Ricorso n. 104 del 31 dicembre 2008 (Presidente del Consiglio dei ministri)
RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 31 dicembre 2008 , n. 104
Ricorso per questione di legittimità costituzionale depositato
il 31 dicembre 2008 (del Presidente del Consiglio dei ministri)
(GU n. 7 del 18-2-2009)
Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato presso i cui uffici domicilia in Roma via dei Portoghesi n. 12 nei confronti della Regione Abruzzo in persona del Presidente della Giunta regionale pro tempore per la dichiarazione della illegittimita' costituzionale della legge della Regione Abruzzo n. 14 del 15 ottobre 2008, recante «Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 10 marzo 2008, n. 2 e provvedimenti urgenti a tutela della Costa Teatina», pubblicata sul B.U.R. n. 59 del 24 ottobre 2008, giusta delibera del Consiglio dei ministri in data 18 dicembre 2008. La legge regionale Abruzzo n. 14/2008, che apporta modifiche ed integrazioni alla Legge Regionale n. 2/2008 recante «Provvedimenti urgenti a tutela della Costa Teatina», presenta diversi profili di illegittimita' costituzionale per le seguenti motivazioni. E' avviso del Governo che, con le norme denunciate in epigrafe la Regione Abruzzo abbia violato i principi generali in tema di «prorogatio» e abbia ecceduto dalla propria competenza in violazione della normativa costituzionale, come si confida di dimostrare in appresso con l'illustrazione dei seguenti M o t i v i 1) La legge regionale Abruzzo n. 14/2008 viola i principi generali in tema di prorogatio e viola l'art. 86, comma 3, dello statuto della Regione Abruzzo. Preliminarmente occorre considerare la questione relativa all'esercizio del potere dell'organo legislativo regionale in casi di scioglimento anticipato, con specifico riferimento all'approvazione della legge regionale in esame. L'art. 86, comma 3, dello statuto della Regione Abruzzo, pubblicato nel B.U.R.A. 10 gennaio 2007, n. 1 ed entrato in vigore il giorno successivo, testualmente recita che «in caso di scioglimento anticipato e di scadenza della legislatura, il Consiglio e l'Esecutivo regionale sono prorogati sino alla proclamazione degli eletti nelle nuove elezioni, indette sino alla proclamazione degli eletti nelle nuove elezioni, indette entro tre mesi dal Presidente della Giunta, secondo le modalita' definite dalla legge elettorale». La predetta norma fa, quindi, riferimento all'istituto della prorogatio, da intendersi quale sopravvivenza temporanea dei poteri dei titolari per i quali si e' verificata la cessazione del mandato (sentenze della Corte costituzionale n. 196/2003; n. 515/1995; n. 468/1991). In tale situazione il Consiglio regionale puo' deliberare solo in circostanze straordinarie o di urgenza o per il compimento di atti dovuti. In relazione alla natura e tipologia degli atti urgenti ed indifferibili che possono legittimamente essere adottati dagli organi legislativi in prorogatio, occorre fare riferimento ad una prassi consolidata, formatasi in tema di lavori parlamentari. Applicando la prassi parlamentare al contesto regionale, con specifico riferimento all'attivita' legislativa, si deduce che possono essere approvati in regime di prorogatio solo gli costituzionalmente dovuti, quali il recepimento di una direttiva comunitaria direttamente vincolante per le regioni, o progetti di legge che presentano i caratteri dell'indifferibilita' ed urgenza, quali ad esempio il bilancio di previsione, l'esercizio provvisorio o una variazione di bilancio. L'urgenza e l'indifferibilita', oltre ad essere adeguatamente motivate, devono essere volte a eliminare le situazioni di danno senza limitare la liberta' di scelta dell'Organo legislativo quando avra' riacquistato la pienezza dei suoi poteri. Il provvedimento legislativo in esame, in particolare le norme denunciate, non riveste alcun carattere di indifferibilita' ed urgenza ne' di atto dovuto o riferibile a situazioni di estrema gravita' tali da non poter essere rinviato per non recare danno alla collettivita' regionale o al funzionamento dell'ente. 2) L'art. 1, comma 3, della legge regionale Abruzzo n. 14/2008 viola gli artt. 41, 42, 43, 117, commi 1 e 3, e 118 della Costituzione. La norma contenuta nell'art. 1 comma 3, della legge regionale n. 14/2008, che sostituisce il comma 6 dell'art. 1 della legge regionale n. 2/2008 citata, prevede che su aree destinate