Ricorso n. 107 del 17 novembre 2004 (Regione Toscana)
N. 107 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 17 novembre 2004.
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 17 novembre 2004 (della Regione Toscana)
(GU n. 47 del 1-12-2004)
Ricorso della Regione Toscana, in persona del Presidente pro
tempore, autorizzato con deliberazione della Giunta regionale n. 1000
in data 11 ottobre 2004, rappresentato e difeso, per mandato in calce
al presente atto, dagli avvocati Lucia Bora e Fabio Lorenzoni e
presso lo studio di quest'ultimo elettivamente domiciliato in Roma,
via del Viminale n. 43.
Contro il presidente del Consiglio dei ministri pro tempore per
la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'articolo 1:
comma 2, lettera c); comma 4, lettere c) ed f); comma 7, lettere g),
h) e i); comma 8, lettera a), punto 3) e punto 7); comma 8, lettera
b), punto 3); comma 24, lettera a); comma 26; comma 33; commi 56, 57
e 58; commi 77, 78, 79, 80, 81, 82 e 83; comma 84; comma 121, della
legge 23 agosto 2004, n. 239, avente ad oggetto «Riordino del settore
energetico, nonche' delega al Governo per il riassetto delle
disposizioni vigenti in materia di energia».
Nella Gazzetta Ufficiale n. 215 del 13 settembre 2004 e' stata
pubblicata la legge 23 agosto 2004, n. 239.
Dopo gli interventi eccezionali e provvisori dettati con le leggi
n. 55/2002 e n. 290/2003 (in relazione a quest'ultima e' fissata, per
il prossimo 30 novembre, l'udienza di discussione della questione di
legittimita' costituzionale sollevata dalla Regione Toscana), e'
quindi stata approvata la nuova legge sull'energia, intesa come
insieme di attivita', essenzialmente tecnico-economiche, che in
diverso modo riguardano energie in senso proprio e fonti di energia,
come elettricita', gas e idrocarburi, geotermia e calore prodotto da
altre fonti.
La materia e' oggetto di normativa comunitaria: per quanto
attiene ai due principali settori dell'elettricita' e del gas
rilevano le direttive 96/92/CE e 98/30/CE, ora sostituite dalle
direttive 2003/54 CE e 2003/55/CE.
Il decreto legislativo n. 79/1999 (di attuazione della direttiva
96/92), con riferimento all'energia elettrica, menziona le attivita'
di produzione, importazione, esportazione, acquisto, vendita,
trasmissione, dispacciamento, distribuzione; sono altresi'
disciplinati la rete di trasmissione nazionale, sotto il profilo
della manutenzione, dello sviluppo e della gestione, ed il mercato
elettrico.
Quanto al gas naturale, il decreto legislativo n. 164/2000 (di
recepimento della direttiva 98/30) prevede le attivita' di
coltivazione, esportazione, importazione, stoccaggio, trasporto,
dispacciamento, distribuzione e vendita.
Con riferimento agli idrocarburi la legge n. 9/1991 prevede,
oltre alle attivita' di prospezione e ricerca dei giacimenti, le
attivita' produttive di coltivazione dei giacimenti, la lavorazione e
il deposito di oli minerali.
Quanto alla geotermia il d.P.R. n. 395/1991 detta una disciplina
che include la ricerca e lo sfruttamento dei giacimenti; per la fase
di produzione la normativa si ricollega con quella dell'energia
elettrica, salva la collaterale produzione di calore.
L'energia, come risultante dall'insieme delle attivita'
specificate dalla richiamata legislazione, e' materia complessa
quanto a competenze legislative ed amministrative: essa infatti non
e' inclusa tra le materie che l'art. 117, secondo comma Cost. riserva
in via esclusiva allo Stato; presenta alcuni aspetti interferenti con
le competenze statali comunemente dette di tipo trasversale (come la
«determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti
i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il
territorio nazionale»; la «tutela della concorrenza»); e' soggetta
alla potesta' legislativa concorrente per quanto attiene alla
«produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia» e alla
potesta' legislativa residuale regionale per i restanti profili;
interferisce infine anche con altri ambiti di competenza concorrente
quali, precisamente, il governo del territorio, la valorizzazione dei
beni culturali ed ambientali (per quanto attiene alla localizzazione
e realizzazione delle infrastrutture) e la tutela della salute (per
quanto attiene alla gestione degli impianti).
La Corte costituzionale ha poi rilevato che l'energia e' una
materia in cui vengono in rilievo le esigenze di carattere unitario
che, in applicazione del principio di sussidiarieta', giustificano
l'allocazione a livello statale di funzioni amministrative, ma, al
contempo, ha affermato che, per contemperare le esigenze di
sussidiarieta' con le competenze regionali, e' imprescindibile che la
normativa preveda adeguati meccanismi di cooperazione e di accordo
tra lo Stato e le Regioni stesse (sentenza n. 6/2004).
Le norme che si impugnano con il presente ricorso non rispettano
le suddette attribuzioni costituzionali delle Regioni: non sono
previsti adeguati meccanismi di intesa; per quanto attiene alla
distribuzione dell'energia l'art. 117, terzo comma Cost. fa
riferimento alla «distribuzione nazionale», mentre nella legislazione
statale sopra richiamata la distribuzione ha una connotazione locale
tanto per l'energia che per il gas (art. 9 del decreto legislativo
n. 79/1999 e art. 14 del decreto legislativo n. 164/2000). Anche
secondo la definizione delle due recenti direttive comunitarie (dir.
