Ricorso n. 108 del 12 ottobre 2010 (Presidente del Consiglio dei ministri)
RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 12 ottobre 2010 , n. 108
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 12 ottobre 2010 (del Presidente del Consiglio dei ministri).
(GU n. 51 del 22-12-2010)
Il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato (C.F. 80224030587) e presso la stessa domiciliato in Roma alla Via dei Portoghesi n. 12, giusta delibera adottata dal Consiglio dei ministri nella riunione del 24 settembre 2010, ricorrente; contro la Regione Puglia, in persona del Presidente della Giunta Regionale in carica, con sede in Bari Lungomare Nazario Sauro, n. 33, intimata, per la declaratoria della illegittimita' costituzionale della legge della Regione Puglia del 2 agosto 2010, n. 10, pubblicata sul BUR del 9 agosto 2010, n. 232, recante l'«attuazione dei programmi comunitari e nazionali e dei processi di stabilizzazione», per violazione dell'art. 117, secondo comma, lett. l), e terzo comma, Cost., in relazione agli artt. 1, 7, comma 6, e 36 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, nonche' degli artt. 3 e 97 Cost. Fatto La Regione Puglia ha emanato la 1.r. n. 10 del 2010, pubblicata sul BUR del 9 agosto 2010, n. 232, recante l'«attuazione dei programmi comunitari e nazionali e dei processi di stabilizzazione». L'articolo unico di tale legge prevede, al primo comma, che «al fine di assicurare il rispetto degli obiettivi stabiliti e degli obblighi assunti con l'Unione Europea, la Regione Puglia continua ad avvalersi, sino alla scadenza inizialmente stabilita o successivamente prorogata, degli incarichi dirigenziali a termine e dei contratti di lavoro a tempo determinato, di consulenza, di collaborazione coordinata continuativa nonche' dei contratti di servizi stipulati o comunque utilizzati per attuare i programmi comunitari ovvero i programmi finanziati su fondi statali a destinazione vincolata (grassetto nostro: n.d.r.)». Il secondo comma prevede inoltre che «la Regione Puglia continua altresi' ad avvalersi, sino alla scadenza inizialmente stabilita o successivamente prorogata, dei contratti di lavoro a tempo determinato stipulati nell'ambito delle procedure di stabilizzazione di cui alla legge 24 dicembre 2007, n. 244 (grassetto nostro: n.d.r.)». Il terzo ed ultimo comma fa infine salva l'applicazione dell'art. 76, comma 4, della legge 6 agosto 2008, n. 133 (ovvero, piu' esattamente, dell'art. 76, comma 4, del d.l. 25 giugno 2008, n. 112, conv. in legge, con modificazioni, dalla 1egge 6 agosto 2008, n. 133), che vieta all'ente - in caso di mancato rispetto del patto di stabilita' interno nell'esercizio precedente - di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo, con qualsivoglia tipologia contrattuale, ivi compresi rapporti di collaborazione continuata e continuativa e di somministrazione, anche con riferimento ai processi di stabilizzazione in atto, nonche' di stipulare contratti di servizio con soggetti privati che si configurino come elusivi della predetta disposizione. La suddetta legge (o, quanto meno, primi due commi dell'art. unico sopra richiamato, atteso che l'ultimo comma si limita a riaffermare la vigenza di una norma statale autonomamente applicabile) si espone a censure di illegittimita' costituzionale per i seguenti motivi di Diritto 1. Violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost., in relazione all'art. 14, commi 19 e 21, del d.l. 31 maggio 2010, n. 78, conv. in legge, con modificazioni dall'art. 1, comma 1, legge 30 luglio 2010, n. 122. La legge regionale in esame, nel fare salvi gli incarichi dirigenziali a termine ed i contratti di lavoro a temo determinato, di consulenza, di collaborazione coordinata e continuativa ed i contratti di servizio stipulati o utilizzati per attuare i programmi comunitari o i programmi finanziati su fondi statali a destinazione vincolata, nonche' i contratti di lavoro a tempo determinato stipulati nell'ambito delle procedure di stabilizzazione ex 1. 244/07, si pone in assoluto contrasto con la disposizione contenuta nell'art. 14, comma 21, del d.l. n. 78 del 2010, conv., con modif., dalla 1. 