Ricorso n. 109 del 22 novembre 2004 (Provincia autonoma di Trento)
RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 22 Novembre 2004 - 22 Novembre 2004 , n. 109
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 22 novembre 2004 (della Provincia autonoma di Trento)
(GU n. 48 del 15-12-2004)
Ricorso della Provincia autonoma di Trento, in persona del
Presidente della Giunta provinciale pro tempore Lorenzo Dellai,
autorizzato con deliberazione della Giunta provinciale del 5 novembre
2004, n. 2553 Reg. del. (doc. 1), rappresentata e difesa - come da
procura del 5 novembre 2004, n. rep. 026201 (doc. 2), autenticata dal
dott. Tommaso Sussarellu, ufficiale rogante della Provincia - dal
prof. avv. Giandomenico Falcon e dall'avv. Luigi Manzi di Roma, con
domicilio eletto in Roma presso lo studio dell'avv. Manzi, via
Confalonieri, n. 5.
Contro il Presidente del Consiglio dei ministri per la
dichiarazione di illegittimita' costituzionale della legge 23 agosto
2004, n. 239 recante «Riordino del settore energetico, nonche' delega
al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di
energia», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, serie generale, n. 215
del 13 settembre 2004, limitatamente a:
art. 1, comma 24 lettera a), in quanto nel riformulare il
comma 2 dell'art. 1-ter del decreto-legge n. 239 del 2003, mantiene
in capo al Ministro delle attivita' produttive il potere di emanare
gli indirizzi per lo sviluppo delle reti nazionali di trasporto di
energia elettrica e di gas naturale senza procedura di collaborazione
con le regioni e province autonome ed in quanto attribuisce al
Ministro la verifica della conformita' dei piani di sviluppo
predisposti, annualmente, dai gestori delle reti di trasporto con gli
indirizzi medesimi, ed in quanto gli attribuisce tale compito senza
prevedere l'intesa con la regione o provincia autonoma interessata;
art. 1, comma 26 nella parte in cui introduce i nuovi commi
4-bis e 4-ter dell'art. 1-sexies del decreto-legge n. 239/2003
disciplinando le ipotesi di mancato raggiungimento dell'intesa con la
regione o le regioni interessate e riconoscendo allo Stato, ai sensi
dell'art. 120 della Costituzione, un potere sostitutivo da cui
discende l'autorizzazione unica si applichino ai procedimenti in
corso solo su istanza del proponente, per violazione:
degli articoli 117, commi terzo e quarto, 118 e 120 della
costituzione, in collegamento con l'art. 10 della legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3;
degli articoli 8, nn. 1), 5), 6), 17), 19), e 22), e
dell'art. 16 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto
1972, n. 670;
delle relative norme di attuazione, ed in particolare del
decreto del Presidente della Repubblica 22 marzo 1974, n. 381, del
decreto del Presidente della Repubblica 26 marzo 1977, n. 235 e del
decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266;
del principio di sussidiarieta' e di leale cooperazione,
anche in relazione a quanto stabilito nelle sentenze della Corte
costituzionale n. 303 del 2003 e n. 6 del 2004, nei modi e per i
profili di seguito illustrati.
F a t t o
La legge 23 agosto 2004, n. 239, recante «Riordino del settore
energetico, nonche' delega al Governo per il riassetto delle
disposizioni vigenti in materia di energia», rivolta al complessivo
riordino e alla riforma del settore energetico, modifica sotto
numerosi profili la precedente disciplina recata dal decreto-legge 29
agosto 2003, n. 239 convertito, con modificazioni, dalla legge 27
ottobre 2003, n. 290.
La ricorrente Provincia autonoma ha impugnato tale precedente
disciplina mediante ricorso a codesta ecc.ma Corte costituzionale,
ritenendo che essa dovesse, per le sue caratteristiche, trovare
applicazione anche nel proprio territorio, e che nei suoi disposti
fosse in parte lesiva delle proprie attribuzioni costituzionali
derivanti sia dallo Statuto e dalle norme di attuazione, sia dalla
generale potesta' legislativa concorrente in materia di energia
derivante da quanto ora disposto, in relazione alle regioni
ordinarie, dall'art. 117, comma terzo, da estendersi alle regioni
speciali in forza dell'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del
2001.
Per vero, la legge 23 agosto 2004, n. 239, oggetto della presente
impugnazione, a differenza della precedente contiene al comma 1
dell'art. 1 una specifica disposizione volta a salvaguardare la
particolare autonomia riconosciuta dai rispettivi statuti alle
Regioni a Statuto speciale ed alle province autonome di Trento e di
Bolzano. Tuttavia, la semplice salvezza delle attribuzioni statutarie
non assicura la pienezza delle attribuzioni costituzionali, in quanto
non garantisce il rispetto della potesta' concorrente.
La presente impugnazione e' dunque presentata nello stesso
spirito della precedente, non certo per contestare il principio del
sistema elettrico nazionale, ma per assicurare nel suo funzionamento
il rispetto del ruolo costituzionale delle autonomie territoriali. In
effetti, le nuove disposizioni modificano tra l'altro gli articoli
1-ter, comma 2 e 1-sexies, commi da 1 a 6 del decreto-legge 29 agosto
2003, n. 239, come risultante dalla legge di conversione 27 ottobre
2003, n. 290.
In particolare, l'art. 1, comma 24, lettera a) della legge n. 239
del 2004 sostituisce il comma 2 dell'art. 1-ter del decreto-legge
n. 239/2003, prevedendo ora che il Ministro delle attivita'
produttive emani gli indirizzi per lo sviluppo delle reti nazionali
di trasporto di energia elettrica e di gas naturale e verifichi la
conformita' dei piani di sviluppo predisposti, annualmente, dai
gestori delle reti di trasporto con gli indirizzi medesimi.
A sua volta, l'art. 1, comma 26, della legge n. 239/2004
sostituisce i commi 1, 2, 3, e 4 dell'art. 1-sexies del citato
decreto-legge n. 239/2003, come convertito dalla legge 27 ottobre
2003, n. 290 e contestualmente aggiunge i nuovi commi 4-bis e 4-ter
del medesimo art. 1-sexies.
