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N. 101 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 27 ottobre 2009. |
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Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 27 ottobre 2009 (del Presidente del Consiglio dei
ministri).
(GU n. 50 del 16-12-2009)
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Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri in carica,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato presso i
cui uffici ha legale domicilio in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
Contro la Regione Lazio, in persona del Presidente della Giunta
in carica con sede in Roma, per la declaratoria di
incostituzionalita' e conseguente annullamento dell'art. 1, comma 52,
della legge della Regione Lazio 11 agosto 2009, n. 22, pubblicata nel
Supplemento ordinario n. 142 al Bollettino ufficiale n. 31 del 21
agosto 2009, recante norme di «assestamento al bilancio annuale e
pluriennale 2009-2011 della Regione Lazio» per contrasto con gli
articoli 3, primo comma, e 97, primo e terzo comma, della
Costituzione a seguito della determinazione del Consiglio dei
ministri di impugnativa della predetta legge regionale, assunta nella
seduta del 15 ottobre 2009.
1. - Nel Supplemento n. 142 al Bollettino ufficiale della Regione
Lazio del 21 agosto 2009, risulta pubblicata la legge 11 agosto 2009,
n. 22, recante norme «assestamento al bilancio annuale e pluriennale
2009-2011 della Regione Lazio».
Il testo dell'impugnato articolo 1, comma 52, di tale legge
stabilisce testualmente che «i soggetti che previa una selezione di
evidenza pubblica hanno ricoperto, per almeno cinque anni
consecutivi, incarichi dirigenziali nelle strutture della regione e
attualmente prestano servizio presso le stesse sono, a domanda,
immessi nel ruolo della dirigenza della regione».
2. - Con riferimento a tale articolo, si Ritiene che il riportato
comma 52 sia illegittimo. Esso, infatti, offre la possibilita' a
tutti i dipendenti regionali, che abbiano superato una selezione di
evidenza pubblica e abbiano avuto un incarico dirigenziale per cinque
anni consecutivi, di diventare dirigenti grazie ad una semplice
domanda.
3. - Tale norma regionale, invero, si pone in contrasto con gli
articoli 3, 51 e 97 della Costituzione, determinando una grave
lesione ai principi costituzionali di parita' tra i cittadini (art.
3), di uguaglianza nell'accesso agli uffici pubblici (art. 51) e di
accesso mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge, agli
impieghi nelle pubbliche amministrazioni (art. 97).
Con riferimento all'art. 97, giova far presente che la regola del
pubblico concorso, come ribadito anche dal Consiglio di Stato, e'
posta a tutela non solo dell'interesse pubblico alla scelta dei
migliori, mediante una selezione aperta alla partecipazione di coloro
che siano in possesso dei prescritti requisiti, ma anche del diritto
dei potenziali aspiranti a poter partecipare alla relativa selezione
(Cons. Stato, Ad, pl, 29 febbraio 1992, n. 2; sez. IV 29 luglio 2000,
n. 4188; sez. V 4 aprile 2002 n. 1859; sez. VI 29 aprile 2002, n.
2272; sez. V 25 luglio 2006, n. 4636).
La regola costituzionale del pubblico concorso viene poi
concretamente salvaguardata con una serie di disposizioni legislative
che espressamente comminano la nullita' dell'assunzione effettuata
senza osservanza delle prescritte procedure selettive e la
responsabilita' personale degli amministratori che vi hanno
provveduto con riguardo sia alle amministrazioni statali sia alle
altre amministrazioni pubbliche, compresi gli Enti locali (art. 3
d.P.R. 3 gennaio 1957, n. 3; art. 12 d.lgs., C.P.S. 4 aprile 1947, n.
207; art. 5 legge 8 gennaio 1979, n. 3; art. 6 legge 20 marzo 1975,
n. 70; art. 9 d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761 ed art. 14 legge 20
maggio 1985, n. 207; art. 36 d.lgs. 3 febbraio 1993, e successive
modificazioni; art. 36 d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165).
Per quanto concerne la fattispecie in esame, la richiesta di
annullamento delle denunciate norme regionali - la quale addirittura
non prevede alcun concorso - trova conforto anche nella fondamentale
sentenza di codesta Corte costituzionale n. 194 del 9-16 maggio 2002,
la quale ha avuto modo di precisare, in tema di concorsi interni, che
e' illegittimo riservare ad essi una quota incongruamente elevata dei
posti disponibili, a discapito della copertura mediante il pubblico
concorso. Tale sentenza ha ricevuto piena conferma nella sentenza
20-26 gennaio 2004, n. 4, in tema di concorso riservato al solo
personale che ha gia' operato con l'assegnazione di borse di studio e
che abbia ottenuto almeno due proroghe del contratto di ricerca. Al
riguardo, codesta Corte ha riconosciuto nel concorso pubblico (art.
