Ricorso n. 108 del 30 dicembre 2009 (Regione Piemonte)
RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 30 dicembre 2009 , n. 108
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria 30 dicembre 2009 (della Regione Piemonte).
(GU n. 3 del 20-1-2010)
Ricorso della Regione Piemonte, rappresentata e difesa dagli avvocati Mario E. Comba e Gabriele Pafundi presso il secondo dei quali e' elettivamente domiciliata in Roma, viale Giulio Cesare n. 14, come da delega ai sensi di legge; Contro il Governo della Repubblica, in persona del Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato per la declaratoria di illegittimita' costituzionale del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, art. 40, comma 1, lett. f), secondo capoverso, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 31 ottobre 2009, n. 254, S.O. F a t t o In data 31 ottobre 2009 e' stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana il d.lgs. 27 ottobre 2009, n. 150, recante: «Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttivita' del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni». In particolare, per quanto in questa sede interessa, nell'ambito del titolo IV - Nuove norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni - il capo II disciplina la dirigenza pubblica, apportando numerose modifiche agli articoli da 16 a 28 del d.lgs. n. 165/2001. L'art. 40 d.lgs n. 150/2009 modifica l'art. 19 d.lgs n. 165/2001, recante «Incarichi di funzioni dirigenziali»; in particolare, per quanto qui interessa, introduce dopo il comma 6 il comma 6-bis ed il comma 6-ter il quale ultimo recita: «il comma 6 ed il comma 6-bis si applicano alle amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2», tra le quali, come e' noto, rientrano anche le Regioni. A seguito di tale modifica, dunque, i commi 6 e 6-bis dell'art. 19 d.lgs. n. 165/2001 si applicano anche alle Regioni. Essi impongono, tra il resto, che gli incarichi di funzioni dirigenziali non possano essere conferiti a soggetti esterni per piu' del l0 per cento della dotazione organica, nel caso di dirigenti appartenenti alla prima fascia, e per piu' dell'8 per cento nel caso di dirigenti della seconda fascia. Inoltre limita a 3 e 5 anni la durata degli incarichi, a seconda del tipo di funzione dirigenziale. Detta disposizione lede la sfera di competenza legislativa della Regione Piemonte di cui all'articolo 117 della Costituzione ed e' dunque incostituzionale per i seguenti motivi di D i r i t t o 1. - Violazione dell'articolo 117, comma 4, Costituzione: l'organizzazione dei propri uffici e' materia residuale riservata alla competenza legislativa esclusiva della regione. La norma impugnata pretende di applicare alle amministrazioni regionali i commi 6 e 6-bis dell'art. 19 del d.lgs. n. 165/2001. Il comma 6 stabilisce - per le amministrazioni statali - che il conferimento di incarichi di funzioni dirigenziali a soggetti esterni all'Amministrazione: puo' essere effettuato entro il limite del 10 per cento della dotazione organica dei dirigenti appartenenti alla prima fascia e dell'8 per cento della dotazione organica di quelli appartenenti alla seconda fascia; non puo' prevedere una durata superiore ai tre anni per gli incarichi di Segretario generale e di funzione dirigenziale di livello generale e di cinque anni per gli altri incarichi dirigenziali; deve avvenire, dietro specifica motivazione, a favore di persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, non rinvenibile nei ruoli dell'Amministrazione, che possano dimostrare il possesso di specifiche esperienze; puo' prevedere l'integrazione del trattamento economico tramite una indennita' commisurata alla specifica qualificazione professionale, tenendo conto della temporaneita' del rapporto e delle condizioni di mercato relative alle specifiche competenze professionali. Il comma 6-bis stabilisce che per il calcolo delle percentuali di cui sopra si deve operare un arrotondamento all'unita' inferiore, se il primo decimale e' inferiore a cinque, o all'unita' superiore, se esso e' uguale o superiore a cinque. Come si vede, le disposizioni dei commi 6 e 6-bis attengono esclusivamente alle modalita' di accesso all'impiego pubblico. Esse infatti disciplinano quella particolare fattispecie consistente nell'affidamento di incarichi dirigenziali a soggetti esterni all'amministrazione e pongono limiti quantitativi all'accesso, limiti di durata del contratto, impongono le modalita' di selezione e di determinazione del compenso e addirittura, al comma 6-bis, impongono i criteri di arrotondamento da seguire nel calcolo delle percentuali. Si tratta dunque non solo di modalita' di accesso al pubblico impiego, ma anche di norme di estremo dettaglio. Per giurisprudenza costante di codesta Corte costituzionale, la modalita' di accesso al pubblico impiego e' una materia rientrante tra quelle di competenza