2003/54/CE e 2003/55/CE) la distribuzione e' considerata in generale
come trasporto in aree delimitate ed in funzione della consegna ai
clienti. Da tutto cio' consegue che la «distribuzione locale»
dell'energia, che ha un fondamento normativo, non e' soggetta a
potesta' legislativa concorrente ne' e' riservata allo Stato, ma
rientra nella potesta' legislativa residuale regionale, ai sensi
dell'art. 117, quarto comma Cost.
Tanto premesso in via generale, le norme impugnate sono
incostituzionali per i seguenti motivi di
Diritto
1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 2, lettera c)
per violazione degli artt. 117 e 118 Cost.
La disposizione stabilisce che le attivita' di distribuzione di
energia elettrica e gas naturale a rete, di esplorazione,
coltivazione, stoccaggio sotterraneo di idrocarburi, nonche' di
trasmissione e dispacciamento di energia elettrica sono attribuite in
concessione secondo le disposizioni di legge.
Come appena rilevato, la distribuzione locale e' materia affidata
alla potesta' legislativa residuale delle Regioni; da cio' consegue
che deve ritenersi ad esse spettante decidere come debba essere
esercitata la relativa attivita', funzionale all'erogazione di un
servizio pubblico. Cio' anche considerando che puo' avere un senso
prevedere la «concessione» delle attivita' di distribuzione di
energia in quanto vi sia, a monte, una riserva - qui non prevista -
in mano pubblica. Spetta dunque all'Amministrazione regionale
decidere con quali istituti giuridici garantire la distribuzione
dell'energia.
2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 4, lett. c)
per violazione degli articoli 117, 118 e 119 Cost.
La disposizione impone allo Stato e alle Regioni, preposti ad
assicurare i livelli essenziali delle prestazioni concernenti
l'energia, di garantire l'assenza di oneri di qualsiasi specie che
abbiano effetti economici anche indiretti fuori dall'ambito
territoriale delle autorita' che li prevedono: dunque le azioni che
in materia di energia le Regioni sono legittimate a programmare e
realizzare devono rispettare il suddetto obbligo all'interno del
territorio regionale.
Data la vaghezza e la generalita' della categoria «effetto
economico indiretto» risulta che ogni politica regionale nel settore
energetico puo' essere impedita, stante il vincolo in questione. Tale
previsione, quindi, e' idonea a bloccare a comunque limitare
pesantemente l'esercizio delle competenze sia legislative che
amministrative regionali in materia di energia, con conseguente
sussistenza della denunciata illegittimita'.
La disposizione si pone altresi' in contrasto con l'art. 119
Cost. perche' l'indeterminatezza della dizione usata (effetto
economico indiretto) puo' diventare uno strumento per limitare anche
l'autonomia di entrata e di spesa riconosciuta alle Regioni dalla
citata norma costituzionale.
3) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 4, lett. f)
per violazione degli artt. 117 e 118 Cost., anche in relazione agli
artt. 3 e 97 Cost.
In base a questa disposizione lo Stato e le Regioni garantiscono
l'adeguato equilibrio territoriale nella localizzazione delle
infrastrutture energetiche, prevedendo eventuali misure di
compensazione e di riequilibrio ambientale e territoriale qualora
esigenze connesse agli indirizzi strategici nazionali richiedano
concentrazioni territoriali di attivita', impianti e infrastrutture
ad elevato impatto territoriale, con esclusione degli impianti
alimentati da fonti rinnovabili.
Pertanto la norma stabilisce che per gli impianti alimentati da
fonti rinnovabili non possano essere previste misure di riequilibrio
territoriale. Questa particolare statuizione appare lesiva delle
competenze regionali in materia di governo del territorio, stante la
incidenza che anche gli impianti alimentati da fonti rinnovabili
possono avere sul territorio.
La stessa disposizione inoltre non puo' essere ritenuta
costituzionale neppure se considerata principio fondamentale,
perche', in tale caso si tratterebbe di un principio illogico ed
irrazionale per disparita' di trattamento e per violazione dei canoni
di buona amministrazione (artt. 3 e 97 Cost.). Infatti, poiche' anche
gli impianti alimentati da fonti rinnovabili possono avere un forte
impatto territoriale, non si comprende perche' gli stessi debbano a
priori essere esclusi da ogni previsione di possibile riequilibrio
ambientale e territoriale.
4) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 7, lettere g)
e h), per violazione degli artt. 117 e 118 Cost. - Violazione del
principio di leale collaborazione.
Il settimo comma elenca i compiti che sono riservati allo Stato
e, tra questi, alle lettere g) e h) include l'identificazione delle
linee fondamentali dell'assetto del territorio nazionale, con
riferimento all'articolazione territoriale delle reti
infrastrutturali energetiche dichiarate di interesse nazionale ai
sensi delle leggi vigenti, nonche' la programmazione di grandi reti
infrastrutturali energetiche dichiarate di interesse nazionale.
Tali previsioni escludono del tutto le regioni dalla
programmazione delle reti infrastrutturali energetiche di interesse
nazionale e dalla loro articolazione territoriale.
E' incontestabile che la programmazione delle reti energetiche
nazionali incide sulle competenze regionali, per l'interferenza con
le attribuzioni che l'art. 117 Cost. affida alle Regioni in materia
di energia ed anche - come rilevato dalla Corte costituzionale nella
sentenza n. 6/2004 - per il particolare impatto che le infrastrutture
energetiche hanno su tutta una serie di funzioni regionali relative
al governo del territorio, alla tutela della salute, alla
valorizzazione dei beni culturali ed ambientali, al turismo.
Percio', in applicazione dei principi espressi dalla Corte
costituzionale nelle sentenze n. 303/2003 e n. 6/2004, il
contemperamento delle competenze statali e regionali coinvolte dalla
programmazione della rete energetica nazionale deve essere assicurato
tramite la previsione dell'intesa.
