Ricorso n. 112 del 20 ottobre 2010 (Provincia autonoma di Trento)
RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 20 ottobre 2010 , n. 112
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 20 ottobre 2010 (della Provincia autonoma di Trento).
(GU n. 1 del 5-1-2011)
Ricorso della Provincia autonoma di Trento, in persona del Presidente della Giunta provinciale pro tempore Lorenzo Dellai, autorizzato con deliberazione della Giunta provinciale n. 2299 dell'8 ottobre 2010 (doc. 1), rappresentata e difesa, come da procura speciale n. rep. 27409 del 13 ottobre 2010 (doc. 2), rogata dalla dott.ssa Gianna Scopel, Direttore del Servizio Contratti e gestioni generali, esercitante le funzioni di Ufficiale rogante della Provincia, dall'avv. prof. Giandomenico Falcon di Padova, dall'avv. Nicolo' Pedrazzoli dell'Avvocatura della Provincia di Trento e dall'avv. Luigi Manzi di Roma, con domicilio eletto in Roma nello studio di questi in via Confalonieri, n.5; Contro il Presidente del Consiglio dei ministri per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale: dell'articolo 1 del decreto-legge 8 luglio 2010, n. 105, recante «Misure urgenti in materia di energia. Proroga di termine per l'esercizio di delega legislativa in materia di riordino del sistema degli incentivi», come convertito, con modificazioni, dalla legge 13 agosto 2010, n. 129, e dei nuovi commi 2, 3 e 4 dell'articolo 4 del decreto-legge 1 luglio 2009, n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 3 agosto 2009, n. 102 , che tale articolo 1 reca, per violazione: degli articoli: 8, n. 1), n. 5), n. 6), n. 13), n. 17), n. 19), n. 22); 9, n. 9); 14, comma 1; 16 dello Statuto speciale, approvato con d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670; delle relative norme di attuazione, tra cui il d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381, in materia di urbanistica ed opere pubbliche, e il d.P.R. 26 marzo 1977, n. 235, in materia di energia (in particolare articoli 01, 1-bis, 1-ter, 9, 15); degli articoli 117, terzo comma, 118 e 120 della Costituzione, in combinato disposto con l'articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3; del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266, in materia di rapporto tra legislazione statale e legislazione provinciale e relative funzioni amministrative, e in particolare gli articoli 2 e 4; dei principi di leale collaborazione, di ragionevolezza e di adeguatezza. F a t t o La presente impugnazione costituisce il seguito - ad avviso della ricorrente praticamente necessitato - dell'impugnazione che questa stessa Provincia ha proposto avverso l'articolo 4 del decreto-legge 1º luglio 2009, n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 3 agosto 2009, n. 102. Avverso tale disposizione ed avverso i suoi vari commi il ricorso faceva valere diverse censure, tra le quali l'inammissibilita' della qualificazione come strategici ed urgenti, ed attratti a questo titolo alla competenza statale, di interventi destinati ad essere attuati con capitale privato, che per sua natura non puo' essere disponibile con certezza. Accanto a questa la Provincia faceva valere ulteriori rilevanti censure. Tuttavia, con la sentenza n. 215 del 2010 codesta ecc.ma Corte costituzionale accoglieva la prima censura sopra illustrata, sancendo la violazione dei «canoni di pertinenza e proporzionalita' richiesti dalla giurisprudenza costituzionale al fine di riconoscere la legittimita' di previsioni legislative che attraggano in capo allo Stato funzioni di competenza delle Regioni». Dal momento che tale censura veniva a privare in toto le disposizioni dell'articolo 4 di ogni possibilita' di applicazione, codesta Corte non procedeva all'esame della fondatezza delle rimanenti censure, che dichiarava invece assorbite. L'art. 1, comma 1, del decreto-legge 8 luglio 2010, n. 105, convertito, con modificazioni, nella legge 13 agosto 2010, n. 129, oggetto della presente impugnazione, dichiara di essere stato emanato «a seguito ed in esecuzione della sentenza della Corte costituzionale 17 giugno 2010, n. 215»: e tuttavia, ad avviso della ricorrente Provincia, esso sotto diversi profili non fa che ripetere le invasioni della competenza provinciale proprie della precedente disciplina, e ad esse inoltre ne aggiunge di nuove, in particolare la' dove rende derisoria la pur teoricamente richiesta intesa con la Provincia, rendendone sostanzialmente irrilevante il diniego con il semplice decorso di trenta giorni. Inoltre, come si dira', persino nel punto in cui le nuove disposizioni avrebbero dovuto davvero tenere conto della statuizione di codesta ecc.ma Corte costituzionale, prevedendo risorse certe e pubbliche per la realizzazione delle opere, esse si traducono in realta' in una operazione puramente verbale, lasciando nella sostanza immutato il vizio di partenza. In definitiva, il solo punto in cui il testo appare davvero migliorativo del precedente e' il comma 1, nel quale ora si richiede l'intesa con le regioni e le province autonome interessate, anche per gli interventi connessi alla trasmissione ed alla distribuzione dell'energia, anziche' solo per quelli relativi alla produzione, come era nel testo venuto meno a seguito della sentenza n. 215/2010. E' stata cosi' eliminata una incongruita' palese, e tuttavia tale modifica e' stata resa vana dalla radicale dequotazione dell'intesa alla quale si e' gia' accennato e della quale meglio si dira' nella parte in diritto. Il nuovo comma 1 dell'articolo 4 del decreto-legge n. 78 del 2009 dispone ora che il Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri individuati nel medesimo comma, nonche' d'intesa con le regioni e le province autonome interessate, individua gli «interventi urgenti ed indifferibili, connessi alla trasmissione, distribuzione e produzione dell'energia e delle fonti energetiche che rivestono carattere strategico nazionale, anche in relazione alla possibile insorgenza di situazioni di emergenza, o per i quali ricorrono particolari ragioni di urgenza in riferimento allo sviluppo socioeconomico» (enfasi aggiunta), da realizzare con mezzi e poteri straordinari. Si tratta del comma «migliorativo» di cui si e' detto: sia in virtu' della estensione dell'intesa a tutti gli interventi, sia per la restrizione degli interventi a quelli che siano da un lato urgenti ed indifferibili, dall'altro di carattere strategico nazionale. In relazione a tale comma la ricorrente Provincia desidera tuttavia precisare che tali interventi devono essere diversi ed ulteriori rispetto a quelli che rientrano nella propria competenza statutaria, in particolare rispetto a quelli definiti di competenza provinciale fin dalle norme di attuazione di cui al d.P.R. n. 235 del 1977. Solo tali interventi diversi ed ulteriori, infatti, rientrano ora nella piu' generale competenza concorrente in materia di «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia» di cui all'art. 117, terzo comma, della Costituzione, la quale si estende alla Provincia in quanto rechi competenze maggiori di quelle definite dal sistema statutario. Inteso con tale precisazione, il nuovo comma 1 dell'art. 4 non forma oggetto della presente impugnazione. Il nuovo comma 2 dell'art. 4 precisa che i predetti interventi sono realizzati «in regime di cooperazione funzionale ed organizzativa tra commissari straordinari del Governo, nominati ai sensi del comma 3, e le regioni e province autonome interessate». Specifica inoltre che con le intese di cui al comma 1 sono definiti «i criteri per l'esercizio della cooperazione funzionale ed organizzativa tra commissari straordinari, regioni e province autonome per l'esercizio dei compiti di cui al presente articolo», e che «tali criteri possono contemplare anche il coinvolgimento di soggetti privati nell'attuazione degli interventi e nel relativo finanziamento, purche' ne siano assicurate l'effettivita' e l'entita'». Sempre il comma 2 dispone poi (in modo corrispondente a quanto gia' disponeva il comma 3 della versione oggetto della pronuncia di codesta Corte) che «ciascun commissario, sentiti gli enti locali interessati, emana gli atti e i provvedimenti, nonche' cura tutte le attivita', di competenza delle amministrazioni pubbliche che non abbiano rispettato i termini previsti dalla legge o quelli piu' brevi, comunque non inferiori alla meta', eventualmente fissati in deroga dallo stesso commissario, occorrenti all'autorizzazione e all'effettiva realizzazione degli interventi, nel rispetto delle disposizioni comunitarie». Cosi' disponendo, il comma 2 dell'articolo 4 attribuisce direttamente ad organi statali, a prescindere dall'intesa prevista dal comma 1 per l'individuazione degli interventi, compiti e funzioni in materia di competenza provinciale. Il primo periodo attribuisce ai Commissari funzioni amministrative in regime di cooperazione funzionale ed organizzativa con la Provincia autonoma e compiti che sono definiti unilateralmente dallo Stato con il decreto di nomina, come risulta dal comma 3 (mentre con intesa sono definiti esclusivamente i criteri per l'esercizio della cooperazione funzionale ed organizzativa). Inoltre, il terzo periodo introduce direttamente un potere sostitutivo degli stessi Commissari, resi competenti ad emanare atti e provvedimenti, nonche' curare tutte le attivita' di competenza delle amministrazioni pubbliche che non abbiano rispettato i termini previsti dalla legge o quelli piu' brevi eventualmente fissati in deroga dallo steso Commissario. Cio' costituisce lesione delle competenze provinciali, e per tale ragione il comma 2 costituisce oggetto della presente impugnazione. Il comma 3, per quanto qui interessa, dispone che «per la realizzazione degli interventi ai sensi del comma 2, con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, sono nominati uno o piu' commissari straordinari del Governo», di cui «il medesimo decreto determina i compiti». Per il rimanente la disposizione si occupa dei mezzi e del personale a disposizione del commissario «senza che cio' comporti nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica». Il comma 3 prevede dunque che siano definiti compiti amministrativi dei commissari in materia provinciale, e che cio' inoltre avvenga in assenza di qualunque intesa. Anche il comma 3 e' dunque lesivo delle competenze provinciali, e forma oggetto della presente impugnazione. Il nuovo comma 4 non ha in realta' corrispondente nella versione che ha costituito oggetto della sentenza n. 215 del 2010, e costituisce una ulteriore e gravissima invasione delle prerogative costituzionali della Provincia autonoma di Trento, in quanto sostanzialmente vanifica la necessita' dell'intesa astrattamente prevista dal comma 1. Prevede infatti tale comma che «in caso di mancato raggiungimento dell'intesa di cui al comma 1, decorsi trenta giorni dalla convocazione del primo incontro tra il Governo e la regione o la provincia autonoma interessata per il raggiungimento dell'intesa, il Governo puo' individuare gli interventi di cui al comma 1, dichiararne l'urgenza e l'indifferibilita' nonche' definire i criteri di cui al secondo periodo del comma 2, anche a prescindere dall'intesa, con deliberazione motivata del Consiglio dei Ministri cui sia stato invitato a partecipare il Presidente della regione o della provincia autonoma interessata». Aggrava ulteriormente la situazione il secondo periodo della disposizione, in forza del quale «in tal caso» - cioe' nel caso sia mancata l'intesa nei trenta giorni dalla convocazione del primo incontro - il commissario del Governo «da' impulso agli interventi, se indispensabile, avvalendosi, oltre che delle procedure di cui al terzo periodo del comma 2, di: a) poteri straordinari di sostituzione e di deroga di cui all'articolo 20, comma 4, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2; b) mezzi e risorse finanziarie pubbliche gia' previste a legislazione vigente». Si dispone inoltre che «in ogni caso l'apporto finanziario dei soggetti privati deve essere proporzionato alle risorse pubbliche utilizzate». Per il suo carattere evidentemente lesivo delle prerogative costituzionali della Provincia anche il comma 4 costituisce oggetto della presente impugnazione. Dato che il ricorso fa valere la lesione delle competenze costituzionali della Provincia e' opportuno qui ricordare quale ne sia il fondamento. Lo Statuto di autonomia di cui al d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, attribuisce a questa Provincia la potesta' legislativa - e la correlativa potesta' amministrativa (art. 16 St.) - esclusiva in materia di ordinamento degli uffici provinciali (articolo 8, n. 1), urbanistica e piani regolatori (articolo 8, n. 5), tutela del paesaggio (articolo 8, n. 6), opere di prevenzione e di pronto soccorso per calamita' pubbliche (articolo 8, comma 13), lavori pubblici di interesse provinciale (articolo 8, n. 17), assunzione diretta di servizi pubblici (articolo 8, n. 19), espropriazione per pubblica utilita' (articolo 8, n. 22); e concorrente in materia di utilizzazione delle acque pubbliche (articolo 9, n. 9). Lo Statuto di autonomia prevede inoltre il parere obbligatorio della Provincia per le concessioni in materia di comunicazioni e trasporti riguardanti linee che attraversano il territorio provinciale (articolo 14, comma 1). L'assetto statutario delle competenze e' altresi' definito dalle relative norme di attuazione, in particolare il d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381, in materia di urbanistica ed opere pubbliche, il d.P.R. 26 marzo 1977, n. 235, in materia di energia. In particolare, l'articolo 01 del d.P.R. n. 235 del 1977 (aggiunto dal d.lgs. n. 463 del 1999) ha trasferito alle Province autonome le funzioni in materia di energia esercitate sia direttamente