Nei nuovi commi 1, 2, 3 e 4 dell'art. 1-sexies del citato
decreto-legge n. 239/2003, come convertito dalla legge 27 ottobre
2003, n. 290, si prevede che la costruzione e l'esercizio degli
elettrodotti facenti parte della rete nazionale di trasporto
dell'energia elettrica siano attivita' di preminente interesse
statale e che siano soggetti a un'autorizzazione unica, rilasciata
dalle amministrazioni statali competenti previa intesa con la Regione
o le Regioni interessate mediante un procedimento unico svolto entro
il termine di centottanta giorni, prevedendo specifiche norme
procedimentali anche in ordine alla valutazione di impatto
ambientale.
Prevedendo l'intesa delle regioni interessate la nuova disciplina
e' - dal punto di vista del rispetto delle attribuzioni
costituzionali delle Regioni - migliorativa della precedente, e tiene
verosimilmente conto del ricorso presentato anche dalla Provincia di
Trento avverso di essa.
Tuttavia, gli ulteriori nuovi commi 4-bis e 4-ter dell'art.
1-sexies del citato decreto-legge n. 239/2003, disciplinando le
ipotesi di mancato raggiungimento dell'intesa con la Regione e le
Regioni interessate, attribuiscono allo Stato un potere sostitutivo
da cui discende direttamente l'autorizzazione delle opere.
Inoltre, si prevede che le modificazioni arrecate al procedimento
di autorizzazione unica si applichino ai procedimenti in corso solo
su istanza del proponente, e che dunque da tale istanza derivi la
stessa necessita' dell procedura di linea con la Regione.
Sotto tali profili, dunque, anche le nuove norme, ed in
particolare i commi 4-bis e 4-ter dell'art. 1-sexies, risultano
illegittimi ed invasivi delle competenze costituzionali della
ricorrente Provincia, per le seguenti ragioni di
Diritto
1) Illegittimita' costituzionale del nuovo comma 4-bis dell'art.
1-sexies, del decreto-legge n. 239 del 2003.
Nel decreto-legge n. 239 del 2003, come modificato in sede di
conversione, era previsto che l'autorizzazione alla costruzione ed
all'esercizio degli elettrodotti, degli oleodotti e dei gasdotti,
facenti parte delle reti nazionali di trasporto dell'energia, fosse
rilasciata dalle amministrazioni statali (comma 1) e che con decreto
del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro delle
attivita' produttive, fossero emanate «norme concernenti di
procedimento» e «individuati l'autorita' competente al rilascio
dell'autorizzazione unica e gli atti che sono sostituiti dalla
medesima autorizzazione» (comma 2). A sua volta, il comma 6 prevedeva
che lo Stato e le Regioni interessate stipulassero «accordi di
programma con i quali sono definite le modalita' organizzative e
procedimentali per l'acquisizione del parere regionale nell'ambito
dei procedimenti autorizzativi delle opere inserite nel programma
triennale di sviluppo della rete elettrica di trasmissione nazionale
e delle opere di rilevante importanza che interessano il territorio
di piu' regioni anche per quanto attiene al trasporto nazionale del
gas naturale e degli oli minerali».
Tali disposizioni erano state impugnate dalla Provincia autonoma
di Trento in quanto in materia di propria potesta' legislativa, da
esercitarsi secondo i principi posti dalla concorrente potesta'
legislativa statale, assegnavano allo Stato anziche' alla Provincia
stesse le potesta' amministrative e regolamentari. Per l'ipotesi poi
che dovesse giustificarsi una titolarita' statale delle funzioni
amministrative in ragione dell'interferenza del principio di
sussidiarieta', codificato dall'art. 118, comma 1, Cost., sul
principio di attribuzione delle competenze legislative (secondo i
criteri affermati da codesta ecc.ma Corte costituzionale nella
sentenza n. 303 del 2003), si faceva valere l'illegittima assenza
delle procedure di coordinamento e di intesa.
L'art. 1, comma 26 della legge n. 239 del 2004 ha abrogato le
disposizioni impugnate dei primi 4 commi dell'art. 1-sexies del
decreto-legge n. 239 del 2003, e li ha sostituiti con nuove
disposizioni. Tali nuove disposizioni mantengono lo strumento della
«autorizzazione unica», e questa viene sempre rilasciata dal
Ministero delle attivita' produttive (di concerto con il Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio), con l'effetto di
sostituire «autorizzazioni, concessioni, nulla osta e atti di assenso
comunque denominati previsti dalle norme vigenti, costituendo titolo
a costruire e ad esercire tali infrastrutture in conformita' al
progetto approvato» (comma 1): ma ora e' introdotta la «previa intesa
con la regione o le regioni interessate», la quale dunque realizza
quella compensazione tra lo scorrimento verticale della competenza
amministrativa in ragione del principio di sussidarieta' e diritto di
codecisione della Regione, la cui legittimita' e ad un tempo
necessita' costituzionale e' stata sancita dalla giurisprudenza di
codesta ecc.ma Corte con le sentenze n. 303 del 2003 e n. 6 del 2004.
Inoltre, e' ora scomparso quel potere regolamentare ministeriale che
pure nella prima versione aveva formato oggetto di impugnazione.
In questi termini le nuove disposizioni, se pure non
attribuiscono alle Regioni (e per quanto qui interessa, alla
ricorrente Provincia) la competenza amministrativa rivendicata nel
ricorso, riconoscono che lo spostamento al centro della competenza,
ritenuto necessario in forza del principio di sussidiarieta', non
puo' tradursi nella sottrazione alle Regioni delle fondamentali
decisioni relative al proprio territorio.
Tuttavia, lo stesso comma 26 introduce nel testo dell'art.
1-sexies un nuovo comma 4-bis, ai sensi del quale «in caso di mancata
definizione dell'intesa con la regione o le regioni interessate nel
termine prescritto per il rilascio dell'autorizzazione, lo Stato
esercita il potere sostitutivo ai sensi dell'art. 120 della
Costituzione, nel rispetto dei principi di sussidiarieta' e leale
collaborazione e autorizza le opere di cui al comma 1, con decreto
del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro delle
attivita' produttive previo concerto con il Ministro dell'ambiente e
della tutela del territorio».
Sennonche', tale disposizione appare costituzionalmente
illegittima e lesiva delle attribuzioni costituzionali delle Regioni
e delle province autonome sotto vari distinti profili.