Cosi', del resto, e' previsto per il settore del gas, ai sensi
del medesimo art. 1, comma ottavo, lettera b), punto 2, in base al
quale lo Stato provvede ad individuare la rete nazionale di gasdotti
di intesa con la Conferenza unificata e, parimenti, per gli olii
minerali in relazione ai quali, sempre il medesimo art. 1, ottavo
comma, lett. c), punto 6, affida allo Stato l'individuazione della
rete nazionale di oleodotti di intesa con la Conferenza unificata.
Non si comprende, quindi, perche' lo stesso coinvolgimento
regionale non sia previsto per la programmazione delle reti
infrastrutturali energetiche nazionali.
Di qui la denunciata illegittimita' costituzionale delle lettere
g) e h) per la mancata previsione dell'intesa con la Conferenza
Stato-Regioni ovvero con la Conferenza unificata e, quindi, per la
violazione degli artt. 117 e 118 Cost., nonche' del principio di
leale collaborazione.
5) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 7, lettera i)
per violazione degli artt. 117 e 118 Cost. - Violazione del principio
della leale collaborazione.
La disposizione affida allo Stato l'individuazione delle
infrastrutture e degli insediamenti strategici, ai sensi della legge
n. 443/2001 e del decreto legislativo n. 190/2002, al fine di
garantire la sicurezza strategica, ivi inclusa quella degli
approvvigionamenti energetici e del relativo utilizzo, il
contenimento dei costi dell'approvvigionamento energetico del Paese,
lo sviluppo delle tecnologie innovative per la generazione di energia
elettrica e l'adeguamento della strategia nazionale a quella
comunitaria per le infrastrutture energetiche.
La Corte costituzionale, nella sentenza n. 303/2003, ha rilevato
che la classificazione delle infrastrutture come opere
interregionali, l'individuazione delle opere strategiche, la loro
localizzazione e l'approvazione dei relativi progetti, ai sensi della
legge n. 443/2001 e del decreto legislativo n. 190/2002, devono
essere disposte d'intesa con la regione interessata: solo la
previsione di tale forma di collaborazione infatti consente di
ritenere la legge statale - interferente in ambiti materiali non
riservati allo Stato - non invasiva delle attribuzioni regionali, ma
corretta applicazione dei principi di sussidiarieta' ed adeguatezza.
La disposizione qui contestata non prevede invece alcuna intesa
con la regione con conseguente illegittimita' costituzionale della
norma, per violazione dei principi enunciati nella citata sentenza
costituzionale e, quindi, per violazione degli artt. 117 e 118 Cost.
e del principio di leale collaborazione.
6) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 8, lettera
a), punto 3, per violazione degli artt. 117 e 118 Cost. - Violazione
del principio della leale collaborazione.
Il comma ottavo elenca i compiti e le funzioni esercitati dallo
Stato; i punti elencati alla lettera a) riguardano le competenze
statali nel settore elettrico. La disposizione censurata stabilisce
che compete allo Stato l'approvazione degli indirizzi di sviluppo
della rete di trasmissione nazionale, considerati anche i piani
regionali di sviluppo del servizio elettrico.
Tale censura si ricollega a quanto esposto al precedente punto 4;
in particolare la programmazione della rete nazionale e quindi anche
gli indirizzi di sviluppo della rete stessa devono essere elaborati
ed approvati con il coinvolgimento regionale, stante la connessione,
l'intersezione e l'incidenza di queste scelte programmatorie con le
competenze regionali in materia di produzione, trasporto e
distribuzione nazionale dell'energia e nelle materie del governo del
territorio, tutela della salute, valorizzazione dei beni culturali ed
ambientali, turismo.
Percio', in applicazione dei principi espressi dalla Corte
costituzionale nelle sentenze n. 303/2003 e n. 6/2004, il
contemperamento delle competenze statali e regionali coinvolte dalla
programmazione della rete energetica nazionale, comprendente anche lo
sviluppo della rete di trasmissione nazionale, deve essere assicurato
tramite la previsione dell'intesa.
Di qui la denunciata illegittimita' costituzionale della
disposizione, per la mancata previsione dell'intesa con la Conferenza
Stato-Regioni ovvero con la Conferenza unificata e, quindi, per
violazione degli artt. 117 e 118 Cost. e del principio di leale
collaborazione.
7) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 8, lettera a)
punto 7, per violazione degli artt. 117 e 118 Cost. - Violazione del
principio della leale collaborazione.
La disposizione prevede che lo Stato definisca i criteri generali
per le nuove concessioni di distribuzione dell'energia elettrica e
per l'autorizzazione alla costruzione e all'esercizio degli impianti
di generazione di energia elettrica di potenza termica superiore ai
300MW, sentita la Conferenza unificata e tenuto conto delle linee
generali dei piani energetici regionali.
Le nuove concessioni di distribuzione dell'energia attengono a
competenze regionali; precisamente la distribuzione non nazionale non
e' contemplata tra le funzioni riservate allo Stato, ne' tra quelle
soggette a potesta' legislativa concorrente, con la conseguenza che -
come sopra gia' rilevato - per la distribuzione locale, e quindi
anche per le relative concessioni, sussiste una competenza regionale
piena ai sensi dell'art. 117, quarto comma Cost. Invece la
distribuzione nazionale e le relative concessioni, come pure la
generazione dell'energia elettrica e quindi l'autorizzazione alla
costruzione e all'esercizio degli impianti di generazione rientrano
nella materia soggetta a potesta' legislativa concorrente in cui
quindi compete allo Stato determinare i principi: principi che devono
essere stabiliti con legge o atto legislativo e devono essere rivolti
al legislatore regionale chiamato a disciplinare organicamente la
materia.
