Ricorso n. 106 del 10 novembre 2004 (Presidente del Consiglio dei ministri)
N. 106 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 10 novembre 2004.
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 10 novembre 2004 (del Presidente del Consiglio dei
ministri)
(GU n. 47 del 1-12-2004)
Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato
e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato presso i cui uffici in
Roma, via dei Portoghesi n. 12 e' domiciliato nei confronti della
Regione Abruzzo, in persona del Presidente della Giunta regionale per
la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli articoli 2,
comma 3, 45, comma 3, 46, comma 2, 47, comma 2, 79, comma 2 in
relazione al comma 1, lett. c), 86, comma 3 in relazione ai commi 1,
2, 4, dello Statuto della Regione Abruzzo, approvato in prima
deliberazione il 20 luglio 2004 ed in seconda deliberazione il 21
settembre 2004 (n. 144/9) pubblicato nel B.U.R. n. 101 del giorno 8
ottobre 2004, in relazione agli articoli 1, 3, 117, comma 5, 121,
122, 123, 126, 134 della Costituzione.
In data 8 ottobre 2004 e' stato pubblicato lo statuto della
Regione Abruzzo approvato in seconda deliberazione in data 21
settembre 2004.
Tale Statuto, in conformita' della delibera del Consiglio dei
ministri in data 28 ottobre 2004, viene impugnato nelle sottoindicate
disposizioni non in armonia con la Costituzione e quindi in
violazione dell'art. 123 di questa, come appresso specificato.
1) Art. 2, comma 3.
Secondo la norma in oggetto la Regione «partecipa all'attuazione
e all'esecuzione degli accordi internazionali dello Stato.»
Tale norma, in quanto omette di riferirsi al necessario rispetto
delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, la quale
deve disciplinare anche le modalita' di esercizio del potere
sostitutivo, viola l'art. 117, comma 5, Cost. che tale limite
stabilisce.
2) Art. 45, comma 3.
Dispone la norma in oggetto che «il Presidente della Giunta nel
caso in cui il Consiglio sfiduci uno o piu' assessori provvede alla
loro sostituzione».
Tale disposizione, che vincola giuridicamente il Presidente della
Giunta ad adeguarsi alla volonta' espressa dal Consiglio, non appare
coerente con la scelta istituzionale della elezione a suffragio
universale e diretto del vertice dell'esecutivo di cui all'art. 43,
comma 2 (conforme alla previsione del comma quinto dell'art. 122
Cost.) e con le conseguenti implicazioni costituzionali inerenti
all'attribuzione ad esso di forti e tipici poteri per la gestione
unitaria dell'indirizzo politico e amministrativo della Regione
(sent. 2/04). In particolare, ai sensi dell'art. 122, comma 5, Cost.,
al Presidente della Giunta eletto a suffragio universale e diretto
compete lo speciale potere di nomina e revoca dei componenti della
Giunta, che risulterebbe ferito e limitato dalla previsione della
norma in esame, riduttiva, per tale verso, della sua figura politica
rispetto a quella considerata dalla Costituzione.
3) Art. 46, comma 2.
L'art. 46, dello statuto, dopo aver previsto al comma 1 che il
Presidente della Giunta si presenta nella prima seduta del Consiglio
regionale per l'esposizione del programma, dispone al comma 2 che «il
programma e' approvato dal Consiglio regionale. Il voto contrario
produce gli stessi effetti dell'approvazione della mozione di
sfiducia».
In tal modo quest'ultima disposizione stabilisce una causa di
scioglimento del Consiglio regionale non considerata dall'art. 126
Cost., il quale sembra recare una tassativa previsione dei casi in
cui possono realizzarsi i presupposti di operativita' del meccanismo
del simul stabunt simul cadent legato al sistema di elezione a
suffragio universale e diretto del Presidente della Giunta, non a
caso espressamente richiamato dal comma 3 del ripetuto art. 126. Ogni
dilatazione di quei casi viene a frustrare la finalita' di assicurare
stabilita' alla gestione politica della Regione, che e' alla base
delle ricordate previsioni costituzionali.
