Ricorso n. 102 del 1° dicembre 2015 (Presidente del Consiglio dei ministri)
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 1° dicembre 2015 (del Presidente del Consiglio dei
ministri).
(GU n. 2 del 2016-01-13)
Ricorso per il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato,
presso i cui uffici domicilia in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
Contro la Regione Basilicata, in persona del Presidente della
Giunta p. t., per la declaratoria di incostituzionalita' dell'art. 2,
comma 1, della legge della Regione Basilicata n. 41 del 24 settembre
2015, pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Basilicata
del 28 settembre 2015, recante «Disposizioni in tema di
organizzazione amministrativa regionale», giusta delibera del
Consiglio dei ministri 13 novembre 2015.
I. Con la legge regionale n. 41 del 2015, concernente
«disposizioni in tema di organizzazione amministrativa regionale», la
Regione Basilicata ha apportato modifiche alla precedente legge
regionale n. 31 del 2010 e, introducendo all'art. 2, comma 1, talune
disposizioni che eccedono le proprie competenze regionali, ha invaso
i limiti definiti dalla legislazione statale, ponendosi cosi' in
contrasto con i principi fondamentali stabiliti nel decreto-legge n.
101 del 2013 e nel decreto legislativo n. 165 del 2011 e, di
conseguenza violando l'art. 117, secondo comma, della Costituzione,
nonche' i suoi articoli 3 e 97.
L'art. 2, comma 1, cosi' recita: «al comma 1 dell'art. 28 della
legge regionale 4 agosto 2011, n. 17 dopo le parole «una volta
costituite» e' aggiunto il seguente periodo: «Nel ruolo speciale ad
esaurimento di cui al presente comma sono altresi' ricompresi i
dipendenti appartenenti alle soppresse Comunita' montane che hanno
prestato servizio a tempo determinato per un periodo di almeno
trentasei mesi anche non continuativi, nell'arco di tempo compreso
tra il 1° gennaio 2005 e la data di entrata in vigore della presente
legge.».
Pertanto, l'attuale formulazione dell'art. 28, comma 1, per
quanto interessa in questa sede e' la seguente: «La Giunta regionale
con atto deliberativo istituisce e disciplina un ruolo speciale ad
esaurimento nel quale, nelle more della costituzione delle Aree
Programma ovvero dell'attuazione dell'esercizio in forma associata
delle funzioni ai sensi dell'art. 20 del decreto-legge 6 luglio 2011,
n. 98 convertito in legge con modificazioni dalla legge 15 luglio
2011, n. 111, confluiscono i dipendenti a tempo indeterminato delle
soppresse comunita' montane. Con la stessa deliberazione sono
definite le modalita' di trasferimento dei citati dipendenti alle
Aree Programma di cui alla legge regionale 30 dicembre 2010, n. 33,
una volta costituite. Nel ruolo speciale ad esaurimento di cui al
presente comma sono altresi' ricompresi i dipendenti appartenenti
alle soppresse comunita' montane che hanno prestato servizio a tempo
determinato per un periodo di almeno trentasei mesi anche non
continuativi, nell'arco di tempo compreso tra il 1° gennaio 2005 e la
data di entrata in vigore della presente legge.».
Tale disposizione, dunque, va a includere - senza alcuna
distinzione - nel ruolo speciale ad esaurimento, istituito presso la
Giunta regionale, nel quale sono confluiti i dipendenti a tempo
indeterminato, anche quelli a tempo determinato, i quali devono aver
prestato servizio per un periodo di almeno trentasei mesi, anche non
continuativi, durante il lasso di tempo intercorrente tra il 1°
gennaio 2005 ed il 4 agosto 2011, data di entrata in vigore della
legge regionale n. 17 del 2011.