a determinate coltivazioni e produzioni, nonche' sulle aree ad esse limitrofe con diversa destinazione urbanistica, sia tassativamente vietato l'insediamento di industrie che svolgano attivita' di prospezione, ricerca, estrazione, coltivazione e lavorazione di idrocarburi. Sono, altresi', vietati la trasformazione e l'ampliamento degli esistenti impianti che svolgono dette attivita'. Tale disposizione, quindi, stabilisce preclusioni, talora assolute, per lo svolgimento delle attivita' di prospezione, ricerca, estrazione, coltivazione e lavorazione idrocarburi e potenzialmente di altre attivita' industriali afferenti al settore energetico di interesse nazionale. Occorre premettere che le attivita' industriali relative al settore idrocarburi sono da inquadrare nel settore della produzione di fonti di energia, che e' materia regolata dal diritto comunitario, il cui regime e' disciplinato principalmente dalla legge 22 agosto 2004, n. 239 (riordino del settore energetico) e dal d.lgs. 23 maggio 2000, n. 164, di attuazione della direttiva n. 98/30/CE recante norme comuni per il mercato interno del gas. La legge n. 239/2004 citata, nell'ambito dei principi derivanti dall'ordinamento comunitario, pone i principi fondamentali nella materia ai fini, tra l'altro, della tutela della concorrenza e dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali al fine di assicurare l'unita' giuridica ed economica dello Stato. Gli obiettivi e le linee della politica energetica nazionale nonche' i criteri generali per la sua attuazione a livello generale sono elaborati e definiti dallo Stato che si avvale dei meccanismi di raccordo e cooperazione con le autonomie regionali (art. 1, comma 1). In base all'art. 1, comma 2, lett. c), della citata legge n. 239/2004, le attivita' di esplorazione ricerca, coltivazione e stoccaggio di idrocarburi sono soggette a concessione che, ai sensi del comma 7, lett. n), dell'art. 1 della medesima legge, e' di competenza statale e va rilasciata d'intesa con la Regione. La concessione di coltivazione puo' avere ad oggetto anche la realizzazione e l'esercizio di impianti per la prima lavorazione del prodotto della coltivazione. Tali centrali di primo trattamento sono considerate opere connesse e parte integrante dell'attivita' di coltivazione ed oggetto del procedimento unico disciplinato dall'art. 1, comma 77, della legge n. 239/2004 citata. L'attivita' di prospezione idrocarburi e', invece, libera (alle condizioni indicate all'art. 4 del citato d.lgs. n. 164/2000). Il comma 3 del medesimo art. 1 della predetta legge n. 239/2004 individua gli obiettivi generali della politica energetica del Paese, da conseguire sulla base dei principi di sussidiarieta', differenziazione, adeguatezza e leale collaborazione dallo Stato, dalle regioni e dagli enti locali. La norma regionale, quindi, ponendo generalizzati divieti alle citate attivita', si pone in contrasto con l'art. 117, primo comma Costituzione, perche' sono violati i principi comunitari di liberta' di circolazione delle persone e di stabilimento, di cui agli artt. 43 e 49 del trattato U.E., nonche' con gli artt. 41 Costituzione, che afferma il principio di liberta' di iniziativa economica privata, e 42 e 43 Costituzione che tutelano la proprieta' privata, considerato che la previsione regionale sancisce, di fatto, un esproprio di tale diritto per una durata potenzialmente illimitata e riguardante tutto il territorio regionale, senza la previsione di alcun indennizzo. Inoltre, poiche', come si e' detto, la norma regionale si pone in contrasto con i principi contenuti nelle menzionate disposizioni statali in materia di energia, essa contrasta con l'art. 117, terzo comma, perche' la competenza legislativa concorrente deve esplicarsi all'interno del quadro di riferimento tracciato dalla legislazione statale «di cornice» e con spirito di leale collaborazione; nonche' con l'art. 118 Cost., considerato che le funzioni amministrative in materia di impianti e infrastrutture energetiche sono, eccezion fatta per quelli di rilievo locale, di primaria competenza statale e le relative opere sono considerate dalle leggi statali di preminente interesse nazionale per la sicurezza del sistema elettrico e degli approvvigionamenti. Tutti i divieti posti integrano, inoltre, anche la violazione del principio di leale collaborazione delle Regioni. 