Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria  il  29  settembre  2011  (della  Regione  Friuli-Venezia
Giulia). 
 
 
(GU n. 48 del 16.11.2011) 
 
    Ricorso della  Regione  Friuli-Venezia  Giulia,  in  persona  del
Presidente  della  Giunta  regionale  pro-tempore,  autorizzato   con
deliberazione della Giunta regionale n. 1736 del  23  settembre  2011
(doc. 1), rappresentata e difesa - come  da  procura  a  margine  del
presente atto - dall'avv. Prof. Giandomenico Falcon  di  Padova,  con
domicilio eletto in Roma presso  l'Ufficio  di  rappresentanza  della
Regione, in Piazza Colonna, 355; 
    Contro il Presidente del Consiglio dei ministri; 
    Per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale: 
        dell'articolo  37  (Disposizioni  concernenti  le  Regioni  a
statuto speciale e le province autonome  di  Trento  e  di  Bolzano),
secondo periodo, del decreto legislativo  23  giugno  2011,  n.  118,
recante  Disposizioni  in  materia  di  armonizzazione  dei   sistemi
contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali
e dei loro organismi, a norma degli articoli 1  e  2  della  legge  5
maggio 2009, n. 42 (pubblicato nella G.U. n. 172 del 26 luglio 2011),
nella parte in cui tale disposizione prevede la immediata  e  diretta
applicazione  anche  nella  Regione   Friuli-Venezia   Giulia   delle
disposizioni del decreto legislativo n. 118 del 2011  e  dei  decreti
legislativi di cui all'articolo 36, comma  5,  del  medesimo  decreto
legislativo n. 118 del 2011, qualora entro sei mesi  dall'entrata  in
vigore dei medesimi non  risultino  concluse  le  procedure  previste
dall'articolo  27  della  legge  5  maggio  2009,  n.  42,  sino   al
completamento delle medesime procedure; 
    Per violazione: 
        della legge di delega 5 maggio 2009, n. 42,  con  particolare
riferimento agli artt. 1, comma 2, e 27,  anche  in  connessione  con
l'art. 76 Cost.; 
        dello Statuto speciale adottato con legge costituzionale n. 1
del 1963, con particolare riferimento all'art. 4, punto  1  e  1-bis,
nonche' all'autonomia finanziaria di cui agli artt. 48 ss.; 
        del principio di leale collaborazione  e  delle  disposizioni
costituzionali che lo esprimono; 
        degli articoli 116, 117, 118 e  119  della  Costituzione,  in
connessione con l'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001; 
    Per i profili e nei modi di seguito illustrati. 
 
                              F a t t o 
 
    Il presente ricorso si riferisce al decreto legislativo 23 giugno
2011, n. 118, recante Disposizioni in materia di  armonizzazione  dei
sistemi contabili e degli schemi di  bilancio  delle  Regioni,  degli
enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2  della
legge 5 maggio 2009, n. 42. 
    Il decreto ha un contenuto duplice. 
    Il Titolo primo «contiene i principi in materia di armonizzazione
dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli
enti locali di cui all'articolo 2 del decreto legislativo  18  agosto
2000, n. 267 e dei loro enti e organismi strumentali»,  ad  eccezione
dei sistemi contabili relativi  al  governo  della  spesa  sanitaria,
esclusi gli enti di cui al titolo secondo del presente decreto  (art.
1, comma 3). 
    Le disposizioni  del  Titolo  secondo  si  applicano  agli  «enti
coinvolti nella gestione della  spesa  sanitaria  finanziata  con  le
risorse destinate al Servizio sanitario nazionale,  come  individuati
all'articolo 19». 
    L'art. 19, a  sua  volta,  precisa  che  il  Titolo  II  contiene
disposizioni «dirette a disciplinare le modalita' di redazione  e  di
consolidamento dei bilanci da parte  dei  predetti  enti,  nonche'  a
dettare i principi contabili cui  devono  attenersi  gli  stessi  per
l'attuazione delle disposizioni ivi contenute» (comma 1); ed al comma
2 precisa che enti destinatari sono le  regioni  (per  la  parte  del
bilancio regionale che riguarda  il  finanziamento  e  la  spesa  del
relativo servizio sanitario, nonche' per la parte  del  finanziamento
del servizio sanitario regionale direttamente  gestito),  le  aziende
sanitarie locali, le aziende ospedaliere, gli istituti di ricovero  e
cura a  carattere  scientifico  pubblici,  anche  se  trasformati  in
fondazioni, le aziende ospedaliere  universitarie  integrate  con  il
Servizio sanitario nazionale, gli istituti zooprofilattici (art.  19,
comma 2). 