In primo luogo, e' palese che, nello stesso momento in cui si
richiama all'art. 120 della Costituzione, la disposizione qui
impugnata lo viola platealmente, omettendo di prevedere la competenza
del Governo per l'assunzione dell'atto: questo infatti dovrebbe
essere emanato dal Presidente della Repubblica su semplice proposta
ministeriale. Ed e' invece pacifico che la collegialita' della sede
governativa costituisce garanzia indispensabile del rapporto
Stato-Regioni.
Vi e' poi una seconda violazione dello stesso art. 120 Cost., in
quanto in realta' la disposizione prevede una nuova ipotesi di
sostituzione, al di fuori di quelle indicate dalla disposizione
costituzionale - la quale, si noti, prevede una integrazione
legislativa esclusivamente in relazione alle procedure - quali
presupposti costituzionali di tale potere. Non e' possibile, infatti,
sfuggire alla seguente alternativa: o lo Stato puo' ricorrere al
potere sostitutivo in quanto ricorrano i presupposti dell'art. 120 -
ed allora la nuova previsione e' inutile - o lo Stato puo' ricorrere
al potere sostitutivo anche in assenza di tali presupposti, ed allora
la previsione e' illegittima.
Sotto un ulteriore profilo, ancora, la disposizione impugnata e'
illegittima in quanto collega il potere sostitutivo al semplice
decorso di un termine, senza neppure richiedere che il mancato
raggiungimento dell'intesa dipenda da un difetto di leale
collaborazione da parte della Regione, o che il diniego esplicito
dell'intesa appaia ingiustificato, o simili circostanze. E' evidente
invece che la normativa considera l'assenza dell'intesa come un mero
e fastidioso incidente procedurale, da superare prontamente ed in via
normale con una unilaterale decisione ministeriale.
Un ultimo ed ancor piu' radicale profilo di illegittimita'
riguarda poi l'oggetto stesso in relazione al quale il potere
sostitutivo verrebbe esercitato. In effetti, e' nella stessa natura
del potere sostitutivo verrebbe esercitato, In effetti, e' nella
stessa natura del potere sostitutivo che l'atto compiuto attraverso
di esso appartenga alla competenza della Regione o Provincia autonoma
sostituita: e poiche' nella procedura in questione il solo atto di
competenza della Regione o Provincia e' l'intesa sulla
autorizzazione, e' giorcoforza concludere che lo Stato si
sostituirebbe alla Regione nella concessione dell'intesa. Ora, la
sola enunciazione di tale ipotesi ne rivela l'intrinseca
inconsistenza, ed in ogni caso il contrasto con l'art. 120 Cost.
Da un lato, infatti gia' in linea astratta e di principio e'
evidente che la sostituzione dello Stato alla Regione nel concedere
l'intesa della Regione ad atto statale e' una insostenibile
mostruosita' giuridica e costituzionale. L'intesa, come
manifestazione del consenso regionale ad un atto, e' per sua natura
un esercizio di autonomia, e non puo' essere «sostituita» da un atto
statale, che porterebbe alla paradossale conclusione che lo Stato si
intende.... con se stesso, agendo sia come Stato che come Regione.
Dall'altro lato, sul piano della esegesi dell'art. 120, e'
altresi' evidente che in esso la possibilita' di sostituzione si
riferisce ad atti finali di competenza propria regionale, e non certo
ad atti di partecipazione a procedimenti statali.
Puo' darsi che l'uso del potere sostitutivo di cui all'art. 120
Cost., la cui previsione si rivela, ad avviso della ricorrente
Provincia, del tutto illegittima, sia stata suggerita come improprio
succedaneo di un meccanismo di superamento della mancata intesa: ma
cio' non basta, ovviamente, a renderlo legittimo, e si vuol anzi dire
che un simile scambio di presupposti e di funzioni ne mostrerebbe
ulteriormente l'illegittimita'.
Va qui poi ricordato che nel meccanismo di spostamento di
funzioni al centro in funzione di sussidiarieta' la contemporanea
salvaguardia della natura decisoria delle attribuzioni costituzionali
delle Regioni si realizza attraverso meccanismi di consenso
necessario, e non meramente eventuale, come attestato sia dalla
sentenza n. 303 del 2003 in relazione all'intesa sul programma
complessivo delle opere, sia dalla sentenza n. 6 del 2004,
esattamente in tema di localizzazione di impianti del sistema
elettrico nazionale.
Di fronte ad una normativa a termine della quale, come nella
presene circostanza, l'autorizzazione ministeriale per il singolo
impianto era «rilasciata a seguito di un procedimento unico, al quale
partecipano le amministrazioni statali e locali interessate, svolto
nel rispetto dei principi di semplificazione e con le modalita' di
cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni,
d'intesa con la regione interessata» (enfasi aggiunta), codesta Corte
costituzionale ha precisato che tale intesa «va considerata come
un'intesa "forte", nel senso che il suo mancato raggiungimento
costituisce ostacolo insuperabile alla conclusione del procedimento»:
e cio' «a causa del particolarissimo impatto che una struttura
produttiva di questo tipo ha su tutta una serie di funzioni regionali
relative al governo del territorio, alla tutela della salute, alla
valorizzazione dei beni culturali ed ambientali, al turismo» (punto 7
in diritto).
Per vero, non e' improbabile che la singolarissima statuizione
del potere dello stato di sostituire la Regione nell'intesa con se
stesso derivi proprio da tale pronuncia: ma e' evidente che in tutti
i casi il meccanismo escogitato - al di la' delle sue singole
incongruita' ed illegittimita' - ne viola il senso complessivo di
tutela delle responsabilita' regionali (e nel caso provinciali) di
fronte al «particolarissimo impatto» dell'impianto sul territorio.
2) Illegittimita' costituzionale del nuovo comma 4-ter dell'art.
1-sexies, del decreto-legge n. 239 del 2003.
Secondo il comma 4-ter anch'esso introdotto dalla legge n. 239
del 2004 nel corpo dell'art. 1-sexies del decreto-legge n. 239 del
2003, «le disposizioni del presente articolo si applicano, su istanza
del proponente, anche ai procedimenti in corso alla data di entrata
in vigore della presente disposizione eccetto i procedimenti per i
quali sia completata la procedura di via, ovvero il relativo
procedimento risulti in fase di conclusione».
Non mette conto di censurare l'evidente incongruita' formale del
comma, che in quanto disposizione transitoria riferita alle
innovazioni recate con la legge n. 239 del 2004 non avrebbe dovuto
essere inserito quale novella nel corpo del decreto-legge n. 239 del
2003.