122/2010, il quale prevede che - nei casi previsti dal precedente comma 19 (e cioe' nei casi di mancato rispetto del patto di stabilita' interno nell'esercizio finanziario 2009) - «i conferimenti di incarichi dirigenziali a personale esterno all'amministrazione regionale ed i contratti di lavoro a tempo determinato, di consulenza, di collaborazione coordinata continuativa ed assimilati, nonche' i contratti di cui all'art. 76, comma 4, secondo periodo del di. n. 112 del 2008, convertito con modificazioni dalla legge n. 133 del 2008 (e cioe' i contratti di servizio con soggetti privati che si configurino come elusivi della predetta disposizione: n.d.r.), deliberati, stipulati o prorogati dalla regione ... sono revocati di diritto (grassetto nostro: n.d.r.)». Secondo quanto accertato dal Ministro dell'economia e delle finanze, la Regione Puglia non ha rispettato il patto di stabilita' interno, in guisa che per l'inequivoco disposto della predetta norma statale si devono ritenere revocati di diritto gli incarichi dirigenziali ed i contratti di lavoro che la legge impugnata ha inteso invece salvaguardare. Il contrasto non e' privo di rilievo sul piano costituzionale ed implica la manifesta illegittimita' della normativa regionale. Secondo noti e consolidati principi affermati dalla giurisprudenza di codesta Corte, le norme che disciplinano il cosiddetto «patto di stabilita'» costituiscono espressione di esigenze di contenimento della spesa pubblica, finalizzate al raggiungimento di obiettivi nazionali di stabilizzazione finanziaria ed imposte dai vincoli comunitari, e rientrano percio' nella materia del «coordinamento della finanza pubblica» che appartiene alla competenza legislativa concorrente dello Stato e delle Regioni. Ed invero, le disposizioni che mirano «ad assicurare il rispetto dei parametri fissati nel patto di stabilita' e crescita dell'Unione europea ..., allo scopo di soddisfare esigenze di razionalizzazione e contenimento della spesa pubblica ..., costituiscono legittimo esercizio della competenza statale di coordinamento della finanza pubblica» (Corte Cost., 6 giugno 2008, n. 190. Nello stesso senso, cfr. Corte Cost., sentenze n. 139 del 2009; nn. 289 e 120 del 2008, n. 82 del 2007; n. 64 del 2005). In questa prospettiva, le disposizioni della legge statale che fissano limiti alle capacita' di spesa; ai fini del rispetto del patto di stabilita' e del riequilibrio finanziario, costituiscono norme di principio che limitano l'autonomia finanziaria degli enti locali e la capacita' legislativa delle Regioni, cosi' che si deve escludere che queste ultime possano introdurre norme derogatorie (o addirittura contrapposte) in base ai propri poteri di auto-organizzazione (sulla competenza della legislazione statale a prevedere vincoli di riequilibrio della finanza pubblica, cfr. Corte Cost., n. 417 del 2005 e nn. 353, 345 e 36 del 2004, riferite specificamente alle Regioni a statuto speciale; nel senso che una disposizione statale di principio in tema di coordinamento della finanza pubblica puo' incidere sulla materia dell'organizzazione e del funzionamento della Regione, cfr. Corte Cost., n. 159 del 2008; n. 188 del 2007 e n. 2 del 2004). La legge impugnata e' dunque manifestamente illegittima per il rilevato contrasto con la normativa statale recentemente emanata nella medesima materia. La circostanza che il legislatore regionale si sia premurato di far salve le disposizioni dell'art. 76, comma 4, del d.l. n. 112 del 2008, convertito in legge, con modificazioni, dalla 1. n. 133 del 2008, non e' d'altronde sufficiente ad evitare il predetto contrasto ed il conseguente vizio di incostituzionalita': le norme richiamate e fatte salve dalla legge regionale riguardano infatti il divieto di procedere a nuove assunzioni di personale, mentre quelle dell'art. 14, comma 21, del d.l. n. 78 del 2010, convertito in legge con modificazioni, dalla 1. n. 122 del 2010, che nel caso di specie risultano trasgredite, prevedono la revoca di diritto dei rapporti pendenti. La Regione ha dunque mostrato di essere consapevole della natura vincolante delle norme statali recanti la disciplina del patto di stabilita', ma ha adottato un comportamento incoerente, rispettando alcune disposizioni soltanto e violando le altre. 2. Violazione dell'art. 117, secondo comma, lett. l), Cost., in relazione agli artt. 1 e 36 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165. I primi due commi della legge regionale impugnata dispongono che la Regione Puglia «continua ad avvalersi» dei contratti di lavoro a tempo determinato, gia' stipulati per l'attuazione dei programmi comunitari e nazionali e dei processi di stabilizzazione, «sino alla scadenza inizialmente stabilita o successivamente prorogata (grassetto nostro: n.d.r.)». Poiche' la legge non chiarisce che se intende riferirsi soltanto ai rapporti gia' prorogati «prima» della sua entrata in vigore, cosi' da salvaguardare soltanto i termini «gia'» prorogati in precedenza, si puo' legittimamente ritenere che la formula adoperata comporta la possibilita' di prorogare anche in futuro i rapporti a tempo determinato pendenti. In tal modo, la «ratio legis» rappresentata non soltanto dalla conservazione dei rapporti in essere fino alla loro naturale scadenza, in base ai termini (originari o prorogati) gia' in precedenza fissati, ma anche e soprattutto dall'intento di precostituire le condizioni normative per disporre successive proroghe dei rapporti attualmente pendenti. In questa prospettiva, pienamente legittimata dall'ambiguita' del testo, la