Ricorso n. 10 del 10 febbraio 2009 (Presidente del Consiglio dei ministri)
RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 10 febbraio 2009 , n. 10
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 10 febbraio 2009 (del Presidente del Consiglio dei ministri).
(GU n. 12 del 25-3-2009)
Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la quale ha il domicilio in via dei Portoghesi, 12 - Roma; Contro la Regione Lazio, in persona del Presidente, per la dichiarazione della illegittimita' costituzionale della legge regionale n. 20 del 2 dicembre 2008 (B.U.R. n. 45 del 6 dicembre 2008). Con il d.P.C.m. 19 novembre 2008, ai sensi dei commi da 17 a 22 della legge n. 244/2007, accertato che la Regione Lazio non aveva ottemperato a quanto disposto dall'art. 2, comma 17, della legge n. 244/2007 (art. 1), e' stato accertato (art. 2) che nei confronti della Regione Lazio si erano prodotti gli effetti indicati nel comma 20 dell'art. 2 della legge n. 244/2007. Per la realizzazione degli obiettivi fissati, nello stesso comma 17 (modificato dall'art. 4-bis del comma 5 del d.l. n. 97/2008, convertito nella legge n. 129/2008) era previsto il termine del 30 settembre 2008, decorso il quale si sono prodotti in modo automatico gli effetti indicati nello stesso art. 20, dei quali il d.P.C.m. ha effettuato solo l'accertamento. La formula utilizzata (si producono i seguenti effetti) non consente una interpretazione diversa. La legge regionale, che ora si impugna, e' entrata in vigore il 7 dicembre 2008 (v. art. 10) cosicche' non ha potuto neutralizzare gli effetti che secondo la legge statale si erano gia' prodotti. Il legislatore regionale, pertanto, avrebbe dovuto solo provvedere alla legislazione attuativa di quegli effetti. Questa sembra sia stata, almeno formalmente, la sua intenzione. Nell'art. 1, infatti, riconosciuta la natura di principi delle norme contenute nei commi da l7 e 22 dell'art 2 della legge n. 244/2007, e' dichiarato l'intento di provvedere «in coerenza» con essi; Senonche' l'art. 8, nel disporre sul Riordino delle comunita' montane, indica come requisiti per le nuove comunita' montane, tra gli altri, una popolazione montana superiore al 50 per cento (comma 3, lett. a) ed una superficie montana anche essa superiore al 50 per cento (lett. b). E' evidente il contrasto con l'art. 20, lett. a) e b) della legge n. 244/2007, che non e' il caso di trascrivere poiche' il contrasto emerge da una lettura anche se rapida. Bastera' qui ricordare che, ai sensi della legge statale, hanno cessato di appartenere alle comunita' montane i comuni capoluogo di provincia, i comuni costieri e quelli con popolazione superiore ai 20.000 abitanti (lett. a). Contemporaneamente sono rimaste soppresse le comunita' nelle quali piu' della meta' dei comuni non sono situati per almeno 1'80 per cento della loro superficie al di sopra di 5000 metri sopra il livello del mare con altri requisiti altimetrici (lett. b). Come si ripete, tenendo conto di questi effetti, gia' prodotti e sottratti al suo intervento, la regione avrebbe dovuto provvedere al riordino delle comunita'. La violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost. e' evidente. La natura di principi delle norme statali e' riconosciuta dalla regione e gli obiettivi di contenimento della spesa pubblica sono espressamente richiamati dal comma 17 cosicche' e' indubitabile che si versa in materia di coordinamento della finanza pubblica. La regione, dopo aver riconosciuto la natura di norme di principio nei commi da 17 a 22 dell'art. 2 della legge n. 244/2007, non si e' poi attenuta a quanto disposto dai commi 17 e 20, in particolare non tenendo conto degli effetti che, in base a quelle norme, si erano prodotti definitivamente a seguito del suo inadempimento. La legge statale aveva fissato altri due limiti all'intervento regionale: