Ricorso n. 105 del 10 novembre 2004 (Presidente del Consiglio dei ministri)
N. 105 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 10 novembre 2004.
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 10 novembre 2004 (del Presidente del Consiglio dei
ministri)
(GU n. 47 del 1-12-2004)
Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato
e difeso dall'Avvocatura, generale dello Stato presso i cui uffici in
Roma, via dei Portoghesi n. 12, e' domiciliato, nei confronti della
Regione Liguria, in persona del Presidente della Giunta regionale per
la dichiarazione di illegittimita' costituzionale) degli articoli 4,
comma 2, 14, comma 2, 20, comma 2, lett. b), 39, comma 3, 40, comma
1, 41, comma 2, 43, comma 2, 50, comma 3, 64, 76, comma 1, lett. b),
dello, statuto della Regione Liguria, approvato in prima
deliberazione il 27 luglio 2004 ed in seconda deliberazione il 28
settembre 2004 pubblicato nel B.U.R. n. 9 del 6 ottobre 2004, in
relazione agli articoli 1, 3, 24, 87, 88, 113, 114, 117, comma 2,
lett. f), comma 3, comma 4, comma 5 e comma 6, 121, 122, 123, 126,
134 della Costituzione.
In data 6 ottobre 2004 e' stato pubblicato lo statuto della
Regione Liguria approvato in seconda deliberazione in data 28
settembre 2004.
Tale statuto, in conformita' della delibera del Consiglio dei
ministri in data 28 ottobre 2004, viene impugnato nelle sottoindicate
disposizioni non in armonia con la Costituzione e quindi in
violazione dell'art. 123 di questa, come appresso specificato.
1) Art. 4, comma 2.
Secondo la norma in ogetto «la Regione concorre alle decisioni
dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvede
alla loro attuazione. Provvede, altresi', all'attuazione e
all'esecuzione degli accordi comunitari».
Essa, omettendo di riferirsi al necessario rispetto delle norme
di procedura stabilite da legge dello Stato, la quale deve
disciplinare anche le modalita' di esercizio del potere sostitutivo,
viola l'art 117, comma 5, Cost. che tale limite stabilisce.
2) Art. 14, comma 2.
La norma in oggetto prevede che «la legge elettorale regionale
assicura la rappresentanza in Consiglio di tutti i territori
provinciali proporzionalmente alla popolazione residente e le pari
opportunita' per uomini e donne nell'accesso alle cariche elettive.»
Lo Statuto, peraltro, non puo' disciplinare direttamente la
materia elettorale che interessa l'area legislativa riservata dal
primo comma dell'art. 122 Cost. alla «legge della Regione nei limiti
dei principi fondamen tali stabiliti con legge della Repubblica»
(cfr. sent. 2/2004), ai quali ultimi specificamente attengono le
indicazioni fornite dalla norma.
In altri termini, e' contrario alla Costituzione non solo
esercitare direttamente in sede statutaria una potesta' legislativa
in materia elettorale, attribuita a procedimenti diversi e sottoposta
a differenti controlli, ma altresi' definire statutariamente (come
avvenuto nella specie indirizzi per l'esercizio della potesta'
legislativa regionale in materia; indirizzi che spetta invece allo
Stato stabilire in termini generali e di principio non legati alle
specificita' delle singole Regioni. Norme statutarie in materia,
irrigidirebbero, tra l'altro, la fonte precludendo la possibilita' di
un'iniziativa referendaria di abrogazione.
3) Art. 20, comma 2, lett. b).
Dispone la norma in oggetto che il Presidente del Consiglio
regionale «accerta il verificarsi dei presupposti di scioglimento del
Consiglio nei casi indicati dall'art. 126, comma 3, della
Costituzione e dallo Statuto, e promuove il conseguente decreto del
Presidente della Repubblica.»
E' tuttavia da osservare che il decreto di scioglimento del Capo
dello Stato e' previsto solo nel primo comma dell'art. 126 Cost., in
relazione alle ipotesi di atti contrari alla Costituzione, gravi
violazioni di legge, ragioni di sicurezza nazionale, cioe' in
presenza di situazioni che implicano una delicata valutazione da
parte del Capo dello Stato, il quale legittimamente decide con
propria determinazione produttiva dell'effetto di scioglimento del
Consiglio regionale - sostanziante una eccezionale forma di controllo
ab extra sull'organo - solo nel rispetto della specifica garanzia
procedimentale di sentire previamente un'apposita Commissione di
deputati e senatori per le questioni regionali.