legge si espone ad ulteriori censure di illegittimita' costituzionale. L'art. 36, primo comma, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, dispone che «per le esigenze connesse con il proprio fabbisogno ordinario le pubbliche amministrazioni assumono esclusivamente con contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato seguendo le procedure di reclutamento previste dall'articolo 35 (grassetto nostro: n.d.r.)». In deroga a questa regola di carattere generale, il successivo secondo comma dello stesso articolo dispone che «per rispondere ad esigenze temporanee ed eccezionali le amministrazioni pubbliche possono avvalersi delle forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale previste dal codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa (grassetto nostro: n.d.r.)». Il terzo comma prevede quindi opportune misure per «combattere gli abusi nell'utilizzo del lavoro flessibile». Queste disposizioni sono espressione del potere legislativo dello Stato nella materia «ordinamento civile», che appartiene alla propria competenza esclusiva ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lett. l), Cost.; inoltre, ai sensi dell'art 1 dello stesso d.lgs. esse costituiscono parametro interposto per la valutazione della costituzionalita' della legge regionale impugnata, perche' rientrano tra le norme generali sull'ordinamento generale del lavoro nelle Amministrazioni pubbliche. Da cio' consegue che - come specificato dal terzo comma del predetto art. 1 - «le Regioni a statuto ordinario si attengono ad esse, tenendo conto della peculiarita' dei rispettivi ordinamenti». Per tali disposizioni il ricorso allo strumento del rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato deve intendersi di carattere assolutamente eccezionale e temporaneo e puo' avvenire al solo scopo di sopperire per periodi di tempo limitato a fatti e circostanze straordinarie; e cio' in quanto le pubbliche Amministrazioni, per provvedere allo svolgimento delle proprie ordinarie funzioni istituzionali, si devono avvalere in via di principio di personale di ruolo a tempo indeterminato, assunto a seguito del regolare espletamento di apposite procedure concorsuali. Questi principi risultano violati dalla legge regionale in esame, che mantiene in vita i rapporti di lavoro subordinato a tempo determinato pendenti senza rispettare i requisiti dell'eccezionalita' e della temporaneita'. Sotto il primo profilo, infatti, essa non indica le ragioni straordinarie che possano giustificare il ricorso a lavoratori dipendenti a tempo determinato, ma fa anzi riferimento a funzioni e compiti (quali l'attuazione dei programmi comunitari e dei programmi finanziati su fondi statali a destinazione vincolata) che rientrano nell'ambito dell'attivita' ordinaria di istituto; per quanto riguarda invece il requisito della durata, essa concede la possibilita' di ulteriori proroghe dei termini vigenti, in contrasto con il carattere della temporaneita' dei rapporti di lavoro in esame. In sostanza, la legge impugnata tende a conservare indefinitamente la vigenza dei rapporti di lavoro subordinato a tempo determinato per far fronte alle normali esigenze operative dell'Ente, cosi' violando le vincolanti disposizioni di carattere generale stabilite dal citato art. 36, d.lgs. 165/01. 3. Violazione dell'art. 117, secondo comma, lett. l), Cost., in relazione agli artt. 1 e 7, comma 6, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165. Considerazioni sostanzialmente analoghe a quelle svolte nel precedente motivo di ricorso si devono svolgere con riguardo alla disposizione del primo comma dell'articolo unico della legge regionale impugnata, secondo cui rimangono in vigore «sino alla scadenza inizialmente stabilita o successivamente prorogata» anche «gli incarichi dirigenziali a termine» ed «i contratti di consulenza, di collaborazione coordinata e continuativa ed i contratti di servizio stipulati per l'attuazione dei programmi comunitari e di quelli finanziati su fondi statali a destinazione vincolata». Secondo l'art. 7, comma 6, del d.lgs. n. 165 del 2001 (che, come gia' rilevato, rientra tra le disposizioni generali che disciplinano l'organizzazione degli uffici e i rapporti di lavoro e di impiego alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, e che - costituendo espressione della potesta' legislativa esclusiva dello Stato nella materia «ordinamento civile» - rappresentano principi fondamentali ai sensi dell'art. 117 Cost.), la pubblica Amministrazione puo' conferire incarichi di tal genere solo per esigenze a cui non puo' far fronte con personale in servizio, allorche' ricorrano congiuntamente i seguenti presupposti di legittimita': a) l'oggetto della prestazione deve corrispondere alle competenze attribuite dall'ordinamento all'amministrazione conferente, ad obiettivi e progetti specifici e