la riduzione della spesa «per un importo pari almeno ad un terzo della quota del fondo ordinario di cui al comma 16, assegnata per l'anno 2007 all'insieme delle comunita' montane presenti nella regione» (comma 17); la salvezza «dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge» (comma 22). Nella legge non c'e' alcuna previsione sul risparmio di spesa. L'art. 8, secondo comma, dispone che le comunita' non potranno essere piu' di quattordici. La mancata fissazione del numero rende indeterminabile il risparmio di spesa. Non e', di conseguenza, determinabile nemmeno il numero dei presidenti, dei componenti i consigli di presidenza e dei membri delle assemblee. La relazione tecnico-finanziaria, non prevista, ma tenendo conto della quale la legge regionale sembrerebbe emanata, conferma la indeterminatezza degli effetti. Oltre al risparmio di spesa per il pagamento di indennita', del quale si riporta l'ammontare ma non il calcolo, e' indicato un «ulteriore risparmio stimato dagli uffici», anche questa volta senza precisare i criteri di stima, quindi anche esso non verificabile. La indeterminatezza degli importi e' confermata dal fatto che nemmeno nella relazione ci sia un raffronto tra il risparmio complessivo stimato e l'importo fissato dal comma 17 dell'art. 2 della legge statale. Il riordino delle comunita' montane richiedeva necessariamente una legge regionale che avrebbe, pertanto, dovuto porre criteri per la riduzione della spesa, desumibili dalla legge stessa e non da una qualsiasi documentazione regionale, oltre tutto di carattere interno. Nella legge niente e' detto in proposito cosicche' risulta violato l'art. 117, terzo comma, Cost. per non essersi la regione attenuta anche in questo caso ad una norma di principio in materia di coordinamento della finanza pubblica. Nella legge regionale manca inoltre qualsiasi disposizione per assicurare il mantenimento dei rapporti di lavoro a tempo determinato, come richiesto dal comma 22 dell'art. 2 della legge statale, norma anche essa di principio in materia di tutela del lavoro. Secondo il comma 22 dell'art. 2 della legge statale «sino all'adozione o comunque in mancanza delle predette discipline regionali, i comuni succedono alla comunita' montana soppressa in tutti i rapporti giuridici», quindi anche nei rapporti di lavoro. La normativa statale ha carattere transitorio, al contrario delle altre gia' esaminate, cosicche' era dovere della regione provvedere in via definitiva nel rispetto dei principi fissati dalla legge dello Stato. Non provvedendo, e' venuta meno all'obbligo che il comma 22, che, come norma di principio in materia di tutela del lavoro, imponeva di provvedere perche' fossero fatti salvi in via definitiva i rapporti di lavoro a tempo indeterminato. E' evidente che non era sufficiente ignorare l'argomento, come ha fatto la regione.
P. Q. M. Si conclude perche' la legge della Regione Lazio n. 20 del 2 dicembre 2008 sia dichiarata costituzionalmente illegittima ai sensi dell'art. 117, terzo comma Cost.: per contrasto dell'art. 8 con i principi fondamentali fissati dalla legge n. 244 del 2007 nell'art. 2, commi da 17 a 22 e, in particolare, per non aver tenuto conto degli effetti che si erano gia' prodotti ai sensi del comma 20 dell'art. 2 della legge n. 244/2007; per non aver inoltre provveduto, sempre in violazione dell'art. 117, terzo comma Cost., alla riduzione della spesa per il funzionamento delle comunita' montane nella misura fissata nel comma 17 dell'art. 2 della legge statale e per non aver previsto le disposizioni necessarie ad assicurare il mantenimento dei rapporti a tempo indeterminato, intrattenuti dalle comunita' montane alla data di entrata in vigore della legge statale, in attuazione dell'art. 2, comma 22, di quest'ultima. Roma, addi' 3 febbraio 2009. L'Avvocato dello Stato: Glauco Nori