    Poiche' la Regione Friuli-Venezia Giulia non e' coinvolta  «nella
gestione della spesa sanitaria finanziata con le risorse destinate al
Servizio  sanitario  nazionale»,  ma  finanzia  la  spesa   sanitaria
nell'ambito del proprio bilancio, le disposizioni del Titolo  secondo
non appaiono di per se' rivolte ad essa. Per questa parte, dunque, le
censure prospettate nel  presente  ricorso  sono  proposte  a  titolo
cautelativo, nel caso si dovesse opinare diversamente. 
    Sia le disposizioni  del  Titolo  primo  che  quelle  del  Titolo
secondo vengono  dichiarate  costituire  «principi  fondamentali  del
coordinamento della finanza  pubblica  ai  sensi  dell'articolo  117,
comma 3, della Costituzione», finalizzate  «alla  tutela  dell'unita'
economica della Repubblica  italiana,  ai  sensi  dell'articolo  120,
secondo comma, della Costituzione». 
    Quanto all'efficacia e al modo di operare del decreto legislativo
n. 118 del 2011, l'art. 1, comma 2, prevede che «le Regioni  adeguano
con legge i  propri  ordinamenti  alle  presenti  disposizioni»  (con
riferimento dunque ad entrambi i Titoli),  e  che  qualora  esse  non
provvedano all'adeguamento entro sei mesi dall'entrata in vigore  dei
decreti legislativi di cui all'articolo 36, comma 5, le  disposizioni
di cui al Titolo I (e quelle degli stessi decreti di cui all'articolo
36,  comma  5)  trovino  «immediata  e  diretta  applicazione»   sino
all'adozione delle disposizioni regionali. 
    La stessa previsione di adeguamento, e di eventuale  applicazione
«immediata e diretta»  dopo  sei  mesi  dall'entrata  in  vigore  dei
decreti legislativi, non si trova nel Titolo  secondo,  di  modo  che
permane una incertezza  sulle  modalita'  operative  di  questo:  dal
momento che, come sopra  esposto,  l'art.  1  prevede  per  tutte  le
disposizioni  del  decreto  che  le  Regioni  adeguino   il   proprio
ordinamento entro sei mesi. 
    I riferimenti alle Regioni contenuti negli articoli 1 e 19  vanno
intesi come rivolti alle Regioni a statuto ordinario. 
    Lo dimostra in primo luogo la considerazione della  delega  sulla
quale il decreto legislativo n. 118  del  2011  si  fonda,  cioe'  la
delega disposta dall'art. 2, comma 1 e comma 2, lett. h), della legge
n. 42 del 2009, espressamente richiamati  nelle  premesse  dell'atto.
Tale legge, infatti, si riferisce alle Regioni  a  statuto  ordinario
(come e' sancito dall'art. 1, comma 2, nonche' dall'art. 27, comma 1,
che  rinvia  per  le  autonomie  speciali  ad   apposite   norme   di
attuazione). 
    Lo dimostrano poi la storia e la struttura del testo. 
    Nel   progetto   portato   all'attenzione   delle   Regioni   per
l'espressione dell'intesa in Conferenza Unificata (doc. 2,  riportato
limitatamente all'articolato), il riferimento alle Province  autonome
di Trento e di Bolzano - in origine espressamente menzionate a fianco
delle «Regioni» negli articoli 1 e 19 (il che  comportava  ovviamente
anche l'inclusione delle Regioni speciali, e dunque della  ricorrente
Regione) - risultava soppresso dal testo approvato in via preliminare
dal Consiglio  dei  Ministri,  nel  quale  era  invece  inserita  una
disposizione di raccordo del seguente tenore (articolo 35-bis): 
    La decorrenza e le modalita' di applicazione  delle  disposizioni
di cui al presente decreto legislativo nei confronti delle Regioni  a
statuto speciale e delle province autonome di Trento  e  di  Bolzano,
nonche' nei  confronti  degli  enti  locali  ubicati  nelle  medesime
Regioni speciali e province autonome, sono stabilite, in  conformita'
con i relativi statuti, con le procedure  previste  dall'articolo  27
della legge 5 maggio 2009, n. 42. 
