Ricorso n. 100 del 17 novembre 2015 (Presidente del Consiglio dei ministri)
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 17 novembre 2015 (del Presidente del Consiglio dei
ministri).
(GU n. 1 del 2016-01-07)
Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato
e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato presso i cui uffici in
Roma, via dei Portoghesi, 12, e' domiciliato, nei confronti della
Regione Basilicata, in persona del Presidente della Giunta Regionale
pro tempore, per la dichiarazione della illegittimita' costituzionale
della legge della Regione Basilicata del 14 settembre 2015, n. 37
(Pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Basilicata 16
settembre 2015, n. 38), quanto all'art. 31, ai sensi dell'art. 127
della Costituzione.
La predetta legge della Regione Basilicata n. 37 del 2015, che
introduce disposizioni in materia di «Riforma Agenzia Regionale per
l'Ambiente di Basilicata (A.R.P.A.B.)», presenta profili di
illegittimita' costituzionale e viene, pertanto, impugnata con
particolare riferimento all'art. 31, comma 4, giusta deliberazione
del Consiglio dei ministri assunta nella riunione del 6 novembre
2015, che sara' depositata in estratto conforme unitamente al
presente ricorso, per il seguente motivo.
1. L'art. 31, comma 4 della legge della Regione Basilicata n. 37 del
2015 e' illegittimo per violazione dell'art. 117, secondo comma,
lettera l) della Costituzione.
1.1. La norma denunciata e' contenuta nella legge regionale n. 37
del 2015 intitolata «Riforma Agenzia Regionale per l'Ambiente di
Basilicata (A.R.P.A.B.)».
Con il recente intervento normativo il legislatore lucano ha
inteso disciplinare, in armonia con il decreto legislativo 3 aprile
2006, n. 152, l'Agenzia regionale per la protezione ambientale della
Basilicata (A.R.P.A.B.), gia' istituita ai sensi della legge
regionale 19 maggio 1997, n. 27 (art. 1).
Nel disegno del legislatore regionale l'Agenzia, in primo luogo,
«concorre alla promozione dello sviluppo sostenibile e contribuisce
al mantenimento, alla prevenzione, al miglioramento sostanziale e
misurabile della qualita' ambientale in Basilicata mediante lo
svolgimento delle funzioni pubbliche di tutela dell'ambiente e della
salute» (art. 2).
L'Agenzia, ente con personalita' giuridica di diritto pubblico
(art. 3), cura, tra l'altro, le attivita' di prevenzione,
monitoraggio e controllo ambientale indicate all'art. 6 della legge
regionale n. 37 del 2015 (1) .
L'art. 31, comma 1, della legge n. 37 del 2015 affida al
direttore generale dell'A.R.P.A.B. il compito di individuare il
personale addetto allo svolgimento delle attivita' di ispezione di
cui al predetto art. 6.
In particolare, per quanto qui interessa, l'art. 31 al comma 4
prescrive che «Al personale dell'A.R.P.A.B., incaricato dell'
espletamento delle funzioni di vigilanza e controllo si applicano le
disposizioni sul personale ispettivo di cui all'art. 2-bis del
decreto-legge 4 dicembre 1993, n. 496 convertito con modificazioni
nella legge 21 gennaio 1994, n. 61. Nell'esercizio delle funzioni di
vigilanza tale personale riveste anche la qualifica di ufficiale o
agente di polizia giudiziaria».
1.2. La disposizione sopra riportata nella parte in cui
attribuisce al personale dell'A.R.P.A.B., nello svolgimento delle
funzioni di vigilanza, «la qualifica di ufficiale o agente di polizia
giudiziaria» si rivela costituzionalmente illegittimo perche'
sconfina in ambiti riguardanti la giurisdizione penale, riservati
alla competenza esclusiva dello Stato dall'art. 117, secondo comma,
lettera l), della Costituzione, che affida alla legge statale la
materia «giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e
penale».
L'art. 31, comma 4, della legge regionale censurata, quindi,
travalica la sfera riservata alla competenza legislativa regionale
concretando la palese violazione della norma costituzionale innanzi
richiamata.
Costante, infatti, e' l'orientamento di codesta Ecc.ma Corte in
materia: «‟quanto alla polizia giudiziaria che, a norma dell'art. 55
del codice di procedura penale, opera, di propria iniziativa e per
disposizione o delega dell'Autorita' giudiziaria, ai fini della
applicazione della legge penale, l'esclusione della competenza
regionale» in materia di attribuzione di funzioni di polizia
giudiziaria «risulta dalla competenza esclusiva dello Stato in
materia di giurisdizione penale disposta dalla lettera l) del secondo
comma dell'art. 117 della Costituzione" (sentenza n. 313 del 2003)».
La norma regionale censurata (2) e', pertanto,
costituzionalmente illegittima, in quanto, provvedendo ad attribuire
agli addetti alla polizia locale la qualifica di agenti ed ufficiali
di polizia giudiziaria, invade la sfera di competenza esclusiva
statale in materia di giurisdizione penale. Nessun rilievo assume, al
riguardo, l'esistenza di norme statali (ed in particolare dell'art. 5
della legge n. 65 del 1986) che gia' riconoscono la qualifica di
ufficiali e agenti di polizia giudiziaria al personale della polizia
locale, posto che "il problema qui in discussione non e' di stabilire
chi, attualmente, sia riconosciuto come ufficiale o agente di polizia
giudiziaria, ma di stabilire chi abbia la competenza a operare il
riconoscimento" (sentenza n. 313 del 2003), competenza "riservata a
leggi e regolamenti che debbono essere, in quanto attinenti alla
sicurezza pubblica, esclusivamente di fonte statale" (sentenza n. 185
del 1999)» (sentenza a 167 del 2010).
