/1999,  emanato  in
attuazione  della  direttiva  96/92/CE,  «recante norme comuni per il
mercato  interno dell'energia elettrica», nell'esercizio della delega
attribuita dall'art. 36 della legge n. 128/1998.
    La  inderogabilita'  dei principi formulati in questa norma trova
conferma da due diversi punti di vista normativi.
    In  primo  luogo,  perche'  la  delega  e'  stata disposta per la
liberalizzazione   del   settore   energetico,   in   funzione  della
realizzazione   del  mercato  interno  dell'energia  elettrica,  come
previsto  nella  direttiva  comunitaria.  La  materia interessata e',
pertanto, la tutela della concorrenza cosicche' la normativa statale,
emessa  in  materia  di  legislazione  esclusiva  (art. 117,  secondo
comnia,  lett  e), costituisce un limite assoluto per la legislazione
regionale e provinciale.
    In  secondo  luogo,  perche'  le  concessioni idroelettriche, che
interessano  fiumi  che  attraversano piu' regioni, non possono avere
che una disciplina unitaria.
    Il   comma   1   della   norma   provinciale   impugnata  esclude
l'applicazione  dei  commi  da  7  a  11 ed il terzo, quarto e quinto
periodo dell'art. 1-bis, comma 12, del d.P.R. n. 235/1977.
    Quest'ultimo   testo   normativo   e'   stato  emanato  ai  sensi
dell'art. 107   del   d.P.R.   n. 670/1972,   dopo  aver  sentito  la
commissione  paritetica, prevista al primo comma. L'art. 1-bis e' una
norma  a  base  bilaterale  che  non  puo' essere derogata o abrogata
unilateralmente dalla provincia.
    La  rgione non puo' valersi in proposito dell'art. 10 della legge
costituzionale n. 3/2001.
    Come   si  e'  visto,  la  sua  posizione,  per  quanto  riguarda
l'estensione  della  potesta'  legislativa,  non  e' mutata a seguito
dell'entrata in vigore del nuovo testo dell'art. 117 Cost.
    Dal  momento  che la sua potesta' legislativa non si e' ampliata,
viene  a mancare la base costituzionale alla sua eventuale pretesa di
modificare unilateralmente la disciplina bilaterale gia' in vigore.
    Anche  a voler superare questo argomento, resterebbe dal punto di
vista  sostanziale  la  violazione  dei principi fondamentali portati
dalla  legge  dello  Stato,  ai  quali la provincia dovrebbe comunque
attenersi,   anche   se   fondasse   il   suo  interveto  legislativo
sull'art. 10  gia'  richiamato,  con  la  conseguenza che non avrebbe
potuto  rendere inapplicabile nessuna delle norme che tali sono state
dichiarate dalla legge provinciale impugnata.
    I   commi   7   e   8   dell'art. 1-bis  del  d.P.R.  n. 235/1977
corrispondono  sostanzialmente  al  comma  2  dell'art. 12 del d.lgs.
n. 79/1999;  i  commi  9 e 10 e 11 al comma 3 dell'art. 12; i periodi
dell'art. 12  dichiarati  non applicabili prevedono una disciplina di
favore per gli enti provinciali.
    Le  norme  del  d.lgs.  n. 79/1999 costituiscono, come si ripete,
principi  fondamentali  ai  quali  la  provincia  si  sarebbe  dovuta
attenere.  Su  di  esse  era,  pertanto,  precluso  alla provincia di
intervenire anche sotto il profilo della loro applicabilita'.
    L'utilizzazione di una concessione di grande derivazione comporta
impegni imprenditoriali di entita' notevole.
    Per  questo  il  quinto comma dell'art. 12 del d.lgs. ha previsto
che, esclusi i casi di decadenza, rinuncia e revoca, la gara pubblica
per l'attribuzione della concessione e' indetta non oltre cinque anni
antecedenti alla scadenza.
    Per  consentire  il  rispetto  di questo termine nel comma 6 sono
state  prorogate al 31 dicembre 2010 le concessioni gia' scadute o in
scadenza entro la stessa data.