Mette conto invece di censurare la non meno evidente incongruita'
sostanziale della disposizione. L'incongruita' investe in primo luogo
la parte della norma che, alterando le regole sulla successione delle
leggi nel tempo, rimette all'arbitrio del soggetto che ha richiesto
l'autorizzazione il rispetto delle attribuzioni costituzionali delle
regioni. Infatti, ove il richiedente - come e' piu' che probabile,
non avendo egli interesse alcuno a moltiplicare gli interlocutori
della decisione che lo riguarda, facendovi entrare l'amministrazione
che puo' rappresentare anche interessi antagonisti rispetto al
proprio - non presenti la relativa istanza, il procedimento gia'
iniziato proseguira' secondo la precedente normativa.
Giova notare che la disposizione per raggiungere questo risultato
altera le regole sulla successione delle leggi nel tempo in relazione
al procedimento amministrativo: essendo pacifico per regola generale
che, ove il procedimento non sia concluso esso, deve necessariamente
ricomprendere anche le tappe e gli adempimenti che siano richiesti da
leggi nel frattempo entrate in vigore. Nel caso in questione, poi, lo
«strappo» a tali regole si traduce nella possibilita' di evitare che
nel procedimento sia coinvolta la Regione (o la Provincia autonoma),
e dunque in una lesione delle relative attribuzioni costituzionali.
Considerazioni analoghe valgono per la seconda parte della
disposizione, la' dove essa addirittura vieta l'applicazione delle
nuove norme procedimentali e dunque l'esercizio del ruolo
costituzionale delle Regioni «per i procedimenti per i quali sia
completata la procedura di VIA, ovvero il relativo procedimento
risulti in fase di conclusione». Ad avviso della ricorrente Provincia
e' evidente che anche tale norma lede la posizione costituzionale ad
essa spettante, impedendole di esercitare le sue funzioni. Del resto,
non si vede neppure come il completamento o la vicina conclusione
della procedura di VIA possano sostituire la valutazione propria
della regione o provincia autonoma.
Di qui l'illegittimita' costituzionale della disposizione
impugnata.
3) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1-ter, comma 2, del
decreto-legge n. 239 del 2003, come modificato dal comma 24 dell'art.
1 della legge n. 239 del 2004.
L'art. 1-ter, comma 2, del decreto-legge n. 239 del 2003 (come
risultante a seguito della legge di conversione) disponeva che «il
Ministro delle attivita' produttive emana gli indirizzi per lo
sviluppo delle reti nazionali di trasporto di energia elettrica e di
gas naturale e approva i relativi piani di sviluppo predisposti,
annualmente dai gestori delle reti di trasporto».
Il comma 24 dell'art. 1 della legge n. 239 del 2004 ha sostituito
al precedente un nuovo testo, secondo il quale «il Ministro delle
attivita' produttive emana gli indirizzi per lo sviluppo delle reti
nazionali di trasporto di energia elettrica e di gas naturale e
verifica la conformita' dei piani di sviluppo predisposti,
annualmente, dai gestori delle reti di trasporto con gli indirizzi
medesimi». l'approvazione dei piani di sviluppo si e' cosi'
trasformata in verifica di conformita' di tali piani agli indirizzi
ministeriali.
La modifica in senso evidentemente riduttivo della portata della
precedente approvazione risulta incongrua, dato che essa sembra
rendere ulteriormente inutile il programma triennale di sviluppo
della rete elettrica di trasmissione nazionale e delle opere di
rilevante importanza che interessano il territorio di piu' regioni,
previsto dall'art. 1-sexies, comma 6, e di cui ora sembra che in sede
di esame dei progetti di sviluppo non si debba tenere conto in alcun
modo.
E' evidente comunque che avverso tale disposizione permangono
tutte le censure gia' prospettate avverso la quasi identica
disposizione del decreto-legge n. 239 del 2003, sia quanto agli
istituti sostanziali che quanto al difetto di coinvolgimento delle
regioni sia nella determinazione degli indirizzi, ove in se stessi
considerati legittimi, sia nella mancata attribuzione della
competenza alla verifica, o in subordine nella mancata previsione
dell'intesa della regione su tale verifica.
Sia consentito percio' riportare qui quanto gia' considerato a
proposito dell'art. 1-ter del decreto-legge n. 239 del 2003.
«Trattandosi di materia di potesta' legislativa concorrente,
eventuali funzioni amministrative statali possono essere giustificate
soltanto nei termini ed alle condizioni stabiliti da codesta ecc.ma
Corte costituzionale nella piu' volte citata sentenza n. 303 del
2003.
Si impone, in primo luogo, una verifica della necessita' o della
proporzionalita' di tali poteri. Con riferimento agli indirizzi, ci
si deve chiedere quale sia la loro ragione, dato che gia' l'art.
1-sexies, comma 6, prevede il programma triennale di sviluppo della
rete elettrica di trasmissione nazionale e delle opere di rilevante
importanza che interessano il territorio di piu' regioni, del quale
e' arduo immaginar contentuti diversi dagli «indirizzi per lo
sviluppo delle reti nazionali». Con riferimento alla approvazione dei
progetti, invece, va verificato che essi debbano necessariamente
essere approvati da una autorita' centrale, anziche' da autorita'
regionali.
Sembra evidente, infatti, che i progetti di sviluppo normalmente
investiranno tratte collocate all'interno delle singole regioni, e
che la coerenza di tali progetti con il programma puo' bene essere
verificata in sede regionale. La riserva alla Stato di tale potere di
approvazione viola dunque il principio di sussidiarita' e di
proporsionalita'. Ma anche nella misura nella quale tali poteri
statali fossero costituzionalmente ammissibili, condizione di tale
ammissibilita' sarebbe pur sempre, alla stregua dei criteri della
piu' volte citata sentenza, l'intesa con le regioni o con le regioni
interessate».
Le medesime argomentazioni valgono anche in riferimento al nuovo
testo.
P. Q. M.
Voglia codesta ecc.ma Corte costituzionale accogliere il ricorso,
dichiarando l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 24,
lettera a), e dell'art. 1, comma 26, nella parte in cui introduce i
nuovi commi 4-bis e 4-ter dell'art. 1-sexies del decreto-legge
n. 239/2003.
Per i motivi e sotto i profili illustrati nel presente ricorso.
Padova-Roma, addi' 9 novembre 2004.