dagli organi centrali e periferici dello Stato sia per il tramite di enti e istituti pubblici a carattere nazionale o sovraprovinciale (comma 1), precisando che le funzioni relative alla materia «energia» concernono le attivita' di ricerca, produzione, stoccaggio, conservazione, trasporto e distribuzione di qualunque forma di energia (comma 2). Il medesimo articolo elenca una serie di funzioni e compiti riservati allo Stato tra le quali rilevano quelle relative alla costruzione e all'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica da fonti convenzionali di potenza superiore a 300 MW termici nonche' le reti per il trasporto dell'energia elettrica costituenti la rete di trasmissione nazionale con tensione superiore a 150 KV, l'emanazione delle relative norme tecniche e le reti di livello nazionale di gasdotti con pressione di esercizio superiore a 40 bar e oleodotti (comma 3, lettera c); in ogni caso, sugli interventi statali di cui al comma 3, lettera c) la normativa d'attuazione prevede il parere obbligatorio di della Provincia autonoma, ai sensi dell'articolo 14, primo comma, dello Statuto speciale, anche con specifico riferimento alla rete di trasmissione nazionale dell'energia elettrica (comma 4). Anche l'articolo 9 richiama l'applicazione del predetto articolo 14, primo comma, per quanto concerne il territorio delle province autonome riguardo lo sviluppo della rete di trasmissione nazionale. Inoltre, l'articolo 1-bis del d.P.R. n. 235 del 1977 attribuisce alle Province autonome le funzioni statali in materia di grandi derivazioni a scopo idroelettrico (comma 1); in relazione a tale disposizione la norma di attuazione attribuisce altresi' alla legge provinciale la disciplina normativa delle medesime concessioni (comma 2). L'articolo 15 del d.P.R. n. 235 precisa infine che, nel territorio delle province autonome, non si applicano le disposizioni di legge incompatibili con quanto da esso disposto. Accanto alle disposizioni sullo specifico riparto di competenza tra la Provincia e lo Stato, vi sono poi le regole di attuazione statutaria che definiscono in generale i rapporti tra normazione statale e normazione provinciale, nonche' i rapporti tra i rispettivi compiti amministrativi. In particolare, gli articoli 2 e 4 del decreto legislativo n. 266 del 1992 dispongono in relazione ai rapporti tra fonti normative statali nonche' funzioni statali e l'ordinamento provinciale. L'articolo 2 esclude la diretta applicazione della normativa statale nelle materie di competenza provinciale, mentre l'articolo 4 esclude che la legge possa attribuire ad organi statali - nelle materie di competenza propria delle Province autonome - funzioni amministrative, comprese quelle di vigilanza, di polizia amministrativa e di accertamento di violazioni amministrative, diverse da quelle spettanti allo Stato secondo lo Statuto speciale e le relative norme di attuazione. Infine, per quanto di ulteriore disponga rispetto alle competenze statutarie, vale in favore della Provincia autonoma l'articolo 117, comma terzo, della Costituzione, che in combinato disposto con l'articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, attribuisce alla Provincia autonoma di Trento la potesta' legislativa concorrente in materia di «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia», compresa la disciplina della funzione amministrativa a termini dell'art. 118 Cost., come confermato da codesta Corte costituzionale nelle sentenze nn. 6 e 8 del 2004 e n. 383 del 2005. A tale proposito, sia consentito osservare che codesta Corte costituzionale, in particolare con la sentenza n. 383 del 2005, punto 14, ha affermato che in base al titolo V della parte seconda della Costituzione, come riformato nel 2001, la Provincia gode ora di competenze legislative ed amministrative piu' ampie di quelle gia' assicurate nel sistema statutario, sopra esposte. A questa stregua, le competenze costituzionali della Provincia nella materia dell'energia constano oggi di un doppio strato o livello. Da un lato, vi sono le competenze statutarie, che non possono essere ridotte in alcun modo in base a clausole del nuovo Titolo V (dato che cio' equivarrebbe, sotto questo profilo, a ridurre l'autonomia provinciale). Dall'altro vi sono le competenze nuove ed aggiuntive, che seguono in tutto e per tutto il regime del nuovo Titolo V, comprese le clausole relative alle competenze statali trasversali ed interferenti. Nel quadro della situazione giuridica ora esposta, le disposizioni impugnate con il presente ricorso si rivelano dunque invasive delle competenze costituzionali della Provincia ricorrente e costituzionalmente illegittime per le seguenti ragioni di Diritto 1. Illegittimita' costituzionale del comma 2 dell'art. 4 del d.l. n. 78 del 2009, conv. in legge n. 102 del 2009, introdotto dal d.l. n. 105 del 2010, conv. in legge n. 129 del 2010. Come esposto in narrativa, il nuovo comma 2 dell'art. 4 del d.l. n. 78 del 2009, conv. in legge n. 102 del 2009, come «sostituito» (in realta' introdotto ex novo, essendo stati i commi precedentemente esistenti caducati da codesta Corte) dall'art. 1, comma 1, del d.l. n. 105 del 2010, conv. in legge n. 129 del 2010, stabilisce che gli interventi individuati al comma 1 sono realizzati «in regime di cooperazione funzionale ed organizzativa tra commissari straordinari del Governo, nominati ai sensi del comma 3, e le regioni e province autonome interessate». Specifica inoltre che con le intese di cui al comma 1 sono definiti «i criteri per l'esercizio della cooperazione funzionale ed organizzativa tra commissari straordinari, regioni e province autonome per l'esercizio dei compiti di cui al presente articolo», e che «tali criteri possono contemplare anche il coinvolgimento di soggetti privati nell'attuazione degli interventi e nel relativo finanziamento, purche' ne siano assicurate l'effettivita' e l'entita'». Sempre il comma 2 dispone poi (in modo corrispondente a quanto gia' disponeva il comma 3 della versione oggetto della pronuncia di codesta Corte) che «ciascun commissario, sentiti gli enti locali interessati, emana gli atti e i provvedimenti, nonche' cura tutte le attivita', di competenza delle amministrazioni pubbliche che non abbiano rispettato i termini previsti dalla legge o quelli piu' brevi, comunque non inferiori alla meta', eventualmente fissati in deroga dallo stesso commissario, occorrenti all'autorizzazione e all'effettiva realizzazione degli interventi, nel rispetto delle disposizioni comunitarie». Tali disposizioni sono, ad avviso della ricorrente Provincia, incostituzionali nelle parti e per i profili che seguono. Quanto alla prima disposizione, secondo la quale gli interventi di cui al comma 1 sono realizzati «in regime di cooperazione funzionale ed organizzativa» tra commissari straordinari del Governo e le regioni e province autonome interessate, va in