    La  proroga,  dunque,  e' stata disposta perche' lo stesso spazio
temporale   fosse   a  disposizione  degli  interessati  nel  periodo
transitorio, fine a che la nuova disciplina non fosse a regime.
    Anche questa e' una norma di principio: la garanzia del principio
di  uguaglianza non puo' variare in funzione della dislocazione delle
concessioni.  Di  conseguenza  gli spazi temporali non possono essere
diversi regione per regione.
    La  Commissione  europea ha avviato nei confronti dell'Italia due
procedure   di   infrazione  (lettere  n. 1999/4902  e  n. 2002/1982,
richiamate  nella  legge provinciale), per il diritto di preferenza a
favore  del  concessionario  uscente  e,  nella Regione Trentino-Alto
Adige,  a favore delle aziende elettriche delle province e degli enti
locali.
    Per  neutralizzare le contestazione nell'art. 1, commi, 483 e ss.
della  legge  n. 266/2005 e' stata introdotta una nuova disciplina in
materia.
    La  legge  provinciale impugnata e' in conflitto anche con questa
nuova disciplina, la cui natura di principio non puo' essere messa in
dubbio  in  quanto rivolta a introdurre una normativa di applicazione
generale,  che assicuri il rispetto dei limiti comunitari su tutto il
territorio nazionale.
    Oltre  a  costituire  un  limite  alle  legislazione  regionale e
provinciale,  la  nuova  disciplina  sta  a  confermare  la natura di
principio di quella che ha sostituito, abrogandola.
    La  provincia  si  e'  poi  riservata la verifica di un interesse
pubblico  prevalente  incorrendo  in  questo  modo  in  piu'  di  una
violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost.
    L'interesse  pubblico prevalente dovrebbe essere quello ad un uso
diverso  delle  acque,  in tutto o in parte incompatibile con l'uso a
fine idroelettrico.
    Se  la  competenza  alla valutazione e' assegnata alla provincia,
l'interesse  pubblico  rilevante  e'  quello provinciale, non tenendo
conto  che  l'uso a fine idroelettrico investe interessi di carattere
nazionale,  come  e'  detto  espressamente dall'art. 117, terzo comma
Cost.
    L'interesse  pubblico  sussisterebbe  anche  nel  caso di diretto
utilizzo della acque pubbliche, anche a scopo idroelettrico, da parte
dell'ente  proprietario  «mediante  strutture  alle  proprie  dirette
dipendenze».
    Di  conseguenza  un  interesse  di  queste strutture all'utilizzo
diretto  anche  a  scopo non idroelettrico, lo farebbe diventare solo
per questo prevalente.
    L'utilizzo  potrebbe  intervenire  a  mezzo  delle strutture alle
dirette dipendenze provinciali, tra le quali rientrano anche gli enti
di  cui  all'art. 10 del d.P.R. n. 235/1977 alle cui preferenze, poco
prima, era stato disposto di prescindere.
    Questo  utilizzo sarebbe consentito qualora assumesse prioritaria
rilevanza  la  sicurezza  delle  popolazioni  e dei territori a valle
delle  opere  di  presa  ovvero delle opere che determinano l'invaso,
popolazioni  che  possono  essere  solo  quelle  della  provincia dal
momento  che  quest'ultima  non puo' attribuirsi poteri che investono
territori diversi.
    La  riserva a queste condizioni finisce con l'integrare anche una
nuova  violazione  comunitaria analoga a quella gia' contestata, alla
quale si aggiunge, piuttosto che porvi rimedio.
    Nel  comma  2,  precisamente  nel comma 1-bis aggiunto al comma 1
dell'art. 1-bis   della   legge   provinciale  n. 4  del  1988,  sono
richiamate  «le  domande previste nel comma 6 dell'articolo 1-bis del
decreto  del  Presidente  della  Repubblica n. 235 del 1977», che nel
primo comma e' stato dichiarato non piu' applicabile.