Prof. avv. Giandomenico Falcon - Avv. Luigi Manzi
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 22 novembre 2004 (della Provincia autonoma di Trento)
(GU n. 48 del 15-12-2004)
Ricorso della Provincia autonoma di Trento, in persona del
Presidente della Giunta provinciale pro tempore Lorenzo Dellai,
autorizzato con deliberazione della Giunta provinciale del 5 novembre
2004, n. 2553 Reg. del. (doc. 1), rappresentata e difesa - come da
procura del 5 novembre 2004, n. rep. 026201 (doc. 2), autenticata dal
dott. Tommaso Sussarellu, ufficiale rogante della Provincia - dal
prof. avv. Giandomenico Falcon e dall'avv. Luigi Manzi di Roma, con
domicilio eletto in Roma presso lo studio dell'avv. Manzi, via
Confalonieri, n. 5.
Contro il Presidente del Consiglio dei ministri per la
dichiarazione di illegittimita' costituzionale della legge 23 agosto
2004, n. 239 recante «Riordino del settore energetico, nonche' delega
al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di
energia», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, serie generale, n. 215
del 13 settembre 2004, limitatamente a:
art. 1, comma 24 lettera a), in quanto nel riformulare il
comma 2 dell'art. 1-ter del decreto-legge n. 239 del 2003, mantiene
in capo al Ministro delle attivita' produttive il potere di emanare
gli indirizzi per lo sviluppo delle reti nazionali di trasporto di
energia elettrica e di gas naturale senza procedura di collaborazione
con le regioni e province autonome ed in quanto attribuisce al
Ministro la verifica della conformita' dei piani di sviluppo
predisposti, annualmente, dai gestori delle reti di trasporto con gli
indirizzi medesimi, ed in quanto gli attribuisce tale compito senza
prevedere l'intesa con la regione o provincia autonoma interessata;
art. 1, comma 26 nella parte in cui introduce i nuovi commi
4-bis e 4-ter dell'art. 1-sexies del decreto-legge n. 239/2003
disciplinando le ipotesi di mancato raggiungimento dell'intesa con la
regione o le regioni interessate e riconoscendo allo Stato, ai sensi
dell'art. 120 della Costituzione, un potere sostitutivo da cui
discende l'autorizzazione unica si applichino ai procedimenti in
corso solo su istanza del proponente, per violazione:
degli articoli 117, commi terzo e quarto, 118 e 120 della
costituzione, in collegamento con l'art. 10 della legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3;
degli articoli 8, nn. 1), 5), 6), 17), 19), e 22), e
dell'art. 16 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto
1972, n. 670;
delle relative norme di attuazione, ed in particolare del
decreto del Presidente della Repubblica 22 marzo 1974, n. 381, del
decreto del Presidente della Repubblica 26 marzo 1977, n. 235 e del
decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266;
del principio di sussidiarieta' e di leale cooperazione,
anche in relazione a quanto stabilito nelle sentenze della Corte
costituzionale n. 303 del 2003 e n. 6 del 2004, nei modi e per i
profili di seguito illustrati.
F a t t o
La legge 23 agosto 2004, n. 239, recante «Riordino del settore
energetico, nonche' delega al Governo per il riassetto delle
disposizioni vigenti in materia di energia», rivolta al complessivo
riordino e alla riforma del settore energetico, modifica sotto
numerosi profili la precedente disciplina recata dal decreto-legge 29
agosto 2003, n. 239 convertito, con modificazioni, dalla legge 27
ottobre 2003, n. 290.
La ricorrente Provincia autonoma ha impugnato tale precedente
disciplina mediante ricorso a codesta ecc.ma Corte costituzionale,
ritenendo che essa dovesse, per le sue caratteristiche, trovare
applicazione anche nel proprio territorio, e che nei suoi disposti
fosse in parte lesiva delle proprie attribuzioni costituzionali
derivanti sia dallo Statuto e dalle norme di attuazione, sia dalla
generale potesta' legislativa concorrente in materia di energia
derivante da quanto ora disposto, in relazione alle regioni
ordinarie, dall'art. 117, comma terzo, da estendersi alle regioni
speciali in forza dell'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del
2001.
Per vero, la legge 23 agosto 2004, n. 239, oggetto della presente
impugnazione, a differenza della precedente contiene al comma 1
dell'art. 1 una specifica disposizione volta a salvaguardare la
particolare autonomia riconosciuta dai rispettivi statuti alle
Regioni a Statuto speciale ed alle province autonome di Trento e di
Bolzano. Tuttavia, la semplice salvezza delle attribuzioni statutarie
non assicura la pienezza delle attribuzioni costituzionali, in quanto
non garantisce il rispetto della potesta' concorrente.
La presente impugnazione e' dunque presentata nello stesso
spirito della precedente, non certo per contestare il principio del
sistema elettrico nazionale, ma per assicurare nel suo funzionamento
il rispetto del ruolo costituzionale delle autonomie territoriali. In
effetti, le nuove disposizioni modificano tra l'altro gli articoli
1-ter, comma 2 e 1-sexies, commi da 1 a 6 del decreto-legge 29 agosto
2003, n. 239, come risultante dalla legge di conversione 27 ottobre
2003, n. 290.
In particolare, l'art. 1, comma 24, lettera a) della legge n. 239
del 2004 sostituisce il comma 2 dell'art. 1-ter del decreto-legge
n. 239/2003, prevedendo ora che il Ministro delle attivita'
produttive emani gli indirizzi per lo sviluppo delle reti nazionali
di trasporto di energia elettrica e di gas naturale e verifichi la
conformita' dei piani di sviluppo predisposti, annualmente, dai
gestori delle reti di trasporto con gli indirizzi medesimi.
A sua volta, l'art. 1, comma 26, della legge n. 239/2004
sostituisce i commi 1, 2, 3, e 4 dell'art. 1-sexies del citato
decreto-legge n. 239/2003, come convertito dalla legge 27 ottobre
2003, n. 290 e contestualmente aggiunge i nuovi commi 4-bis e 4-ter
del medesimo art. 1-sexies.