II. L'articolo in esame, non operando alcuna distinzione tra le
modalita' di inserimento nel ruolo speciale dei lavoratori a tempo
indeterminato e quelle di immissione dei dipendenti a tempo
determinato, viene a configurare una trasformazione del rapporto di
lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato al di fuori delle
procedure di stabilizzazione previste dal decreto-legge 31 agosto
2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre
2013, n. 125. Tale legge, recante disposizioni in merito al
«perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche
amministrazioni», all'art. 2, comma 1, stabilisce: «Al decreto-legge
6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7
agosto 2012, n. 135, sono apportate le seguenti modifiche:
a) all'art. 2 sono apportate le seguenti modificazioni:
1) al comma 11, l'alinea e' sostituito dal seguente: «Fermo
restando il divieto di effettuare, nelle qualifiche o nelle aree
interessate da posizioni soprannumerarie, nuove assunzioni di
personale a qualsiasi titolo per tutta la durata del soprannumero, le
amministrazioni possono coprire i posti vacanti nelle altre aree, da
computarsi al netto di un numero di posti equivalente dal punto di
vista finanziario al complesso delle unita' soprannumerarie di cui
alla lettera a), previa autorizzazione, secondo la normativa vigente,
e verifica, da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri -
Dipartimento della funzione pubblica e del Ministero dell'economia e
delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato,
anche sul piano degli equilibri di finanza pubblica, della
compatibilita' delle assunzioni con il piano di cui al comma 12 e
fermo restando quanto disposto dall'art. 14, comma 7, del presente
decreto.».
La norma regionale si pone altresi' in contrasto con quanto
stabilito dall'art. 6, comma 1, del decreto legislativo n. 165 del
2001, in base al quale: «(...) Nell'individuazione delle dotazioni
organiche, le amministrazioni non possono determinare, in presenza di
vacanze di organico, situazioni di soprannumerarieta' di personale ,
anche temporanea, nell'ambito di contingenti relativi alle singole
posizioni economiche delle aree funzionali e di livello
dirigenziale».
III.1 Pertanto, la normativa regionale, nel derogare ai principi
statali, ai quali sicuramente il legislatore regionale deve fare
riferimento, si pone in aperto contrasto con l'art. 117, secondo
comma, lettera 1), della Costituzione, il quale riserva alla
competenza esclusiva dello Stato la materia dell'ordinamento civile e
quindi dei rapporti di diritto privato regolabili dal Codice civile.
E' principio ampiamente consolidato nella giurisprudenza di
codesta Corte che la disciplina del rapporto di lavoro nelle
pubbliche amministrazioni attenga all'ordinamento civile di esclusiva
competenza statale; si veda ex plurimis, Corte costituzionale 31
gennaio 2014, n. 7 la quale ritiene che qualunque ipotesi di
regolamentazione del rapporto di lavoro dipendente pubblico e' da
ricomprendere nella «dinamica del rapporto di lavoro e del relativo
regime ed e', quindi, riconducibile in modo piano alla materia
dell'«ordinamento civile», con la conseguenza che «L'inosservanza
della disciplina di legge statale e di derivazione contrattuale
collettiva ...rende, dunque, ancora piu' evidente la violazione dell'
art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. denunciata in capo alla
disposizione in oggetto.».
Questi principi valgono sia per la costituzione del rapporto di
lavoro sia per la sua disciplina e regolazione giuridica ed
economica; si vedano, ex plurimis, Corte costituzionale 28 marzo
2014, n. 61; Corte costituzionale 3 dicembre 2014, n. 269 e Corte
costituzionale 18 luglio 2014, n. 211: «Secondo il costante
orientamento di questa Corte, a seguito della privatizzazione del
rapporto di pubblico impiego - operata dall'art. 2 della legge 23
ottobre 1992, n. 421 (Delega al Governo per la razionalizzazione e la
revisione delle discipline in materia di sanita', di pubblico
impiego, di previdenza e di finanza territoriale), dall'art. 11,
comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59 (Delega al Governo per il
conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per
la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione
amministrativa), e dai decreti legislativi emanati in attuazione di
dette leggi delega - la disciplina del rapporto di lavoro alle
dipendenze della pubblica amministrazione e' retta dalle disposizioni
del codice civile e dalla contrattazione collettiva.