residuale esclusiva delle regioni di cui all'articolo 117, quarto comma, Cost. In tal senso si puo' ricordare la sentenza 16 aprile 2008, n. 95 la quale, giudicando di una norma statale che imponeva alle amministrazioni regionali di riservare una quota del 60% dei posti programmati a soggetti che abbiano stipulato uno o piu' contratti di collaborazione coordinata e continuativa per la durata di almeno un anno, ha affermato che tale norma viola l'art. 117, quarto comma Costituzione in quanto essa: «attiene alla disciplina delle modalita' di accesso all'impiego presso gli enti soggetti al patto di stabilita' interno. Come questa Corte ha gia' affermato (sentenza n. 380 del 2004) la regolamentazione delle modalita' di accesso al lavoro pubblico regionale e' riconducibile alla materia dell'organizzazione amministrativa delle regioni e degli enti pubblici regionali e rientra nella competenza residuale delle regioni di cui all'art. 117 quarto comma della Costituzione». La citata sentenza n. 380/2004 riguardava una legge statale che imponeva il riconoscimento ai medici che avevano conseguito il titolo di specializzazione del medesimo punteggio attribuito per il lavoro dipendente ai fini concorsuali ed anche in quel caso la Corte ha ritenuto che si trattasse di materia relativa all'accesso al pubblico impiego regionale e dunque rientrante nella competenza legislativa esclusiva regionale. Piu' in generale, la materia delle modalita' di accesso all'impiego pubblico regionale rientra in quella dell' autonomia dell' organizzazione amministrativa regionale la quale e' pacificamente rientrante tra quelle di competenza residuale esclusiva regionale ex art. 117, quarto comma Costituzione. In tal senso Codesta Corte si e' recentemente pronunciata, ex multis, a proposito di una legge statale che introduceva limiti alla possibilita' di nomina di amministratore di ente a totale o parziale capitale pubblico regionale (sentenza 20 maggio 2008, n. 159); nonche' di una legge statale che imponeva alle regioni le modalita' di utilizzo delle erogazioni liberali ricevute ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 917/1986 (sentenza 23 novembre 2007, n. 387). La materia dell'accesso al pubblico impiego regionale rientra dunque nella competenza legislativa esclusiva regionale e la norma statale in questione e' pertanto illegittima in quanto pretende di disciplinarla. D'altra parte, e' lo stesso d.lgs. n. 150/2009 a riconoscere che la materia dell'attribuzione degli incarichi di funzioni dirigenziali non rientra tra le competenze legislative statali, ne' tra quelle ripartite. Esso infatti, all'art. 74, definisce il suo ambito di applicazione e, al comma 1, elenca gli articoli che rientrano nella potesta' legislativa statale di cui all'articolo 117, secondo comma, lettere l) e m) della costituzione. Tra gli articoli ivi elencati non figura l'art. 40, oggetto del presente ricorso, il che significa che la norma qui impugnata non rientra tra quelle di competenza esclusiva statale ed, in particolare, non rientra tra quelle attinenti all'ordinamento civile (lett. l) secondo comma art. 117, Cost.) ne' a quella relativa alla determinazione delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali (lett. m) secondo comma, art. 117, Cost.). 2. - In subordine, violazione dell'art. 117, terzo comma Costituzione. In denegata ipotesi in cui si ritenga che la norma in questione rientri nelle competenze legislative concorrenti di cui all'art. 117, terzo comma Costituzione - ma in realta' non si vede proprio in quale di esse potrebbe rientrare - essa e' parimenti incostituzionale. La norma in questione infatti non detta principi fondamentali, ma scende nel dettaglio, pretendendo di fissare la percentuale di incarichi dirigenziali esterni attribuibili dalle amministrazioni regionali nonche' la loro durata massima. La determinazione di un numero non puo' essere mai considerata un principio fondamentale in quanto non lascia alle regioni alcuno spazio di autonoma scelta disponendo direttamente la regola applicativa (Corte costituzionale, sentenza 24 luglio 2009, n. 237) e consiste nella determinazione di disposizioni analitiche e di dettaglio (Corte costituzionale, sentenza 20 maggio 2008, n. 159). Pertanto, nella denegata ipotesi de qua, la norma impugnata e' comunque incostituzionale in quanto detta nome di dettaglio in una materia di competenza concorrente.
P. Q. M. Si chiede pertanto che codesta Corte voglia accogliere il presente ricorso e dichiarare l'incostituzionalita' del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, art. 40, comma 1, lett. f), secondo capoverso per contrasto con l'art. 117, quarto comma Costituzione ovvero, in subordine, per contrasto con l'art. 117, terzo comma Costituzione. Con il favore delle spese ed onorari di causa. Torino, addi' 29 dicembre 2009 Avv. Prof. Mario E. Comba - Avv. Gabriele Pafundi