Nei nuovi commi 1, 2, 3 e 4 dell'art. 1-sexies del citato
decreto-legge n. 239/2003, come convertito dalla legge 27 ottobre
2003, n. 290, si prevede che la costruzione e l'esercizio degli
elettrodotti facenti parte della rete nazionale di trasporto
dell'energia elettrica siano attivita' di preminente interesse
statale e che siano soggetti a un'autorizzazione unica, rilasciata
dalle amministrazioni statali competenti previa intesa con la Regione
o le Regioni interessate mediante un procedimento unico svolto entro
il termine di centottanta giorni, prevedendo specifiche norme
procedimentali anche in ordine alla valutazione di impatto
ambientale.
Prevedendo l'intesa delle regioni interessate la nuova disciplina
e' - dal punto di vista del rispetto delle attribuzioni
costituzionali delle Regioni - migliorativa della precedente, e tiene
verosimilmente conto del ricorso presentato anche dalla Provincia di
Trento avverso di essa.
Tuttavia, gli ulteriori nuovi commi 4-bis e 4-ter dell'art.
1-sexies del citato decreto-legge n. 239/2003, disciplinando le
ipotesi di mancato raggiungimento dell'intesa con la Regione e le
Regioni interessate, attribuiscono allo Stato un potere sostitutivo
da cui discende direttamente l'autorizzazione delle opere.
Inoltre, si prevede che le modificazioni arrecate al procedimento
di autorizzazione unica si applichino ai procedimenti in corso solo
su istanza del proponente, e che dunque da tale istanza derivi la
stessa necessita' dell procedura di linea con la Regione.
Sotto tali profili, dunque, anche le nuove norme, ed in
particolare i commi 4-bis e 4-ter dell'art. 1-sexies, risultano
illegittimi ed invasivi delle competenze costituzionali della
ricorrente Provincia, per le seguenti ragioni di
Diritto
1) Illegittimita' costituzionale del nuovo comma 4-bis dell'art.
1-sexies, del decreto-legge n. 239 del 2003.
Nel decreto-legge n. 239 del 2003, come modificato in sede di
conversione, era previsto che l'autorizzazione alla costruzione ed
all'esercizio degli elettrodotti, degli oleodotti e dei gasdotti,
facenti parte delle reti nazionali di trasporto dell'energia, fosse
rilasciata dalle amministrazioni statali (comma 1) e che con decreto
del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro delle
attivita' produttive, fossero emanate «norme concernenti di
procedimento» e «individuati l'autorita' competente al rilascio
dell'autorizzazione unica e gli atti che sono sostituiti dalla
medesima autorizzazione» (comma 2). A sua volta, il comma 6 prevedeva
che lo Stato e le Regioni interessate stipulassero «accordi di
programma con i quali sono definite le modalita' organizzative e
procedimentali per l'acquisizione del parere regionale nell'ambito
dei procedimenti autorizzativi delle opere inserite nel programma
triennale di sviluppo della rete elettrica di trasmissione nazionale
e delle opere di rilevante importanza che interessano il territorio
di piu' regioni anche per quanto attiene al trasporto nazionale del
gas naturale e degli oli minerali».
Tali disposizioni erano state impugnate dalla Provincia autonoma
di Trento in quanto in materia di propria potesta' legislativa, da
esercitarsi secondo i principi posti dalla concorrente potesta'
legislativa statale, assegnavano allo Stato anziche' alla Provincia
stesse le potesta' amministrative e regolamentari. Per l'ipotesi poi
che dovesse giustificarsi una titolarita' statale delle funzioni
amministrative in ragione dell'interferenza del principio di
sussidiarieta', codificato dall'art. 118, comma 1, Cost., sul
principio di attribuzione delle competenze legislative (secondo i
criteri affermati da codesta ecc.ma Corte costituzionale nella
sentenza n. 303 del 2003), si faceva valere l'illegittima assenza
delle procedure di coordinamento e di intesa.
L'art. 1, comma 26 della legge n. 239 del 2004 ha abrogato le
disposizioni impugnate dei primi 4 commi dell'art. 1-sexies del
decreto-legge n. 239 del 2003, e li ha sostituiti con nuove
disposizioni. Tali nuove disposizioni mantengono lo strumento della
«autorizzazione unica», e questa viene sempre rilasciata dal
Ministero delle attivita' produttive (di concerto con il Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio), con l'effetto di
sostituire «autorizzazioni, concessioni, nulla osta e atti di assenso
comunque denominati previsti dalle norme vigenti, costituendo titolo
a costruire e ad esercire tali infrastrutture in conformita' al
progetto approvato» (comma 1): ma ora e' introdotta la «previa intesa
con la regione o le regioni interessate», la quale dunque realizza
quella compensazione tra lo scorrimento verticale della competenza
amministrativa in ragione del principio di sussidarieta' e diritto di
codecisione della Regione, la cui legittimita' e ad un tempo
necessita' costituzionale e' stata sancita dalla giurisprudenza di
codesta ecc.ma Corte con le sentenze n. 303 del 2003 e n. 6 del 2004.
Inoltre, e' ora scomparso quel potere regolamentare ministeriale che
pure nella prima versione aveva formato oggetto di impugnazione.
In questi termini le nuove disposizioni, se pure non
attribuiscono alle Regioni (e per quanto qui interessa, alla
ricorrente Provincia) la competenza amministrativa rivendicata nel
ricorso, riconoscono che lo spostamento al centro della competenza,
ritenuto necessario in forza del principio di sussidiarieta', non
puo' tradursi nella sottrazione alle Regioni delle fondamentali
decisioni relative al proprio territorio.
Tuttavia, lo stesso comma 26 introduce nel testo dell'art.
1-sexies un nuovo comma 4-bis, ai sensi del quale «in caso di mancata
definizione dell'intesa con la regione o le regioni interessate nel
termine prescritto per il rilascio dell'autorizzazione, lo Stato
esercita il potere sostitutivo ai sensi dell'art. 120 della
Costituzione, nel rispetto dei principi di sussidiarieta' e leale
collaborazione e autorizza le opere di cui al comma 1, con decreto
del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro delle
attivita' produttive previo concerto con il Ministro dell'ambiente e
della tutela del territorio».
Sennonche', tale disposizione appare costituzionalmente
illegittima e lesiva delle attribuzioni costituzionali delle Regioni
e delle province autonome sotto vari distinti profili.
In primo luogo, e' palese che, nello stesso momento in cui si
richiama all'art. 120 della Costituzione, la disposizione qui
impugnata lo viola platealmente, omettendo di prevedere la competenza
del Governo per l'assunzione dell'atto: questo infatti dovrebbe
essere emanato dal Presidente della Repubblica su semplice proposta
ministeriale. Ed e' invece pacifico che la collegialita' della sede
governativa costituisce garanzia indispensabile del rapporto
Stato-Regioni.