    La  norma e' contraddittoria e gia' per questo costituzionalmente
illegittima.
    Per tutte le concessioni che scadono entro il 31 dicembre 2010 e'
fissato  al  31  dicembre  2005 il termine per la presentazione delle
domande.
    La legge e' entrata in vigore l'8 dicembre 2005.
    E'  stato,  quindi,  concesso  un  termine  di poco piu' di venti
giorni   per  le  domande  che  riguardano  concessione  in  scadenza
nell'arco di cinque anni.
    L'obiettivo pratico e' evidente.
    Anche  a volerlo trascurare e' altrettanto evidente la violazione
sia degli artt. 43 e 49 del Trattato CE che dell'art. 12.6 del d.lgs.
n. 79/1999.
    Quest'ultimo principio risulta violato anche per non essere stata
rispettata  la  proroga  delle stesse concessioni fino al 31 dicembre
2010  per  riconoscere a tutte le imprese interessate lo stesso tempo
per predisporre le proprie domande.
    Nel  nuovo  comma 12 dell'art. 1-bis della legge provinciale n. 4
del  1998  e'  previsto,  in  prima  applicazione,  il  rinnovo delle
concessioni  di  grande  derivazione  in atto alla data di entrata in
vigore della legge.
    Il  comma  1-ter,  che  vi e' richiamato, fissa il termine del 31
dicembre  2005  per  la  presentazione  delle domande «fermo restando
quanto  previsto  dall'ultimo periodo del comma 1 e dal comma 1 e dal
comma 13», vale a dire le deroghe gia' esaminate.
    Non evita la illegittimita' costituzionale della norma la riserva
disposta nell'ultima sua parte perche' le disposizioni transitorie in
materia  di  proroga  o  di  rinnovo  delle  concessioni in atto, che
fossero   inserite   nel   decreto   legislativo   emanato  ai  sensi
dell'art. 15  della  legge  n. 62/2006, resterebbero sostituite dalla
disciplina provinciale.
    Nel  comma  12  sono  richiamati  anche  i  commi  1-quinquies  e
1-sexies.
    Nel comma 1-quinquies sono ancora una volta richiamate le domande
presentate  ai sensi del comma 6 dell'art. 1-bis, d.P.R. n. 235/1977,
in  concorso con quelle presentate ai sensi dei commi 1-bis ed 1-ter.
Ma  per  i  procedimenti corrispondenti e' disposta la sospensione in
presenza  di  domande  di  rinnovo  della  concessione  in favore del
concessionario  uscente  ai  sensi dei commi 1-ter e 13, procedimenti
che si estinguono nel caso di accoglimento di quelle domande.
    Poiche'  il comma 1-quinquies alla lett. a) prevede l'elencazione
«delle specifiche concessioni in scadenza nel quinquennio successivo»
senza  indicare  una  data  fissa come decorrenza del quinquennio, si
ricava  che  la disciplina non ha carattere transitorio, ma che e' di
applicazione generale.
    La  violazione  dei  principi fondamentali formulati nell'art. 12
del  d.lgs.  n. 79/1999 e nei commi 483 e ss. della legge n. 266/2005
e'  palese, ma, prima ancora, sono di nuovo violati gli artt. 43 e 49
del Trattato CE.
    Di  conseguenza risultano costituzionalmente illegittime tutte le
altre  norme, riportate nella legge impugnata, strumentali rispetto a
quelle esaminate.
    Le  norme  impugnate  si  pongono  in  contrasto, sotto i profili
esaminati,  con  l'art. 117  Cost.,  primo  comma  in  relazione agli
artt. 43  e 49 CE, con l'art. 117 Cost., secondo comma, lett. e). con
l'art. 117  Cost.,  terzo comma, e con gli artt. 9, n. 9) e 107 dello
Statuto regionale.
P. Q. M.
    Si   conclude   perche'   siano   dichiarate   costituzionalmente
illegittime.
         Il Vice Avvocato generale dello Stato: Glauco Nori

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