primo luogo osservato che la statuizione di tale regime - che non contempla alcuna distinzione in base alla portata dell'impianto o della rete - sarebbe palesemente incostituzionale ove dovesse intendersi come riferito anche alle funzioni che alla Provincia spettano in base al sistema statutario, ed in particolare a quelle che ad essa spettano ai sensi dell'art. 01, comma 3, d.P.R. n. 235/1977. Non pare esclusa la possibilita' di intendere la disposizione - secondo il principio dell'interpretazione costituzionalmente conforme - nel senso che, per quanto riguarda il territorio provinciale, gli interventi statali si riferiscono solo a quanto eccettuato dalla competenza provinciale ai sensi dell'art. 01, comma 3, d.P.R. n. 235/1977, e sempre con la salvezza di quanto disposto per ogni tipo di intervento dall'art. 14 dello Statuto e dall'art. 9 dello stesso d.P.R. n. 235 del 1977. Se cosi' non fosse, tuttavia, cioe' se il comma 2 dovesse intendersi come riferito - anche per la provincia di Trento - a tutti gli impianti e a tutte le reti, esso sarebbe illegittimo per violazione dell'art. 8, nn. 5, 6, 17, 19 e 22 dello Statuto speciale, sopra gia' menzionati, e dell'art. 16 dello Statuto, che attribuisce alle Province competenza amministrativa nelle stesse materie in cui hanno potesta' legislativa. Inoltre, esso violerebbe specificamente l'art. 01 d.P.R. n. 235/1977, che prevede la competenza statale solo per certi impianti e reti, come visto, e l'articolo 4, comma 1, del decreto legislativo n. 266 del 1992, il quale esclude che la legge possa attribuire agli organi statali - nelle materie di competenza propria delle province autonome - funzioni amministrative, comprese quelle di vigilanza, di polizia amministrativa e di accertamento di violazioni amministrative, diverse da quelle spettanti allo Stato secondo, appunto, lo Statuto speciale e le relative norme di attuazione. Ne' la competenza statale potrebbe giustificarsi sulla base del riferimento alle «particolari ragioni di urgenza in riferimento allo sviluppo socio-economico», o a possibili situazioni di «emergenza», o del fatto che gli interventi «devono essere effettuati con mezzi e poteri straordinari» (art. 4, comma 1). Tali circostanze non basterebbero a giustificare una competenza statale esclusa dalle norme di attuazione appena citate. Si noti inoltre che, come meglio si dira' nel punto finale, le nuove previsioni di legge non sono accompagnate da alcun finanziamento che possa rendere possibili le opere, per le quali invece di dice (comma 4) che le uniche risorse disponibili sono... quelle gia' previste dalle leggi vigenti: sicche' e' evidente che - nonostante che codesta Corte abbia colpito i precedenti primi quattro commi dell'art. 4 proprio per questo motivo - per il finanziamento si continua a contare essenzialmente sul capitale privato e non si dispone alcuna specifica risorsa pubblica: sicche', come prima, la stessa legge smentisce la particolare urgenza dell'intervento, perche' la disponibilita' del capitale privato e' per definizione non garantita; se l'intervento fosse davvero urgente, la legge avrebbe direttamente stanziato una somma. Ne', per quanto riguarda le attivita' che spettano agli enti locali, vi e' ragione alcuna per la quale esse non possano essere assicurate, eventualmente anche in via sostitutiva, dalla stessa Provincia autonoma di Trento, titolare delle competenze nella materia. Anche nel caso in cui si riferissero - per il territorio provinciale - ad opere diverse da quelle trasferite alla Provincia ai sensi dell'art. 01 d.P.R. n. 235/1977 (ed ovviamente a maggiore ragione ove si riferiscano anche ad esse) - e fermo restando il diritto statutario della Provincia di esprimere il proprio parere su ogni tipo di opere anche statali relative al settore dell'energia ex art. 14, comma 1 Statuto - le norme impugnate risultano ad avviso della ricorrente Provincia comunque illegittime. Si tratta infatti della attribuzione di compiti amministrativi ad organi statali in materia di competenza concorrente, di regola non ammissibile. E se pure si tratti di opere strategiche, per le quali e' ammesso che - in applicazione del principio di sussidiarieta' - siano individuate dallo Stato d'intesa con le Regioni e Province autonome interessate, sembra evidente che il principio di sussidiarieta' in nessun caso - neppure per le Regioni a statuto ordinario - puo' esigere la cogestione con organismi statali che non esprimono affatto - come e' proprio delle funzioni attratte in sussidiarieta' - un livello territoriale superiore e piu' comprensivo. La «cooperazione funzionale ed organizzativa» si traduce dunque soltanto in un meccanismo di interferenza, tanto piu' grave in quanto i compiti assegnati al commissario sono unilateralmente decisi (come disposto dal comma 3, pure impugnato) dal Consiglio dei ministri. Inoltre e' da considerare che il principio di sussidiarieta' ha gia' operato nella materia dell'energia, giustificando l'attribuzione ad organi statali di determinate funzioni amministrative, in virtu' di esigenze di esercizio unitario (v. l'art. 29 d.lgs. n. 112/1998 e la legge n. 239/2004). Risulta dunque illegittimo ed incongruo invocare nuovamente il principio di sussidiarieta' per avocare allo Stato la realizzazione di interventi rientranti nella competenza regionale, solo in virtu' di una loro urgenza, del resto meramente asserita. Tale meccanismo di interferenza viola dunque le competenze provinciali stabilite dagli articoli 117, comma terzo, e 118, comma primo, della Costituzione, costituendo inoltre un fattore di incertezza nella imputazione delle funzioni e delle connesse responsabilita', in violazione anche del principio di buon andamento di cui all'art. 97, primo comma, Cost. Si noti che la lesivita' non viene meno per il fatto che - per la disposizione del secondo periodo - «i criteri per l'esercizio della cooperazione funzionale ed organizzativa tra commissari straordinari, regioni e province autonome per l'esercizio dei compiti di cui al presente articolo» sono definiti dalle intese di cui al comma 1. Da una parte, infatti, la definizione d'intesa non fa venire meno il principio stesso della cogestione, che non ha una giustificazione costituzionale; dall'altra parte, come meglio si dira', la necessita' dell'intesa si rivela, nella disciplina del successivo comma 4, puramente fittizia. Quanto alla disposizione, sempre del comma 2, secondo la quale «ciascun commissario, sentiti gli enti locali interessati, emana gli atti e i provvedimenti, nonche' cura tutte le attivita', di competenza delle amministrazioni pubbliche che non abbiano rispettato i termini previsti dalla legge o quelli piu' brevi, comunque non inferiori alla meta', eventualmente fissati in deroga dallo stesso commissario, occorrenti all'autorizzazione e all'effettiva realizzazione degli interventi, nel rispetto delle