    In  sede  di  espressione  dell'intesa  le   autonomie   speciali
chiedevano  la  riformulazione  del  predetto  articolo  35-bis,  nel
seguente modo: 
    1. - Le regioni a statuto speciale  e  le  province  autonome  di
Trento e Bolzano provvedono, anche nei confronti  degli  enti  locali
ubicati  nelle  medesime  Regioni  a  statuto  speciale  e   province
autonome, laddove la finanza locale rientri nelle loro competenze, ad
adeguare i  propri  ordinamenti  contabili  ai  principi  di  cui  al
presente decreto legislativo ai sensi dei propri statuti di autonomia
e delle relative norme di attuazione». 
    Sennonche', l'art. 37 del decreto n. 118 del 2011 (nel  quale  e'
stato trasfuso il suggerito art. 35-bis) non  solo  non  tiene  conto
della diversa  formulazione  data  con  l'intesa,  ma  inopinatamente
contiene anche un secondo periodo cosi' concepito: «Qualora entro sei
mesi  dall'entrata  in  vigore  dei  decreti   legislativi   di   cui
all'articolo 36, comma 5, non risultino concluse le procedure di  cui
al primo periodo, sino al completamento delle procedure medesime,  le
disposizioni di cui al presente decreto e ai decreti  legislativi  di
cui  all'articolo  36,  comma  5,   trovano   immediata   e   diretta
applicazione nelle  Regioni  a  statuto  speciale  e  nelle  province
autonome di Trento e di Bolzano». 
    Si tratta della disposizione che  forma  oggetto  della  presente
impugnazione. 
    Cosi' facendo, infatti,  il  d.lgs.  n.118  del  2011  detta  una
disciplina  diretta  e  dettagliata  di  una  materia  di  competenza
regionale, andando oltre i limiti della delega e violando lo  Statuto
di autonomia, le norme di attuazione  e  gli  altri  parametri  sopra
enunciati nei modi che di seguito si illustreranno. 
    Pertanto,  ad  avviso  della  ricorrente  Regione  Friuli-Venezia
Giulia la disposizione impugnata e' lesiva della propria competenza e
costituzionalmente illegittima per i seguenti motivi di 
 
                            D i r i t t o 
 
    1)  Illegittimita'  costituzionale  dell'articolo   37,   secondo
periodo, per difetto di delega e violazione  dell'art.  2,  comma  1,
della legge n. 42 del 2009 e dell'art. 76 Cost. 
    Come illustrato in narrativa,  l'art.  37  contiene  Disposizioni
concernenti le Regioni a statuto speciale e le province  autonome  di
Trento e di Bolzano. 
    Esso, in altre parole, e' destinato a  dichiarare  la  condizione
delle autonomie speciali nei riguardi di una disciplina che  -  anche
per il fatto di essere stata emanata  in  forza  della  delega  posta
dall'art. 2 della legge n. 42 del 2009 - non poteva essere  destinata
a riguardarle come diretti destinatari. 
    Il primo periodo corrisponde a quello che il Governo ha  proposto
alla  Conferenza  come  articolo  35-bis.  Come  pure  illustrato  in
narrativa, esso non corrisponde a quanto richiesto, su istanza  delle
stesse autonomie speciali, in sede di rilascio dell'intesa  da  parte
della Conferenza Stato-Regioni, e tuttavia esprime ugualmente  da  un
lato la circostanza che, appunto, le Regioni speciali e  le  Province
autonome non sono disciplinate dalle disposizioni del decreto n.  118
del 2011, dall'altro pero' - e contemporaneamente  -  la  circostanza
che esse non sono destinate e non chiedono di rimanere  al  di  fuori
del sistema armonizzato di  contabilita',  ma  debbono  entrarvi  nei
tempi e nei modi definiti  da  apposite  norme  di  attuazione  degli
Statuti speciali. 