3) L'art. 1, comma 6, della regionaIe Abruzzo n. 14/2008 viola gli artt. 3, 97, 117, comma 2, lett. s) e 118 della Costituzione. La norma contenuta nell'art. 1, comma 6, che introduce il comma 9-bis all'art-1 della legge regionale n. 2/2008 citata), estende i divieti previsti dall'art. 1, comma 3, agli interventi (sempre relativi alle predette attivita' nel settore idrocarburi) gia' muniti di permesso a costruire o comunque gia' autorizzati e, comunque, fino all'entrata in vigore del piano di settore, previa approvazione del Consiglio regionale. Oltre che nelle aree interessate da dette coltivazioni e produzioni e nelle aree limitrofe, le attivita' in questione sono vietate nelle aree dei territori di taluni comuni fino alla definitiva approvazione del Piano del Parco nazionale della Costa Teatina. Viene, infine, previsto un generale divieto di rilascio di permesso a costruire per l'insediamento di industrie che svolgono attivita' nel settore idrocarburi fino al 31 dicembre 2009. Tale disposizione, in quanto estende, per un tempo potenzialmente illimitato, il divieto di insediamento delle attivita' nel settore idrocarburi in aree agricole e limitrofe, gia' autorizzate, viola l'assetto delle competenze amministrative in materia, che sono attribuite allo Stato e che, nella fattispecie, sono gia' state esercitate, ponendosi in contrasto con l'art. 118 Costituzione. Per quanto riguarda, infatti, il rilascio dei titoli minerari (permessi di prospezione e di ricerca, concessioni di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare ed in terraferma) l'autorita' competente, fatte salve le competenze delle regioni a statuto speciale, e' l'Ufficio Nazionale Minerario per gli Idrocarburi (UNMIG) della direzione generale per l'energia e le risorse minerarie del Ministero dello sviluppo economico. Tali funzioni (ai sensi dell'art. 29 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112 e dell'art. 1, comma 7, lettera n), della legge n. 239/2004 citata) sono esercitate per la terraferma d'intesa con la Regione interessata, secondo specifiche modalita' procedimentali, disciplinate dai commi 77 e seguenti della stessa legge n. 239/2004. E' di tutta evidenza che la norma viola, altresi', il principio della certezza del diritto e del legittimo affidamento dei titolari di atti di autorizzazione legittimi e, quindi, del buon andamento della pubblica amministrazione di cui agli artt. 3 e 97 della Costituzione. Oltre che nelle aree interessate da dette coltivazioni e produzioni e nelle aree limitrofe, le attivita' in questione sono vietate, altresi', nelle aree, a qualunque destinazione urbanistica, dei territori di taluni comuni fino alla definitiva approvazione del Piano del Parco nazionale della Costa Teatina. La previsione legislativa regionale appare illegittima con riguardo alla competenza esclusiva statale in materia ambientale (art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.) e con riguardo alle funzioni amministrative statali in materia di rilascio dei titoli minerari e di istituzione di Parchi nazionali di cui alla legge quadro sulle aree protette 6 dicembre 1991, n. 394 (art. 118 Cost.). La legge 23 marzo 2001, n. 93, recante disposizioni in campo ambientale, rinvia, all'art. 8, comma 3, la concreta istituzione del Parco della Costa Teatina, ne' istituito ne' delimitato in via provvisoria, ad un decreto del Presidente della Repubblica da emanare su proposta del Ministero dell'ambiente, d'intesa con la regione interessata; e la delimitazione provvisoria dello stesso, con adozione delle relative misure di salvaguardia, ad un provvedimento del Ministero dell'ambiente assunto d'intesa con la regione ai sensi dell'art. 34, comma 3, della citata legge n. 394/1991. Anche sotto tale profilo la norma regionale e', dunque, illegittima, in quanto preclude attivita' in astratto compatibili su aree non interessate da norme di salvaguardia che impongano, cioe', un regime di tutela, anche anticipato rispetto alla perimetrazione definitiva del Parco in questione. La medesima norma regionale prevede, inoltre, un divieto di rilascio di permesso a costruire per l'insediamento di industrie che svolgono attivita' nel settore idrocarburi fino al 31 dicembre 2009, da ritenere applicabile a tutto il territorio regionale. Anche tale previsione e' illegittima e si richiamano, nuovamente, i canoni costituzionali che si ritengono violati, gli artt. 117, per