disposizioni comunitarie», essa prevede un potere sostitutivo statale che riguarda tutti gli atti, di competenza della Provincia e degli enti locali, occorrenti all'autorizzazione e all'effettiva realizzazione degli interventi. Nell'ipotesi che tale norma si riferisca anche alle competenze statutarie della Provincia, essa sarebbe illegittima perche' prevede un potere sostitutivo statale al di fuori dei casi in cui esso e' previsto dalle norme statutarie e di attuazione (v. gli artt. 5 e 8 d.P.R. n. 526/1987), con conseguente lesione delle funzioni provinciali e degli enti locali nelle materie dell'energia, della sanita' e dell'urbanistica (art. 8, n. 5, n. 6, n. 13, n. 17, n. 19, n. 22, art. 9, n. 9 e n. 10, art. 16 dello Statuto e relative norme di attuazione, fra le quali rileva soprattutto l'art. 4 d.lgs. n. 266/1992). Con riferimento alle funzioni acquisite dalla Provincia ex Titolo V (le sole in relazione alle quali e' applicabile l'art. 120 Cost.: sent. 236/2004), la norma in questione e' ugualmente illegittima perche' prevede un potere sostitutivo al di fuori dei casi in cui esso e' esercitabile ai sensi del Titolo V. Infatti, la norma sulla sostituzione (si tratta di sostituzione «ordinaria», non di quella di cui all'art. 120 Cost.) non risponde a ben tre dei quattro requisiti individuati da codesta Corte costituzionale, a partire dalla sent. 43/2004. In primo luogo, la competenza sostitutiva non e' di un organo politico di livello superiore, ma di un organo ad hoc meramente tecnico, non legittimato costituzionalmente a sostituirsi agli organi titolari della competenze, e non legittimato a valutare le ragioni di un possibile ritardo e la stessa necessita' ed opportunita' dell'atto che si tratta di compiere. Ne' puo' replicarsi che il commissario e' nominato dal Governo, dato che non si tratta di un commissario ad acta nominato a fronte di una specifica inerzia regionale (per la quali le valutazioni indicate sono avvenute in sede governativa), ma di un organo con competenza generale che dovrebbe compiere esso stesso le valutazioni riservate alla sede politica. In secondo luogo, la sostituzione non e' limitata - come semmai dovrebbe - agli atti obbligatori, i soli per i quali sia possibile la sostituzione ordinaria. Infine, non sono previste idonee garanzie procedimentali ne' per le Regioni (e Province autonome) ne' per gli enti locali. Di qui la violazione degli artt. 117, comma 3, 118 e 120 Cost. Infine, la norma in questione risulta illegittima, per violazione del principio di leale collaborazione, in quanto non prevede che i provvedimenti relativi alla autorizzazione e realizzazione degli interventi vengano assunti d'intesa con la Provincia autonoma. Non si comprende perche' il comma 3 preveda il coinvolgimento degli enti locali e non quello delle Regioni, titolari costituzionali dei poteri legislativi e di allocazione delle funzioni amministrative nelle materie dell'energia e del governo del territorio ed evidentemente interessate dalla realizzazione di interventi che non hanno certo ambito infracomunale. Inoltre, risulta ad avviso della ricorrente Provincia autonoma illegittima - per violazione delle norme statutarie, di attuazione e del Titolo V sopra citate - la norma che da' al commissario la possibilita' di abbreviare i termini previsti dalle leggi, in quanto incide potenzialmente su leggi provinciali e pregiudica la possibilita' di esercizio della funzione amministrativa della stessa Provincia o dei comuni, mettendo a repentaglio gli interessi all'ordinato sviluppo del territorio, all'ambiente e alla salute tutelati dalle leggi provinciali in materia di energia, sanita' e urbanistica, emanati nell'esercizio della potesta' legislativa primaria, o comunque formanti ambiti di esclusiva valutazione provinciale anche nel quadro della potesta' concorrente. 2. Illegittimita' costituzionale del comma 3 dell'art. 4 del d.l. n. 78 del 2009, conv. in legge n. 102 del 2009, introdotto dal d.l. n. 105 del 2010, conv. in legge n. 129 del 2010. In base al comma 3, «per la realizzazione degli interventi ai sensi del comma 2, con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, sono nominati uno o piu' commissari straordinari del Governo»; «il medesimo decreto determina i compiti del commissario e i poteri di controllo e di vigilanza del Ministro per la semplificazione normativa e degli altri Ministri competenti». Come gia' argomentato per il comma 2, la disposizione violerebbe direttamente l'art. 16 dello Statuto e l'art. 4 del d.lgs. n. 266 del 1992 ove dovesse riferirsi anche alle competenze che alla Provincia spettano in forza del sistema statutario, ed in particolare in forza del d.P.R. n. 235 del 1977, come modificato dal d.lgs. n. 463 del 1999. Si tratterebbe, infatti, di una illegittima intestazione ad organi statali di poteri amministrativi in materia di competenza provinciale, al di fuori delle ipotesi previste dallo statuto e dalle norme di attuazione. Ma anche ove si intendesse che la nomina dei commissari si riferisse solo alle maggiori funzioni spettanti nella materia della produzione, distribuzione e trasporto dell'energia ai sensi dell'art. 117, comma terzo, Cost., permarrebbe l'illegittimita' costituzionale della disposizione. Infatti, anche ammesso che la dimensione strategica ed il carattere urgente degli interventi possano portarne l'individuazione al livello statale, in regime di condivisione con le Regioni e Province autonome, non si vede in forza di quale principio la realizzazione di tali opere debba essere in minore o maggiore misura affidata ad organi statali. Valgono qui gli stessi argomenti gia' esposti avverso il regime di forzosa cogestione degli interventi previsti dal comma 2, argomenti che sia consentito di richiamare. Risultano dunque illegittimi gli ulteriori poteri amministrativi statali in materia di competenza regionale (energia e governo del territorio), in violazione dell'art. 117, co. 3, e dell'art. 118, commi 1 e 2: la nomina dei commissari, le funzioni dei commissari e la loro determinazione governativa, i poteri di controllo e di vigilanza del Ministro per la semplificazione normativa e degli altri Ministri competenti. In subordine, qualora codesta ecc.ma Corte dovesse ritenere in se' legittima la nomina dei commissari, in forza di una inedita accezione del principio di sussidiarieta', la disposizione rimarrebbe comunque costituzionalmente illegittima in quanto non prevede l'intesa con la Regiono o Provincia autonoma interessata, ne' in relazione all'individuazione dei commissari, ne' in relazione alla definizione dei loro compiti. Va sottolineato che la nuova disposizione sulla nomina dei commissari e' persino peggiorativa rispetto al testo che e' stato caducato dalla sentenza n. 215 del 2010. In quello, infatti, la nomina dei commissari veniva deliberata dal Consiglio dei ministri «con le stesse modalita' di