Ben diverse sono le circostanze considerate nel comma 3 dello
stesso art. 126 Cost. richiamate nella clausola statutaria in esame
(approvazione della mozione di sfiducia nei confronti del Presidente
della Giunta eletto a suffragio universale e diretto, rimozione (1),
impedimento permanente, morte dimissioni volontarie del medesimo,
dimissioni contestuali della maggioranza dei componenti il
Consiglio). Rispetto ad esse, che comportano l'automatico effetto di
scioglimento del Consiglio (non conseguente, dunque, a valutazioni di
legittimita' o di merito costituzionale nella singola fattispecie da
parte di qualsivoglia organo esterno), non e' previsto alcun
intervento provvedimentale del Capo dello Stato. Un tale intervento,
del resto, nelle precisate circostanze non potrebbe che avere un mero
valore attestativo della verificazione dei fatti cui l'ordinamento
costituzionale riconduce con immediatezza l'effetto di scioglimento
del Consiglio regionale, quindi un contenuto di livello non consono
al rango costituzionale dell'Organo e per il quale sarebbe comunque
assolutamente incongruo il procedimento stabilito dal comma 1
dell'art. 126 Cost. Non avrebbe alcun significato, infatti, il parere
della Commissione bilaterale che e' invece inscindibilmente legato,
nella previsione costituzionale, all'esercizio dei poteri in materia
del Capo dello Stato.
In definitiva la norma in esame viola le disposizioni
costituzionali di cui al ripetuto art. 126, agli artt. 87 e seguenti
sulle funzioni del Presidente della Repubblica ed all'art. 117, comma
2, lett. f), che riserva alla potesta' legislativa esclusiva dello
Stato la disciplina delle funzioni degli organi dello Stato. Nuove
funzioni del Presidente della Repubblica non potrebbero infatti
radicarsi in una fonte regionale (cfr. sent. 134/2004).
Ancora sotto diverso profilo risulta violato l'art. 126, comma 3,
Cost., allorche' viene fatto riferimento, nella clausola in esame, ai
presupposti di scioglimento del Consiglio regionale indicati dallo
Statuto. Una volta che la scelta istituzionale sia stata quella di
seguire il sistema previsto dall'ultimo comma dell'art. 122 Cost.,
con tutte le relative implicazioni, non sembra che lo Statuto possa
prevedere cause di scioglimento automatiche del consiglio regionale
diverse ed ulteriori rispetto a quelle considerate direttamente dalla
Costituzione (v. invece le attuali previsioni statutarie di cui
all'art. 39, comma 3 ed all'art. 40, comma 1).
4) Art. 39, comma 3.
L'art. 39 dello statuto, dopo aver previsto che il Presidente
della Giunta regionale entro dieci giorni dal giuramento presenta al
Consiglio regionale il programma di governo, che viene approvato dal
Consiglio a maggioranza assoluta dei suoi componenti, stabilisce, al
comma 3, che «la mancata approvazione del programma a maggioranza
assoluta dei suoi componenti comporta la decadenza del Presidente
della Giunta e lo scioglimento del Consiglio».
In tal modo la disposizione in esame stabilisce, come gia'
accennato, una causa di scioglimento automatico del Consiglio
regionale non considerata dall'art. 126 Cost. Questo, peraltro,
sembra recare una tassativa previsione dei casi in cui possono
realizzarsi i presupposti di operativita' del meccanismo del simul
stabunt simul cadent legato al sistema di elezione a suffragio
universale e diretto del Presidente della Giunta, non a caso
espressamente richiamato dal comma 3 del ripetuto art. 126. Ogni
dilatazione di quei casi viene infatti a frustrare la finalita' di
assicurare stabilita' alla gestione politica della Regione, che e'
alla base delle ricordate previsioni costituzionali.
Inoltre la disposizione non risulta coerente con la scelta
istituzionale della elezione a suffragio universale e diretto del
vertice dell'esecutivo di cui all'art. 14, comma 2 (conforme alla
previsione del comma quinto dell'art. 122 Cost.), in quanto, nel
prevedere come passaggio necessario ed indispensabile la preventiva
approvazione da parte del Consiglio regionale del programma di
governo, per di piu' a maggioranza assoluta dei suoi componenti,
instaura irragionevolmente e contraddittoriamente tra Presidente e
Consiglio regionale un rapporto diverso rispetto a quello che
dovrebbe discendere dall'anzidetto sistema di elezione. In dipendenza
di questo, infatti, non puo' configurarsi un' iniziale investitura
fiduciaria da parte del Consiglio rappresentativo dell'intero corpo
elettorale (sent. 2/2004) perche' il Presidente della Giunta riceve
una diretta investitura popolare.