... Proprio a seguito di tale privatizzazione, questa Corte ha
affermato che «i principi fissati dalla legge statale in materia
costituiscono tipici limiti di diritto privato, fondati
sull'esigenza, connessa al precetto costituzionale di eguaglianza, di
garantire l'uniformita' nel territorio nazionale delle regole
fondamentali di diritto che disciplinano i rapporti fra privati e,
come tali, si impongono anche alle Regioni a statuto speciale»
(sentenza n. 189 del 2007).
In particolare, dall'art. 2, comma 3, terzo e quarto periodo,
della legge n. 421 del 1992, emerge il principio per cui il
trattamento economico dei dipendenti pubblici e' affidato ai
contratti collettivi, di tal che la disciplina di detto trattamento
e, piu' in generale, la disciplina del rapporto di impiego pubblico
rientra nella materia dell'«ordinamento civile» riservata alla
potesta' legislativa esclusiva dello Stato (sentenze n. 61 del 2014,
n. 286 e n. 225 del 2013, n. 290 e n. 215 del 2012, n. 339 e n. 77
del 2011, n. 332 e n. 151 del 2010).».
III.2 - La disposizione regionale de qua viola anche i principi
di uguaglianza, buon andamento e imparzialita' della pubblica
amministrazione, stabiliti dagli articoli 3 e 97 della Costituzione.
La stabilizzazione dei rapporti di lavoro, prevista dall'art. 2,
comma 1, della legge regionale n. 41 del 2015, infatti, si pone in
contrasto con la legge 30 ottobre 2013, n. 125, in quanto avvenuta in
dispregio delle procedure ivi previste e regolamentate. La norma
impugnata delinea, dunque, un processo di stabilizzazione di
personale gia' in servizio con contratto di lavoro a tempo
determinato, con chiara elusione del principio del pubblico concorso,
previsto dall'art. 97 Cost. a garanzia dell'eguaglianza,
dell'imparzialita' e del buon andamento della pubblica
amministrazione.
Sul punto, la giurisprudenza costituzionale e' vasta e granitica;
a conforto della censura bastera' richiamare, fra le tante, la
sentenza 7 luglio 2010, n. 235 con la quale la Corte costituzionale
ha dichiarato illegittime norme della legge regionale sarda 7 agosto
2009, n. 3, in quanto disponevano «in modo indiscriminato lo stabile
inserimento di lavoratori nei ruoli delle pubbliche amministrazioni
sarde, senza condizionare tali assunzioni al previo superamento di
alcun tipo di prova selettiva pubblica da parte degli interessati.
Pertanto, esse si pongono in aperto contrasto con l'art. 97 Cost.,
che impone il concorso quale modalita' di reclutamento del personale
delle pubbliche amministrazioni».
Il principio e' stato anche recentemente ribadito da Corte
costituzionale 30 gennaio 2015, n. 7 in termini che, siccome validi a
decidere anche il presente caso, riportiamo per esteso: «3. E' nota
la copiosa giurisprudenza di questa Corte secondo cui il pubblico
concorso e' forma generale e ordinaria di reclutamento del personale
della pubblica amministrazione (si vedano, tra le piu' recenti, le
sentenze n. 134 del 2014; n. 277, n. 137, n. 28 e n. 3 del 2013; n.
212, n. 177 e n. 99 del 2012; n. 293 del 2009), cui si puo' derogare
solo in presenza di peculiari e straordinarie esigenze di interesse
pubblico (sentenze n. 134 del 2014; n. 217 del 2012; n. 310 del 2011;
n. 9 del 2010; n. 293 e n. 215 del 2009; n. 81 del 2006).
Il principio della necessita' del pubblico concorso e' stato di
recente ribadito con specifico riferimento a disposizioni legislative
che prevedevano il passaggio automatico di personale di societa' in
house, ovvero societa' o associazioni private, all'amministrazione
pubblica (sentenze n. 134 del 2014; n. 227 del 2013; n. 62 del 2012;
n. 310 e n. 299 del 2011; n. 267 del 2010).
