Ricorso n. 100 del 21 ottobre 2004 (Presidente del Consiglio dei ministri)
N. 100 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 21 ottobre 2004.
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 21 ottobre 2004 (del Presidente del Consiglio dei
ministri)
(GU n. 45 del 17-11-2004)
Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato
e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato presso i cui uffici in
Roma, via dei Portoghesi 12, e' domiciliato, nei confronti della
Regione Abruzzo, in persona del Presidente della Giunta regionale per
la dichiarazione di illegittimita' costituzionale della legge della
Regione Abruzzo 5 agosto 2004 n. 23, pubblicata nel B.U.R. n. 22 del
20 agosto 2004 n. 22, recante «norme sui servizi pubblici locali a
rilevanza economica» nell'art. 4, comma 4, nell'art. 7, comma 4 lett.
b), nell'art. 7, comma 1 lett. b), nell'art. 7, comma 4, lett. d),
nell'art. 7, comma 4 lett. f), nell'art. 7, comma 4, lett. g), in
relazione all'art. 3, all'art. 117, comma 1, comma secondo lett. e),
lett. l) e lett. p), comma terzo, della Costituzione ed in relazione
agli artt. 52 - 58 e 59 - 66 del Trattato dell'Unione europea.
La legge n. 23/2004 della Regione Abruzzo detta norme per
regolamentare i servizi pubblici locali a rilevanza economica,
attinenti al servizio di gestione dei rifiuti urbani, al servizio
idrico integrato ed ai servizi di trasporto pubblico locale, con
riferimento, in particolare, alla proprieta' ed alla gestione delle
reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali, alla loro
separazione dalla gestione del servizio, al sistema di affidamento
del servizio e di scelta del soggetto gestore. Materia che, per
quanto concerne la tutela della concorrenza, riservata dall'art. 117,
comma 2 lett. e) alla competenza legislativa esclusiva dello Stato,
forma oggetto di disciplina da parte dell'art. 113 d.lgs.
n. 267/2000, Testo Unico delle leggi sull'ordinamento degli Enti
Locali (come modificato da ultimo dall'art. 14 del d.l. n. 269/2003,
convertito con modifiche dalla legge n. 326/2003), da considerare
norma di principio non derogabile da norme regionali (sent.
272/2004).
Tale legge, giusta delibera del Consiglio dei ministri in data 8
ottobre 2004, viene impugnata nelle sottoindicate disposizioni.
1. - Art. 4, comma 4 ed art. 7, comma 4, lett. b).
La disposizione dell'art. 4, comma 4, vieta alle societa' a
capitale interamente pubblico (e rispettive collegate e controllate)
proprietarie di reti, di impianti, di dotazioni patrimoniali e di
beni essenziali all'espletamento di un servizio pubblico locale, di
partecipare alle gare di cui all'art. 13, comma 5, del d.lgs.
n. 267/2000 (T.U.E.L.) per la scelta del soggetto gestore del
servizio ovvero per la scelta del socio privato delle societa' a
capitale misto.
A sua volta l'art. 7, comma 4 lett. b), vieta alle societa' a
capitale interamente pubblico (e rispettive collegate e controllate)
affidatarie dirette della gestione (in ipotesi anche integrata) del
servizio, di partecipare alle dette gare per la scelta del soggetto
gestore del servizio e per la scelta del socio privato delle societa'
a capitale misto.
Tuttavia, ai sensi del comma 15-quater dell' art. 113 del
T.U.E.L., non opera sino al 31 dicembre 2006 l'identico divieto
previsto dal comma 6 per le societa' che gestiscono servizi pubblici
locali in virtu' di un affidamento diretto o di una procedura non ad
evidenza pubblica nonche' per le societa' a capitale interamente
pubblico affidatarie dirette della gestione delle reti, degli
impianti e delle altre dotazioni patrimoniali ovvero per le imprese
titolari di tale gestione a seguito di procedure ad evidenza
pubblica.
Ne discende che l'immediato divieto, impeditivo dell'esercizio di
un'attivita' economica sul territorio abruzzese, contrasta con
l'unicita' del mercato, che giustifica la disciplina uniforme della
legge statale, «specializzandone» un segmento corrispondente all'area
geografica anzidetta e si pone in violazione dell'art. 117, comma 2,
lettera e), Cost., che riserva allo Stato la potesta' legislativa
esclusiva in materia di tutela della concorrenza; cio' anche con
riguardo all'estensione soggettiva del divieto operata dal comma 4
dell'art. 4 in esame, che, attraverso il richiamo al comma 1 dello
stesso articolo, si riferisce alle societa' proprietarie delle reti
ecc. anziche' (solo) a quelle titolari della relativa gestione (cfr.
comma 6 ultima parte dell'art. 113 T.U.E.L. in riferimento al
precedente comma 4).