97, terzo comma, della Costituzione) la forma generale di ordinaria
di reclutamento per il pubblico impiego, in quanto meccanismo
strumentale al canone di efficienza dell'amministrazione (sentenze n.
194 del 2002, n. 1 del 1999, n. 333 del 1993, n. 453 del 1990 e n. 81
del 1983), ed ha ritenuto che possa derogarsi a tale regola solo in
presenza di peculiari situazioni giustificatrici, nell'esercizio di
una discrezionalita' che trova il suo limite nella necessita' di
garantire il buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97,
primo comma, della Costituzione) ed il cui vaglio di
costituzionalita' non puo' che passare attraverso una valutazione di
ragionevolezza della scelta operata dal legislatore.
Inoltre codesta Corte ha riconosciuto che l'accesso al concorso
possa essere condizionato al possesso di requisiti fissati in base
alla legge, anche allo scopo di consolidare pregresse esperienze
lavorative maturate nell'ambito dell'amministrazione, ma cio' «fino
al limite oltre il quale possa dirsi che l'assunzione
nell'amministrazione pubblica, attraverso norme di privilegio,
escluda o irragionevolmente riduca, le possibilita' di accesso, per
tutti gli altri aspiranti, con violazione del carattere «pubblico»
del concorso, secondo quanto prescritto in via normale, a tutela
anche dell'interesse pubblico, dall'art. 97, terzo comma, della
Costituzione» (sentenza n. 141 del 1999).
Solo in peculiari ipotesi codesta Corte ha ritenuto legittime
procedure concorsuali integralmente riservate a personale interno e
specificamente qualificato (cfr. sentenze n. 228 del 1997, n. 477 del
1995 e ordinanza n. 517 del 2002).
In tali ipotesi, peraltro, codesta Corte, dopo avere confermato
l'indirizzo interpretativo sopra ricordato, ha ritenuto non
irragionevoli tali previsioni, solo in considerazione della
specificita' della fattispecie, ma comunque coerenti con il principio
del buon andamento.
L'impugnata disposizione, nel prevedere l'automatica assunzione
di soggetti che hanno ricoperto, per almeno cinque anni consecutivi,
incarichi dirigenziali, nei ruoli della dirigenza della Regione Lazio
senza pubblici e oggettivi procedimenti di selezione, viola quindi il
principio generale del pubblico concorso quale normale forma di
accesso nelle pubbliche amministrazioni, perche' offre le migliori
garanzie di selezione dei piu' capaci, in funzione dell'efficienza
della stessa amministrazione, anche per l'accesso dei dipendenti
delle pubbliche amministrazioni a funzioni piu' elevate, come piu'
volte ribadito dalla costante giurisprudenza di codesta Corte
costituzionale (sentenza n. 159/2005 n. 205/2004, n. 39/2004, n.
194/2002, n. 1/1999).
In particolare, codesta Corte costituzionale ha avuto modo di
precisare che anche in regime di impiego pubblico privatizzato,
infatti, il collocamento in molo costituisce la modalita' attraverso
la quale si realizza l'inserimento stabile dell'impiegato in un posto
della pianta organica di una pubblica amministrazione, cosicche' la
garanzia del concorso pubblico non puo' che riguardare anche
l'ipotesi di mera trasformazione di un rapporto contrattuale a tempo
indeterminato in rapporto di ruolo, allorche' - come si e' detto -
l'accesso al suddetto rapporto non di ruolo non sia a sua volta
avvenuto mediante una procedura concorsuale (sentenza n. 205/2004).
La disciplina regionale, invece, prevedendo una illegittima
stabilizzazione a dirigente, si pone in contrasto anche con
l'articolo 3, comma 94, della legge n. 244/2007, il quale prevede il
ricorso alla stabilizzazione soltanto per il personale non
dirigenziale.
L'impugnata norma merita dunque di essere annullata.
P. Q. M.
Chiede che codesta Corte costituzionale voglia dichiarare
illegittimo e quindi annullare l'articolo 1, comma 52, della legge
della Regione Lazio n. 22 del giorno 11 agosto 2009.
Si depositeranno con l'originale notificato del presente ricorso:
1) estratto della deliberazione del Consiglio dei ministri
del 15 ottobre 2009 e della relazione allegata al verbale;
2) copia della impugnata legge regionale n. 22/2009.
Roma, addi' 16 ottobre 2009
L'Avvocato dello Stato: Enrico Arena
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