cui al comma 1 del presente articolo» (cosi' l'allora comma 2), cioe' d'intesa con le Regioni o Province autonome, sia pure limitatamente alla produzione dell'energia. Ora anche questa limitata intesa (che per tale limitazione era stata contestata) incomprensibilmente scompare. L'illegittimita' costituzionale della omessa previsione dell'intesa per la nomina e per la definizione dei compiti risulta evidente, solo che si applichino i principi definiti dalla giurisprudenza costituzionale sin dalla sentenza n. 303 del 2003: qualora il principio di sussidiarieta' consenta alla legge statale di intervenire in materie di competenza regionale con norme non di solo principio ma di attrazione di parte della funzione amministrativa, l'alterazione del riparto ordinario di competenze richiede che la gestione amministrativa degli interventi territorialmente localizzati avvenga d'intesa - un'intesa non prescindibile - tra lo Stato e la Regione o Provincia autonoma interessata. Non prevedendo tale intesa, la disposizione del comma 3 risulta illegittima per violazione del principio di leale collaborazione, collegato al riparto di cui all'art. 117, comma terzo, e 118, comma primo, della Costituzione. 3. Illegittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 4 dell'art. 4 del d.l. n. 78 del 2009, conv. in legge n. 102 del 2009, introdotto dal d.l. n. 105 del 2010, conv. in legge n. 129 del 2010. Come ricordato in narrativa, il comma 4 dell'art. 4 d.l. n. 78/2009, introdotto dal d.l. n. 105 del 2010, conv. in legge n. 129 del 2010, prevede che, «in caso di mancato raggiungimento dell'intesa di cui al comma 1, decorsi trenta giorni dalla convocazione del primo incontro tra il Governo e la regione o la provincia autonoma interessata per il raggiungimento dell'intesa, il Governo puo' individuare gli interventi di cui al comma 1, dichiararne l'urgenza e l'indifferibilita' nonche' definire i criteri di cui al secondo periodo del comma 2, anche a prescindere dall'intesa, con deliberazione motivata del Consiglio dei Ministri cui sia stato invitato a partecipare il Presidente della regione o della provincia autonoma interessata». Questa formulazione rende evidente che l'intesa prevista dal comma 1 ha carattere debole, anzi, debolissimo visto che il Governo puo' procedere unilateralmente sulla sola base del decorso di 30 giorni «dalla convocazione del primo incontro tra il Governo e la regione o la provincia autonoma interessata», a prescindere dal concreto svolgimento della «trattativa» fra Stato e Provincia (numero degli incontri, distanza tra le parti, complessita' delle questioni emerse e conseguenti esigenze di approfondimento, serieta' e fondatezza delle ragioni della mancata intesa, ecc.). Se pure fosse costituzionalmente ammissibile prescindere dall'intesa - e per le ragioni che esporranno non lo e' - il brutale meccanismo del decorso di trenta giorni dalla semplice convocazione e' di per se' palesemente illegittimo, per violazione del principio di leale collaborazione: e di tale illegittimita' viene fatta qui specifica evidenziazione e specifica richiesta di annullamento. Ma il vizio maggiore sta a monte, e consiste nella stessa previsione della «rescindibilita'» dell'intesa, cioe' della possibilita' per lo Stato di procedere unilateralmente. Tale possibilita' risulta infatti lesiva delle competenze provinciali sopra illustrate (artt. 8, 9, 14, comma 1, e 16 dello Statuto speciale e relative norme di attuazione, artt. 117, comma 3, e 118 della Costituzione, in combinato disposto con l'art. 10 1. cost. n. 3/2001) e del principio di leale collaborazione. Nella stessa logica del nuovo Titolo V della Costituzione (che comunque non potrebbe valere per le funzioni che in materia di energia derivano dal sistema statutario) quando la legge statale attribuisce ad un organo statale una funzione amministrativa in una materia di competenza regionale, per ragioni di esercizio unitario, l'alterazione del riparto costituzionale delle competenze dev'essere necessariamente «compensata» con il coinvolgimento «forte» della Regione (se non nel momento della scelta legislativa, come pure sarebbe in via di principio necessario) perlomeno in relazione all'esercizio della funzione amministrativa. In questi casi, cioe', l'intesa con la Regione interessata dev'essere necessariamente «forte» e la legge statale non puo' prevedere meccanismi unilaterali per superare la mancata intesa, come risulta da una consolidata giurisprudenza costituzionale. Oltre alle fondamentali sentt. 303/2003, 6/2004 e 62/2005, si puo' ricordare qui la sent. 121/2010, che ha annullato una norma che stabiliva che «decorsi novanta giorni senza che sia stata raggiunta la predetta intesa, gli accordi di programma possono essere comunque approvati». In quella occasione codesta Corte costituzionale ha sancito che «tale norma vanifica la previsione dell'intesa, in quanto attribuisce ad una delle parti "un ruolo preminente, incompatibile con il regime dell'intesa, caratterizzata [...] dalla paritaria codeterminazione dell'atto"; e che non e' legittima "la drastica previsione, in caso di mancata intesa, della decisivita' della volonta' di una sola delle parti, la quale riduce all'espressione di un parere il ruolo dell'altra"». Ed anche la sent. 24/2007 ha confermato che, per ovviare all'esigenza di «superare la situazione di stallo determinata dalla mancata intesa» e per «dare concreta attuazione al principio di leale collaborazione», spetta al legislatore «stabilire, semmai, un sistema che imponga comportamenti rivolti allo scambio di informazioni e alla manifestazione della volonta' di ciascuna delle parti e, in ultima ipotesi, contenga previsioni le quali assicurino il raggiungimento del risultato, senza la prevalenza di una parte sull'altra (per esempio, mediante la indicazione di un soggetto terzo)». La sent. n. 383/2005, riguardante proprio la Provincia di Trento, ha anch'essa chiarito che l'art. 120, comma 2, Cost. «non puo' essere applicato ad ipotesi... nelle quali l'ordinamento costituzionale impone il conseguimento di una necessaria intesa fra organi statali e organi regionali per l'esercizio concreto di una funzione amministrativa attratta in sussidiarieta' al livello statale in materie di competenza legislativa regionale»; la Corte ha ribadito che «tali intese costituiscono condizione minima e imprescindibile per la legittimita' costituzionale della disciplina legislativa statale che effettui la "chiamata in sussidiarieta'" di una funzione amministrativa in materie affidate alla legislazione regionale, con la conseguenza che deve trattarsi di vere e proprie intese "in senso forte", ossia di atti a struttura necessariamente bilaterale, come tali non superabili con decisione unilaterale di una delle parti». L'esigenza «che il conseguimento di queste intese sia non solo ricercato in termini effettivamente ispirati