    Infatti, secondo tale disposizione, «la decorrenza e le modalita'
di  applicazione  delle  disposizioni  di  cui  al  presente  decreto
legislativo nei confronti delle Regioni a statuto  speciale  e  delle
province autonome di Trento e di Bolzano, nonche' nei confronti degli
enti locali  ubicati  nelle  medesime  Regioni  speciali  e  province
autonome, sono stabilite, in conformita' con i relativi statuti,  con
le procedure previste dall'articolo 27 della legge 5 maggio 2009,  n.
42». 
    Sennonche', in sede  di  emanazione  del  decreto  alla  predetta
disposizione  al  primo  periodo   e'   stata   unita   una   seconda
disposizione, che forma ora il secondo periodo. 
    In base ad essa, «qualora entro sei mesi dall'entrata  in  vigore
dei  decreti  legislativi  di  cui  all'articolo  36,  comma  5,  non
risultino concluse le procedure di cui  al  primo  periodo,  sino  al
completamento delle procedure medesime, le  disposizioni  di  cui  al
presente decreto e ai decreti legislativi  di  cui  all'articolo  36,
comma 5, trovano immediata e diretta  applicazione  nelle  Regioni  a
statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano». 
    Tale  disposizione  e'  qui  impugnata  come   costituzionalmente
illegittima. 
    Appare chiaro infatti, che a  questo  modo  si  sono  ecceduti  i
limiti della delega conferita dal d.lgs. n. 42 del 2009. 
    Che la delega di cui all'art. 2 della legge n. 42 del  2009,  con
il  suo  riferimento  alla  «attuazione   dell'articolo   119   della
Costituzione, al fine di assicurare, attraverso  la  definizione  dei
principi fondamentali del coordinamento della finanza pubblica e  del
sistema tributario e la definizione della  perequazione,  l'autonomia
finanziaria di comuni, province, citta' metropolitane e regioni», non
intenda ricomprendere le Regioni speciali e le Province  autonome  e'
sempre stato pacifico lungo tutto il processo di attuazione del  c.d.
federalismo fiscale, ed e' del resto esplicito nella legge: la  quale
all'art. 1, comma 2, precisa che «alle regioni a statuto speciale  ed
alle province autonome di  Trento  e  di  Bolzano  si  applicano,  in
conformita' con gli statuti, esclusivamente le  disposizioni  di  cui
agli articoli 15, 22 e 27». 
    Il significato chiaro ed univoco  di  tale  esclusione  e'  stato
confermato da codesta ecc.ma Corte costituzionale con la sentenza  n.
201 del 2010, che proprio per tale ragione ha giudicato inammissibile
il  ricorso  proposto  dalla   Regione   Sicilia   avverso   numerose
disposizioni della legge n. 42 del 2009,  affermando  che  «non  sono
applicabili alla Regione Siciliana gli indicati principi e criteri di
delega contenuti nelle disposizioni censurate» (punto 2 in diritto). 
    L'art. 27, in  particolare,  fissa  appunto  (come  dice  la  sua
intitolazione) le modalita'  di  Coordinamento  della  finanza  delle
regioni a statuto speciale e delle province autonome. E lo  strumento
al quale tale disposizione rinvia e' - come e' ovvio -  quello  delle
norme di attuazione dello Statuto. 
    Dunque, disporre l'applicazione diretta alle  autonomie  speciali
delle disposizioni di cui al d.lgs. n. 118 del 2011  fuoriesce  dalla
delega e contraddice il sistema della legge n. 42 del 2009. 
    Ovviamente, poiche' il limite contenuto dalla delega e'  volto  a
salvaguardare  la  specialita'  delle   Regioni   differenziate,   la
ricorrente  Regione  e'  legittimata  a  denunciare   la   violazione
dell'art.  76,  che  si  riflette  in  una  menomazione   delle   sue
prerogative. 
    2)  Illegittimita'  costituzionale  dell'articolo   37,   secondo
periodo,  per  violazione  della  potesta'  primaria  della   Regione
stabilita dall'art. 4, punti 1 e 1-bis, dello Statuto. 
    Accanto a questo,  tuttavia,  la  Regione  Friuli-Venezia  Giulia
intende  far  qui  valere  la  violazione  della  propria  competenza
legislativa, in primo luogo nei termini in cui essa  e'  riconosciuta
dallo Statuto di autonomia. 