la materia della tutela dell'ambiente, e 118 Costituzione, in quanto la citata legge n. 239/2004, all'art. 1, commi 77 e seguenti, ha introdotto un procedimento unico per il rilascio dei titoli minerari. In particolare, tale legge dispone che il permesso di ricerca e la concessione di coltivazione sono rilasciati a seguito di un procedimento unico, al quale partecipano le amministrazioni statali, regionali e locali interessate, svolto nel rispetto dei principi di semplificazione e con le modalita' di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241. I provvedimenti assunti a conclusione di tali procedimenti unici sostituiscono, ad ogni effetto, autorizzazioni, permessi, concessioni ed atti di assenso comunque denominati, previsti dalle norme vigenti, fatto salvo quanto disposto dal decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 624 che attiene alle funzioni in materia di sicurezza mineraria. Si dispone, altresi', che le opere e gli impianti necessari alla ricerca e coltivazione vengono dichiarati di pubblica utilita' e comportano l'eventuale effetto di variante urbanistica. E' dunque, nella sede del procedimento unico statale, al quale partecipano anche le amministrazioni comunali, che viene verificata la conformita' urbanistica degli impianti, e che puo' concludersi con una determinazione concordata anche in deroga agli strumenti urbanistici. 4) L'art. 2 della legge regionale Abruzzo n. 14/2008 viola gli artt. 97 e 117, terzo comma, della Costituzione. La norma contenuta nell'art. 2 della legge regionale n. 14/2008 prevede il potere dei concessionari o delle stazioni appaltanti di rideterminare la funzionalita' dei programmi di metanizzazione regionale, assistiti da finanziamenti ai sensi di precedenti leggi regionali, in deroga alle predette leggi e operando riduzioni di lavori e/o opere sui piani originariamente approvati. Detta previsione configura un caso di variante in corso d'opera nell'appalto di lavori o di servizi pubblici, che, in base all'art. 132 d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (cd. codice appalti) e' ammesso esclusivamente in limitate ipotesi, tra le quali non rientra quella in esame. Essa non puo', infatti, ritenersi rientrare nella possibilita' della variante per motivi di «esigenze derivanti da sopravvenute disposizioni legislative e regolamentari» (lett. a), dell'art. 132 citato), considerato che, come chiarito dall'Autorita' per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, si intendono per sopravvenienze di diritto quelle che determinano la necessita' di adeguare l'opera per renderla utilizzabile allo scopo prefissato, caso in cui sorge la necessita' di assicurare l'osservanza di nuove normative intervenute nel frattempo, alle quali siano da adeguare le originarie previsioni progettuali. La norma regionale in esame, invece, riguarda opere conformi allo scopo pubblico fissato dall'art. 11 della legge n. 784/1980 e dall'art. 9 della legge n. 266/1997 concernenti la metanizzazione del Mezzogiorno; talche' una modifica delle opere stesse per finalita' diverse da quelle originarie e non rientranti nelle astratte possibilita' di variante in corso d'opera si pone in contrasto con le citate leggi statali di settore. La norma regionale, quindi, bloccando o riducendo opere approvate e finanziate con denaro pubblico, e cio' anche in deroga alle previsioni normative statali poste a tutela del numero degli utenti e dell'estensione delle reti (art. 2, comma 2, della legge regionale n. 14/2008), contrasta con i principi della politica energetica nazionale, come specificati dall'art. 1, comma 3, lett. a), b) c), d), g) ed i) della legge n. 239/2004 citata, in violazione dell'art. 117, comma 3, della Costituzione ed e', inoltre, lesiva dei principi di efficacia dell'azione amministrativa, di cui all'art. 97 Costituzione e della corretta ed economica gestione di risorse pubbliche prevedendo l'ingiustificata riduzione di opere pubbliche gia' finanziate per la realizzazione degli interessi pubblici dello sviluppo del Mezzogiorno e della metanizzazione della rete di distribuzione del gas.
P. Q. M. Si conclude perche' la legge della regione Abruzzo n. 14/2008 sia dichiarata costituzionalmente illegittima. Si produce l'estratto della deliberazione del Consiglio dei ministri in data 18 dicembre 2008. Roma, addi' 22 dicembre 2008 L'Avvocato dello Stato: Gabriella Palmieri