Ricorso n. 102 del 18 dicembre 2013 (Regione Campania)
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 18 dicembre 2013 (della Regione Campania).
(GU n. 4 del 22.1.2014)
Ricorso della Regione Campania (c.f. …), in persona del
Presidente della Giunta regionale pro tempore, On. Dott. Stefano
Caldoro, rappresentata e difesa, ai sensi delle delibere della Giunta
regionale n. del giusta procura a margine del
presente atto, unitamente e disgiuntamente, dall'Avv. Maria D'Elia
(c.f. …) e dall' Avv. Almerina Bove dell'avvocatura
Regionale, ed elettivamente domiciliato presso l'Ufficio di
rappresentanza della Regione Campania sito in Roma alla Via Poli n.
29 (fax …; pec …);
Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro-tempore per
la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli articoli
2-bis e 4-bis del decreto-legge 8 agosto 2013, n. 91 (Disposizioni
urgenti per la tutela, la valorizzazione e il rilancio dei beni e
delle attivita' culturali e del turismo), convertito, con
modificazioni, dalla legge 7 ottobre 2013, n. 112 (pubblicata in
Gazzetta Ufficiale 8/10/2013, n. 236).
1. Nella Gazzetta Ufficiale - serie generale - n. 236 dell'8
ottobre 2013, e' stata pubblicata la legge 7 ottobre 2013, n. 112,
avente ad oggetto "Conversione in legge, con modificazioni, del
decreto-legge 8 agosto 2013, n. 91, recante disposizioni urgenti per
la tutela, la valorizzazione e il rilancio dei beni e delle attivita'
culturali e del turismo".
2. Per quanto d'interesse ai fini del presente giudizio, l'art. 1
della citata legge ha inserito nel decreto-legge 8 agosto 2013, n.
91, l'art 2-bis, a mente del quale «All'articolo 52 del codice dei
beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22
gennaio 2004, n. 42 sono apportate le seguenti modificazioni:
a) dopo il comma 1 e' aggiunto il seguente:
"1-bis. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 7-bis, i comuni,
sentito il soprintendente, individuano altresi' i locali, a chiunque
appartenenti, nei quali si svolgono attivita' di artigianato
tradizionale e altre attivita' commerciali tradizionali, riconosciute
quali espressione dell'identita' culturale collettiva ai sensi delle
convenzioni UNESCO di cui al medesimo articolo 7-bis, al fine di
assicurarne apposite forme di promozione e salvaguardia, nel rispetto
della liberta' di iniziativa economica di cui all'articolo 41 della
Costituzione";
b) la rubrica e' sostituita dalla seguente: "Esercizio del
commercio in aree di valore culturale e nei locali storici
tradizionali"».
L'art. 1, comma 1 della citata legge ha inserito, altresi', nel
decreto-legge 8 agosto 2013, n. 91, l'art. 4-bis, a mente del quale
«All'articolo 52 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di
cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, dopo il comma 1 e'
aggiunto il seguente:
"1-bis. Al fine di contrastare l'esercizio, nelle aree
pubbliche aventi particolare valore archeologico, storico, artistico
e paesaggistico, di attivita' commerciali e artigianali in forma
ambulante o su posteggio, nonche' di qualsiasi altra attivita' non
compatibile con le esigenze di tutela del patrimonio culturale, con
particolare riferimento alla necessita' di assicurare il decoro dei
complessi monumentali e degli altri immobili del demanio culturale
interessati da flussi turistici particolarmente rilevanti, nonche'
delle aree a essi contermini, le Direzioni regionali per i beni
culturali e paesaggistici e le soprintendenze, sentiti gli enti
locali, adottano apposite determinazioni volte a vietare gli usi da
ritenere non compatibili con le specifiche esigenze di tutela e di
valorizzazione, comprese le forme di uso pubblico non soggette a
concessione di uso individuale, quali le attivita' ambulanti senza
posteggio, nonche', ove se ne riscontri la necessita', l'uso
individuale delle aree pubbliche di pregio a seguito del rilascio di
concessioni di posteggio o di occupazione di suolo pubblico"».