La mancata approvazione del programma (e della squadra) di
governo, provoca come conseguenza la decadenza automatica del
Presidente della Giunta e di quest'ultima (gia' nominata
contestualmente alla presentazione del programma di governo, ex
art. 41, comma 1), senza il concorso della volonta' di tali organi;
situazione ben diversa da quella delle dimissioni obbligate da un
giudizio eventuale e successivo su comportamenti, quale puo' essere
l'approvazione di una mozione di sfiducia. In altri termini, la
mancata approvazione del programma esclude ab initio ed a priori la
possibilita' per il Presidente e la Giunta di operare per
l'attuazione del programma e vanifica nella sostanza la
legittimazione democratica che al Presidente deriva dalla diretta
investitura della fiducia popolare, quale prevista dall'art. 122
Cost., contraddicendo la stessa ratio di tale previsione pur
condivisa a livello statutario.
Se la maggioranza assoluta richiesta per l'approvazione della
mozione di sfiducia va nel senso del fafforzamento della stabilita'
dell'esecutivo, l'approvazione consiliare del programma a maggioranza
assoluta dei componenti prevista per l'entrata in funzione
dell'esecutivo rappresenta invece un indebolimento della posizione
del Presidente della Giunta, incompatibile con la sua investitura
popolare, sottoponendolo ad un'investitura di secondo grado, per di
piu' a condizioni particolarmente gravose, che possono non
rispecchiare, in relazione alla rispettiva consistenza della
maggioranza e dell'opposizione nell'ambito del Consiglio regionale
(dipendente dal sistema elettorale seguito), il rapporto tra i
diversi orientamenti politici degli elettori.
Assurdamente, comunque, dopo l'investitura da parte del popolo si
richiede l'investitura da parte dei rappresentanti del popolo.
Il che si risolverebbe in una limitazione ed anzi in una
vanificazione della sovranita' popolare.
Tenuto anche conto dei canoni fondamentali di coerenza e
ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost., oltre che delle ripetute
previsioni degli artt. 122 e 126 Cost. nonche' dell'art. 1 Cost., la
norma in esame non puo' dunque ritenersi in armonia con la
Costituzione.
5) Art. 40, comma 1.
Considerazioni del tutto analoghe a quelle svolte in ordine
all'art. 39, comma 3, sono a farsi rispetto all'art. 40, comma 1,
secondo il quale «il Presidente della Giunta regionale, trascorsi due
anni dall'insediamento, presenta al Consiglio regionale una relazione
sullo stato di attuazione del programma. Il voto negativo del
Consiglio sulla relazione, espresso a maggioranza assoluta dei propri
componenti, comporta la decadenza del Presidente della giunta e lo
scioglimento del Consiglio».
L'imposizione dell'obbligo di una verifica biennale dell'intero
programma (ben diversa dalla mera eventualita' di una mozione di
sfiducia), che richiede l'appoggio di una maggioranza qualificata,
limita grandemente i poteri del Presidente della Giunta (eletto a
suffragio universale e diretto) e le automatiche conseguenze
dell'esito negativo di tale verifica contrastano, per le ragioni gia'
dette, con gli artt. 3. 122, 123 e 126 Cost.
5) Art. 41, comma 2.
Secondo l'art. 41, comma 2, dello Statuto «il vice Presidente
sostituisce il Presidente in caso di assenza o di impedimento».
La norma non dice che l'impedimento deve essere meramente
temporaneo. Per la sua indeterminatezza e formulazione tutt'altro che
inequivoca essa appare suscettibile di determinare una non consentita
surrogazione del vice Presidente al Presidente nel casa di
impedimento permanente di questo, che invece, secondo la previsione
dell'art. 126, comma 3, Cost. dovrebbe comportare le dimissioni della
Giunta e lo scioglimento del Consiglio.
7) Art. 43, comma 2.