Tanto premesso, la disposizione impugnata stabilisce che lo
Stato, anche avvalendosi dell'Autorita' per l'energia elettrica ed il
gas, determini i criteri per le nuove concessioni di distribuzione
(sia nazionale che locale) e per le autorizzazioni alla costruzione
ed esercizio degli impianti: si prevedono quindi criteri statali per
l'esercizio di funzioni amministrative attinenti a materie regionali,
funzioni che lo Stato stesso non trattiene a se' in sussidiarieta':
la norma percio' viola gli artt. 117 e 118 Cost. i quali non
consentono all'Amministrazione statale di dettare criteri per
l'esercizio di funzioni amministrative che la legge regionale deve
allocare e disciplinare.
In denegata ipotesi, ove si ritenga che il sistema costituzionale
consenta allo Stato di dettare criteri per l'esercizio di funzioni
amministrative che devono essere disciplinate dalla legge regionale,
e' necessario che detti criteri siano stabiliti d'intesa con la
Conferenza Stato-Regioni e che a tale intesa sia riconosciuto il
carattere di intesa «forte»; diversamente, infatti, il potere statale
di dettare i previsti criteri verrebbe a condizionare l'esercizio
delle potesta' regionali.
In tal senso, del resto, e' disposto dalla successiva lettera c),
punto 5) per gli olii minerali; ai sensi di tale norma, i criteri e
le modalita' per il rilascio delle autorizzazioni all'installazione e
all'esercizio degli impianti di lavorazione e di stoccaggio di olii
minerali sono individuati di intesa con la conferenza unificata.
La norma impugnata invece non prevede neanche tale intesa, ma
prevede un mero parere non vincolante della conferenza ed e' pertanto
incostituzionale.
8) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 8, lett. b),
punto 3, per violazione degli artt. 117 e 118 Cost. - Violazione del
principio di leale collaborazione.
La lettera b) riguarda il gas naturale. La disposizione impugnata
affida allo Stato le determinazioni inerenti lo stoccaggio di gas
naturale in giacimento.
Tale stoccaggio non rientra tra le attivita' oggetto di materie
affidate allo Stato, ne' tra quelle di cui al terzo comma dell'art.
117 Cost. Pertanto compete alla regione normare in merito, allocando
e disciplinando le funzioni in questione, con la conseguente
illegittimita' costituzionale denunciata.
In denegata ipotesi in cui sia ritenuto che lo Stato possa
dettare norme come quella in esame, in applicazione del principio di
sussidiarieta', resta la prospettata censura, perche' non e' prevista
l'intesa con le regioni, indubbiamente necessaria in considerazione
delle pesanti ricadute sul territorio regionale dell'esercizio delle
funzioni in parola.
9) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 24, lettera
a), per violazione degli artt. 117 e 118 Cost. - Violazione del
principio di leale collaborazione.
Il comma in esame alla lettera a) sostituisce il comma secondo
dell'art. 1-ter della legge n. 239/2003, prevedendo che il Ministro
delle attivita' produttive emana gli indirizzi per lo sviluppo delle
reti nazionali di trasporto di energia elettrica e di gas naturale e
verifica la conformita' dei piani di sviluppo predisposti,
annualmente, dai gestori delle reti di trasporto con gli indirizzi
medesimi.
La censura in oggetto si ricollega a quanto esposto ai precedenti
punti 4 e 6; in particolare la programmazione della rete nazionale e
quindi anche gli indirizzi per lo sviluppo della rete stessa devono
essere elaborati ed approvati con il coinvolgimento regionale, per la
connessione, l'intersezione e l'incidenza di queste scelte
programmatorie con le competenze regionali sia in materia di
produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia che in
materia del governo del territorio. Percio', in applicazione dei
principi espressi dalla Corte costituzionale nelle sentenze
n. 303/2003 e n. 6/2004, il contemperamento delle competenze statali
e regionali coinvolte dalla programmazione della rete energetica
nazionale, comprendente anche lo sviluppo delle reti nazionali di
trasporto di energia elettrica e di gas e la verifica circa la
conformita' dei piani di sviluppo presentati dai gestori rispetto a
detti indirizzi, deve essere assicurato tramite la previsione
dell'intesa.
Di qui la denunciata illegittimita' costituzionale della
disposizione, per la mancata previsione dell'intesa con la Conferenza
Stato-Regioni ovvero con la Conferenza unificata e, quindi, per
violazione degli artt. 117 e 118 Cost. e del principio di leale
collaborazione.
10) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 26 per
violazione degli artt. 117, 118 e 120 Cost. - Violazione del
principio della leale collaborazione.
Il comma in esame modifica l'art. 1-sexies del decreto-legge
n. 239/2003, convertito nella legge 27 ottobre 2003, n. 290, che
disciplinava il procedimento di autorizzazione per le reti di
trasporto di energia e per gli impianti di energia elettrica di
potenza superiore a 300 MW termici. In particolare la norma in esame
sostituisce i commi da 1 a 4 del citato art. 1-sexies: in base alla
nuova disciplina la costruzione e l'esercizio degli elettrodotti
facenti parte della rete nazionale di trasporto dell'energia
elettrica sono soggetti all'autorizzazione statale rilasciata - a
seguito di un procedimento unico al quale partecipano anche le altre
amministrazioni interessate - previa intesa con le regioni; e'
altresi' previsto che il procedimento di V.I.A., laddove necessario,
costituisca parte integrante del procedimento autorizzatorio.