alla reciproca leale collaborazione, ma anche agevolato per evitare situazioni di stallo, potra' certamente ispirare l'opportuna individuazione, sul piano legislativo, di procedure parzialmente innovative volte a favorire l'adozione dell'atto finale nei casi in cui siano insorte difficolta' a conseguire l'intesa, ma tali procedure non potranno in ogni caso prescindere dalla permanente garanzia della posizione paritaria delle parti coinvolte»; e «nei casi limite di mancato raggiungimento dell'intesa, potrebbe essere utilizzato, in ipotesi, lo strumento del ricorso a questa Corte in sede di conflitto di attribuzione fra Stato e Regioni». E' da sottolineare che due delle decisioni succitate riguardavano proprio la materia dell'energia (sentt. nn. 6/2004 e 383/2005). Ne' la mancata previsione di un'intesa «forte» puo' essere in alcun modo surrogata dalla partecipazione dei Presidenti delle Regioni o delle Province autonome interessate alla seduta del Consiglio dei ministri: tale partecipazione si limita a «portare» nel Consiglio la voce della Provincia, senza tradursi in un potere di «codeliberazione». Essa potra' costituire una qualche garanzia nelle ipotesi in cui il ricorso alla competenza statale governativa sia necessaria e giustificata sulla base di altro fondamento costituzionale, ma non puo' ovviamente costituire autonomo fondamento costituzionale del potere statale. Le disposizioni impugnate sono dunque illegittime per la violazione dell'autonomia amministrativa della Provincia e del principio di leale collaborazione. Ne' verrebbe replicare che il comma 4 si giustifica per l'urgenza degli interventi o per il loro «carattere strategico nazionale». Le sentt. nn. 6/2004 e 383/2005, che hanno ribadito il carattere «forte» dell'intesa in materia di energia, avevano ad oggetto, rispettivamente, un decreto-legge recante «Misure urgenti per garantire la sicurezza del sistema elettrico nazionale» e volto ad «evitare il pericolo di interruzione di fornitura di energia elettrica su tutto il territorio nazionale e di garantire la necessaria copertura del fabbisogno nazionale», ed un decreto-legge «originato da alcune urgenti necessita' di sviluppo del sistema elettrico nazionale e di recupero di potenza» (cosi' la stessa sent. 383/2005, punto 15). Inoltre, sempre la sent. n. 383/2005, nel punto in cui ha sancito la necessita' di rispettare il principio di leale collaborazione, ha precisato che non rileva la «dimensione "nazionale" (unilateralmente definita) di fenomeni od attrezzature, da cui sembra che spesso si vogliano escludere le Regioni», dato «l'esplicito riferimento alla stessa dimensione "nazionale" che e' contenuto nella denominazione della materia "produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia" di cui al terzo comma dell'art. 117 Cost.». In definitiva, in situazioni come queste il concedere ad una delle parti - ed in realta' allo Stato - un potere di definizione unilaterale squilibra irrimediabilmente il rapporto, mettendo la parte regionale o provinciale in una condizione di marginalita'. Deve invece essere affermato il regime di necessaria condivisione da parte della Provincia autonoma delle scelte che toccano irreversibilmente il territorio, e che dunque il raggiungimento dell'accordo deve necessariamente rimanere affidato alla serieta' ed alla correttezza delle parti, garantita ove occorra da codesta Corte costituzionale. Nel caso specifico, poi, le modalita' di superamento del diniego dell'intesa sono tali da rendere la teorica previsione dell'intesa addirittura derisoria. Si deve poi comunque ricordare che, in relazione alle funzioni aventi fondamento statutario (cioe' quelle previste dal d.P.R. n. 235/1977, come successivamente modificato), il modo in cui lo Stato puo' intervenire a fronteggiare situazioni di urgenza e' delineato dall'art. 2, comma 5, d.lgs. 266/1992, in base al quale «restano fermi i poteri di ordinanza amministrativa diretti a provvedere a situazioni eccezionali di necessita' ed urgenza, nei casi, nei modi e nei limiti previsti dall'ordinamento». Ne risultano dunque evidenti la lesivita' e l'illegittimita' costituzionale del primo periodo del comma 4, sotto tutti i profili esposti. Il secondo periodo del comma 4 stabilisce che, nel caso in cui il Governo individui gli interventi e definisca i criteri della cooperazione in modo unilaterale, «il commissario del Governo, nominato con le procedure di cui al comma 3, da' impulso agli interventi, se indispensabile, avvalendosi, oltre che delle procedure di cui al terzo periodo del comma 2, di: a) poteri straordinari di sostituzione e di deroga di cui all'articolo 20, comma 4, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185...; b) mezzi e risorse finanziarie pubbliche gia' previste a legislazione vigente; in ogni caso l'apporto finanziario dei soggetti privati deve essere proporzionato alle risorse pubbliche utilizzate». L'art. 20, comma 4, d.l. n. 185/2008 statuisce che, «per l'espletamento dei compiti stabiliti al comma 3, il commissario ha, sin dal momento della nomina, con riferimento ad ogni fase dell'investimento e ad ogni atto necessario per la sua esecuzione, i poteri, anche sostitutivi, degli organi ordinari o straordinari»; il commissario «provvede in deroga ad ogni disposizione vigente e nel rispetto comunque della normativa comunitaria sull'affidamento di contratti relativi a lavori, servizi e forniture, nonche' dei principi generali dell'ordinamento giuridico»; i decreti di cui al comma 1 dell'art. 20 «contengono l'indicazione delle principali norme cui si intende derogare». Dunque, il comma 4 qui impugnato cerca di «convincere» le Regioni a dare l'intesa «minacciando» l'uso di «poteri straordinari di sostituzione e di deroga». In altre parole, nel sistema delineato dalla normativa di presunta esecuzione della sentenza di codesta Corte n. 215 del 2010, non solo il semplice indugio gia' spoglia la Provincia di ogni potere e persino il diniego espresso dell'intesa e' sostanzialmente irrilevante, ma addirittura entrambe le circostanze vengono penalizzate da una piu' radicale sostituzione commissariale! Cio' costituisce, in primis, violazione del principio di leale collaborazione, perche' l'intesa rappresenta un atto ad alta discrezionalita', che non puo' essere «coartato» minacciando l'applicazione di norme che prevedono poteri straordinari del commissario. La legge puo' prevedere conseguenze in caso di conclusione o meno dell'intesa ma nel rispetto dei principi di ragionevolezza e leale collaborazione (ad es., un'intesa e' stata richiesta per l'accesso delle Regioni ad uno speciale contributo finanziario dello Stato in materia di spesa sanitaria, oppure il mancato accordo delle Regioni speciali sul patto di stabilita' interno ha talora determinato l'applicazione, nelle more della conclusione dell'accordo, dei limiti di spesa valevoli per le Regioni