Inoltre la disposizione non risulta coerente con la scelta
istituzionale della elezione a suffragio universale e diretto del
vertice dell'esecutivo di cui all'art. 43, comma 2 (conforme alla
previsione del comma quinto dell'art. 122 Cost.), in quanto, nel
prevedere come passaggio necessario ed indispensabile la preventiva
approvazione da parte del Consiglio regionale del programma di
governo, instaura irragionevolmente e contraddittoriamente tra
Presidente e Consiglio regionale un rapporto diverso rispetto a
quello che dovrebbe discendere dall'anzidetto sistema di elezione. In
dipendenza di questo, infatti, non puo' configurarsi un' iniziale
investitura fiduciaria da parte del Consiglio rappresentativo
dell'intero corpo elettorale (sent. 2/2004) perche' il Presidente
della Giunta riceve una diretta investitura popolare.
La mancata approvazione del programma di governo, in relazione a
quanto previsto dall'implicitamente richiamato art. 47, comma 2, (con
impropria equiparazione all'approvazione della mozione di sfiducia e
salvo quanto appresso considerato in ordine a quest'ultima
disposizione), provoca come conseguenza la decadenza automatica del
Presidente della Giunta e di quest'ultima (nominata entro quindici
giorni dalla proclamazione dell'elezione dello stesso Presidente)
senza il concorso della volonta' di tali organi. Essa costituisce
evento ben diverso da un giudizio eventuale e successivo su
comportamenti, quale puo' essere l'approvazione di una mozione di
sfiducia. La mancata approvazione del programma esclude infatti ab
initio ed a priori la possibilita' per il Presidente e la Giunta di
operare per l'attuazione del programma e vanifica nella sostanza la
legittimazione democratica che al Presidente deriva dalla diretta
investitura della fiducia popolare, quale prevista dall'art. 122
Cost., contraddicendo la stessa ratio di tale previsione pur
condivisa a livello statutario.
Se la previsione della necessita' di una maggioranza assoluta per
l'approvazione di una specifica mozione di sfiducia va nel senso del
rafforzamento della stabilita' dell'esecutivo, la previsione della
necessita' di un approvazione consiliare del programma per l'entrata
in funzione dell'esecutivo rappresenta invece un indebolimento della
posizione del Presidente della Giunta, incompatibile con la sua
investitura popolare, sottoponendolo in pratica ad un'investitura di
secondo grado.
Evidente l'assurdo di richiedere, dopo l'investitura da parte del
popolo, l'investitura da parte dei rappresentanti del popolo.
Il che si risolverebbe in una limitazione ed anzi in una
vanificazione della sovranita' popolare.
Tenuto anche conto dei canoni fondamentali di coerenza e
ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost., oltre che delle ripetute
previsioni degli artt. 122 e 126 Cost. nonche' dell'art. 1 Cost., la
norma in esame non puo' dunque ritenersi in armonia con la
Costituzione..
4) Art. 47, comma 2.
Secondo la norma in oggetto «l'approvazione della mozione di
sfiducia nei confronti del Presidente della Giunta comporta la
decadenza della Giunta e lo scioglimento del Consiglio».
Tale disposizione non appare in armonia con la previsione
costituzionale dell'art. 126, comma 3, Cost., per la quale
l'approvazione della mozione di sfiducia comporta le dimissioni della
Giunta e non la decadenza automatica di questo.
Cio' significa che risultano limitati, rispetto alle previsioni
costituzionali, i poteri dell'esecutivo regionale. A questo, infatti,
nel caso di dimissioni, sia pure dovute, compete comunque una
valutazione sui tempi delle medesime e quindi dello scioglimento del
Consiglio regionale, con la conseguente possibilita', anche da parte
di questo, di porre in essere nel frattempo atti ritenuti necessari
ed indifferibii, che non potrebbero in ogni caso sottrarsi alla
verifica di legittimita' costituzionale..
5) Art. 79, comma 2, in relazione al comma 1, lett. c).