La disciplina in esame modifica l'assetto delle competenze gia'
disciplinato dal decreto legislativo n. 112/1998. Gli artt. 29 e 30
di quest'ultimo attribuivano alle regioni le funzioni amministrative,
comprese quelle di autorizzazione alla costruzione ed esercizio di
impianti di produzione di energia elettrica di potenza inferiore a
300 MW termici e delle reti di trasporto con tensione sino a 150 KV:
dunque le competenze erano ancorate al dato oggettivo del voltaggio.
Ora invece si riconducono alla competenza statale tutte le
funzioni autorizzative relative alla rete nazionale e tale concetto
e' molto «elastico»: precisamente, ai sensi dell'art. 3 del decreto
legislativo n. 79/1999, l'ambito di tale rete e' determinato con
decreto del Ministero dell'industria, senza alcun coinvolgimento
regionale (dato che il citato decreto n. 79 e' stato emanato nella
vigenza del precedente assetto costituzionale nel quale le regioni
non avevano competenze in materia di energia).
E' ben noto che la Corte costituzionale, nella sentenza
n. 6/2004, ha dichiarato costituzionalmente legittima l'attrazione a
livello statale delle suddette funzioni amministrative di
autorizzazione alla costruzione ed esercizio degli elettrodotti, in
applicazione del principio di sussidiarieta' di cui all'art. 118
Cost., a condizione, pero' che siano previste le attivita'
concertative e di coordinamento orizzontale, ovverosia le intese che
devono essere condotte in base al principio di lealta' sul punto la
sentenza n. 6/2004 richiama la precedente sentenza n. 303/2003).
E su questo specifico aspetto dell'intesa la sentenza n. 6/2004
testualmente rileva: «Appare evidente che quest'ultima va considerata
come un'intesa "forte", nel senso che a suo mancato raggiungimento
costituisce ostacolo insuperabile alla conclusione del procedimento -
come del resto ha riconosciuto anche l'Avvocatura dello Stato - a
causa del particolarissimo impatto che una struttura produttiva di
questo tipo (anche in quel caso venivano in considerazione gli
impianti per l'energia elettrica) ha su tutta una serie di funzioni
regionali relative al governo del territorio, alla tutela della
salute, alla valorizzazione dei beni culturali ed ambientali, al
turismo, etc.».
Il comma 4-bis, introdotto dal comma 26 in esame, e' oggetto
della presente censura: esso, infatti, prevede che se non e'
raggiunta l'intesa sull'autorizzazione per la costruzione e
l'esercizio di elettrodotti, lo Stato agisce in via sostituiva ai
sensi dell'art. 120 Cost., con decreto del Presidente della
Repubblica, su proposta del Ministro delle attivita' produttive
previo concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio.
Per molteplici aspetti il comma 4-bis e' incostituzionale.
In primo luogo si pretende di far uso del potere sostitutivo in
assenza dei presupposti costituzionali di cui all'art. 120 Cost.
Il potere delineato da tale disposizione infatti e' esercitabile
soltanto in presenza delle emergenze istituzionali di particolare
gravita' contemplate dalla norma stessa e dunque costituisce uno
strumento di estrema ratio.
Nella fattispecie in esame, invece, si prevede il ricorso al
potere sostitutivo dell'art. 120 ordinariamente in tutti i casi in
cui non sia stata raggiunta l'intesa sull'autorizzazione e, quindi,
non solo nei casi di inerzia regionale (ipotesi in cui puo'
giustificarsi la sostituzione), ma anche nei casi in cui la Regione
abbia manifestato il suo motivato dissenso sull'ipotesi formulata
dall'Autorita' statale, chiedendo soluzioni alternative. Ne' puo'
dirsi che il generico rinvio al «rispetto dei principi di
sussidiarieta' e leale collaborazione» contenuto nella disposizione
sia idoneo ad evitare l'automatico superamento del dissenso
attraverso la mera sostituzione: spetta infatti al legislatore
disciplinare in modo preciso i presupposti e le modalita' procedurali
per l'esercizio del potere sostitutivo, affinche' sia salvaguardata
la natura dell'intesa tra Stato e Regioni, quale effettivo strumento
di codeterminazione paritaria della decisione da assumere. In merito
la giurisprudenza costituzionale ha piu' volte rilevato che la legge
che prevede il potere sostitutivo deve definire i presupposti
sostanziali e procedurali del medesimo e predisporre garanzie
procedurali in base alle quali l'ente sostituito sia messo in grado
di interloquire con gli organi deputati alla sostituzione e di
evitare la sostituzione stessa (tra le tante: sent. n. 338/1989;
n. 419/1995; n. 172/2004; n. 227/2004; n. 240/2004). Il comma 4-bis
qui contestato non rispetta alcuno dei citati criteri legittimanti la
previsione del potere sostitutivo.
In secondo luogo, la norma viola ancora l'art. 120 Cost. essendo
ormai insito nel nostro sistema costituzionale che, tra le garanzie
necessarie nella previsione del potere sostitutivo, e' incluso il
rispetto della regola di proporzionalita' tra i presupposti che nello
specifico caso legittimano l'intervento sostitutivo ed il contenuto e
l'estensione del relativo potere; in mancanza di tale
proporzionalita' la sostituzione ridonda in un'ingiustificata
compressione dell'autonomia regionale Corte cost. sent. nn. 177 e
294/1986). La generica previsione del potere sostitutivo,
l'indeterminatezza dei presupposti, l'attivazione del medesimo a
fronte di ogni ipotesi di mancata intesa violano sicuramente il
rispetto della regola di proporzionalita', richiamata anche dall'art.
8 della legge n. 131/2003.