    Infatti, la Regione ha potesta' legislativa primaria  in  materia
di ordinamento  degli  uffici  (art.  4,  n.  1).  Che  tale  materia
comprenda la contabilita' regionale e' pacifico, dal momento che  sin
dalla sentenza n. 107 del 1970 la Corte costituzionale  non  solo  ha
affermato, in termini generali, che il  bilancio  e  la  contabilita'
«rappresentano mezzi e  strumenti  giuridici  indispensabili  perche'
l'ente Regione possa concretamente operare per il  perseguimento  dei
vari fini  assegnatigli»,  ma  ha  specificamente  riconosciuto  (con
specifico riferimento anche allo Statuto del  Friuli-Venezia  Giulia,
pur se il giudizio aveva ad oggetto una legge della Regione Sardegna)
che, appunto, nell'ordinamento degli uffici «va ricompreso il  potere
di regolare tanto la composizione, quanto anche le  competenze  degli
organi regionali»  e  che  «fra  queste  ultime  sono  certamente  da
includere la gestione del bilancio e l'erogazione delle spese in esso
stanziate». 
    Ora, sembra evidente che in una materia di  potesta'  legislativa
primaria, soggetta ai  tipici  vincoli  della  Costituzione  e  degli
obblighi internazionali, ai principi generali dell'ordinamento e alle
norme  fondamentali  di  riforma  dello  Stato,   non   puo'   essere
semplicemente  disposto  che  in  assenza  di   completamento   delle
procedure relative all'emanazione di  apposite  norme  di  attuazione
dello Statuto alla disciplina regionale si sostituisce la  disciplina
statale: perche' cio' equivale ad una  forzosa  espropriazione  delle
potesta' legislativa riconosciuta dallo Statuto. 
    Analogamente dicasi per  quanto  riguarda  la  statuizione  delle
regole che riguardano  gli  enti  locali,  in  forza  della  potesta'
legislativa primaria riconosciuta alla  Regione  dall'art.  4,  punto
1-bis, dello Statuto. 
    3)  In   subordine   al   punto   2.   Specifica   illegittimita'
costituzionale dell'articolo 37, secondo periodo, nella parte in  cui
dispone l'applicazione diretta della normativa statale «qualora entro
sei mesi dall'entrata  in  vigore  dei  decreti  legislativi  di  cui
all'articolo 36, comma 5, non risultino  concluse  le  procedure»  di
emanazione delle norme di attuazione dello Statuto. 
    Come esposto al punto precedente, la diretta  applicazione  della
normativa statale  al  di  fuori  dei  vincoli  posti  alla  potesta'
legislativa primaria e' di per se' costituzionalmente illegittima. 
    A  cio'  tuttavia  si   aggiunge   uno   specifico   profilo   di
illegittimita', in relazione al fatto che la «condizione» alla  quale
la  disposizione  ora  citata  subordina  la   semplice   e   diretta
applicazione delle norme statali e' per  lo  Stato  stesso  meramente
potestativa. Infatti,  l'art.  65  dello  Statuto  dispone  che  «con
decreti  legislativi,  sentita  una  Commissione  paritetica  di  sei
membri, nominati tre dal Governo della Repubblica e tre dal Consiglio
regionale, saranno stabilite le  norme  di  attuazione  del  presente
Statuto». Risulta dunque evidente che  l'emanazione  delle  norme  di
attuazione avviene con atto dello Stato, e  che  la  Regione  non  e'
affatto in grado di controllare i tempi di formazione e (meno ancora)
di emanazione delle norme di attuazione. 
    La disposizione qui impugnata avrebbe potuto avere una  logica  -
ferma   restandone   ad   avviso   della   Regione   l'illegittimita'
costituzionale  per  alterazione  del  sistema   statutario   -   ove
l'applicazione della normativa statale fosse  stata  fatta  dipendere
dalla mancata emanazione di una legge regionale  di  adeguamento:  in
tal caso, infatti, l'applicazione delle norme statali  sarebbe  stata
la conseguenza di un dovere posto in  capo  alla  Regione.  Non  puo'
avere logica alcuna, invece, che si faccia discendere una conseguenza
negativa per la Regione dalla mancata emanazione  di  un  atto  dello
Stato! 