Il Collegio regionale per le garanzie statutarie, organo di
consulenza della Regione, «esprime pareri e rende valutazioni» tra
l'altro, sui rilievi di compatibilita' con lo Statuto delle
«deliberazioni legislative» sollevati da un quarto dei consiglieri
regionali (art. 79, comma 1, lett. c).
Secondo la norma in oggetto «il Consiglio regionale puo'
deliberare in senso contrario ai pareri e alle valutazioni del
Collegio con motivata decisione».
La disposizione, di significato tutt'altro che chiaro e percio'
solo censurabile, si presta a letture diverse tutte
costituzionalmente illegittime.
Non e' chiaro in particolare:
se la «deliberazione legislativa» di cui al primo comma,
lett. c) sia ancora da adottare ed il parere del Collegio regionale
per le garanzie statutarie intervenga solo su di un progetto di
legge, ovvero se la «deliberazione legislativa» sia gia' stata
adottata e quindi il parere anzidetto intervenga su di una legge gia'
approvata;
se la deliberazione consiliare in senso contrario al parere e
alla valutazione del Collegio regionale per le garanzie statutarie
«con motivata decisione» di cui al comma 2, consista in una motivata
delibera di approvazione della legge ovvero in una motivata delibera
di riapprovazione della legge, ovvero ancora se la «motivata
decisione» consista in una determinazione amministrativa del
Consiglio regionale che preceda o accompagni la delibera legislativa
di approvazione o di riapprovazione della legge o che addirittura
segua ad una legge gia' definitivamente approvata come condizione
della sua promulgazione.
Quello che e' certo e' che il Collegio regionale per le garanzie
statutarie, organo burocratico amministrativo estraneo al Consiglio
regionale e privo di legittimazione democratica - composto da
«esperti» non meglio statutariamente qualificati - puo' essere
coinvolto nel procedimento legislativo ove almeno un quarto dei
consiglieri formuli rilievi sulla compatibiita' del progetto di legge
con lo statuto.
Orbene, in tutte le ipotesi come sopra variamente
configurabili, dato l'effetto giuridico che consegue comunque
all'espressione del parere e della valutazione del Collegio regionale
per le garanzie regionali, risulta palese l'aggravamento dell'iter
legislativo con illegittima interferenza sui poteri legislativi del
Consiglio regionale e/o sui poteri di promulgazione del Presidente
della Giunta e limitazione dei poteri stessi ad opera di un tale
organo amministrativo.
La valutazione di incompatibilita' statutaria espressa dal
ripetuto organo amministrativo blocca il procedimento legislativo.
Questo puo' proseguire ed arrivare a compimento solo in quanto il
Consiglio motivi (con atto ed in forme non puntualmente precisati) in
senso contrario alle valutazioni del Collegio regionale per le
garanzie statutarie.
L'imposizione dell'obbligo di motivare «in senso contrario» al
parere del Collegio di garanzia, limita l'esercizio della potesta'
legislativa da parte del Consiglio regionale, in contrasto con
l'art. 121, comma 2 Cost. e viola il principio dell'irrilevanza della
motivazione della norma frutto dell'attivita' legislativa, di natura
politica e libera nei fmi, non assoggettabile ad obbligo di
motivazione. Puo' inoltre costituire, a seconda della ricostruzione
interpretativa che si ritenga di dover seguire, un condizionamento
dei poteri del Presidente della Giunta in violazione dell'art. 121,
comma 4, Cost.
Ne' e' chiaro se la motivazione del Consiglio regionale (organo
politico) debba essere di natura tecnico giuridica, come sembrerebbe
deporre il riferimento al «senso contrario» alla valutazione del
Collegio di garanzia (e come avviene per i provvedimenti
amministrativi assunti in difformita' dell'avviso espresso
dall'organo consultivo), ovvero possa essere una decisione di
contenuto squisitamente politico e risolversi, quindi, nelle ovvia
assunzione di responsabilita' politica dell'iniziativa legislativa.
In entrambi i casi, la necessita' di motivare per discostarsi
dalle valutazioni del Collegio di garanzia comporta, in definitiva,
«un'amministrativizzazione» della legge regionale (e del procedimento
legislativo).