In terzo luogo - ma e' il motivo di maggiore rilevanza - la
disposizione che si esamina declassa l'intesa da forte a debole e
percio' la trasforma in strumento non piu' idoneo a garantire il
rispetto del principio di leale collaborazione, essenziale in tutti i
casi in cui vi sia interferenza tra competenze statali e regionali.
La Corte costituzionale ha chiarito che l'intesa consiste in una
«paritaria codeterminazione del contenuto dell'atto» ed essa non puo'
in alcun modo essere declassata a «mera attivita' consultiva non
vincolante» (sentenze n. 351/1991; n. 27/2004).
Nella citata sentenza n. 6/2004 la Corte costituzionale, proprio
in riferimento alla materia dell'energia ed al procedimento di
autorizzazione in esame, ha dichiarato che l'intesa e' da
considerarsi in senso forte «nel senso che il suo mancato
raggiungimento costituisce ostacolo insuperabile alla conclusione del
procedimento», stante l'impatto che una struttura produttiva come
l'impianto energetico ha su molteplici funzioni regionali (governo
del territorio, tutela della salute, turismo, valorizzazione dei beni
culturali ed ambientali, ecc.).
La norma in esame, con la previsione che la mancata intesa
consente l'attivazione del potere sostitutivo e, dunque, la
unilaterale conclusione del procedimento da parte dello Stato, si
pone in netto contrasto con il suddetto orientamento espresso dalla
Corte costituzionale, violando gli artt. 117 e 118 Cost. perche' le
competenze regionali non possono piu' trovare espressione in quel
punto di equilibrio rappresentato dall'intesa forte. Oltre tutto - si
ripete - l'attivazione di tale potere sostitutivo e' ammessa
indifferentemente sia a fronte dell'inerzia regionale rispetto
all'attivazione della procedura dell'intesa, sia a fronte del ben
diverso caso in cui l'intesa non sia raggiunta perche' la regione ha
espresso il proprio articolato dissenso. In tal caso l'applicazione
del principio di leale collaborazione impone di trovare una diversa
soluzione su cui sia raggiungibile l'intesa e non certo di prevedere
la sostituzione dell'amministrazione regionale.
Come gia' accennato sopra e' solo il legislatore che puo' e deve
procedimentalizzare l'intesa per assicurarne il carattere «forte»,
percio' occorre la disciplina di un procedimento teso a favorire
l'avvicinamento delle parti su una posizione consensuale.
Diversamente l'intesa viene declassata in un parere non vincolante;
ma questo non e' compatibile con l'assetto costituzionale delle
competenze e con il principio di leale collaborazione, come chiarito
nelle sentenze costituzionali nn. 6 e 27 del 2004 sopra richiamate.
Quand'anche si riconduca il potere sostitutivo alla logica
generale della sussidiarieta', resta comunque che nei casi in cui il
conseguimento delle esigenze unitarie interferisce in modo rilevante
con ambiti materiali di competenza regionale cio' che avviene
sicuramente a fronte dell'autorizzazione alla costruzione ed
esercizio degli elettrodotti, come rilevato dalla Corte
costituzionale nella sentenza n. 6/2004) l'intesa deve essere forte.
Nel caso in esame il legislatore statale non ha disciplinato il
procedimento dell'intesa si' da garantirne il carattere necessario
per il rispetto delle competenze costituzionali di tutti gli enti di
governo coinvolti.
Per gli stessi motivi sopra esposti e' incostituzionale anche il
comma 4-ter dell'art. 1-sexies introdotto dal comma 26 in oggetto, in
quanto estende la rinnovata disciplina per il rilascio
dell'autorizzazione, compresa la previsione del potere sostitutivo
statale, anche ai procedimenti autorizzatori in corso all'entrata in
vigore della legge in esame.
11) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 33, per
violazione degli artt. 117 e 118 Cost. - Violazione della leale
collaborazione.
La disposizione prevede che sono fatte salve le concessioni di
distribuzione di energia elettrica in essere, ivi compresa, per
quanto riguarda l'attivita' di distribuzione, la concessione di cui
all'art. 14, comma primo, del d.l. n. 333/1992, convertito in legge
n. 359/1992. Ancora e' previsto che il Ministro delle attivita'
produttive, sentita l'Autorita' per l'energia elettrica ed il gas,
anche al fine di garantire la parita' di condizioni puo' proporre
modifiche e variazioni delle clausole contenute nelle relative
convenzioni.
La norma in sostanza congela le concessioni di distribuzione in
essere sino al 31 gennaio 2030 (secondo quanto gia' previsto, ma
prima della riforma del Titolo V, dal decreto legislativo n. 79/1999,
art. 9) nonche', per quanto riguarda l'attivita' di distribuzione, la
concessione di cui all'art. 14, comma 1, del d.l. n. 333/1992
(attribuita con d.m. 28 dicembre 1995 all'ENEL sino all'11 luglio
2032). La stessa norma consente al Ministro di apportare modifiche
alle relative convenzioni.
Come gia' piu' volte rilevato, la distribuzione locale
dell'energia e' materia affidata alla potesta' regionale residuale e
la distribuzione nazionale e' soggetta alla potesta' legislativa
concorrente: quindi compete alla Regione legiferare in merito alle
concessioni di distribuzione in essere ed esercitare i poteri
relativi ai rapporti in essere con le imprese di distribuzione,
ovviamente nel rispetto dell'affidamento dei concessionari.
Da cio' deriva l'illegittimita' della disposizione, per
violazione degli artt. 117 e 118 Cost. perche' essa, in contrasto con
le competenze regionali introdotte in materia di energia dalla
riforma costituzionale, limita la potesta' regionale in merito alle
concessioni di distribuzione gia' in essere ed affida al Ministro, ed
unicamente a quest'ultimo, il potere di proporre modifiche e
variazioni alle clausole convenzionali delle concessioni medesime.