L'art. 43, comma 2, nel prescrivere che la mozione motivata di
sfiducia nei confronti del Presidente della Giunta regionale sia
sottoscritta «da almeno un quarto» dei componenti del Consiglio
regionale, contrasta palesemente con la disposizione del comma 2
dell'art. 126 Cost. il quale prevede che la mozione sia sottoscritta
da almeno un quinto dei componenti del Consiglio.
La norma in esame, richiedendo un quorum piu' elevato per la
presentazione della mozione di sfiducia, rende piu' difficile
l'iniziativa in tal senso delle opposizioni ed il ruolo di controllo
di queste rafforzando la posizione del Presidente della Giunta
rispetto alle previsioni costituzionali, con le quali dunque non e'
in armonia.
8) Art. 50, comma 3, art. 76, comma 1, lett. b).
Prevede il comma 3 dell'art. 50 che «la Giunta approva i
regolamenti di delegificazione sulla base della legge regionale di
autorizzazione che determina le norme generali regolatrici della
materia e dispone l'abrogazione delle norme vigenti, con effetto
dall'entrata in vigore delle norme regolamentari». L'art. 76,
comma 1, lett. b), prevede poi il pareri della Consulta Statutaria
(organo di alta consulenza) sulla conformita' dei regolamenti di
delegificazione alla legge regionale di autorizzazione.
La disposizione dell'art. 50, comma 3, non appare in armonia con
la Costituzione ove si consideri che:
a) ai sensi dell'art. 121 Cost. «il Consiglio regionale
esercita la potesta' legislativa attribuita alla Regione»;
b) l'art. 117, comma 3, Cost., nell'indicare le materie di
legislazione concorrente precisa che in esse spetta alle Regioni la
potesta' legislativa, salvo che per la determinazione dei principi
fondamentali riservata alla legislazione dello Stato;
c) anche riguardo alle materie residuali rispetto a quelle
considerate nei commi 2 e 3, l'art. 117, comma 4, Cost. stabilisce
che spetta alle Regioni la potesta' legislativa.
Da tali disposizioni, che nella configurazione del sistema
costituzionale delle fonti da un lato stabiliscono la competenza
(legislativa) del Consiglio regionale e dall'altro la forma
(legislativa) con cui questo deve provvedere, sembra ricavarsi che
tutte le materie da esse attribuite alla competenza (concorrente o
esclusiva) delle Regioni siano coperte da una riserva relativa di
legge regionale, con esclusione della possibilita' di una normazione
regolamentare indipendente.
Puo' trarsene conferma dal comma 6 dell'art. 117 Cost., il quale,
nell'assegnare alla potesta' regolamentare della Regione un'area non
coincidente e piu' vasta di quella della potesta' legislativa, la
considera sempre in modo omogeneo ed indistinto anche nella sua
estensione alle materie di competenza concorrente e, per il caso di
delega, alle materie di legislazione esclusiva statale. Cio' sembra
testimoniare dell'uniforme tipologia dei regolamenti adottabili dalle
Regioni, sempre serventi rispetto ad una disciplina legislativa e
quindi meramente di attuazione e/o di esecuzione.
Deve escludersi comunque la fungibilita' della normativa
regolamentare rispetto a quella di livello legislativo nei rapporti
Stato-Regioni.
Se, nelle materie di legislazione concorrente, lo Stato non
potrebbe determinare i principi fondamentali in via regolamentare
cosi' sembra che la normativa di dettaglio debba essere
necessariamente dettata dalla Regione a livello legislativo. Si pensi
poi alle ccdd. materie trasversali, che reclamano l'uguale livello
delle diverse fonti normative interferenti.
Piu' in generale, non sembra potersi ammettere che le norme
legislative statali ancora in vigore in tutte le materie trasferite
alla competenza regionale, concorrente o residuale, possano venire
invalidate o abrogate da norme regolamentari e non per effetto di
atti legislativi regionali.
In ragione di quanto considerato sembra precluso allo stesso
Consiglio regionale, titolare del potere legislativo, adottare
direttamente una disciplina regolamentare non meramente esecutiva e/o
di attuazione.
Tanto piu' appare illegittima una norma statutaria che preveda
che la legge regionale si spogli della sua funzione regolativa
affidandola a fonte subordinata attribuita alla competenza
dell'esecutivo sia pure determinando le norme generali nel cui ambito
la potesta' regolamentare dovrebbe essere esercitata (norme generali
che, nelle materie di competenza concorrente, finirebbero per
confondersi e sovrapporsi con i principi fondamentali di competenza
statale). Non puo' trascurarsi, al riguardo, che nella fonte
legislativa e' istituzionalmente assicurata la partecipazione e
quindi il confronto, se non la collaborazione, con le opposizioni,
mentre la norma regolamentare elaborata nell'ambito dell'esecutivo,
e' espressione di scelta esclusiva della maggioranza di governo.