Le menzionate disposizioni sono illegittime, in guisa che si
chiede a Codesta Corte la relativa declaratoria di illegittimita'
costituzionale, per i seguenti
Motivi
I. Illegittimita' costituzionale della previsione di cui al citato
art. 2-bis per violazione degli artt.117, commi 3 e 4 e 118 della
Costituzione e per violazione del principio di leale collaborazione.
Si e' sopra rilevato come, a mente dell'art. 2-bis del
decreto-legge impugnato, «All'articolo 52 del codice dei beni
culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio
2004, n. 42, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) dopo il comma 1 e' aggiunto il seguente:
"1-bis. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 7-bis, i comuni,
sentito il soprintendente, individuano altresi' i locali, a chiunque
appartenenti, nei quali si svolgono attivita' di artigianato
tradizionale e altre attivita' commerciali tradizionali, riconosciute
quali espressione dell'identita' culturale collettiva ai sensi delle
convenzioni UNESCO di cui al medesimo articolo 7-bis, al fine di
assicurarne apposite forme di promozione e salvaguardia, nel rispetto
della liberta' di iniziativa economica di cui all'articolo 41 della
Costituzione";
b) la rubrica e' sostituita dalla seguente: "Esercizio del
commercio in aree di valore culturale e nei locali storici
tradizionali"».
1. La citata disposizione normativa, ancorche' inserita
nell'ambito dei codice dei beni culturali e del paesaggio, persegue -
come peraltro esplicitato anche nella novellata rubrica, di cui alla
lett. b), che fa riferimento all'"esercizio del commercio" - la
finalita' di promozione e salvaguardia delle attivita' artigianali e
del commercio svolte in locali tradizionalmente deputati a tali
attivita'. In quanto tale, essa appare senz'altro ascrivibile, in
primo luogo, alla materia "artigianato", oggetto di competenza
legislativa esclusiva della Regione all'esito della riforma del
Titolo V della Costituzione ad opera della legge costituzionale n.
3/2001.
E' noto, invero, che il riformato articolo 117 della
Costituzione, non annoverando l'artigianato tra le materie
tassativamente riservate alla legislazione esclusiva statale o a
quella concorrente, implicitamente demanda questa materia alla
potesta' legislativa residuale delle Regioni, modificando in tal modo
la precedente previsione costituzionale, che invece assegnava allo
Stato il compito di stabilire i principi fondamentali in materia di
artigianato, prevedendo la competenza concorrente delle Regioni. Alla
competenza legislativa residuale delle Regioni compete anche
l'adozione delle misure di promozione, sviluppo e sostegno
dell'artigianato.
Allo stesso modo, in seguito alla citata riforma del titolo V
della Costituzione, la materia del commercio e' stata da Codesta
Corte pacificamente ricondotta alla competenza legislativa residuale
delle Regioni ex art. 117, co. 4, Cost. (cfr. sentenza 13.1.2004, n.
1). Ne deriva la illegittimita' della disposizione in epigrafe, in
quanto lesiva della competenza legislativa regionale residuale.
2. In via subordinata, ove voglia ravvisarsi la materia di
pertinenza della citata disposizione in quella della "valorizzazione
dei beni culturali" - il che non appare, in ragione dell'assenza di
rilievo autonomo dei locali cui la norma fa riferimento, che
assurgono all'attenzione del legislatore non gia' per l'intrinseco
pregio o valore, bensi' solo in quanto ivi si svolge l'attivita'
artigianale o commerciale - in ogni caso, la disposizione appare
adottata in violazione dell'art. 117, terzo comma in quanto non si
limita alla individuazione dei principi cui informare la disciplina
della materia, ma si estrinseca in una norma di dettaglio.