Tale potere di proporre modifiche e variazioni, invece, compete
alle regioni cui, ora, sono affidate le competenze relative alle
concessioni di distribuzione elettrica.
Il congelamento delle concessioni in essere, unito alla riserva
al Ministro del potere di proposta delle modifiche delle convenzioni
allegate alle stesse, comporta invece nei fatti l'annullamento delle
potesta' regionali sino al 2030.
In denegata ipotesi in cui la norma fosse ritenuta compatibile
con l'attuale assetto delle competenze costituzionali, resta comunque
la denunciata illegittimita': infatti non si prevede alcuna forma di
intesa con la Regione, invece indispensabile, per la rilevante
interferenza che le concessioni in parola hanno con le competenze
regionali.
12) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 56, 57, 58
per violazione degli artt. 117 e 118 Cost.
Il comma 56 elenca le attivita', attinenti la lavorazione e lo
stoccaggio di oli minerali, che devono essere sottoposte ad
autorizzazione, prevedendo: l'installazione e l'esercizio di nuovi
stabilimenti; la dismissione degli stabilimenti; la variazione della
capacita' complessiva di lavorazione degli stabilimenti di olii
minerali; la variazione di oltre il 30% della capacita' complessiva
autorizzata di stoccaggio di olii minerali.
Il comma 57 prevede che le autorizzazioni suddette sono
rilasciate dalle regioni, sulla base degli indirizzi e degli
obiettivi generali di politica energetica, fatte salve le
disposizioni vigenti in materia ambientale, sanitaria, fiscale, di
sicurezza, di prevenzione incendi e di demanio marittimo.
Il comma 58 dispone che le modifiche degli stabilimenti di
lavorazione o dei depositi di oli minerali non ricomprese tra quelle
sottoposte ad autorizzazione ai sensi del precedente comma 56,
nonche' quelle degli oleodotti sono liberamente effettuate
dall'operatore, nel rispetto delle norme vigenti in materia
ambientale, sanitaria, fiscale, di sicurezza, di prevenzione incendi
e di demanio marittimo.
In merito si rileva che le attivita' di lavorazione e stoccaggio
di oli minerali non sono ricomprese nell'ambito della «produzione,
trasporto e distribuzione nazionale dell'energia», con la conseguenza
che dette attivita' ricadono in ambiti materiali di competenza
regionale, ai sensi dell'art. 117, quarto comma Cost.: pertanto le
disposizioni sono incostituzionali perche' non rispettano tale piena
potesta' legislativa regionale.
In ogni caso, se pure si ritenga che le attivita' in oggetto
siano ascrivibili alla produzione, trasporto e distribuzione
nazionale dell'energia, le disposizioni restano parimenti
incostituzionali perche' non si limitano a dettare i principi
fondamentali della materia. Spetterebbe infatti alle regioni
valutare, in base alle varie situazioni territoriali, quali attivita'
sottoporre ad autorizzazioni e quali lasciare libere: le norme in
esame, invece, disciplinano tale aspetto in modo completo, senza
lasciare alcun margine di valutazione alle amministrazioni regionali.
L'invasivita' delle norme si evince anche dal contenuto illogico
di talune disposizioni. Ci si riferisce, in particolare alla lettera
d) del comma 56, ove si stabilisce che deve essere autorizzata la
variazione di oltre il 30% della capacita' complessiva autorizzata di
stoccaggio di oli minerali. Tale 30% e' una percentuale che, nella
sua assolutezza, non ha significato, perche' andrebbe rapportata alle
dimensioni dell'impianto. Le regioni, che hanno conoscenza della
realta' territoriale, potrebbero valutare l'incidenza della
variazione e, quindi, se assoggettarla o meno ad autorizzazione.
Dovrebbe dunque essere il legislatore regionale a stabilire la
portata dell'autorizzazione ed il suo oggetto, anche in relazione
agli altri interessi tutelati dalle diverse normative di cui gli
stessi commi 57 e 58 fanno salvo il rispetto.
In denegata ipotesi, ove si ritenga sussistere la competenza
statale, l'elenco delle disposizioni fatte salve e' incostituzionale
nella parte in cui non richiama anche il rispetto delle normative in
materia di governo del territorio: le attivita' di lavorazione e
deposito degli oli minerali hanno infatti un notevole impatto sul
territorio per cui deve essere assicurata l'osservanza della relativa
disciplina.
Il comma 58, poi, ammette come attivita' libere, tutte le
modifiche degli oleodotti, senza specificazioni ne' limiti, cosi'
che, ad esempio, e' ammessa anche la modifica del tracciato, senza
alcuna autorizzazione: anche tale previsione contrasta con le
competenze regionali sia in materia di energia che in materia di
governo del territorio.
13) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 77, 78, 79,
80, 81, 82, 83 per illegittimita' costituzionale degli artt. 117 e
118 Cost. - Violazione del principio della leale collaborazione.
I commi in questione disciplinano il procedimento volto al
rilascio del permesso di ricerca e della concessione degli
idrocarburi. Tali provvedimenti costituiscono titolo per la
costruzione degli impianti e delle opere necessarie; sostituiscono ad
ogni effetto autorizzazioni, permessi, concessioni ed atti di assenso
comunque denominati; qualora le opere comportino variazioni agli
strumenti urbanistici hanno effetto di variante urbanistica.
Il medesimo art. 1, comma sette, punto n), stabilisce che
competono allo Stato le determinazioni inerenti la prospezione,
ricerca e coltivazione di idrocarburi, ivi comprese le funzioni di
polizia mineraria, adottate, per la terraferma, di intesa con le
regioni interessate.