Deve escludersi, in definitiva, che una legge del Consiglio
regionale possa conferire al regolamento giuntale una capacita'
estranea al suo valore, quella, cioe', di modificare l'ordinamento a
livello primario.
In ogni caso, premesso che il cd. regolamento di delegificazione
presuppone di necessita' la vigenza di una preesistente disciplina di
livello legislativo, che esso e' destinato a sostituire con effetto
di abrogazione di questa stessa disciplina legislativa, e che
l'obiettivo di semplificazione e di riassetto normativo cui esso e'
preordinato potrebbe concernere, nell'attuale contesto, soprattutto
se non esclusivamente la precedente disciplina statale delle materie
trasferite alla competenza regionale, e' da ribadire, che un tale
strumento mai potrebbe operare per fonti di diversa natura tra le
quali non vi e' un rapporto di gerarchia ma di separazione di
competenze istituzionali (sentt. 376/2002; 302/2003; 303/2003). Non
sarebbe quindi possibile attraverso di esso vanificare la
collocazione sistematica delle fonti, degradando le fonti statali a
fonti subordinate o condizionate a regolamenti regionali.
Si aggiunga che nell'assolutezza della sua enunciazione la norma
in esame non esprime limiti o riserve, pretendendo di assegnare alla
potesta' regolamentare un'assoluta fungibilita' rispetto alla fonte
legislativa, sia essa di natura regionale o statale, in qualsiasi
materia, senza neppure considerare e far salva un'eventuale
caratterizzazione, dovuta a riserva di legge, dell'ambito oggettivo
sul quale lo stesso potere regolamentare potrebbe incidere.
Sembra dunque incontestabilmente leso il principio di legalita'
costituzionale. Questo inoltre sembra anche richiedere che le stesse
materie siano disciplinate nelle diverse Regioni da fonti di uguale
statuto giuridico, in ragione dei principi di cui all'art. 3 Cost.,
per evitare differenziate ricadute sui singoli nei settori assistiti
dalle garanzie di cui agli artt. 24 e 113 Cost. e per consentire
l'omogeneo e coerente controllo di legittimita' di cui all'art. 134
Cost.
L'illegittimita' dell'art. 76, comma 1, lett. b), e'
consequenziale.
9) Art. 64.
Secondo la norma in oggetto «la Regione puo' istituire e
disciplinare enti locali non previsti direttamente dall'art. 114
della Costituzione.»
La disposizione appare illegittima in quanto intende riferirsi,
nella sua perentoria laconicita', all'istituzione di enti locali
territoriali diversi dalle comunita' montane («unioni di comuni»
specificamente qualificate dall'ubicazione montana dei loro
territori; di cui all'art. 27 del T.U.E.L. 267/2000) ed in
particolare alla creazione di soggetti di autonomia ulteriori
rispetto a quelli considerati dall'art. 114 Cost. non derivanti da
forme di collegamento dei medesimi (rimesse comunque dal citato
T.U.E.L. alla loro stessa iniziativa).
che tale sia l'intenzione della disposizione sembra desumersi
dall'espresso richiamo all'art. 114 Cost., che essa sembra voler
sostanzialmente integrare. Essa si pone dunque in aperto contrasto
con questa stessa norma costituzionale, che tassativamente definisce
e qualifica le articolazioni territoriali di autonomia componenti
della Repubblica.
(1) Nel caso di scioglimento del Consiglio regionale
conseguente alla rimozione del Presidente del Presidente
della Giunta, ogni aspetto valutario si e' esaurito con il
precedente procedimento che ha portato appunto alla
rimozione.
P. Q. M.
Si conclude pertanto perche' sia dichiarata l'illegittimita'
costituzionale dello Statuto della Regione Liguria negli articoli 4,
comma 2, 14, comma 2, 20, comma 2, lett. b), 39, comma 3, 40, comma
1, 41, comma 2, 43, comma 2, 50, comma 3, 64, 76, comma 1 lett. b),
per le ragioni e come sopra precisato.
Roma, addi' 3 novembre 2004
Avvocato dello Stato: Giorgio D'Amato