    In subordine al punto precedente, dunque, risulta chiaro  che  la
norma dell'art.  37,  secondo  periodo,  che  dispone  l'applicazione
diretta della normativa  statale  e'  costituzionalmente  illegittima
anche in quanto dispone tale applicazione facendola dipendere  da  un
evento  che  non  sta  nella   disponibilita'   della   Regione,   ma
essenzialmente nella disponibilita' dello Stato. 
    Sia consentito di notare che in relazione alle Regioni  ordinarie
l'art. 1, comma 2, del d.lgs.  n.  118  del  2011  prevede  che  esse
«adeguano con legge i propri ordinamenti alle presenti disposizioni»,
e che qualora esse non  provvedano  all'adeguamento  entro  sei  mesi
dall'entrata in vigore dei decreti legislativi  di  cui  all'articolo
36, comma 5, le disposizioni di cui  al  Titolo  I  (e  quelle  degli
stessi decreti di cui all'articolo 36, comma 5) trovino «immediata  e
diretta applicazione» sino all'adozione delle disposizioni regionali. 
    E' evidente che l'inserimento della disposizione qui impugnata ha
privato  di  ogni  logica  la  disciplina  rispettiva  delle  Regioni
ordinarie e delle Regioni speciali. 
    4) Sempre in  subordine  al  punto  2.  Specifica  illegittimita'
costituzionale dell'articolo 37, secondo periodo, nella parte in  cui
dispone che la normativa  statale  subentrata  si  applica  «sino  al
completamento  delle  procedure»  di  emanazione   delle   norme   di
attuazione dello Statuto. 
    Se  pure  in  denegata  ipotesi  fosse   legittima   la   diretta
applicazione della normativa statale in luogo di quella regionale, se
pure fosse legittimo - sempre in denegata ipotesi  -  farla  derivare
dalla mancata tempestiva emanazione  di  nuove  norme  di  attuazione
dello Statuto, ugualmente risulterebbe, ad  avviso  della  ricorrente
Regione, palesemente  illegittimo  disporre  l'applicazione  di  tali
norme «sino al completamento  delle  procedure  di  emanazione  delle
norme di attuazione dello Statuto». 
    Cio', infatti, comporta  una  paralisi  della  autonoma  potesta'
legislativa regionale che non e'  ammessa  dallo  Statuto  e  non  ha
alcuna giustificazione costituzionale. Potra' infatti  discutersi  in
quale  misura  i  principi  di  coordinamento  dettati  dallo   Stato
vincolino la potesta' primaria della Regione, ma cio'  che  non  puo'
assolutamente  giustificarsi  e'  il  totale  blocco  della  potesta'
legislativa della Regione,  fino  al  sopravvenire  di  atti  la  cui
emanazione dipende in definitiva dallo Stato. 
    Sotto tale profilo la condizione delle autonomie speciali sarebbe
persino deteriore rispetto a quella delle Regioni ordinarie,  per  le
quali l'applicazione della normativa statale vale «sino  all'adozione
delle disposizioni regionali»,  senza  alcun  blocco  della  relativa
potesta' legislativa. 
    5) Violazione del principio di leale collaborazione  e  ulteriore
violazione della legge di delega, in relazione al disposto  dell'art.
2, comma 3. 
    Nelle premesse del d.lgs. n. 118  del  2011,  qui  impugnato,  si
legge tra l'altro: «vista l'intesa sancita in Conferenza unificata ai
sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281,
nella riunione del 3 marzo 2011». 
    Sennonche', come qui illustrato, il secondo periodo dell'art.  37
non era affatto contenuto nel testo sul quale l'intesa si e' formata.
Ora, e' ben noto che per quanto riguarda i decreti legislativi per il
Governo  la  posizione  espressa  dalla  Conferenza  Stato-Regioni  o
Unificata non puo' essere vincolante in termini assoluti  -  data  la
responsabilita' propria del Governo, dovuta in relazione all'art.  76
della Costituzione. 
    Tuttavia,  proprio  per  assicurare  le   rilevanza   dell'intesa
prescritta l'art. 2, comma 3, della legge di delega n.  42  del  2009
dopo  aver  previsto  la  trasmissione  degli   schemi   di   decreto
legislativo  alle  Camere  «previa  intesa  da  sancire  in  sede  di
Conferenza unificata ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo
28 agosto 1997, n. 281» dispone quanto segue: 
    «In mancanza di intesa nel termine  di  cui  all'articolo  3  del
decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, il Consiglio dei ministri
delibera, approvando una relazione  che  e'  trasmessa  alle  Camere.