ordinarie). Il secondo periodo del comma 4, invece, viola tali principi e, dunque, lede anche le competenze provinciali nella materia dell'energia: i poteri sostitutivi e di deroga del commissario devono essere previsti - nel rispetto delle norme costituzionali e di attuazione - nella misura in cui siano necessari: ma la misura in cui sono necessari non puo' dipendere dalla maggiore o minore acquiescenza delle Regioni o della Provincia autonoma ad una scelta statale unilaterale. Dunque, la previsione dei poteri straordinari del commissario risulta una pura coazione all'intesa, non ragionevolmente collegata all'oggetto di essa; di qui un primo profilo di lesivita' per le competenze provinciali e di illegittimita' costituzionale. A prescindere da cio', il secondo periodo del comma 4 e' anche autonomamente lesivo delle prerogative costituzionali della Provincia. Esso, in primo luogo, prevede un potere sostitutivo del commissario e, dunque, e' illegittimo per le ragioni gia' esposte in relazione all'ultimo periodo del comma 2. In questo caso, la lesione risulta piu' grave perche' il potere sostitutivo non e' condizionato da un ritardo delle amministrazioni competenti. Dunque, nei casi in cui il Governo procede unilateralmente, all'estromissione della Provincia dal procedimento decisionale si aggiunge il rafforzamento del potere sostitutivo del commissario ed il conferimento ad esso del potere di derogare alle norme vigenti. Trattandosi di interventi relativi «alla trasmissione, alla distribuzione dell'energia e alla produzione dell'energia», si puo' capire l'importanza e la pericolosita' dei poteri attribuiti al commissario. Non e' costituzionalmente ammissibile che presunte ragioni di urgenza legittimino il conferimento ad un commissario del potere di «espropriare» le competenze amministrative spettanti alla Provincia e agli enti locali in materia di energia, governo del territorio e tutela della salute, e non e' ammissibile che il commissario possa derogare ad ogni norma, comprese le norme provinciali che regolano la VIA e quelle poste a difesa della salute dei cittadini, evidentemente messa a repentaglio dagli impianti oggetto dell'art. 4. Dunque, il secondo periodo del comma 4 viola le competenze provinciali e degli enti locali nelle materie dell'energia, della sanita' e dell'urbanistica sia per la previsione del potere sostitutivo al di fuori dei casi in cui esso e' previsto dalle norme di attuazione ed in cui e' esercitabile ai sensi del Titolo V (v. sopra, in relazione all'ultimo periodo del comma 2) sia per la previsione del potere di deroga alle norme vigenti, comprese quelle provinciali e degli enti locali, potere che incide potenzialmente su leggi provinciali e mette a repentaglio gli interessi all'ordinato sviluppo del territorio, all'ambiente e alla salute tutelati dalle leggi provinciali in materia di energia e di urbanistica. Tali poteri comprimono l'autonomia amministrativa e normativa delle Province e degli enti locali e l'autonomia legislativa della Provincia nelle materie appena menzionate, con conseguente violazione dell'art. 8, n. 5, n. 6, n. 13, n. 17, n. 19, n. 22, dell'art. 9, n. 9 e n. 10, e dell'art. 16 dello Statuto e relative norme di attuazione, nonche' dell'art. 117, comma 3, dell'art. 118 Cost., commi 1 e 2, e dell'art. 120 Cost. 4. Ulteriore illegittimita' costituzionale dei commi 2, 3 e 4 dell'art. 4 del d.l. n. 78 del 2009, conv. in legge n. 102 del 2009, introdotti dal d.l. n. 105 del 2010, conv. in legge n. 129 del 2010, in quanto ripristinano un sistema a finanziamento incerto e sostanzialmente condizionato dalle risorse private. Nella sentenza n. 215 del 2010 codesta ecc.ma Corte costituzionale ha censurato i commi da 1 a 4 dell'art. 4 del d.l. n. 78 del 2009, conv. in legge n. 102 del 2009, dichiarandone l'illegittimita' costituzionale, in quanto essi introducevano un meccanismo straordinario e derogatorio per opere delle quali la presunta necessita' ed urgenza era smentita dal ricorso al finanziamento privato, per sua natura aleatorio. Ci si sarebbe attesi che le nuove disposizioni, emanate (come espressamente detto) «in esecuzione» della predetta sentenza, individuassero chiaramente le modalita' di finanziamento pubblico delle opere individuate come necessarie in via di sussidiarieta' al livello statale. Ora, nulla di tutto questo risulta dal testo della normativa. Al contrario, vi si enuncia espressamente che perfino l'organizzazione delle strutture amministrative di supporto all'opera dei commissari debba avvenire «senza che cio' comporti nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica». Nessuna norma o meccanismo finanziario assicura la realizzazione pubblica degli interventi. La stessa ipotesi di realizzazione commissariale «superderogatoria» prevista dal comma 4 e sopra contestata prevede che il commissario operi con «mezzi e risorse finanziarie pubbliche gia' previste a legislazione vigente». Ora, le ristrettezze e le esigenze della finanza pubblica possono far comprendere l'ossessione che quanto si dispone non costi all'erario un euro in piu' di quanto gia' previsto dal bilancio. Quello che non si comprende, invece, e' come su tale base si possa predispone una normativa che sotto il pretesto della presunta urgenza e necessita' di opere di carattere strategico mira a sottrarre alle Regioni ed agli enti locali - e per quanto qui interessa alla Provincia autonoma di Trento - le proprie ordinarie competenze e poteri. Sembra chiaro, invece, che come nella versione precedente anche nella nuova versione della disciplina degli interventi «connessi alla trasmissione, alla distribuzione e alla produzione dell'energia e delle fonti energetiche» la vera possibilita' della loro realizzazione consiste - come appare del resto dai riferimenti espressi contenuti al comma 2 e al comma 4 - nei finanziamenti privati. Dunque, il medesimo vizio gia' rilevato da codesta ecc.ma Corte costituzionale, e ritenuto assorbente di tutte le altre censure, rimane a rendere costituzionalmente illegittimo anche il meccanismo di realizzazione degli interventi previsto dai «nuovi» commi 2, 3 e 4.
P.Q.M. Voglia codesta ecc.ma Corte costituzionale accogliere il ricorso, dichiarando l'illegittimita' costituzionale dell'articolo 1 del decreto-legge 8 luglio 2010, n. 105, recante «Misure urgenti in materia di energia. Proroga di termine per l'esercizio di delega legislativa in materia di riordino del sistema degli incentivi», come convertito, con modificazioni, dalla legge 13 agosto 2010, n. 129, e dei nuovi commi 2, 3 e 4 dell'articolo 4 del decreto-legge 1º luglio 2009, n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, che tale articolo 1 reca, nelle parti, nei termini e sotto i profili esposti nel presente ricorso. Trento-Padova-Roma, addi' 15 ottobre 2010 Prof. avv. Giandomenico Falcon - Avv. Nicolo' Pedrazzoli - Avv. Luigi Manzi