Vi e' poi una seconda violazione dello stesso art. 120 Cost., in
quanto in realta' la disposizione prevede una nuova ipotesi di
sostituzione, al di fuori di quelle indicate dalla disposizione
costituzionale - la quale, si noti, prevede una integrazione
legislativa esclusivamente in relazione alle procedure - quali
presupposti costituzionali di tale potere. Non e' possibile, infatti,
sfuggire alla seguente alternativa: o lo Stato puo' ricorrere al
potere sostitutivo in quanto ricorrano i presupposti dell'art. 120 -
ed allora la nuova previsione e' inutile - o lo Stato puo' ricorrere
al potere sostitutivo anche in assenza di tali presupposti, ed allora
la previsione e' illegittima.
Sotto un ulteriore profilo, ancora, la disposizione impugnata e'
illegittima in quanto collega il potere sostitutivo al semplice
decorso di un termine, senza neppure richiedere che il mancato
raggiungimento dell'intesa dipenda da un difetto di leale
collaborazione da parte della Regione, o che il diniego esplicito
dell'intesa appaia ingiustificato, o simili circostanze. E' evidente
invece che la normativa considera l'assenza dell'intesa come un mero
e fastidioso incidente procedurale, da superare prontamente ed in via
normale con una unilaterale decisione ministeriale.
Un ultimo ed ancor piu' radicale profilo di illegittimita'
riguarda poi l'oggetto stesso in relazione al quale il potere
sostitutivo verrebbe esercitato. In effetti, e' nella stessa natura
del potere sostitutivo verrebbe esercitato, In effetti, e' nella
stessa natura del potere sostitutivo che l'atto compiuto attraverso
di esso appartenga alla competenza della Regione o Provincia autonoma
sostituita: e poiche' nella procedura in questione il solo atto di
competenza della Regione o Provincia e' l'intesa sulla
autorizzazione, e' giorcoforza concludere che lo Stato si
sostituirebbe alla Regione nella concessione dell'intesa. Ora, la
sola enunciazione di tale ipotesi ne rivela l'intrinseca
inconsistenza, ed in ogni caso il contrasto con l'art. 120 Cost.
Da un lato, infatti gia' in linea astratta e di principio e'
evidente che la sostituzione dello Stato alla Regione nel concedere
l'intesa della Regione ad atto statale e' una insostenibile
mostruosita' giuridica e costituzionale. L'intesa, come
manifestazione del consenso regionale ad un atto, e' per sua natura
un esercizio di autonomia, e non puo' essere «sostituita» da un atto
statale, che porterebbe alla paradossale conclusione che lo Stato si
intende.... con se stesso, agendo sia come Stato che come Regione.
Dall'altro lato, sul piano della esegesi dell'art. 120, e'
altresi' evidente che in esso la possibilita' di sostituzione si
riferisce ad atti finali di competenza propria regionale, e non certo
ad atti di partecipazione a procedimenti statali.
Puo' darsi che l'uso del potere sostitutivo di cui all'art. 120
Cost., la cui previsione si rivela, ad avviso della ricorrente
Provincia, del tutto illegittima, sia stata suggerita come improprio
succedaneo di un meccanismo di superamento della mancata intesa: ma
cio' non basta, ovviamente, a renderlo legittimo, e si vuol anzi dire
che un simile scambio di presupposti e di funzioni ne mostrerebbe
ulteriormente l'illegittimita'.
Va qui poi ricordato che nel meccanismo di spostamento di
funzioni al centro in funzione di sussidiarieta' la contemporanea
salvaguardia della natura decisoria delle attribuzioni costituzionali
delle Regioni si realizza attraverso meccanismi di consenso
necessario, e non meramente eventuale, come attestato sia dalla
sentenza n. 303 del 2003 in relazione all'intesa sul programma
complessivo delle opere, sia dalla sentenza n. 6 del 2004,
esattamente in tema di localizzazione di impianti del sistema
elettrico nazionale.
Di fronte ad una normativa a termine della quale, come nella
presene circostanza, l'autorizzazione ministeriale per il singolo
impianto era «rilasciata a seguito di un procedimento unico, al quale
partecipano le amministrazioni statali e locali interessate, svolto
nel rispetto dei principi di semplificazione e con le modalita' di
cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni,
d'intesa con la regione interessata» (enfasi aggiunta), codesta Corte
costituzionale ha precisato che tale intesa «va considerata come
un'intesa "forte", nel senso che il suo mancato raggiungimento
costituisce ostacolo insuperabile alla conclusione del procedimento»:
e cio' «a causa del particolarissimo impatto che una struttura
produttiva di questo tipo ha su tutta una serie di funzioni regionali
relative al governo del territorio, alla tutela della salute, alla
valorizzazione dei beni culturali ed ambientali, al turismo» (punto 7
in diritto).
Per vero, non e' improbabile che la singolarissima statuizione
del potere dello stato di sostituire la Regione nell'intesa con se
stesso derivi proprio da tale pronuncia: ma e' evidente che in tutti
i casi il meccanismo escogitato - al di la' delle sue singole
incongruita' ed illegittimita' - ne viola il senso complessivo di
tutela delle responsabilita' regionali (e nel caso provinciali) di
fronte al «particolarissimo impatto» dell'impianto sul territorio.
2) Illegittimita' costituzionale del nuovo comma 4-ter dell'art.
1-sexies, del decreto-legge n. 239 del 2003.
Secondo il comma 4-ter anch'esso introdotto dalla legge n. 239
del 2004 nel corpo dell'art. 1-sexies del decreto-legge n. 239 del
2003, «le disposizioni del presente articolo si applicano, su istanza
del proponente, anche ai procedimenti in corso alla data di entrata
in vigore della presente disposizione eccetto i procedimenti per i
quali sia completata la procedura di via, ovvero il relativo
procedimento risulti in fase di conclusione».
Non mette conto di censurare l'evidente incongruita' formale del
comma, che in quanto disposizione transitoria riferita alle
innovazioni recate con la legge n. 239 del 2004 non avrebbe dovuto
essere inserito quale novella nel corpo del decreto-legge n. 239 del
2003.