I commi qui contestati non richiamano l'intesa con la regione: se
l'omissione deve intendersi irrilevante in virtu' della generale
previsione di cui al citato comma settimo, lettera n) allora la
previsione e' compatibile con l'assetto costituzionale delle
competenze.
Sorge tuttavia il dubbio circa la correttezza della suddetta
interpretazione, perche' il dettaglio con cui i commi in esame
disciplinano il procedimento avrebbe reso necessario richiamare anche
la formazione dell'atto conclusivo adottato d'intesa con la regione
interessata. Invece non vi e' alcun cenno in proposito; anzi la
lettura dei commi non chiarisce in che modo dovrebbe essere acquisita
l'intesa, perche' si prevedono termini di conclusione
dell'istruttoria e si stabilisce che il permesso di ricerca e la
concessione sono rilasciati a seguito di un procedimento unico ai
sensi della legge n. 241/1990, in cui partecipa anche la regione.
Cio' significa che l'intesa debba essere acquisita in sede di
Conferenza di servizi? E quali sono le conseguenze se detta intesa
con la regione non si raggiunge?
Come rilevato, i provvedimenti in esame hanno effetto di variante
urbanistica e sostituiscono tutti gli atti del procedimento previsti
dalle norme vigenti compresi quindi quelli sul vincolo idrogeologico
e paesaggistico. Percio' si tratta di atti che interferiscono, oltre
che con la materia dell'energia, anche con il governo del territorio.
Per questo, quindi, in applicazione del principio di sussidiarieta',
l'esercizio delle funzioni amministrative in questione, relative al
rilascio del permesso di ricerca e della concessione di coltivazione
degli idrocarburi in terraferma, che lo Stato ha trattenuto a se' per
esigenze unitarie, deve essere esercitato d'intesa («forte») con la
regione interessata, secondo quanto enunciato dalla Corte
costituzionale nelle sentenze n. 303/2003 e n. 6/2004.
Pertanto le impugnate disposizioni sono incostituzionali ove non
prevedono espressamente che il permesso di ricerca e la concessione
di coltivazione degli idrocarburi in terraferma siano rilasciati
d'intesa con la regione interessata.
14) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 84, per
violazione degli artt. 117 e 118 Cost.
La norma disciplina il contributo compensativo per il mancato uso
del territorio dovuto alla regione ed enti locali da parte dei
titolari di concessioni di coltivazione di idrocarburi in terraferma:
in particolare si prevede che il valore complessivo delle misure
stabilite, a seguito di specifici accordi tra la regione, gli enti
locali ed i suddetti titolari, a titolo di contributo compensativo,
non puo' superare il valore complessivo del 15 per cento di quanto
spettante alla regione e agli enti locali per le aliquote di prodotto
della coltivazione; e' aggiunto che la mancata sottoscrizione degli
accordi non costituisce motivo per la sospensione dei lavori
necessari per la messa in produzione dei giacimenti di idrocarburi o
per il rinvio dell'inizio della coltivazione.
La norma interviene in ambiti materiali riservati alla potesta'
legislativa concorrente, sia in riferimento alla produzione,
trasporto e distribuzione nazionale dell'energia, sia in relazione al
governo del territorio, cui sono collegabili le misure compensative
in questione.
La disposizione impugnata e' del tutto incompatibile con una
legislazione di principi, l'unica ammessa in detta potesta'
concorrente: infatti si disciplinano nel dettaglio i limiti del
contributo compensativo che, invece, dovrebbe essere disciplinato
dalla legge regionale. Cosi' pure, per gli stessi motivi, lede le
competenze regionali la previsione in base alla quale, ove non venga
sottoscritto l'accordo con i titolari, non possono essere sospesi i
lavori per la messa in produzione dei giacimenti o per il rinvio
dell'inizio della coltivazione: e' infatti evidente che in tale modo
la sottoscrizione degli accordi disciplinanti il contributo
compensativo e' totalmente rimessa alla buona volonta' dei titolari
delle concessioni, senza che la regione possa disporre di uno
strumento giuridicamente efficace per pervenire a detta
sottoscrizione, nei casi in cui i titolari non siano consenzienti
rispetto all'ipotesi di accordo.
15) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 121, per
illegittimita' costituzionale degli artt. 76 e 117 Cost.
Con la disposizione in esame il Governo e' delegato ad adottare
uno o piu' testi unici per il riassetto delle disposizioni in materia
di energia. I criteri e principi direttivi appaiono generici e quindi
in contrasto con l'art. 76 Cost.; inoltre la delega in esame non
appare compatibile con la distribuzione costituzionale delle
competenze nella materia dell'energia, in cui lo Stato dovrebbe
determinare i principi fondamentali, con riferimento alla produzione,
trasporto e distribuzione nazionale. L'esercizio della delega in
esame, pertanto, puo' essere considerato costituzionalmente legittimo
nei soli limiti dei testi unici meramente ricognitivi.
P. Q. M.
Si chiede che l'ecc.ma Corte costituzionale voglia dichiarare
l'illegittimita' costituzionale dell'articolo 1: comma 2, lettera c);
comma 4, lettera c) ed f); comma 7, lettere g), h) e i); comma 8,
lettera a), punto 3) e punto 7); comma 8, lettera b), punto 3); comma
24, lettera a); comma 26; comma 33; commi 56, 57 e 58; commi 77, 78,
79, 80, 81, 82 e 83; comma 84; comma 121, della legge 23 agosto 2004,
n. 239, per i motivi esposti nel presente ricorso.
Firenze-Roma, addi' 11 novembre 2004
Avv. Lucia Bora - Avv. Fabio Lorenzoni