Questa Corte ha ritenuto, infatti, che «il trasferimento da una
societa' partecipata dalla Regione alla Regione o ad altro soggetto
pubblico regionale si risolve in un privilegio indebito per i
soggetti beneficiari di un siffatto meccanismo, in violazione dell'
art. 97 Cost. (sentenza n. 62 del 2012; nello stesso senso, sentenze
n. 310 e n. 299 del 2011, nonche' sentenza n. 267 del 2010)"
(sentenza n. 227 del 2013).»
Ancora, con puntuale riferimento alla stabilizzazione di
personale precario da parte delle Regioni, si veda la sentenza 9
marzo 2012, n. 51: «E' incostituzionale l' art. 11, 10 comma, legge
regionale 24 marzo 2011, n. 6, Molise, nella parte in cui prevede la
destinazione, da parte della regione in sede di manovra finanziaria
annuale, di risorse finanziarie al fine di promuovere la
stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili in servizio presso
le soppresse comunita' montane, senza stabilire alcun requisito.».
III.3 Concludiamo le nostre argomentazioni osservando che la
Regione Basilicata insiste su una linea di stabilizzazione del
personale precario che e' stata specificamente censurata dalla Corte
costituzionale in precedenti casi del tutto simili al presente; si
vedano le sentenze:
- 30 luglio 2012, n. 211: «La disposizione in esame [art. 39
legge regionale Basilicata n. 17/2011], dando attuazione,
successivamente al regime dettato dall' art. 17, comma 10, del
decreto-legge n. 78 del 2009, ad una stabilizzazione da precedente
legge regionale, si pone in contrasto con la vigente normativa
nazionale in materia e configura una lesione dei principi di cui all'
art. 117, terzo comma, della Costituzione (coordinamento della
finanza pubblica).
Tale stabilizzazione, inoltre, per taluni lavoratori,
realizza una forma di assunzione riservata, senza predeterminazione
di criteri selettivi di tipo concorsuale ed esclude o riduce
irragionevolmente la possibilita' di accesso al lavoro dall'esterno e
viola, come questa Corte ha reiteratamente affermato (ex plurimis,
sentenze nn. 108 e 127 del 2011) il principio del pubblico concorso e
quello di buona amministrazione di cui all'art. 97, primo comma,
della Costituzione.»;
- 23 aprile 2013, n. 72: «E' costituzionalmente illegittimo,
in relazione all'art. 136 Cost. , per violazione di giudicato
costituzionale (sentenza n. 67 del 2011), l'art. 19 della legge
regionale 30 dicembre 2011, n. 26, della Regione Basilicata, in
quanto la disposizione denunciata, nel richiamare analoghe finalita'
di norme regionali gia' dichiarate incostituzionali, prevede un
contributo regionale per la stabilizzazione dei lavoratori impegnati
in attivita' socialmente utili (ASU) e che siano utilizzati da almeno
tre anni presso i Comuni e gli altri enti pubblici, nonche' per la
stabilizzazione dei lavoratori ex LSU che abbiano intrattenuto
rapporti contrattuali di collaborazione coordinata e continuativa per
la durata di 60 mesi con pubbliche amministrazioni dal 2001 al 2008 o
in essere, senza anche prevedere che questi debbano superare un
pubblico concorso.».
La retta via e' stata, evidentemente, di nuovo smarrita dalla
Regione!
P.Q.M.
Tanto premesso e considerato, giusta la delibera del Consiglio
dei ministri in epigrafe indicata;
Si chiede che la Corte costituzionale adita voglia dichiarare
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 1, della legge
regionale 24 ottobre 2015, n. 41, pubblicata nel Bollettino Ufficiale
della Regione Basilicata il 28 settembre 2015, avente ad oggetto
«disposizioni in tema di organizzazione amministrativa regionale»,
per la violazione degli articoli 3, 97 e 117, comma 2, lettera l),
della Costituzione.
Si produrra' copia della delibera del Consiglio dei ministri.
Roma, 24 novembre 2015
L'Avvocato dello Stato: Albenzio