Mette conto invece di censurare la non meno evidente incongruita'
sostanziale della disposizione. L'incongruita' investe in primo luogo
la parte della norma che, alterando le regole sulla successione delle
leggi nel tempo, rimette all'arbitrio del soggetto che ha richiesto
l'autorizzazione il rispetto delle attribuzioni costituzionali delle
regioni. Infatti, ove il richiedente - come e' piu' che probabile,
non avendo egli interesse alcuno a moltiplicare gli interlocutori
della decisione che lo riguarda, facendovi entrare l'amministrazione
che puo' rappresentare anche interessi antagonisti rispetto al
proprio - non presenti la relativa istanza, il procedimento gia'
iniziato proseguira' secondo la precedente normativa.
Giova notare che la disposizione per raggiungere questo risultato
altera le regole sulla successione delle leggi nel tempo in relazione
al procedimento amministrativo: essendo pacifico per regola generale
che, ove il procedimento non sia concluso esso, deve necessariamente
ricomprendere anche le tappe e gli adempimenti che siano richiesti da
leggi nel frattempo entrate in vigore. Nel caso in questione, poi, lo
«strappo» a tali regole si traduce nella possibilita' di evitare che
nel procedimento sia coinvolta la Regione (o la Provincia autonoma),
e dunque in una lesione delle relative attribuzioni costituzionali.
Considerazioni analoghe valgono per la seconda parte della
disposizione, la' dove essa addirittura vieta l'applicazione delle
nuove norme procedimentali e dunque l'esercizio del ruolo
costituzionale delle Regioni «per i procedimenti per i quali sia
completata la procedura di VIA, ovvero il relativo procedimento
risulti in fase di conclusione». Ad avviso della ricorrente Provincia
e' evidente che anche tale norma lede la posizione costituzionale ad
essa spettante, impedendole di esercitare le sue funzioni. Del resto,
non si vede neppure come il completamento o la vicina conclusione
della procedura di VIA possano sostituire la valutazione propria
della regione o provincia autonoma.
Di qui l'illegittimita' costituzionale della disposizione
impugnata.
3) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1-ter, comma 2, del
decreto-legge n. 239 del 2003, come modificato dal comma 24 dell'art.
1 della legge n. 239 del 2004.
L'art. 1-ter, comma 2, del decreto-legge n. 239 del 2003 (come
risultante a seguito della legge di conversione) disponeva che «il
Ministro delle attivita' produttive emana gli indirizzi per lo
sviluppo delle reti nazionali di trasporto di energia elettrica e di
gas naturale e approva i relativi piani di sviluppo predisposti,
annualmente dai gestori delle reti di trasporto».
Il comma 24 dell'art. 1 della legge n. 239 del 2004 ha sostituito
al precedente un nuovo testo, secondo il quale «il Ministro delle
attivita' produttive emana gli indirizzi per lo sviluppo delle reti
nazionali di trasporto di energia elettrica e di gas naturale e
verifica la conformita' dei piani di sviluppo predisposti,
annualmente, dai gestori delle reti di trasporto con gli indirizzi
medesimi». l'approvazione dei piani di sviluppo si e' cosi'
trasformata in verifica di conformita' di tali piani agli indirizzi
ministeriali.
La modifica in senso evidentemente riduttivo della portata della
precedente approvazione risulta incongrua, dato che essa sembra
rendere ulteriormente inutile il programma triennale di sviluppo
della rete elettrica di trasmissione nazionale e delle opere di
rilevante importanza che interessano il territorio di piu' regioni,
previsto dall'art. 1-sexies, comma 6, e di cui ora sembra che in sede
di esame dei progetti di sviluppo non si debba tenere conto in alcun
modo.
E' evidente comunque che avverso tale disposizione permangono
tutte le censure gia' prospettate avverso la quasi identica
disposizione del decreto-legge n. 239 del 2003, sia quanto agli
istituti sostanziali che quanto al difetto di coinvolgimento delle
regioni sia nella determinazione degli indirizzi, ove in se stessi
considerati legittimi, sia nella mancata attribuzione della
competenza alla verifica, o in subordine nella mancata previsione
dell'intesa della regione su tale verifica.
Sia consentito percio' riportare qui quanto gia' considerato a
proposito dell'art. 1-ter del decreto-legge n. 239 del 2003.
«Trattandosi di materia di potesta' legislativa concorrente,
eventuali funzioni amministrative statali possono essere giustificate
soltanto nei termini ed alle condizioni stabiliti da codesta ecc.ma
Corte costituzionale nella piu' volte citata sentenza n. 303 del
2003.
Si impone, in primo luogo, una verifica della necessita' o della
proporzionalita' di tali poteri. Con riferimento agli indirizzi, ci
si deve chiedere quale sia la loro ragione, dato che gia' l'art.
1-sexies, comma 6, prevede il programma triennale di sviluppo della
rete elettrica di trasmissione nazionale e delle opere di rilevante
importanza che interessano il territorio di piu' regioni, del quale
e' arduo immaginar contentuti diversi dagli «indirizzi per lo
sviluppo delle reti nazionali». Con riferimento alla approvazione dei
progetti, invece, va verificato che essi debbano necessariamente
essere approvati da una autorita' centrale, anziche' da autorita'
regionali.
Sembra evidente, infatti, che i progetti di sviluppo normalmente
investiranno tratte collocate all'interno delle singole regioni, e
che la coerenza di tali progetti con il programma puo' bene essere
verificata in sede regionale. La riserva alla Stato di tale potere di
approvazione viola dunque il principio di sussidiarita' e di
proporsionalita'. Ma anche nella misura nella quale tali poteri
statali fossero costituzionalmente ammissibili, condizione di tale
ammissibilita' sarebbe pur sempre, alla stregua dei criteri della
piu' volte citata sentenza, l'intesa con le regioni o con le regioni
interessate».
Le medesime argomentazioni valgono anche in riferimento al nuovo
testo.
P. Q. M.
Voglia codesta ecc.ma Corte costituzionale accogliere il ricorso,
dichiarando l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 24,
lettera a), e dell'art. 1, comma 26, nella parte in cui introduce i
nuovi commi 4-bis e 4-ter dell'art. 1-sexies del decreto-legge
n. 239/2003.
Per i motivi e sotto i profili illustrati nel presente ricorso.
Padova-Roma, addi' 9 novembre 2004.
Prof. avv. Giandomenico Falcon - Avv. Luigi Manzi