Nella relazione sono  indicate  le  specifiche  motivazioni  per  cui
l'intesa non e' stata raggiunta». 
    Sembra dunque  evidente  che  e'  viziata  la  deliberazione  del
Consiglio dei Ministri, ove esso venga assunta in mancanza di intesa,
senza ottemperare al dovere di motivazione. A maggiore ragione appare
viziata la  deliberazione,  ove  esso  dichiari  raggiunta  l'intesa,
discostandosene invece in una parte sostanziale. 
    Sembra evidente come un tale comportamento violi,  oltre  che  la
specifica previsione della legge di delega,  il  principio  di  leale
collaborazione. 
    Dunque, se la vicenda qui descritta e'  esattamente  ricostruita,
l'impugnata disposizione risulta costituzionalmente illegittima anche
in quanto deliberata in mancanza di intesa con la  Conferenza,  senza
la relazione che  ne  illustri  le  ragioni  ed  anzi  dichiarando  -
infondatamente - di seguire l'intesa raggiunta. 
    6) Ancora in subordine al punto 2. Violazione delle stesse regole
costituzionali relative alle Regioni ordinarie (artt.117, 118  e  119
Cost.), ove esse fossero applicabili  in  forza  dell'art.  10  della
legge cost. n. 3 del 2001. 
    La ricorrente Regione ritiene che nella presenta vicenda il grado
di autonomia che ad essa garantisce lo Statuto  speciale,  attraverso
le regole della potesta' primaria, sia  maggiore  di  quella  che  il
nuovo Titolo V della parte seconda della Costituzione  assicura  alle
Regioni a statuto ordinario. 
    Del resto, lo stesso legislatore della legge n. 42  del  2009  ha
disposto chiaramente in questo senso: le regole di contabilita' fanno
parte, per tale legge, di quel «corpo» di autonomia  finanziaria  che
nella Regione Friuli-Venezia Giulia trova espressione negli artt.  48
ss. 
    Nella stessa logica, del resto, lo stesso d.lgs. n. 118 del  2011
contiene un riferimento che doveva essere di  mero  rinvio  a  quanto
disposto dalla legge n. 42. 
    Viceversa, si e' sopra illustrato come nell'ipotesi della mancata
tempestiva emanazione delle norme  di  attuazione  dello  Statuto  la
situazione delle Regioni speciali verrebbe ad essere, paradossalmente
e contraddittoriamente, sotto diversi profili  deteriore  rispetto  a
quella delle Regioni ordinarie: sia in quanto la diretta applicazione
della normativa statale  dipenderebbe  da  un  evento  che  esse  non
controllano, sia in quanto la loro potesta' legislativa  verrebbe  ad
essere limitata fino a tale evento, sia infine in quanto l'art. 37 si
riferisce alle disposizioni di tutto  il  decreto  e  non  alle  sole
disposizioni del Titolo primo. 
    Tale  paradossale  e  contraddittoria   situazione   sarebbe   in
contrasto con l'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001, che
vuole  attribuita  alle  Regioni  speciali  il  livello  massimo   di
autonomia previsto dall'ordinamento. 
    Tale  argomento  viene  prospettato  dalla  Regione  in   estremo
subordine,  al  fine  di   evidenziare   le   incongruita'   generate
dall'improvvisato inserimento della disposizione qui  contestata  nel
testo del decreto. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Voglia codesta ecc.ma Corte costituzionale accogliere il ricorso,
dichiarando l'illegittimita' costituzionale dell'articolo 37, secondo
periodo, del decreto legislativo n. 118 del 2011, nelle parti,  sotto
i profili e nei termini esposti nel presente ricorso. 
        Padova-Roma, 24 settembre 2011 
 
                   Prof. avv. Giandomenico Falcon 
 
    Allegati: 
        1) Deliberazione  della  Giunta  regionale  n.  1736  del  23
settembre 2011. 
        2)  Articolato  del  decreto   presentato   alla   Conferenza
Stato-Regioni. 
        3) Verbale  del  10  febbraio  2011  della  Conferenza  delle
Regioni e Province autonome. 

 

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