E ancora, codesta Ecc. Corte, con la sentenza n. 35 del 9
febbraio 2011, dichiarando l'illegittimita' di una norma della stessa
Regione Basilicata (3) che attribuiva al personale della polizia
locale la qualifica di ufficiale o agente di' polizia giudiziaria, ha
ribadito la competenza esclusiva dello Stato in materia di
giurisdizione penale, trattandosi di compito riservato in via
esclusiva alla legislazione statale.
Il codice di procedura penale (art. 55 e 57), infatti, ha
concepito la polizia giudiziaria «come soggetto ausiliario di uno dei
soggetti del rapporto triadico in cui si esprime la funzione
giurisdizionale (il pubblico ministero)» (sentenza n. 35 del 2011)
proprio nell'esercizio della competenza esclusiva dello Stato in
materia di giurisdizione penale disposta dalla lettera l) del secondo
comma dell'art. 117 della Costituzione, con l'inevitabile conseguenza
di sottrarre alla competenza del legislatore regionale qualsiasi
possibilita' di attribuire la qualifica di ufficiale o agente di
pubblica sicurezza.
Va rilevato, incidentalmente, che tale possibilita', non potrebbe
certo trovare fondamento nella potesta' legislativa residuale
riconosciuta alle Regioni a statuto ordinario in ordine alla polizia
amministrativa locale (art. 117, secondo comma, lettera h), Cost.).
La disposizione censurata, infatti, non puo' essere ascritta in alcun
modo alla competenza legislativa residuale che la Regione puo'
esercitare in tale materia, pur sempre con il limite costituito dalla
competenza statale in tema di ordine pubblico e sicurezza pubblica.
Il censurato vizio che inficia la norma regionale impugnata,
inoltre, non puo' neppure trovare emenda nel richiamo, contenuto nel
periodo del comma 4 del citato art. 31, alla legge statale (art.
2-bis del decreto-legge 4 dicembre 1993, n. 496 convertito con
modificazioni nella legge 21 gennaio 1994, n. 61). Ne' puo' addursi
la conformita' della norma regionale denunciata alla norma statale da
ultimo menzionata.
Preme ribadire che, come rilevato da codesta Ecc.ma Corte nella
sentenza n. 35 del 2011, «Il problema qui in discussione, infatti,
"non e' di stabilire se la legislazione regionale sia o non sia
conforme a quella statale, ma, ancor prima, se sia competente o meno
a disporre il riconoscimento" delle qualifiche di cui si tratta,
«indipendentemente dalla conformita' o dalla difformita' rispetto
alla legge dello Stato» (sentenza n. 313 del 2003; in senso analogo,
sentenza n. 167 del 2010). La giurisprudenza di questa Corte e', del
resto, costante nell'affermare che "la novazione della fonte con
intrusione negli ambiti di competenza esclusiva statale costituisce
causa di illegittimita' della norma" regionale (ex plurimis, sentenze
n. 167 del 2010 e n. 26 del 2005)».
Per le considerazioni fin qui esposte, dunque, la nonna regionale
indicata in epigrafe, viola l'art. 117, secondo comma, lettera l)
della Costituzione risultando invasiva della competenza esclusiva
dello Stato in materia di giurisdizione penale.
(1) L'art. 6 dispone. «1. Le attivita' di prevenzione, di
monitoraggio e di controllo ambientale consistono principalmente:
a) nel monitoraggio dello stato dell'ambiente, delle risorse
ambientali e della loro evoluzione in termini quantitativi e
qualitativi; b) nei programmi di monitoraggio e nella gestione
delle reti di monitoraggio; c) nel controllo dei fattori di
inquinamento delle matrici ambientali derivanti da fenomeni di
origine antropica o naturale anche di carattere emergenziale; d)
nel campionamento, nelle analisi e nella misura di matrici
ambientali, nonche' nella programmazione ed esecuzione di
ispezioni. Tali attivita' hanno ad oggetto lo stato delle
componenti ambientali, delle pressioni e degli impatti, nonche'
la verifica delle forme di autocontrollo nel territorio regionale
previste dalle normative comunitarie, statali e regionali vigenti
in materia di ambiente. 2. Le attivita' di cui al comma 1 sono
esercitate dall'A.R.P.A.B. di propria iniziativa e su richiesta
della Regione, delle Province, dei Comuni o di altri soggetti
pubblici titolari di competenze in materia ambientale nell'ambito
di quanto disposto dagli articoli 11 e 13, nonche' di programmi
predisposti in base alla conoscenza delle reali condizioni di
qualita' e pressione ambientali presenti anche al fine del
perseguimento dei LEPTA».
(2) Si trattava dell'art. 15, comma 1, della legge della Regione
Friuli-Venezia Giulia 29 aprile 2009, n. 9.
(3) Si trattava dell' art. 4, commi 2, lettera c) della legge della
Regione Basilicata 29 dicembre 2009, n. 41.
P.Q.M.
Per queste ragioni si conclude perche' l'art. 31 della legge
della Regione Basilicata del 14 settembre 2015, n. 37 (pubblicato nel
Bollettino Ufficiale della Regione Basilicata 16 settembre 2015, n.
38) sia dichiarato costituzionalmente illegittimo, ai sensi dell'art.
127 della Costituzione.
Si produce l'estratto conforme della deliberazione del Consiglio
dei ministri del 6 novembre 2015, con allegata relazione del
Dipartimento per gli affari regionali, le autonomie e lo sport.
Roma 11 novembre 2015
L'avvocato dello Stato: Pio Giovanni Marrone