Neppure e' chiaro se l'eventuale elusione dell'obbligo di
motivazione (approvazione definitiva e/o promulgazione della legge in
assenza della «motivata decisione» consiliare) comporti un vizio
dell'atto legislativo, per violazione della previsione statutaria,
deducibile in via principale e/o incidentale in sede costituzionale.
In quanto poi il parere del Collegio regionale per le garanzie
statutarie intervenga su di una legge gia' definitivamente approvata,
in contraddizione con la natura di organo di consulenza di questo,
risulterebbe violato anche l'art. 134 Cost. in ragione
dell'attribuzione ad un organo amministrativo di un sindacato di
legittimita' su di una legge produttivo di specifici effetti
giuridici.
6) Art. 86, comma 3, in relazione ai commi 1, 2, 4.
L'art. 86 dello statuto prevede (nei commi 1 e 2) che questo,
dopo la seconda deliberazione, venga pubblicato nel BUR
(pubblicazione notiziale) «per la decorrenza del termine di trenta
giorni per l'eventuale impugnazione» dinanzi alla Corte
costituzionale e che, dopo l'inutile decorso del detto termine
(ovvero, e' da ritenere, dopo la reiezione dell'eventuale
impugnazione (1)), venga nuovamente pubblicato (altra pubblicazione
notiziale) «per la decorrenza del termine di tre mesi utile per la
presentazione della richiesta di referendum popolare confermativo».
Nel comma quarto prevede poi che lo Statuto sia promulgato e
pubblicato (pubblicazione necessaria per l'entrata in vigore) nel
caso in cui, trascorso il termine di tre mesi, non sia stato
richiesto il referendum ovvero, nel caso di richiesta di referendum,
questo sia stato approvato dalla maggioranza dei voti validi.
L'eventualita' che, proposta l'impugnativa per il controllo
preventivo di legittimita' costituzionale questo si concluda con una
pronunzia di illegittimita', e' considerata nel terzo comma, il quale
stabilisce che «l'impugnazione sospende la pubblicazione nel
Bollettino Ufficiale della Regione; dopo la sentenza della Corte
costituzionale lo statuto e' riesaminato dal Consiglio regionale
limitatamente alle disposizioni dichiarate illegittime per le
deliberazioni consequenziali. Lo statuto subito dopo e' pubblicato
nel Bollettino Ufficiale della Regione».
Dell'infelice formulazione della norma (che non fa cenno, tra
l'altro, alla necessita' della doppia deliberazione per l'eventuale
sostituzione di disposizioni dichiarate illegittime) possono darsi
diverse letture, tutte costituzionalmente incompatibili e comunque
non in armonia con la Costituzione.
In una prima lettura sembrerebbe desumersi che il termine di
trenta giorni per l'impugnativa, decorrente dalla prima pubblicazione
notiziale, rimanga sospeso per effetto dell'impugnazione medesima e
che, «subito dopo» il riesame e le nuove deliberazioni consiliari
consequenziali alle intervenute dichiarazioni di illegittimita', con
la successiva pubblicazione notiziale lo stesso termine riprenda a
decorrere, ai fini di un'eventuale nuova impuguativa relativa a dette
delibere consequenziali, per quanto ancora residui degli iniziali
trenta giorni. Si avrebbe, in questo modo, una limitazione del
termine entro il quale promuovere l'eventuale controllo preventivo di
legittimita' sulle nuove disposizioni statutarie, che sarebbe
soltanto quello che, sul totale degli iniziali trenta giorni, residui
dalla sospensione determinata dalla precedente impugnativa. Palese
dunque l'illegittimita' della norma che verrebbe a comprimere il
termine per promuovere il controllo preventivo di legittimita'
stabilito dalla norma costituzionale (art. 123, comma 2, Cost.) o
addirittura a vanificarlo se la prima impugnativa fosse stata
(legittimamente) proposta nell'ultimo dei trenta giorni utili.