3. Sotto altro profilo, la citata disposizione viola il principio
di leale collaborazione tra Stato e Regioni, in quanto oblitera del
tutto coinvolgimento delle Regioni nel delineato procedimento volto
alla individuazione delle forme di promozione e salvaguardia da
adottarsi, destinate a riverberarsi in ogni caso sulle attivita'
ascritte alla competenza regionale (artigianato e commercio).
Nella sentenza n. 162 del 2005, Codesta Corte ha avuto modo di
rilevare come, nelle fattispecie nelle quali l'articolazione della
normativa comporti la coesistenza della competenza dello Stato e
delle Regioni, tale articolazione "esige forme di cooperazione con le
Regioni e di incisivo coinvolgimento delle stesse, essendo evidente
che l'intervento dello Stato debba rispettare la sfera di competenza
spettante alle Regioni in via residuale", a pena della violazione del
principio di leale collaborazione.
II. Illegittimita' costituzionale della previsione di cui alll'art.
4-bis per violazione degli artt. 117, commi 3 e 4 e 118 della
Costituzione e per violazione del principio di leale collaborazione.
A mente dell'art. 4-bis, «All'articolo 52 del codice dei beni
culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio
2004, n. 42, dopo il comma 1 e' aggiunto il seguente:
"1-bis. Al fine di contrastare l'esercizio, nelle aree
pubbliche aventi particolare valore archeologico, storico, artistico
e paesaggistico, di attivita' commerciali e artigianali in forma
ambulante o su posteggio, nonche' di qualsiasi altra attivita' non
compatibile con le esigenze di tutela del patrimonio culturale, con
particolare riferimento alla necessita' di assicurare il decoro dei
complessi monumentali e degli altri immobili del demanio culturale
interessati da flussi turistici particolarmente rilevanti, nonche'
delle aree a essi contermini, le Direzioni regionali per i beni
culturali e paesaggistici e le soprintendenze, sentiti gli enti
locali, adottano apposite determinazioni volte a vietare gli usi da
ritenere non compatibili con le specifiche esigenze di tutela e di
valorizzazione, comprese le forme di uso pubblico non soggette a
concessione di uso individuale, quali le attivita' ambulanti senza
posteggio, nonche', ove se ne riscontri la necessita', l'uso
individuale delle aree pubbliche di pregio a seguito del rilascio di
concessioni di posteggio o di occupazione di suolo pubblico"».
La citata disposizione normativa - la quale, peraltro, prevede
l'aggiunta di un comma 1-bis all'art. 52 del Codice senza tener conto
dell'inserimento di un comma 1-bis gia' ad opera dell'art. 2-bis,
comma 1, lett. a) del medesimo decreto-legge - contrasta con l'art.
117, commi terzo e quarto e 118 della Costituzione, in quanto, come
rilevato al punto precedente, non compete allo Stato la disciplina
delle attivita' artigianali e commerciali ne' l'adozione di apposite
determinazioni volte a vietare le attivita' non compatibili con le
specifiche esigenza di tutela e di valorizzazione delle aree di
valore archeologico, storico, artistico e paesaggistico. Quanto
rilevato vale, poi, a fortiori per le aree non aventi diretto valore
archeologico, storico, artistico e paesaggistico, bensi' ad esse
meramente "contermini".
La materia della valorizzazione dei beni culturali e',
d'altronde, come sopra rilevato, affidata alla competenza concorrente
regionale, con la conseguenza della illegittimita' costituzionale
della previsione in epigrafe anche sotto il profilo dell'eccedenza
del relativo contenuto rispetto ai principi fondamentali nella
materia, e del contrasto con la necessita' che essi lascino spazio
per una attuazione regionale (cfr. Corte Cost., sent. 200/2009).
P.Q.M.
Voglia codesta Ecc.ma Corte costituzionale accogliere il presente
ricorso, dichiarando l'illegittimita' costituzionale delle
disposizioni impugnate, nelle parti, profili e termini sopra esposti.
Avv. Bove - Avv. d'Elia