Per altro verso, irragionevolmente, in un contesto di mutato
regime delle gare e delle modalita' di gestione e conferimento dei
servizi, le norme in oggetto vengono a negare l'esigenza di una
disciplina transitoria riconosciuta invece dalla legge statale, cosi'
violando uno dei canoni fondamentali di cui all'art. 3 Cost.
2. - Art. 7, comma 1, lett. b).
La norma in oggetto prevede un limite minimo (40% del capitale
sociale) per la partecipazione azionaria del socio privato, da
scegliere con procedura ad evidenza pubblica, della societa' mista
cui puo' essere conferita la titolarita' della gestione del servizio
pubblico a rilevanza economica.
Tale limitazione, non contemplata dal corrispondente art. 113,
comma 5, lett. b) del T.U.E.L., appare irrazionale e quindi in
contrasto con l'art. 3 Cost. in quanto fissa un limite minimo
anziche' fissare, caso mai, un limite massimo alla partecipazione
privata per assicurare la prevalenza del capitale pubblico in
societa' privilegiate nell'affidamento delle gestioni.
Essa e' suscettibile inoltre di alterare il regime di libero
mercato e contrasta comunque con la scelta del legislatore statale di
non fissare un limite alla partecipazione del socio privato al fine
di potersi assicurare anche apporti di non elevato rilievo
finanziario da parte di soggetti in possesso peraltro della
necessaria capacita' tecnica, cosi' violando sia la competenza
statale alla determinazione dei principi fondamentali per il
coordinamento della finanza pubblica (art. 117, comma 3), sia la
competenza esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza
(art. 117, comma 2, lett. e).
3. - Art. 7, comma 4, lett. d).
La norma fa divieto alle societa' a capitale interamente
pubblico, affidatarie dirette della gestione del servizio pubblico,
di conferire incarichi professionali, di collaborazione e di
qualsiasi altro genere in favore di persone e/o societa' legate da
rapporti di dipendenza e/o di collaborazione con l'ente o gli enti
titolari del capitale sociale, come tali obbligati ad esercitare
sulla societa' un controllo analogo a quello esercitato sui propri
servizi.
In quanto essa intenda ricondurre alla trasgressione del divieto
la nullita' dell'atto costitutivo del rapporto vietato, e'
profilabile un'invasione della competenza in materia di ordinamento
civile spettante in via esclusiva allo Stato (art. 117, comma 2,
lett. l). La violazione dell'anzidetta competenza puo' anche
rilevarsi nella circostanza che la norma in oggetto, se da un lato
viene ad incidere sull'autonomia delle societa' di diritto privato,
dall'altro viene nella sostanza a configurare delle incompatibilita'
nell'esercizio della professione che attengono ugualmente al piano
dell'ordinamento civile. Puo' anche profilarsi un contrasto con i
principi di liberta' di stabilimento e libera prestazione dei servizi
di cui agli artt. 52, 58 e 59-66 del Trattato dell'Unione europea,
con violazione dell'art. 117, comma 1, Cost.
4. - Art. 7, comma 4, lett. f)
Nel prevedere che le societa' a capitale interamente pubblico
affidatarie del servizio pubblico siano obbligate al rispetto delle
procedure di evidenza pubblica imposte agli enti locali per
l'assunzione di personale dipendente, pone a carico di societa'
private obblighi e oneri non previsti per l'instaurazione dei
rapporti di lavoro nel settore privato ed invade quindi la competenza
esclusiva statale in materia di ordinamento civile (art. 117, comma
2, lett. l) Cost.).
5. - Art. 7, comma 4, lett. g).
La norma, nel prevedere l'ineleggibilita' a sindaco, presidente
della Provincia, consigliere comunale, provinciale e circoscrizionale
dei Comuni e delle Province titolari del capitale sociale delle
societa' affidatarie della gestione del servizio pubblico per i
legali rappresentanti ed i componenti degli organi esecutivi delle
societa' medesime, invade la competenza esclusiva statale di cui
all'art. 117, comma 2, lett. p) Cost. in materia di Organi di Governo
e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Citta' metropolitane.
P. Q. M.
Si conclude pertanto perche' sia dichiarata l'illegittimita'
costituzionale della legge 5 agosto 2004 n. 23 della Regione Abruzzo
nell'art. 4, comma 4, nell'art. 7, comma 4, lett. b), nell'art 7,
comma 1, lett. b), nell'art 7, comma 4, lett. d), nell'art 7, comma
4, lett. f), nell'art 7, comma 4, lett. g), per le ragioni e come
sopra precisato
Roma, addi' 13 ottobre 2004
Avvocato dello Stato: Giorgio D'Amato