Nella logica seguita dai primi due commi dell'art. 86, di
prevedere pubblicazioni notiziali diverse ai fini della decorrenza
del termine per l'impugnazione e, rispettivamente, del termine per la
richiesta di referendum, una seconda lettura del comma terzo dello
stesso articolo porterebbe a ritenere che esso postali addirittura
un'inesplicabile esclusione della possibilita' di promuovere il
controllo di legittimita' costituzionale sulle nuove disposizioni
statutarie e che la pubblicazione notiziale successiva alle
deliberazioni consequenziali ad una precedente declaratoria di
illegittimita' della Corte costituzionale sia finalizzata
esclusivamente a far decorrere il termine per la richiesta
referendaria. Questa seconda interpretazione, che conduce anch'essa
alla conclusione dell'illegittimita' della norma per contrasto con
l'art. 123 Cost., sembra avallata dalle previsioni del comma quarto
dell'art. 86, in quanto si ritenga che il termine di tre mesi ivi
considerato decorra appunto dalla pubblicazione notiziale di cui
all'ultima parte del terzo comma che immediatamente precede.
Una terza lettura del comma terzo dell'art. 86, secondo la quale
la pubblicazione notiziale successiva alle ripetute delibere
consequenziali ad un precedente annullamento in sede di giudizio di
costituzionalita' farebbe decorrere sia il termine per l'ulteriore
controllo di legittimita' costituzionale riferito a dette delibere
sia il termine per la richiesta di referendum, oltre a contrastare
con il rilevato collegamento topografico tra ultima parte del comma
terzo e prima parte del comma quarto, evidenzierebbe un'incoerenza di
sistema interna allo stesso art. 86, venendo a contraddire la regola
risultante dai primi due commi che vuole ricondurre a differenti
pubblicazioni notiziali la decorrenza dei diversi termini per
l'iniziativa del controllo preventivo di legittimita' e per la
richiesta di referendum. Le varie articolazioni dell'art. 86
risponderebbero, in altre parole, a logiche diverse e contrastanti,
in violazione dell'art. 3 Cost..
Non sembrerebbe infine praticabile un'ulteriore lettura,
ugualmente obliteratrice del collegamento formale tra le due ripetute
disposizioni ed assertiva di un salto nell'enunciato normativo, che
portasse a ritenere la pubblicazione notiziale di cui all'ultima
parte del comma terzo funzionale solo alla decorrenza del termine di
trenta giorni per promuovere un nuovo controllo di legittimita' e che
il termine menzionato nella prima parte del comma quarto decorresse
invece da un'ulteriore successiva pubblicazione notiziale
implicitamente presupposta. Ricostruzione ostacolata dalla lettera
della legge e che determinerebbe un abnorme ed irragionevole
allungamento dei termini del procedimento, in violazione degli
artt. 3 e 123 Cost.
Non appare comunque in armonia con la Costituzione la
dissociazione degli effetti della pubblicazione notiziale dello
Statuto all'interno della sua unitaria funzione di provocare
l'apertura dei termini previsti dai commi secondo e terzo
dell'art. 123 Cost.. Dissociazione che, limitando inammissibilmente
gli effetti legali dell'atto costituzionalmente considerato,
costituisce il fulcro della disciplina statutaria di reiterazione di
una pubblicazione notiziale di identico contenuto, per farla fungere
prima come momento iniziale per il solo decorso del termine
dell'iniziativa del controllo preventivo di legittimita' e poi come
momento iniziale per il solo termine di presentazione della richiesta
di referendum.
1) Ipotesi peraltro non esplicitata.
P. Q. M.
Si conclude pertanto perche' sia dichiarata l'illegittimita'
costituzionale dello statuto della Regione Abruzzo negli articoli 2,
comma 3, 45, comma 3, 46, comma 2, 47 comma 2, 79, comma 2 in
relazione al comma 1, lett. c), 86, comma 3 in relazione ai commi 1,
2, 4, per le ragioni e come sopra precisato.
Roma, addi' 3 novembre 2004
Avvocato dello Stato: Giorgio D'Amato