determinati e deve risultare coerente con le esigenze di funzionalita' dell'amministrazione conferente; b) l'amministrazione deve avere preliminarmente accertato l'impossibilita' oggettiva di utilizzare le risorse umane disponibili al suo interno; c) la prestazione deve essere di natura temporanea e altamente qualificata; d) devono essere preventivamente determinati durata, luogo, oggetto e compenso della collaborazione (cfr. sul punto Corte Conti, sez. giurisdizionale, sent. 27 febbraio 2007, n. 141). Lo stesso art. 7, comma 6, del d.lgs. 165/2001 prevede inoltre che il ricorso a contratti di collaborazione coordinata e continuativaper lo svolgimento di funzioni ordinarie o l'utilizzo dei collaboratori come lavoratori subordinati e' causa di responsabilita' amministrativa per il dirigente che ha stipulato i contratti. La norma regionale in esame si pone in contrasto con questi principi fondamentali della materia, perche' prevede la conservazione e/o la proroga di siffatti rapporti di lavoro autonomo: per il solo fatto della loro attuale pendenza; per lo svolgimento di ordinarie funzioni d'istituto; senza alcuna verifica dell'obiettiva impossibilita' di far fronte ad esse con il personale di ruolo; senza il rispetto degli specifici limiti temporali imposti dalla loro natura eccezionale. Da cio' consegue l'incostituzionalita' della norma, non essendo concesso alle Regioni derogare alle norme di principio stabilite dalla legislazione statale nella materia. 4. Violazione dell'art. 97 Cost. La legge impugnata appare incostituzionale anche per violazione dei principi contenuti nell'art. 97 Cost. In primo luogo essa mantiene in vita i rapporti di lavoro precario esistenti senza preoccuparsi di verificare se essi siano stati costituiti nel rispetto delle regole di selezione concorsuale stabiliti in via generale dalla suddetta norma costituzionale e ribaditi, anche con riferimento ai lavori subordinati a termine, dall'art. 36, secondo comma, del d.lgs. n. 165 del 2001. Inoltre, sotto altro profilo, il continuativo ricorso a personale non di ruolo nuoce al buon andamento della pubblica Amministrazione, che postula invece l'utilizzazione di personale dotato dei necessari requisiti di preparazione, di esperienza e di professionalita', verificati attraverso una regolare procedura concorsuale di assunzione e maturati attraverso lo sviluppo di una regolare carriera. Con riferimento ad una fattispecie analoga, codesta Ecc.ma Corte Costituzionale ha recentemente affermato che «la previsione dell'assunzione (sia pure a tempo determinato) di personale sfornito dei requisiti normalmente richiesti per lo svolgimento delle funzioni che e' destinato ad espletare determina l'inserimento nell'organizzazione pubblica di soggetti che non offrono le necessarie garanzie di professionalita' e competenza» (Corte Cost., sentenza n. 27 del 2008), e che la mancata osservanza «della disposizione di cui all'art. 7, comma 6, del d.lgs. n. 165 del 2001, si pone in contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost.» (Corte Cost., sentenza n. 252 del 2009). Tali ragioni appaiono estensibili anche alla fattispecie normativa in esame, che appare percio' contraria ai principi costituzionali. 5. Violazione dell'art. 3 Cost. Sotto un ultimo profilo, la legge regionale impugnata si espone a vizi di legittimita' costituzionale per la violazione del principio di uguaglianza stabilito dall'art. 3 Cost. Infatti, essa consente alle categorie di lavoratori prese in considerazione di proseguire e/o di prolungare il loro rapporto di lavoro con la Regione Puglia, a differenza di quanto avviene in identiche condizioni per le stesse categorie di lavoratori in servizio presso le altre Regioni, che sono assoggettati al rispetto delle condizioni e dei limiti stabiliti dai citati artt. 7, comma 6, e 36, del d.lgs. 165/2001, nonche' - nei casi di avvenuta violazione del patto di stabilita' - alla revoca di diritto dei propri rapporti.
P.Q.M. Voglia l'ecc.ma Corte costituzionale, in accoglimento del presente ricorso, dichiarare costituzionalmente illegittima la 1.r. Puglia del 2 agosto 2010, n. 10, pubblicata sul BUR del 9 agosto 2010, n. 232, recante l'«attuazione dei programmi comunitari e nazionali e dei processi di stabilizzazione», per violazione dell'art. 117, secondo comma, lett. l), e terzo comma, Cost., in relazione agli artt. 1, 7, comma 6, e 36 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, nonche' degli artt. 3 e 97 Cost. Unitamente all'originale notificato del presente ricorso, si depositano: 1) copia della legge regionale impugnata; 2) copia conforme della delibera del Consiglio dei ministri adottata nella riunione del 24 settembre 2010, recante la determinazione di proporre il presente ricorso, con allegata relazione illustrativa. Roma, addi' 4 ottobre 2010 L'Avvocato dello Stato: Alessandro De Stefano